I due colonnelli

1963 I due colonnelli T

I mortai vostri? Avete capito Quaglia? I mortai vostri e della vostra famiglia! Sì, dico, della famiglia tedesca...

Colonnello Antonio Di Maggio

Inizio riprese: ottobre 1962, Stabilimenti Titanus Farnesina, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 18 dicembre 1962 - Incasso lire 521.894.000 - Spettatori 2.592.618


Titolo originale I due colonnelli
Paese Italia - Anno 1962 - Durata 96 min - B/N - Audio sonoro - Genere comico, drammatico - Regia Steno - Soggetto Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci - Sceneggiatura Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci - Produttore Gianni Buffardi - Fotografia Tino Santoni - Montaggio Giuliana Attenni - Musiche Gianni Ferrio - Scenografia Giorgio Giovannini


Totò: colonnello Antonio Di Maggio - Walter Pidgeon: colonnello Timothy Henderson - Nino Taranto: sergente Quaglia - Giorgio Bixio: soldato Giobatta Parodi - Toni Ucci: Mazzetta - Gino Buzzanca: barbiere greco - Nino Terzo: soldato La Padula - Roland von Bartrop: maggiore Kruger - Scilla Gabel: Iride - Adriana Facchetti: Penelope - Andrea Scotti: il marito di Iride - Giancarlo Maestri: il soldato Fantini - Gerard Herter: generale tedesco - John Francis Lane: sergente Mc Intire


Soggetto

l film è ambientato a Montegreco, paese al confine tra la Grecia e l'Albania, teatro di numerosi scontri tra le truppe italiane e quelle britanniche. Nell'estate del 1943 le truppe anglosassoni, guidate dal colonnello Henderson, occupano per la trentesima volta il paese e lo governano secondo criteri democratici: inoltre lo stesso colonnello si accasa nell'abitazione di Iride, donna giovane e procace che diventa la sua amante. Nella stessa abitazione, in cui abita anche Penelope (l'anziana madre della ragazza), il comandante delle truppe inglesi stabilisce il suo quartier generale.

Il 23 luglio del 1943, Henderson, maldestramente consigliato dai suoi collaboratori, abbandona la città ed ordina una ritirata strategica perché ritiene preponderanti le forze italiane, quando esse attaccano per l'ennesima volta il paese: in realtà il battaglione degli italiani è una truppa sgangherata senza viveri e con pochissime munizioni a disposizione (150 pallottole in tutto rimaste, dirà il colonnello Di Maggio, durante il primo attacco italiano, che si ridurranno a poco più di 50 al momento del contrattacco degli inglesi, e ad una trentina circa, verso la fine del film), in cui il severissimo colonnello Antonio Di Maggio comanda tutti a bacchetta. Una volta entrato trionfalmente in città, Di Maggio instaura un regime dispotico e crudele, ma anch'egli si invaghisce di Iride, andando a risiedere da lei.

Il giorno seguente un soldato italiano cattura casualmente Henderson, che aveva tentato di entrare nella dimora di Iride per recuperare la sua amatissima pipa: Di Maggio lo tiene di conseguenza come suo prigioniero e tenta di trattarlo in maniera non consona al suo grado di ufficiale, violando apertamente la convenzione di Ginevra; il suo atteggiamento astioso comunque si mitigherà leggermente quando scoprirà che il sergente maggiore Quaglia, suo sottufficiale, che era stato loro prigioniero ed al ritorno aveva narrato di duri maltrattamenti, era stato invece trattato benissimo dagli inglesi, ed aveva addirittura rubato la loro riserva alcolica, fuggendo ubriaco.

Il 25 luglio al comando italiano arriva via radio lo sconvolgente annuncio: il duce si è dimesso ed il re Vittorio Emanuele III ha affidato il governo al maresciallo Pietro Badoglio, che ha dato ordine di proseguire il conflitto a fianco dell'alleato germanico. Poco dopo, a seguito di leggeri scontri a fuoco, gli inglesi riconquistano Montegreco e stavolta è Di Maggio ad essere ostaggio di Henderson.

I due, divenuti a loro modo amici, scoprono che Iride è sposata, che nasconde il marito in un rifugio ricavato nel pavimento, e che in realtà non si era mai concessa sessualmente a loro: approfittando dell'oscurità era sempre stata la madre ad entrare nel letto dei due militari. Offesi, essi si recano nel nuovo quartier generale britannico in cui si ubriacano insieme; tra l'altro Henderson salva la vita al collega, vietando alla popolazione locale di linciare pubblicamente il colonnello Di Maggio: impossibilitato a trattenere i paesani, l'ufficiale inglese favorisce la fuga dell'ufficiale italiano, consegnandogli i suoi abiti e addirittura la pipa.

Travestito da ufficiale inglese, Di Maggio torna tra le sue fila (rischiando, tra l'altro, di venire quasi ucciso dai suoi soldati, che, visto il suo abbigliamento, lo scambiano per il comandante nemico). Venuto a conoscenza delle difficoltà militari italiane a contrastare il battaglione inglese, l'esercito tedesco, che ancora è formalmente schierato al fianco degli italiani, invia il maggiore Kruger, insieme con una fornitura di potenti e moderni mortai da guerra (i mortai loro, come li chiama Totò). L'ufficiale tedesco, tuttavia, tratta tutti gli italiani, ed in particolare il colonnello, con cattiveria e sufficienza. Di Maggio, inizialmente affascinato dall'efficienza germanica, benché conscio del cinismo del sistema nazista, in seguito, si ribella apertamente all'ordine dell'alleato di bombardare il paese per stanare gli inglesi (ciò avrebbe comportato la morte dei civili, soprattutto donne e bambini) e viene condannato a morte per insubordinazione da una corte marziale tedesca, giunta in paese con una piccola e ben armata pattuglia.

