Carnera Primo
(Sequals, 25 ottobre 1906 – Sequals, 29 giugno 1967) è stato un pugile, lottatore e attore italiano, naturalizzato statunitense nel 1953. Fu campione mondiale dei pesi massimi dal 29 giugno 1933 al 14 giugno 1934. È noto per antonomasia come uomo di notevole statura e di eccezionale forza fisica. Nacque a Sequals, un paesino all'epoca in provincia di Udine, il 25 ottobre del 1906. La sua famiglia era molto povera e sopravviveva solo grazie al lavoro del padre, un mosaicista emigrato in Germania.
Il piccolo Carnera ebbe uno sviluppo molto sostenuto e spiccava tra i suoi coetanei, più bassi e minuti. Nel 1915 il padre fu chiamato a combattere la Prima guerra mondiale e dovette quindi abbandonare il lavoro, facendo gravare il carico familiare sulle spalle della moglie. La madre cercò allora un impiego, ma fu presto costretta a vendere la fede nuziale per sopravvivere. Carnera fu così costretto ad abbandonare la scuola e a mendicare insieme ai suoi fratelli. Nel frattempo il suo rapido sviluppo continuava al punto che, a dodici anni, mostrava già la statura di un adulto ed era sempre più difficile per lui trovare vestiti e scarpe della sua misura.
La stampa dell'epoca
Primo Carnera, raccolta di articoli di stampa
Carnera redivivo e milionario
Carnera lottatore 1951
Primo Carnera, il gigante è tornato a casa
Primo Carnera: una vita di pugni per la laurea del figlio
Primo Carnera, un gigante fragilissimo
E' finita con Carnera l'età d'oro dei nostri pugilatori
Per un “lavoratore del ring” un milione all'anno è già un grosso guadagno
Recentemente un impresario di spettacoli pugilistici, che voleva organizzare a Roma una riunione internazionale, ha dovuto recedere dal suo proposito dopo che il proprietario di un teatro romano gli aveva chiesto, per l’affitto del locale, 350 mila lire. Inoltre l’impresario doveva versare subito 500 mila lire di deposito per eventuali danni, e tenere i prezzi su un livello alto, dalle 4.000 alle 5.000 lire, per consentire che alla riunione intervenisse soltanto un pubblico scelto.
LE SPESE DELL’ORGANIZZATORE
Oggi il pugilato non è una fonte di grandi guadagni per i pugili italiani. Dopo che Camera ebbe messa insieme una notevole fortuna, nessun altro riuscì a raggiungere grandi incassi. Il gigante Carnera, in effetti, perdé tutto audio che aveva guadagnato nel breve corso della sua mirabolante carriera perché non seppe fare i suoi interessi. Ma ora si dice che, ritornato in America per fare della lotta libera, abbia presto raggranellato un buon patrimonio. Per i suoi colleghi in Italia la vita non è altrettanto facile. Ma la vita è difficile anche per gli impresari, che spesso rimettono belle cifre nelle riunioni che organizzano.
Gli attori nel mondo pugilistico sono in generale tre, l’organizzatore, il procuratore, il pugile. Il procuratore è l’assistente del pugile, spesso può fare la sua fortuna, a volte può anche rovinarlo. Non appena passa nel campò agonistico, il pugile si deve scegliere un procuratore, e per tutta la sua carriera egli dovrà avere un procuratore accanto, al quale verserà, tra l’altro, una percentuale dei suoi guadagni. Si può dire che il procuratore sia l’unico, nel campo pugilistico, a guadagnare adeguatamente.