Di Maggio viene condotto sul luogo dell'esecuzione, e per sfregio l'ufficiale tedesco responsabile ordina agli stessi soldati italiani di sparargli. Di Maggio, per onor d'uniforme, chiede di poter comandare lui stesso il plotone d'esecuzione, ma i soldati si rifiutano di sparare e gettano i fucili. Tutti i soldati italiani, compreso Quaglia, vengono allora allineati a fianco al loro colonnello per esser anche loro fucilati, ma quel giorno è l'8 settembre, il giorno in cui fu dato l'annuncio dell'armistizio di Cassibile, ed un attimo prima che i tedeschi sparino arrivano gli inglesi, armi in pugno, a salvarli. Dato l'armistizio, Italia e Gran Bretagna sono ora forze alleate e quindi i due colonnelli Di Maggio ed Henderson possono continuare la guerra insieme, finalmente da alleati.

Critica e curiosità

“I due colonnelli” è un film del 1962 che appartiene a quella nobile categoria di pellicole italiane dove la guerra è una farsa, la tragedia si camuffa da barzelletta e la dignità si nasconde dietro una smorfia. Diretto con sottile leggerezza da Steno, il film prende a prestito ambienti, attori e trovate da altri capisaldi della commedia bellica italiana, riciclando e ricombinando elementi come un bravo rigattiere del neorealismo: un po’ di "I due marescialli", una spolverata di "I due nemici", un retrogusto tragico alla "La grande guerra", e il tutto condito con l’onnipresente Totò, ormai a suo agio anche nei panni della Storia.

🧑‍✈️ La genealogia della pellicola: un film figlio di altri film

"I due colonnelli" è un film che nasce già con i baffi posticci. Figlio legittimo – ma un po’ cialtrone – de "I due marescialli" e "I due nemici", con una goccia di DNA tragico da "La grande guerra", il film utilizza gli stessi attori, gli stessi archetipi, gli stessi espedienti, e persino le stesse voci italiane dei doppiatori. Una vera e propria famiglia allargata della commedia italica anni '60, in cui il colonnello Di Maggio (Totò) è il cugino maldestro di tutti i sottufficiali scalcagnati della filmografia post-bellica.

Accanto a lui, Walter Pidgeon – attore hollywoodiano portato sul set più per creare uno stacco stilistico che per reali esigenze artistiche – veste i panni del glaciale colonnello inglese, che, da rigido gentiluomo imperiale, finirà per ballare una tarantella sbronzo con Totò. Una parabola tragicomica che da Kipling scivola dritta a Peppino De Filippo.

📍 Ambientazione: Grecia? Forse. Civita di Bagnoregio? Sicuro.

Il film è ambientato in Grecia, ma se i greci l’avessero visto, si sarebbero sentiti un po’... viterbesi. Perché in realtà tutto viene girato nella bellissima Civita di Bagnoregio, un borgo che, con un paio di insegne in greco storte, diventa subito "Epiro". Peccato che l’alfabeto usato sia sbagliato (greco invece del cirillico) e che le chiese sembrino uscite da una gita parrocchiale nel Lazio. Insomma, una Grecia tutta italiana, come il finto estero nei varietà con Macario.

🧨 Trama (ma leggera, eh): tra torpiloqui, tarantelle e torpedini

Il plot è quello tipico: dopo l’8 settembre, soldati italiani confusi come al solito si trovano a fronteggiare le truppe tedesche, ma in modo tutto loro, cioè con gag, equivoci e piccole insubordinazioni mascherate da patriottismo distratto.

Il Colonnello Di Maggio è un comandante italiano impettito e ridicolo, il cui eroismo si scoprirà troppo tardi per essere utile, ma abbastanza presto da essere commovente. Accanto a lui, Nino Taranto (sergente La Quaglia), l’eterna spalla meridionale che borbotta, rammenda e lava la biancheria dell'onore nazionale.

Tra i momenti più esilaranti:
la scena dell’arringa alla truppa, dove Di Maggio sfoggia il suo orgoglio fascistoide da operetta;
l’incontro-scontro con il colonnello inglese Pidgeon, culminante nel gesto dell’ombrello e nel primo "vaffa" esplicito della filmografia di Totò, con tanto di battute storiche, come “ogni limite ha una pazienza” e il celebre “baritoni” (al posto di "barìtoni");
la tarantella alcolica tra i due colonnelli: un picco emotivo che passa dal comico all’allucinato, tra suoni di mandolini immaginari e risate disperate;
la fucilazione finale, girata con una solennità che non ti aspetti, quasi griffithiana (come suggerisce acutamente il testo), con il primo piano sul volto segnato di Totò, che ascolta la condanna con una serietà tragicamente nuova.

🗣️ Totò, il turpiloquio e la svolta (non solo recitativa)

Per la prima volta nella sua carriera cinematografica, Totò accetta di pronunciare una parolaccia. E pare che non sia stato facile. Steno, con la pazienza di un confessore e l’astuzia di un contrabbandiere, dovette convincere il Principe della risata che la volgarità, qui, aveva un senso drammatico, non era gratuita ma necessaria. Totò, dapprima riluttante, poi accettò. E quella parolaccia risuona come uno schiaffo al decoro bellico e all’ipocrisia del comando.

🔍 Anacronismi, errori, incongruenze: piccola guida all’inesattezza creativa

Il film abbonda di errori, quasi con affetto:
– Totò indossa l’elmetto al contrario;
– le scritte sono in greco, ma dovrebbero essere in cirillico;
– si parla del 27° Reggimento di Fanteria, che all’epoca era stato sciolto;
il saluto nazista del maggiore Kruger è errato: non è quello della Wermacht ma delle SS;
– l’architettura è italianissima, con tetti in coppi e chiese romaniche che manco a Salonicco.
Insomma, una Babele storiografica, ma fatta apposta: il mondo narrato è farsesco e volutamente disallineato alla cronaca, come in una “grande bugia utile” per raccontare la realtà.

🎬 Un film (quasi) dimenticato, ma pieno di chicche

Distribuito dalla Titanus nel gennaio 1963, ebbe prime proiezioni a Roma, Milano e Torino con un’accoglienza discreta, ma non memorabile. Negli Stati Uniti uscì nel 1966 con il titolo The Two Colonels, probabilmente proiettato in qualche sala di Little Italy dove il pubblico rideva prima ancora che cominciasse il film, tanto bastava la faccia di Totò per strappare una standing ovation.

Eppure “I due colonnelli” resta un film minore per la critica, ma mai minore per chi ama Totò: è una pellicola stratificata, piena di sfumature, dove l’attore mescola comico e tragico con un’arte che non si può insegnare, solo ammirare.

🎖️ Conclusione: satira, farsa, tragedia e uno stivale pieno di vino

"I due colonnelli" è un film intelligente che fa finta di essere sciocco, un’opera comica che si chiude in silenzio, come una risata strozzata o una marcia militare suonata da una banda improvvisata. Totò dà il meglio di sé nella sottrazione, nella malinconia trattenuta, negli sguardi più che nelle smorfie.

Un film dove si ride – tanto – ma si esce dal cinema con quella strana sensazione di aver assistito a qualcosa di più profondo del previsto. Una commedia? Forse. Un’elegia mascherata? Di sicuro.


Scene più memorabili de 🎖️ I due colonnelli 🎖️, tratteggiato con gusto filologico, ironico, e con un occhio ben allenato alle sfumature tragico-comiche del cinema di Totò.

🎬 Entrata in scena del Colonnello Di Maggio: la smargiassata militare

Una delle scene di apertura più gustose e rappresentative del personaggio. Totò entra inquadrato come una caricatura del comandante d’altri tempi, gesticolando e tuonando ordini con tono declamatorio, più da palcoscenico che da caserma. La sua retorica militaresca è un florilegio di frasi roboanti, comicamente assurde, che svuotano di senso l’autorità del ruolo. Già da qui si intuisce che Di Maggio è un colonnello più per forma che per sostanza, ma pieno zeppo di tic e orgoglio vacuo. La scena è un'eco farsesca della retorica fascista e prende in giro l’intero apparato gerarchico militare, con una satira pungente ma travestita da gag comica.

La marcia e l’abbandono: “Tutti a casa”, versione grottesca

In un chiaro omaggio (o parodia) del film Tutti a casa, il colonnello Di Maggio e il sergente La Quaglia si ritrovano soli in marcia, abbandonati dai soldati che non hanno capito gli ordini o hanno preferito defilarsi. La scena mette in luce l’assurdità del caos post-8 settembre, e ribalta il senso dell’autorità: il comandante e il sottoposto sono ridotti a due figurine surreali che arrancano, dialogano, si scornano, nel vuoto di una guerra che non ha più nemici né amici, solo confusione e smarrimento.

Lo sketch della soffitta: bagno, barba e sarcasmo anglosassone

In questa scena perfettamente coreografata, il colonnello inglese (Walter Pidgeon) si rade con serafica precisione, mentre il sergente La Quaglia, con lo spirito da scugnizzo napoletano, gli prepara il bagno. È un momento di raffinata comicità gestuale e di dialoghi al vetriolo, dove le differenze culturali tra italiano e inglese sono giocate con una raffinatezza degna di Lubitsch. Lo scontro non è frontale, ma sottilissimo: sguardi, pause, intonazioni, tutto suggerisce che si sta giocando una guerra tra stereotipi, ma con grande classe.

🎭 L’imitazione di Mussolini: satira esplosiva

Una scena iconica, memorabile anche per il suo carattere dirompente e provocatorio. Totò, nei panni di Di Maggio, mima il Duce davanti a un prigioniero inglese, con tanto di labbra serrate, sguardo fiero e retorica da balcone. L’imitazione è volutamente farsesca, una smitizzazione comica e feroce. Totò gioca sul filo del grottesco, trasformando la figura del dittatore in una maschera ridicola e vuota, simbolo di un potere che si sgretola sotto i colpi dell’assurdo. Una scena che all’epoca non poteva non far discutere.

💃 La tarantella ubriaca: il vertice surreale

Una delle scene più strane e più belle del film. Dopo aver bevuto insieme, i due colonnelli, nemici dichiarati, si lasciano andare a una tarantella liberatoria. Totò e Pidgeon, visibilmente su di giri (i personaggi, non gli attori... o forse entrambi), ballano, ridono, inciampano e si abbracciano, in un crescendo di assurdo e poesia. È la guerra trasformata in festa popolare, ma anche una danza sul baratro: ridono perché non sanno come andrà a finire. È il momento in cui la commedia sfiora la tragedia, e lo spettatore sente che qualcosa sta per rompersi.

⛓️ Il disvelamento: le due donne e il doppio inganno

In un sapiente gioco teatrale, Scilla Gabel (la donna) e Adriana Facchetti (sua madre) si rivelano traditrici di entrambe le parti, usando la propria seduttività e ambiguità per manipolare i due colonnelli. Totò e Pidgeon capiscono di essere stati usati come burattini, e la delusione diventa motore narrativo verso il climax del film. La scena è scritta con brio, ma ha toni amari da commedia all’italiana: la donna, ancora una volta, è simbolo del caos e della perdita di controllo.

🧨 Il gesto dell’ombrello e il torpiloquio storico

Due gesti che non si dimenticano:
– Totò che fa il gesto dell’ombrello rivolgendosi a Pidgeon: un’espressione di disprezzo visceralmente napoletana, qui usata come definitiva liquidazione della retorica militare.
– E soprattutto il torpiloquio: per la prima volta Totò pronuncia una parolaccia esplicita, che si scaglia contro i “maledetti mortai tedeschi”. Un momento fortemente voluto da Steno, non senza resistenze da parte del Principe. È una rottura del personaggio-tipo di Totò, una spia di maturità artistica e di un realismo che, per una volta, passa anche dal linguaggio crudo.