Una riunione di pugilato comprende in genere vari incontri. Lo impresario che vuole indire una riunione deve prendere prima gli accordi coi pugili, attraverso i loro procuratori. L’organizzatore chiede quali sono le sue pretese per incontrare il tale avversario, alle tali condizioni eccetera. Si fissa un prezzo e si firma un contratto: i firmatari sono tre, organizzatore, procuratore e pugile. I contratti vengono depositati presso la Federazione pugilistica, e intanto l’organizzatore pagherà un anticipo del 25% sulla borsa pattuita. Ma 48 ore prima dell’incontro egli do vrà depositare, a garanzia del pagamento, tutto l’importo delle borse. In quel momento è probabile che egli non abbia ancora venduto tutti i biglietti della riunione, ma le disposizioni a garanzia dei pugili sono severe. Inoltre, una settimana prima dell’avvenimento, l’organizzatore deve recarsi alla Società italiana autori ed editori per la vidimazione dei biglietti in quel momento egli deve versare il 25% del valore di tutti i biglietti quale garanzia per il pagamento dei diritti erariali. Sono sue tutte le spese di fitto del locale, di allestimento, di lancio del programma, la pubblicità sulla stampa, eccetera.
La retribuzione al pugile si chiama ”borsa”, e varia a seconda dell’importanza del campione, dell’incontro, del valore che l’esito dell’incontro del combattimento può avere. In generale i pugili in Italia, combattono a borsa fissa, cioè stabiliscono una retribuzione che gli sarà data qualunque sia per essere l’incasso della riunione. Le borse incidono sull’incasso totale per circa il 50%. Se un organizzatore prevede che la serata potrà dargli un incasso di un milione, egli spenderà sino a 500 mila lire di borse. In una stessa riunione l’incontro più importante, che generalmente è l’ultimo, è quello che avrà una borsa maggiore. Oggi in Italia un buon pugile, quotato in campo nazionale, può aspirare a borse di 100 o 150 mila lire.
Della sua borsa il pugile deve dare il 25% al procuratore e il 3% alla Cassa mutua dei pugili. Con questa ricompensa il procuratore si paga fra l’altro le spese di corrispondenza e di viaggio, e da parte sua si impegna a trovare al pugile una palestra per l’allenamento e gli allenatori. Queste spese però saranno pagate dal pugile. Perciò anche l’atleta ha le sue spese, c si può dire che oggi soltanto un buon pugile, di prima categoria, riesce a provvedere in maniera decorosa alle proprie esigenze di mestiere.
Se si considerano perciò le spese che l’impresario deve sopportare, se ne conclude che lo spettacolo pugilistico è assai spesso un rischio più che un affare. Il 50% dell’incasso va alle borse, il 25% all’erario. Col 25% che rimane l’organizzatore deve pagare il fitto del locale e tutte le spese di organizzazione e lancio del programma. Il fatto più grave è che buona parte di quelle spese deve essere anticipata, sicché l’organizzatore si scopre già prima di ricevere l’incasso, e perde nel frattempo anche gli interessi sulle somme che ha dovuto pagare. I competenti assicurano che spesso un organizzatore anticipa un milione per guadagnare 70 mila lire, ma assai spesso egli rimette il suo danaro.
I procuratori sono gli elementi più attivi del campo pugilistico. Un procuratore può curare gli interessi di più atleti contemporaneamente: egli ha bisogno però di essere riconosciuto dalla Federazione pugilistica, che lo autorizzerà ad esercitare la professione dopo aver vagliato i suoi requisiti morali e tecnici. I procuratori più noti in Italia sono Alfredo Venturi,, Umberto Branchini, Felice Zappulla, Luigi Proietti, Nando Strozzi. Il procuratore è legato al pugile da un contratto che dura un certo numero di anni. Nel caso che il pugile si rechi all’estero per qualche tempo, come è accaduto per alcuni nostri pesi massimi che si tre vano ora in America, il procuratore entra in trattative con un suo collega straniero, e gli cede ad esempio il contratto col pugile per il tempo che questi rimane fuori del paese. Altre volte il procuratore segue il pugile all’estero. L’uscita dall’Italia per un buon pugile può significare un grosso colpo di fortuna. Il pugile Manca, che nel 1948 andò a Parigi ad incontrare Marcel Cerdan, incassò una somma equivalente a circa un milione di lire italiane, quello cioè che avrebbe guadagnato in Italia in un ao no di attività. Ma forse il pugile che ha guadagnato di più, dopo la guerra, è il trevigiano Egisto Pei-re. Livio Minelli, che ha fatto una lunga e fortunata tournée in America, ha guadagnato sovente borse di 4.000 dollari ed oltre. In America i pugili debbono pagarsi da sé anche la pubblicità, c in genere hanno spese maggiori, ma vige la regola della percentuale sull’incasso, che in Italia si applica soltanto agli incontri più importanti. Anche Buonvino pare che abbia guadagnato parecchio nei suoi incontri negli Stati Uniti, mentre non molto ha guadagnato l’altro peso massimo italiano Bertola. Il cam pione d’Europa dei pesi gallo, Ferracin, ha avuto un buon incasso quando ha vinto il titolo a Londra. Un altro italiano candidato al titolo europeo, il triestino Mitri, è anch’egli bene avviato e vari organizzatori stranieri lo richiedono.