⚖️ La fucilazione finale: tensione alla Griffith

Il momento più drammatico e inaspettato del film. Dopo aver riso, cantato, ballato e bestemmiato, i due colonnelli vengono condannati a morte. La scena della fucilazione è girata con una tensione quasi muta, da cinema muto. La macchina da presa si ferma sul volto di Totò, mentre ascolta la sentenza: nessuna smorfia, nessuna battuta, solo lo sguardo di un uomo che ha capito tutto troppo tardi. È il momento in cui la commedia abdica e lascia spazio alla tragicità della storia, quella vera, quella che non perdona. Totò, nella sua espressività, raggiunge qui vertici che nulla hanno da invidiare a Chaplin ne Il grande dittatore.

🎯 Conclusione: la commedia si arrende alla guerra (ma non senza combattere)

“I due colonnelli” è un film che gioca costantemente sul crinale: tra satira e pietà, tra grottesco e tragedia, tra l’arte della farsa e il peso della memoria. Le scene memorabili qui analizzate non sono solo gag riuscite o sketch brillanti, ma sono veri e propri nodi drammaturgici, in cui Totò dimostra ancora una volta la sua capacità di attraversare tutti i registri – dal comico al lirico, dal buffo all’eroico – senza mai perdere il suo tocco inconfondibile. Un film che merita più di una visione, e ogni scena memorabile racconta un altro lato dell’Italia, della guerra, e di Totò stesso. 


Così la stampa dell'epoca

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Totò compone canzoni e Walter Pidgeon canta

Totò compone canzoni e Walter Pidgeon canta Due attori di razza per il medesimo film - Lodi reciproche - Comunicano fra loro con il linguaggio dei muti - Il comico italiano sia scrivendo «Malvagità» «Caro Colonnello», «My dear Cotone!», il saluto…
Guido Berti, «Il Messaggero», 19 novembre 1962
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L’accoglienza de 🎖️ I due colonnelli 🎖️ da parte della critica, del pubblico e della censura dell’epoca, ricostruito con occhio storico, attenzione filologica e quel pizzico d’ironia che l’opera di Steno – e Totò stesso – inevitabilmente impongono.

📰 La critica: tra sufficienza, sorrisi trattenuti e sviste colossali

Quando “I due colonnelli” uscì nelle sale nel gennaio 1963, la critica italiana – ancora piena di complessi nei confronti del “cinema comico” – non fece i salti di gioia. Gli articoli dei principali quotidiani e riviste specializzate furono, nel complesso, tiepidi, e in certi casi persino sprezzanti, come se la presenza di Totò fosse ormai una garanzia di “cinema di serie B” destinato ai botteghini, ma non ai salotti intellettuali.

Le principali osservazioni furono:
la trama poco originale, ritenuta un ricalco (non sempre brillante) di modelli già visti – come I due marescialli o Tutti a casa;
la comicità altalenante, più efficace nei duetti tra Totò e Nino Taranto, ma considerata più debole quando si cercava il tono epico o sentimentale;
il dislivello stilistico tra i due protagonisti: l’irruenza di Totò sembrava stonare, secondo alcuni, con la compostezza quasi teatrale di Walter Pidgeon – giudizio che oggi suona miope, dato che proprio quel contrasto era la chiave comica del film.

Ciononostante, alcuni critici più accorti salvarono l’interpretazione di Totò, riconoscendo nella sua maschera un equilibrio sempre più difficile tra farsa e tragico, tra commedia e malinconia. Chi scriveva con più lungimiranza notava che la faccia di Totò nei momenti drammatici diceva più di cento dialoghi retorici sulla guerra. Ma erano voci isolate.

🎟️ Il pubblico: risate in sala, ma meno euforiche del previsto

Al botteghino, il film funzionò, ma non straripò. Gli incassi furono soddisfacenti, specie nelle sale di prima visione di Roma, Napoli, Milano, dove Totò era ancora accolto come un vecchio amico che si può anche perdonare se racconta la stessa barzelletta due volte.

Le fasce popolari e meridionali accolsero la pellicola con più entusiasmo, riconoscendovi il Totò che amavano, tra battute, giochi di parole e situazioni paradossali. In molte città, la scena della tarantella e quella del torpiloquio antitedesco fecero ridere di gusto gli spettatori.

Tuttavia, si notò una differenza generazionale: i giovani, sempre più attratti dal neorealismo impegnato o dal cinema d’autore che stava sbocciando (Pasolini, Antonioni), tendevano a snobbare queste commedie, viste come prodotti “da genitori” o “da seconda serata”. Era l’epoca in cui il cinema italiano si divideva tra il risatone popolare e la “serietà” festivaliera: Totò, purtroppo, era stato relegato alla prima categoria, anche quando – come in questo caso – si faceva carico di riflessioni amare sul nostro passato storico.

🔏 La censura: tolleranza, ma con perplessità sul “torpiloquio”

Il film, pur affrontando tematiche potenzialmente delicate – il 25 luglio, la caduta del fascismo, la confusione militare dell’8 settembre, la critica alla gerarchia, il ritratto ridicolo dei comandanti italianinon fu soggetto a grandi tagli censori.

Questo si deve, probabilmente, a due fattori:

  1. Il tono farsesco e surreale del film: la commedia, specie se travestita da farsa, godeva di maggiore indulgenza, anche quando sfiorava il tabù;
  2. Il 1963 era già un anno di maggiore apertura, sia nei costumi sia nelle maglie della censura, rispetto al decennio precedente.

Tuttavia, ci fu una segnalazione formale riguardante l’uso del turpiloquio, mai pronunciato prima in un film interpretato da Totò. In particolare:

– l’epiteto sostitutivo dei “mortai” tedeschi, pronunciato dal colonnello Di Maggio;
– il gesto dell’ombrello, definito nei documenti ufficiali come “inopportuno e volgare”;
– il dialogo tra Totò e il colonnello tedesco, contenente riferimenti espliciti all’inettitudine dell’esercito italiano, che qualche zelante censore trovò “denigratorio”.