MORIRE SUL RING
È tuttavia difficile che un dilettante, una volta affermatosi, non senta il desiderio di passare al campo professionistico. Così è stato ad esempio per Ernesto Formenti, che ha vinto per l’Italia il titolo olimpionico della categoria pesi piuma a Londra, e che ha già dichiarate la sua decisione di passare al professionismo. La vita del pugilato re è certo meno allettante di quella dei calciatori e dei ciclisti. Per il pugile il campo di attività è più ristretto, e nelle attuali condizioni del pugilato in Italia il guadagnare un milione all’anno è impresa assai ardua. Invece i calciatori che guadagnano un milione all’anno si contano a diecine e diecine. Il pugile è anche esposto a pericoli maggiori. In questi ultimi tempi sono caduti in combattimento sul quadrato numerosi pugilatori, in Italia e all’estero, tanto che da più parti si è chiesta una maggiore vigilanza sulle loro condizioni fisiche. Attualmente in Italia la Federazione pugilistica pubblica un bollettino che reca i nomi dei pugili "temporaneamente non idonei al combattimento” e di pugili ”riammessi al combattimento”. C’è che la possibilità che un pugile venga ritenuto non idoneo al combattimento per tutta la vita, dovrà invece essere rivisto ed aggiornato tutto il complesso di provvedimenti che stabilisce le indennità per i pugili che muoiono per ragioni professionali. Attualmente, infatti, la famiglia di un pugilatore professionista che muore a causa di un incontro percepisce la ridicola somma di 100 mila lire. Il pugile che si vede colpito da invalidità permanente assoluta ne riceve 200 mila. Nonostante tutto questo, il numero degli appassionati della boxe è in continuo aumento.
Donato Martucci, «Oggi», 17 febbraio 1949
Al capezzale del popolare gigante friulano vi erano la moglie e la figlia - Esattamente trentaquattro anni fa (il 29 giugno del 1933) aveva vinto il titolo mondiale
Udine, giovedì sera.
Primo Carnera è morto stamane alle 11 a Sequals, il piccolo paese in provincia di Udine dove nacque nell'ottobre del 1906. La sua agonia è stata lunga e straziante. Carnera soffriva di cirrosi epatica c di diabete, negli ultimi mesi le sue condizioni erano andate progressivamente peggiorando. Oggi era per lui un giorno particolarmente importante: il 29 giugno del 1933 era diventato campione de] mondo dei pesi massimi, battendo per k. o. alla sesta ripresa Jack Sharkey. Dopo trentaquattro anni, in questo stesso giorno, Primo Cernerà è morto.
L'ex campione è rimasto perfettamente lucido fino a due giorni fa, quando è arrivata dall'America la figlia Gianna Maria. La donna è giunta a Sequals l'altra sera.
Ieri la giornata era trascorsa calma, ma le condizioni di Carnera non consentivano più nessuna speranza. Le crisi del male si ripetevano con sempre maggiore frequenza, i dolori erano lancinanti; Carnera non mangiava più nulla, veniva sostenuto con cardiotonici. e alimentato con fleboclisi. Stanotte ha dormito qualche ora. Stamattina l'ultima crisi: alle 11 l'ex campione è spirato. Gli erano accanto la moglie, signora Pina, la figlia Gianna Maria, il dottor Comin e altri congiunti.
Carnera era tornato per l'ultima volta in Italia, a morirvi, il 20 maggio scorso. Era arrivato a Roma in aereo, e agli amici che Io avevano atteso a Fiumicino, come ai giornalisti che erano accorsi perché «faceva sempre notizia» era apparso come un pallido spettro di quello che era stato un uomo dal fisico superbo. Qualcuno aveva pianto. Lo spettacolo di decadimento fisico di Primo Carnera era sconvolgente. La notizia della sua morte si è immediatamente diffusa in paese e, poco dopo, a Udine. A Sequals si stava svolgendo una manifestazione militare, che è stata immediatamente sospesa in segno di lutto. Centinaia di messaggi di cordoglio hanno cominciato a giungere.
g. c., «Stampa Sera», 29-30 giugno 1967
Dalla pista d'un circo ai trionfi del titolo mondiale dei massimi
Primo Carnera, il «gigante buono» di Sequals, era l'unico italiano che fosse riuscito a diventare campione del mondo dei pesi massimi. Al titolo assoluto era giunto in modo piuttosto strano, più per le sue eccezionali risorse fisiche che ne facevano, suo malgrado, una «vedetta», che per effettivi meriti pugilistici. Alla boxe Primo Carnera, che a vent'anni era alto due metri e quattro centimetri e pesava 120 chilogrammi, era giunto quasi per caso. Emigrato in Francia a cercar lavoro all'età di sedici anni, aveva dapprima fatto lo spaccalegna nei boschi di Arcachon e poi si era aggregato alla «troupe» dì un circo, nella quale recitava la parte dell'» uomo più forte del mondo», colui che solleva tre clowns alla volta, e cosi via.
Nel 1928, quando aveva ventidue anni (Carnera era nato a Sequals il 26 ottobre 1906) il casuale incontro con l'ex pugile Paul Joumée segnò il suo destino. L'amico lo convinse a sfruttare il suo fisico possente sul ring e lo presentò ad un uomo del mestiere, il giornalista Leon See, egli pure ex boxeur. See costruì il «fenomeno» Carnera con un paziente lavoro di lancio pubblicitario, aiutando l'ascesa del gigante italiano col mettergli di fronte avversari già «preparati» alla sconfitta. Con l'aiuto di un abile istruttore parigino, sotto la guida del quale Carnera imparò l'indispensabile della boxe, e con la spinta di un «record» sapientemente prefabbricato, il lancio intemazionale di Primo Carnera era assicurato.
Il gigante italiano fu ingaggiato per andare in America e sui rings americani svolse la parte più brillante della sua carriera, sotto la protezione di potenti personaggi che avevano bisogno di lui come «vedetta» in un momento di crisi. Carnera esordi negli Stati Uniti mettendo K. O. alla tredicesima ripresa Ernie Schaaf il quale, mandato sul ring da un manager-delinquente in condizioni fisiche compromesse dopo un precedente durissimo match con Max Baer, non si sollevò più dal K. O. inflittogli dall'italiano e mori all'ospedale qualche ora dopo. Non ci voleva altro per proiettare Primo Carnera verso il campionato assoluto dei pesi massimi. Il 29 giugno 1933 a Long Island, il «gigante di Sequals» diventava campione del mondo mettendo K. O. alla sesta ripresa il detentore Jack Sharkey. Tornato in Italia da trionfatore, Primo difese il titolo quattro mesi dopo a Roma contro il basco Paulino Uzcudum superandolo ai punti. Con lo stesso risultato, il 1° marzo 1934 a Miami, respinse l'assalto di Tommy Loughran. Ma ormai i suoi «protettori» americani lo avevano già sfruttato abbastanza e si preparavano ad abbandonarlo al suo destino. Il 14 giugno 1934 il ciclo mondiale di Carnera finisce sotto i pugni di Max Baer, che lo mette K. O. all'undicesima ripresa. Il gigante italiano tenta di risalire, l'occasione gli viene offerta da un match contro uni giovane speranza, Joe Louis; ma il futuro campione del mondo distrugge per sempre le sue speranze di riscossa, infliggendogli una durissima sconfitta.