In definitiva, però, non furono richieste modifiche sostanziali, probabilmente perché la cornice narrativa e il tono leggero neutralizzavano il potenziale “sovversivo” del contenuto. Insomma: Totò poteva dire certe cose, ma solo perché lo faceva ridendo.

📺 La memoria critica postuma: da “film minore” a opera rivalutata

Come spesso accade con i film di Totò, la rivalutazione è arrivata dopo. Oggi, “I due colonnelli” è considerato un’opera importante del suo percorso artistico tardo, un momento in cui la maschera comica iniziava a incrinarsi, lasciando trapelare una profondità inedita. In particolare:

l’uso calibrato del turpiloquio viene oggi letto come un passaggio consapevole verso un Totò più realistico, meno burattino e più uomo;
– la fusione tra il linguaggio comico e la cornice storica tragica è vista come un esempio riuscito di quella “commedia all’italiana” che sapeva ridere dei disastri nazionali senza banalizzarli;
– la prova attoriale di Walter Pidgeon, a lungo ignorata, è oggi rivalutata per la sua precisione teatrale, la sua umanità sotto la scorza britannica, e per il modo in cui fa da perfetto contraltare a Totò.

🎯 Conclusione: accolto con diffidenza, ma destinato a durare

In definitiva, “I due colonnelli” non fu un trionfo di critica né un fenomeno di massa, ma è rimasto nel tempo come un film-ponte: tra commedia e dramma, tra gag e memoria, tra la vecchia maschera napoletana e il volto disincantato di un’Italia che cominciava a fare i conti col proprio passato.

Fu un film sottovalutato all’epoca, ma fondamentale nella maturazione artistica di Totò, e oggi, a distanza di decenni, è proprio quella voce a metà tra il riso e la tragedia a renderlo unico, in un panorama saturo di maschere, ma povero di volti veri.


Gli incassi dei Due Marescialli sono buoni. Non quanto quelli di Totòtruffa '62, che avevano trascinato al cinema quasi tre milioni di persone, ma abbastanza per decidere di ritentare l'esperimento. I due colonnelli, il secondo film in cui Totò reinterpreta a modo suo il filone antifascista, viene girato un anno dopo, nel novembre del '62. Al suo fianco, al posto di De Sica, c'è il canadese Walter Pidgeon. L'artefice, anche stavolta, è Gianni Buffardi, produttore del film con Lombardo della Titanus, ma l'idea dell'inedita coppia è di de Curtis.

Alberto Anile


Totò è sempre Totò: un modo di dire piuttosto convenzionale ma esatto. I produttori si ricordano di lui soltanto per tenere in piedi ignobili intrugli con intenzioni comiche: ma è raro che, nonostante queste, Totò non si permette in ogni filmetto almeno una scena degna delle sue doti di grande attore. Non è certamente uno dei migliori film di Totò, ma i duetti tra il comico napoletano e il suo antagonista son alquanto gustosi.

Valentino Di Carlo, 1962


Gli sgarri della sceneggiatura, la banalità e la sfiancata arguzia delle battute, la superficialità dei caratteri, viziano I due colonnelli. Mannaggia. Usare in tal modo un attore come Totò, il quale non ha ancora avuto, nella sua principesca indolenza, le grandi giornate cinematografiche dovutegli. Idem per Nino Taranto, che ha ben altre possibilità.

Giuseppe Marotta, «L'Europeo», 1962


Per un film con Totò, Walter Pidgeon a Roma

Fu la voce baritonale che gli aprì la via del palcoscenico • Il gesto poco digititoso di un senatore americano è stato da lui imitato in una recente pellicola

Roma 2 novembre, notte.

E' un impeccabile gentleman, nel tratto e nell'abito, l’alto signore dai capelli e dai baffetti grigi come il vestito che indossa, dal quale slamo accolti come vecchi amici. Difatti ci conoscemmo qui a Roma alcuni anni fa, ma non credevamo che Walter Pidgeon possedesse tanta memoria. Nonostante avesse allora 58 anni, e oggi ne conti 65, nulla è mutato in lui: non l’aspetto, non l’aperta cordialità e l'humour, non la compitezza del gesto e della parola, non la mobilità del viso che rifletté ogni giudizio e ogni pensiero. Dipenderà dalla lunga vita di teatro, quella viva espressione, o dal fatto ch’egli nacque al cinema al tempo del film muto? «Forse — dice lui scherzando — dipende soltanto dall'essere, il mio, un volto vecchio».

E’ facile sapere il perchè del suo ottimo umore: ha appena finito di vedere, in una saletta di proiezione, i sei diversi personaggi creati da Totò in Diabolicus. «Ha una maschera formidabile — commenta — e sono lietissimo di lavorare con lui».

Pidgeon è venuto a Roma proprio per interpretare un film con il principe De Curtis e con l’attrice greca Rika Djalyna, ma non ha ancora potuto incontrare di persona Totò, in questi giorni lievemente indisposto. «Il solo pensiero di vedere questo , stendardone, in uniforme di colonnello inglese, fronteggiare il piccolo ed esile Totò, in uniforme di colonnello italiano (la vicenda si svolge in Grecia, nell’ultima guerra) induce al sorriso. Canadese di nascita, Pidgeon, in verità, voleva faro il marinaio: invece, nella prima guerra mondiale, fu sottotenente di artiglieria e non andò oltre perchè un infortunio lo immobilizzò per lunghi mesi. Congedato, diventò impiegato di banca, senza entusiasmo; con fervore, invece, coltivò con lo studio la sua voce baritonale.