Nel 1936, praticamente si chiude la carriera di pugile di Primo Carnera. Ha disputato cento incontri, vincendone 66 per k.o., 18 ai punti, 2 per squalifica, perdendone sei per k.o., sei ai punti, uno per squalifica, mentre un match è terminato senza decisione arbitrale. Forse molti di questi incontri non sono stati «veri», ma Primo Carnera è stato egualmente un eccezionale personaggio del mondo della boxe, intorno al quale hanno ruotato un sacco di dollari. A lui, di questa fortuna, è rimasto ben poco. Si dice che soltanto gli incontri con Baer e Louis gli abbiano fruttato mezzo milione di dollari di allora. Ma Primo Carnera è tornato in Italia povero, dovendo adattarsi a parti di generico nel cinema, per tirare avanti.
Nel dopoguerra il «boom» del catch, la lotta libera americana, lo riportò sulla cresta dell'onda, garantendogli quei 'guadagni che la boxe non gli aveva dato. A quasi cinquant'anni perciò Primo Carnera riprese a portare in giro per il mondo (ma specialmente in America) il suo fisico scultoreo: tornò ad essere un divo pagato a suon di dollari. Il gigante di Sequals aveva investito bene la sua fortuna, si era acquistato, nei dintorni di Los Angeles, un negozio di vini e liquori che gli garantiva un'agiata vecchiaia. Ma una terribile malattia aveva ormai minato il suo fisico. Due mesi fa Carnera ha venduto tutto ed è tornato a Sequals. Voleva morire tra le sue montagne.
Gianni Pignata, «Stampa Sera», 29-30 giugno 1967
L'ex pugile Primo Carnera è orto a Sequals nel giorno che ricorda il suo titolo mondiale
Nato in Friuli da una poverissima famiglia di boscaioli, tra pochi mesi avrebbe compiuto 61 anni - Soffriva di diabete e di cirrosi epatica - Ieri mattina alle 10,57 si è spento, assistito dalla moglie e dalla figlia accorsa da Filadelfia - Telegrammi di cordoglio da tutto il mondo, primo quello del presidente della Repubblica, Saragat - Forse domani i funerali - Carnera (il «gigante buono», alto due metri e cinque centimetri) divenne campione dei «massimi» il 29 giugno 1933 battendo Sharkey al «Madison Square Garden» - Lasciò il pugilato nel 1936 e si dedicò alla lotta libera: nel catch fu l'atleta più pagato d'America
(Dal nostro corrispondente) Udine, 29 giugno.
Primo Carnera è morto stamane alle 10.57 nella sua villetta di Sequals, in Friuli, assistito dalla moglie Pina, dalla figlia Giovanna Maria (giunta martedì scorso in aereo da Filadelfia), dallo zio Bonaventura Mazziol e dal medico curante, il dott. Mario Comin. Il «gigante buono», che avrebbe compiuto 61 anni fra quattro mesi, è spirato a 34 anni esatti dalla conquista del titolo mondiale dei pesi massimi, avvenuta il 29 giugno 1933.
Carnera si è spento lentamente, conservando quasi sempre tutte le sue facoltà. Pochi minuti prima di morire, guardando la moglie le ave va detto chiaramente: «Pina! Amore, amore...»; poi ancora: «Pina, cara...». Aveva in mano la fotografìa della moglie e dei figli; era l'istantanea che osservava sempre nei momenti difficili della sua esistenza. Pareva che l'ex campione si fosse assopito. Il medico si è ben presto accorto che il respiro dell'infermo si faceva sempre più lieve, fino a mancare del tutto.
L'aggravamento del male che aveva colpito Carnera (diabete e cirrosi epatica) si era avuto nelle prime ore del mattino. L'ex campione, rientrato in Italia il 22 maggio scorso, da una ventina di giorni era costretto a letto e, da una settima non mangiava più: il medico lo sosteneva con farmaci che vestivano somministrati per via endovenosa e intramuscolare. Stamane alle 6 Carnera si è sentito male. Il parroco di Sequals, monsignor Giuseppe Dalla Pozza, lo stesso sacerdote che ventinove anni fa lo aveva sposato, gli ha somministrato i Sacramenti e ha scambiato qualche parola con l'infermo. «Spero di guarire — ha detto Carnera, sorridendo —. Ma se Dio vuole che muoia, pazienza, sia latta la sua volontà». Alla moglie ha chiesto: «Dimmi, farò in tempo a vedere Umberto?». La signora Pina, con gli occhi pieni di lacrime, ha fatto segno di si, con la testa: Umberto, l'altro figlio del campione, è a Los Angeles dove in questi giorni sostiene gli ultimi esami di un corso di specializzazione in medicina. Carnera ha poi voluto che la moglie gli portasse una vecchia foto dove lui appare insieme alla famiglia riunita: e con quella istantanea in mano, pochi minuti dopo, è spirato.
La moglie Pina si è avvicinata al marito e lo ha baciato; poi gli ha chiuso gli occhi ed ha voluto vestirlo. Un istante dopo la triste notizia è corsa in paese: i duemila abitanti di Sequals, presso Pordenone, si sono riversati nelle strade addolorati. Alle 11,30 la figlia di Carriera ha telefonato al marito a Los Angeles, l'ing. Philip Aiderson, il quale a sua volta ha dato il doloroso annuncio al cognato Umberto: entrambi partiranno subito per Sequals; si pensa che possa no giungere sabato in Friuli e in quel giorno avranno luogo i funerali al «gigante buono».
Stasera, alle 18, si è riunita la giunta comunale di Sequals e il sindaco ha com memorato lo scomparso. Gli amministratori civici hanno deciso che le esequie a Cartiera vengano compiute a spe se del Comune; poi hanno ordinato che l'ufficio postale — oggi chiuso per la festività di San Pietro — fosse immediatamente riaperto in modo che si potessero ricevere i telegrammi di condoglianze che arrivano da tutte le par ti del mondo. Il primo messaggio è stato quello del presidente della Repubblica, Saragat sono subito seguiti quelli dell'on. Aldo Moro, di Benvenuti e di Loi.
Primo Carnera, figlio di poverissimi contadini e bosca ioli, era nato a Sequals il 26 ottobre 1906. Aveva studiato fino alla quinta elementare. A dodici anni era già alto un metro e 78 centimetri. A tredici, assieme al padre, era andato a lavorare in Germania e in Francia. Fu in Francia, ad Arcaehon, che cominciò la carriera che lo doveva portare nel 1933 al titolo di campione del mondo di pugilato. Perduta la «corona mondiale» nel 1934 ad opera di Max Baer, Carnera — che negli Stati Uniti chiamavano «the ambling alp» («la montagna che cammina») — tornò in Italia nel 1939 e si sposò a Sequals. Dal suo mairi monio nacquero due figli, j Umberto, che ha oggi 26 anni, e Giovanna Maria che ne ha 23. Tornato negli Stati Uniti nel dopoguerra si dedicò al catch. Infine apri un negozio di liquori e vini, che aveva ceduto di recente per venire a stabilirsi in Italia.