Fu proprio quella voce, insieme con la sua abilità nel recitare, che gli aprì la via del palcoscenico in vaudevilles con Elsie Janis. Sullo schermo cominciò a emergere dall’anonimato, nel 1937 in Saratoga, la ultima pellicola della «dinamite al platino», Jean Harlow. Poi, l'interpretazione di Fiori nella polvere con Greer Garson indusse i produttori a puntare sulla simpatica coppia nella signora Miniver, In Madame Curie, nella Signora Parkington, nella Saga dei I Foreste. Quanti film ha interpretato, è difficile fargli ricordare; più semplice, apprendere che La signora Mintver è quello che gli ha dato maggiore popolarità.

Il ricordo di quelle pellicole ci porta, naturalmente, a parlare della situazione del cinema. «Molto triste — osserva Walter — in molti Paesi, ma non in Italia, mi pare. Ricordo quando la ditta per cui ho lavorato ventun anni aveva ottanta attori a contratto, e tutti lavoravano intensamente un film dopo l'altro. Oggi le case di Hollywood hanno venti o trenta attori fissi, complessivamente, mentre fioriscono le produzioni indipendenti. Importante, ad ogni modo è lavorare, perchè a me piace recitare».

Non dimentichiamo, nel quadro di questo suo lavoro, la caratterizzazione del leader politico ch’egli ha creato di recente nel film Tempesta a Washington di Preminger. «Ero nientemeno che un capo della maggioranza pieno di fastidi — dice. —. Per ambientarmi e conoscere meglio la vita parlamentare, mi recai ad assistere ad alcune seduto del Senato, seduto in tribuna e tutto compreso della dignità del luògo. Ma, osservando bene, vidi il senatore Salkonstall, di Boston, che, entrando in aula, si tirava su, disinvoltamente, la cinta dei pantaloni. Un gesto non troppo dignitoso, che io imitai puntualmente in una scena del film».

In una cosi lunga carriera di attore non possono, certamente, essere mancati momenti di soddisfazione e altri di amarezza. «Come ricordarli? Sono tanti, e poi, nella vita dello spettacolo, accadono le cose più inattese». La prima che ci racconta si riferisce a «nonno Walter». La sua nipotina. Patrizia, quando aveva sei anni (ora ne ha undici) lo vide per la prima volta sul video in Com'era verde la mia valle e subito volle telefonare a Nuova York dovagli recitava in teatro. «Sai, nonno, ti ho visto alla televisione, ma non ti riconoscevo: sembravi cosi giovane». L’altro episodio risale al ’57, allorché dopo un anno di fortunate repliche a Broadway della commedia di Crichtòn The happiest millionaire (in cui Walter impersonava Tony Bridale) la compagnia si spostò a Chicago, dove invece la critica stroncò il lavoro. La mattina dopo la prima, Pidgeon, che non aveva ancora letto i giornali, prese un tassi, guidato da un autista messicano, per recarsi in teatro. Accanto a questo c’era un cinema dove si proiettava il film II giro del mondo in ottanta giorni di Mike Todd, e l’autista, fermandosi, disse compiaciuto all'attore: «Vi recate a vedere il nostro grande Cantinflas, eh?» «Adesso ci rido - aggiunge Pidgeon — ma allora ci rimasi verde».

Alberto Ceretto, «Corriere della Sera», 3 novembre 1962


I 2 colonnelli sono Totò nei panni di un esagitato ufficiale dell'esercito italiano e Walter Pidgeon che impersona il flemmatico comandante di un reparto britannico. [...] Si parteggia per inglesi ed italiani in quanto i veri nemici e di greci e di fanti italiani e britannici sono i nazisti. La commediola assume infatti un profilo simpatico, soprattutto nel finale, che vede gli ingelsi salvare il reparto italiano sul punto di essere massacrato da una formazione di SS. A fianco dei due citati attori appaiono Nino Taranto e Scilla Gabel. La regia è di Steno. Bianco e nero.

vice, «L'Unità», 6 gennaio 1963


E' un film che mantiene messe e che non delude le aspettative; un racconto piacevole e brioso la cui vivace comicità, temperata appena da una sottile ed amara ironia, è ingentilita da una patetica vena di caldo umano affetto; uno spettacolo che divertirà il pubblico soprattutto per la bravura e l’impegno dei due protagonisti che, come si sa, sono Totò e Walter Pidgeon. [...] Su questa trama fluida e vaga come un canovaccio di commedia dell’arte, Totò ricama con esuberante genialità e con grande efficacia espressiva una delle sue più riuscite e gustose interpretazioni, riuscendo a conferire al tempo stesso al personaggio note umane che gli danno dimensioni! più vaste e autentico calore vitale. Accanto a lui Walter Pidgeon dapprima freddo, compassato, garbatamente ironico, fonde a poco a poco ed allegramente, nel finale, finisce con il «latinizzarsi » anch'egli non solo nei sentimenti ma anche nella recitazione. Bravo anche Nino Taranto nella parte del sergente e abbastanza conturbante Scilla Gabel che impersonava la sposa fedele. Il regista Steno ha diretto con abile mestiere e con mano felice - anche se non sempre leggera - il film che si giova di un’ottima fotografia in bianco e nero su schermo grande, e del buon commento musicale di Gianni Ferrio.

Vice, «Il Messaggero», 6 gennaio 1963


Quante volte, ormai, Totò è mancato all'appuntamento con quanti coltivano la speranza di vederlo affidato a un regista che non solleciti la sua bassa comicità, controlli i suoi sberleffi, gli faccia finalmente capire che si sta definitivamente giocando quel paragrafo nella storia del cinema buffo al quale sembrava avesse diritto? Infinite, e l'ultima è rappresentata da I due colonnelli, [...]  Il condimento è della solita mano di Steno: giochi di parole, un colonnello in mutande, l'altro che scambia un soldato mimetizzato per un vespasiano (il film si chiude, riassumendone lo spirito, su Totò che se l'è fatta addosso), ladri di galline e una battuta scurrile che provoca l'unica grossa risata della platea (non si capisce perchè i genitori debbano dare uno schiaffo ai loro ragazzini che la ripetono, quando la censura li ha ammessi a vedere il film).