g. c., «La Stampa», 30 giugno 1967
Le ultime fotografie ci hanno mostrato un uomo devastato dalla malattia: gli occhi infossati, gli abiti gli cadevano larghi, larghissimi. Un'ombra. Soltanto il sorriso era ancora quello degli anni trionfali. Carnera ritornava in Italia per morire. Lo sapeva, i medici gli avevano detto schiettamente come stavano le cose. E lui sorrideva sulla scaletta dell'aereo a Fiumicino; abbracciava i vecchi pugili ve nuti a salutarlo e sorride- va; sorrideva tra i parenti e gli amici di Sequals, lassù nel Friuli. Cosi, dignitoso e sereno, ha accettato il suo ultimo combattimento, il più duro.
E' stato un mito. Chi ha più di 40 anni ha delirato per lui. Due metri e cinque di altezza, centotrentacinque chili di peso. Un gigante e con il cuore in mano. Dopo che Schaaf gli morì sotto un pugno andò a cercare il perdono della madre del povero pugile e finì che la vecchia signora ebbe molto da fare per consolarlo. Si parla poco di questo episodio, ma è uno dei più significativi della vita del Campione e merita di essere conosciuto meglio.
Ernie Schaaf, la «tigre del Pacifico», aveva una tecnica istintiva, un orgoglio indo mabile, una forza tremenda e una potenza d'azione che durante la battaglia rasentava la ferocia. Ed era bellissimo. La folla impazziva per lui. Il 10 febbraio 1933 ci fu il combattimento tra Carnera e Schaaf ed il pub blico era tutto per la Tigre Ma al tredicesimo round Schaaf, colpito al mento, andò al tappeto, non riprese più conoscenza, morì poche ore dopo. Pare che una frattura cranica, tara di un vec chio incontro, fosse sfuggi ta al controllo medico. Carnera corse disperato a Boston dalla madre di Schaaf. una piccola donna con ca pelli bianchi, vestita di ne ro. Si gettò ai suoi piedi, im plorò perdono, pianse. E la vecchia signora che cercava di confortarlo. «Su, su» gli disse, e gli diede uno dei suoi fazzoletti per asciugar si gli occhi.
Si era battuto con Schaaf per aprirsi la strada al titolo mondiale dei pesi mas- si mi e il titolo lo trovò con un uppercut di destro alla mascella di Sharkey, durante la sesta ripresa del combattimento sostenuto il 29 giugno 1933 al Madison Square Garden. Jack Sharkey, orgoglioso e guascone, si risvegliò all'ospedale. "Che ore sono?" domandò. Glielo dissero e rispose: «Lasciatemi dormire, domani ho l'incontro con Carnera». Quella sera d'estate nessuno andò a letto presto in Italia, si aspettò che la radio portasse il risultato del Madison, e quando lo si sepppe ci fu il finimondo.
Era facile volere bene a Primo Carnera. Era un buon diavolo italiano, un poco timido e tanto impacciato, sembrava non sapere mai cosa fare delle sue immense mani. Per parecchi anni aveva avuto molta fame. Era nato a Sequals, paese di boscaioli, il 26 ottobre 1906; era partito per la Francia, come tanti della sua terra, a lavorare nei cantieri. Poi era entrato in un circo a recitare la parte dell'«uomo più forte del mondo», sollevando tre clowns assieme, ridendo come se non facesse fatica. Finché un giornalista francese lo aveva scoperto, preparato e lanciato sui ring. Alla sua prima apparizione a Milano il pubblico deiise il goffo impacciato gigante che muoveva le lunghe braccia come pale di mulini a vento. Ma uno dopo l'altro — in Italia, in Francia, in America — i suoi avversari caddero come sotto possen ti colpi di clava.
Poi, l'incontro con Schaaf e quello con Sharkey. Diventa il «re del ring», è ricchissimo. Cadillac, adulatori, parassiti. Loschi manager gli stanno attorno; gente con il cappello ambiguamente sulle ventitré e la sigaretta all'angolo delle labbra sfrutta — si può dire che rapina — questo mastodonte troppo semplice e generoso. Quattro mesi dopo la conquista del titolo c'è l'incontro con il basco Paulino Uzcudum, possente come una rupe. Si combatte a Roma, a piazza di Siena.