Se Totò è il colonnello italiano, Walter Pidgeon è quello inglese: pensate a che elegante filmetto si sarebbe potuto assistere, se il regista avesse saputo architettare un contrappunto fra la comicità napoletana e lo umorismo britannico. Invece, nulla di nulla. Totò fa qualche tentativo di controllarsi, per equilibrare, a un certo livello, l'innata ironia di Pidgeon. ma la macchietta deborda da tutte le parti. E Pidgeon mostra di aver capito che il film non era da prendersi troppo sul serio, perchè era uno sciocco pasticcio di situazioni grottesche e di buoni sentimenti all’italiana, a dispetto di quel dramma che fu, per tutti, la campagna di Grecia.

G. Gr., «Corriere della Sera», 12 gennaio 1963


Film comico, diretto da Steno, con protagonisti due graduati: uno, Totò, appartenente all'esercito italiano; l'altro, Walter Pidgeon, a quello inglese. E' il tempo della guerra in Grecia, sul due opposti fronti stanno l'italiano e II britannico, al comando dei rispettivi reparti. Essi si contendono un paesino arroccato su di un monte, alternativamente conquistato e abbandonato fra l'opportunistico doppio giuoco della popolazione, nella quale le donne preferiscono gli Italiani, gli uomini i loro avversati. I due colonnelli, facendosi sistematicamente « prigionieri l'un l'altro e salvandosi reciprocamente la pelle, diventano a poco a poco amici, solidali poi nella lotta contro l notisti. Con i due ameni protagonisti, Nino Taranto e l'avvenente Scilla Gabel.

«Stampa Sera», 17 gennaio 1963


Gli urlacci di Totò

Il comico italiano ha trovato un ironico "partner" in Walter Pidgeon

Galoppando verso il suo centesimo film, Totò da qualche tempo cambia spesso cavallo. Questa volta, come già con Fernandel, il suo «partner» è straniero, l'anziano Walter Pidgeon. Questi, che è un attore fine, l'ha voltata, come doveva, in ridere e si è persino divertito nell'ìmpersonare il colonnello inglese, amico-nemico del parigrado italiano, a entrambi i quali accenna il titolo ricalcato, come del resto il soggetto di Corbucci e Grimaldi, su «I due nemici».

Qui però non siamo in Africa, ma in Grecia, avanti e indietro da un villaggetto macedone che i due colonnelli continuano a strapparsi dalie mani finché i'8 settembre non cementerà la loro amicizia, nata dalle loro stesse scaramucce, nella lotta comune contro i tedeschi. Le consuete e grossolane facezie urlate a squarciagola, più che dette, dallo spassoso Totò sono il maggiore incentivo alle risate del pubblico.

a. bl., «Stampa Sera», 18-19 gennaio 1963


I due colonnelli sono Totò e Walter Pidgeon. [...] Evidentemente ricalcato sulla falsariga dei « Due nemici », con Sordi e David Niven, il film di Steno rimbomba tutto degli urlacci di Totò al quale fa da divertita «spalla» un ironico Pidgeon: battute e situazioni sono talvolta di dubbio gusto (proprio a quelle tuttavia il pubblico si sganascia), ma alla fine la farsetta ha ottenuto lo scopo di strappare qualche risata. Tra gli altri interpreti, compaiono anche Scilla Gabel, nella parte d'una moglie greca che si fa beffe di entrambi i colonnelli, e un sobrio Nino Taranto.

vice, «La Stampa», 19 gennaio 1963


Studi scientifici dimostrano come gli uomini tendano a conferire autorità a coloro che danno ordini al prossimo. Viene chiamato “effetto Lucifero”, in letteratura psicologica. In questa pellicola il principe della risata, che deve essere riscoperto dai giovani “zalonizzati" spettatori, dimostra che ci si può ribellare agli ordini; anche l'uomo medio può avere un moto dell’anima che lo fa sollevare dalla sua medietà. Ma di Totò come maestro di disobbedienza si potrebbero citare tante altre pellicole: Siamo uomini o caporali?, Guardie e Ladri, Totò a colori, Totò diabolicus in ogni film Totò ci insegna che ci sono poteri che ci comandano, ma dai quali - da uomini veri - possiamo affrancarci.

«La Guida», 19 febbraio 2016


I documenti

Uscite in home video de I due colonnelli, con tutte le versioni rilasciate (VHS, DVD), anni di uscita, edizioni e contenuti extra.

📼 VHS

Negli anni ’80/’90, il film iniziò a circolare in VHS tramite Creazioni Home Video, Mondadori Video e Center Video, spesso incluso in raccolte dedicate a Totò, come "Totò di notte" secondo una bibliografia online. Tuttavia, non risultano uscite ufficiali numerate, né dettagli su versioni restaurate. La qualità era tipica del tempo: transfer da pellicola non rimasterizzata, nessun extra e confezioni semplici.

💿 DVD – Prima uscita (Medusa, 2004)

  • Data di uscita: 8 settembre 2004 
  • Casa distributrice: Medusa Home Entertainment (codice EAN 8010020019472) 
  • Formato: DVD singolo, regione 2, PAL, custodia Amaray
  • Video: Bianco e nero, rapporto originale 1,85:1 
  • Audio: Italiano Dolby Digital 1.0 mono
  • Contenuti extra: nessuno elencato ufficialmente, né trailer né interviste. Pura edizione “film solo”.
  • Disponibilità: presente su Amazon IT con voto medio 4,8/5 DVD.it cataloga lo stesso .