Ancora una vittoria, ai punti. Carnera resta il «numero uno», i procuratori lo chiamano ragazzo mio. Un altro incontro vittorioso con Loughran poi — 14 giugno 1934 — il combattimento con Max Baer. il pugile che ride sul ring e si fa venire i profumi da Parigi. Sembra uno scherzo questo match, invece Carnera va k. o. all'undicesima ripresa. Rabbia e dolore in Italia, si pensa a complicati intrighi, si dice perfino che c'era ferro nei guantoni di Baer. Non è vero, ma è difficile perdere un idolo. Carriera è demolito in sei round anche da Joe Louis ed è il crollo dell'ultima illusione. Nel 1936 praticamente si chiude la carriera di pugile di Primo Carnera. Ha disputato centc incontri vincendone 66 pi ima del limite, 18 ai punti, due per squalifica; ne ha perso sei prima del limite, sei ai punti, uno per squalifica, mentre un match è terminato senza decisione arbitrale. Ha guadagnato centinaia di milioni ma ritorna in Italia quasi povero.
Ancora qualche combattimento, ed è fischiato. Fa la comparsa in film — meschino pirata da quattro soldi —, fa il buffone nei fumosi varietà dell'avanspettacolo, a volte si batte per mille, duemila lire. Ha moglie e due figli. «Torna laggiù — gli dicono gli amici — torna in America, prova con la lotta,». E lui ci prova. Ce la fa, a poco a poco risale al settimo piano della gloria e i dollari gli piovono addosso. Già dimenticati i giorni amari di ieri. Attorno a lui ritornano adulatori, parassiti, impresari che lo chiamano ragazzo mio, ma adesso Carnera è più smaliziato e i suoi soldi li tiene stretti.
Ha 45 anni, quando compare su un ring di «catch» la sala esplode in una risa- j ta, ma. l'ilarità diventa un mormorio di ammirazione appena Primo, con un gesto solenne, si toglie la vestaglia e si mette in posizione di combattimento. Perché il «fenomeno» è rimasto, soprattutto, un bello atleta.
E viene il momento di lasciare anche la lotta. Carnera diventa commerciante di vini a Los Angeles. Nel suo ufficio c'è la fotografia dell'incontro per il titolo mondiale, dove Sharkey crolla con gli occhi pieni di stupore; le fotografie di altri incontri vittoriosi e quella del povero Sclv.af, che era bellissimo. E c'è anche una cartolina incorniciata: un campanile, un po' di case attorno e un'abetaia, un cielo limpido. Carnera mostra la cartolina a chi viene a trovarlo, per affari o per un autografo: «E' Sequals, è il mio paese», e resta a guardarlo, non sentendo gli altri che gli chiedono dei due combattimenti con Uzcudum, di quello con Sharkey, del suo favoloso 1933 e degli anni del «catch», quando era l'atleta più pagato d'America. Soldi e fama gli ha dato l'America, e lo ha portato alle stelle. Ma quando il medico gli rivela che è malato e aggiunge con molta franchezza che gli resta poco tempo, Carnera dice alla moglie: «Torniamo a Sequals». Sorride mentre si prepara al suo ultimo combattimento, quello più duro.
Luciano Curino, «La Stampa», 30 giugno 1967
«Radiocorriere TV», 16 febbraio 1991 - Primo Carnera
Riferimenti e bibliografie:
- Donato Martucci, «Oggi», 17 febbraio 1949
- g. c., «Stampa Sera», 29-30 giugno 1967
- Gianni Pignata, «Stampa Sera», 29-30 giugno 1967
- g. c., «La Stampa», 30 giugno 1967
- Luciano Curino, «La Stampa», 30 giugno 1967
- «Radiocorriere TV», 16 febbraio 1991