💿 DVD – Riedizioni (2012–2014)

  • 2012: Medusa Home Entertainment reintroduce in catalogo una versione usata su IBS nel 2012/2014
  • 2014: Nuova ristampa da Titanus/Eagle Pictures – disponibile su Feltrinelli e IBS a 9,99 € 
    • Dettagli tecnici invariati (Dolby 1.0, formato 1,33:1 o 16:9? varianza tra fonti) 
    • Nessun extra aggiuntivo, sempre edizione base.

🎥 Blu-ray / Streaming / Edizione speciale (lugio 2025)

Attualmente non risulta alcuna edizione in Blu-ray, né restauro avviato. Forum tecnici dichiarano difficoltà nel reperire master adatti ai formati HD. Non ci sono informazioni su versioni digitali ufficiali (VOD, Blu-ray).

📊 Riepilogo uscite home video

SupportoAnnoCasa editriceEdizione/Contenuti
VHS anni ’80–’90 Creazioni Home Video, Mondadori, Center Video Versioni generiche senza dettagli, qualità standard
DVD 2004 Medusa Prima edizione, DVD singolo, audio mono, nessun extra
DVD 2012 Medusa (ristampa) Versione usata, identica alla precedente
DVD 2014 Titanus/Eagle Pictures Nuova ristampa, prezzo ridotto, nessuna novità extra

⚠️ Note finali

  • Nessuna edizione include contenuti speciali (making‑of, trailer, interviste).
  • Nessuna versione in Alta Definizione o Blu-ray è stata pubblicata finora.
  • Le versioni DVD attuali sono ripubblicazioni del master del 2004, non sono stati effettuati restauro o formato 16:9.

Il DVD del 2004 (e le successive ristampe) restano l’unica opzione stabile. Se desideri una versione restaurata o ad alta risoluzione, al momento non esiste – e per questo il film rimane un'occasione perduta per i collezionisti.


Intervista sul set del film "I due colonnelli"


L'ufficiale nazista e il postino

Due personaggi, l'ufficiale tedesco e il portalettere, compaiono in altri due film di Totò: l'ufficiale tedesco ne "I due colonnelli" (famosa la sua frase, "ho carta bianca…") e ne "I due marescialli" (l'ufficiale che, durante un discorso, viene ridicolizzato dalla fragorosa pernacchia del finto maresciallo Totò), il portalettere maltrattato nel film "Totò Diabolicus" ed ancora ne "I due marescialli". Sono sempre gli stessi attori protagonisti nei due ruoli: l'ufficiale tedesco, Roland Von Barthrop, il portalettere, Mimmo Poli.


Fotogrammi tratti dai film "I due marescialli", 1961 "I due colonnelli", 1962 "Totò diabolicus", 1962


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

Simpatica commedia di ambientazione bellica è stata oltremodo sopravvalutata da pubblico e critica (anche per via della famosa scena della ribellione al militare inglese). In realtà benchè abbia dei momenti godibili, grazie alla presenza di un ottimo cast (accanto a Totò spiccano Nino Taranto e Walter Pidgeon) il film è piuttosto ripetitivo e dotato di sceneggiatura non memorabile.
I gusti di Galbo (Commedia - Drammatico)


Sull'onda dei Due nemici e ricordando I due marescialli, ancora un film bellico che mette a confronto l'ufficiale italiano e quello inglese, in questo caso nemici attorno a un paesino greco. Tra numerosi momenti comici e alcuni spunti drammatici nella parte conclusiva (là dove deve risaltare il rigore morale del vero italiano), Totò si destreggia molto bene, dando vita a un colonnello tanto arrogante quanto buonuomo, arrivando perfino a dire l'unica sua parolaccia sullo schermo. Nel complesso il film si vede con gusto, pur nella modestia della realizzazione.
I gusti di Pigro (Drammatico - Fantascienza - Musicale)


Attraverso la riproposizione dei soliti stereotipi delle nazionalità (italiani pasticcioni, tedeschi marziali e ottusi, inglesi compiti e corretti), Steno biasima la guerra in una frizzante commedia che a tratti (il riferimento alle purghe e alle rasature e il plotone di esecuzione nel sottofinale) assume toni drammatici. Come sempre accade nei film di cui è protagonista, Totò basta da solo a catturare il pubblico e a suscitarne le risate, ma qui il suo compito è facilitato dalle spalle Walter Pidgeon e Nino Taranto, che insieme a lui danno vita ad irresistibili siparietti.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il faccia faccia Totò-Pidgeon e il loro brindisi; i due colonnelli che scoprono di essere "becchi"; la celebere risposta di Totò al maggiore nazista.
I gusti di Homesick (Giallo - Horror - Western)


Assurto a classico tra i film di Totò per la famosissima scena di ribellione da parte di Totò all'arrogante ufficiale nazista. Ben diretta da Steno e interpretata ottimamente non solo dall'indimenticabile attore partenopeo ma anche da Nino Taranto e da Walter Pidgeon, è costellata da battute pungenti e da un paio di momenti almeno memorabili.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Badate Colonnello. Io ho carta bianca!" "E ci si pulisca il culo va bene!".
I gusti di Lovejoy (Comico - Horror - Western)


Grandissimo film di Totò, questa volta in coppia coll'ottimo Pidgeon in una parodia dei Due nemici. Nemmeno tanto parodia poi, dato che la seconda parte segna una incredibile svolta verso toni più seri e antinazisti. Insomma un film completo, dove finalmente Totò può dimostrare di saper cambiare registro, dal comico al drammatico. Peccato per qualche caduta di stile e qualche battuta inutilmente scurrile.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Ovviamente: "E ci si pulisca il culo!".
I gusti di Rambo90 (Azione - Musicale - Western)


Nelle commedie italiane dove c'è l'esercito a confronto con eserciti di altre Nazioni (Seconda Guerra Mondiale) si tende spesso a esagerare i nostri difetti e a esaltare le virtù degli altri. È così anche in questo film dove Totò, colonnello italiano, è messo a confronto con un compassato Pidgeon, suo collega inglese. Almeno nella prima parte, poi, quando arrivano i tedeschi (siamo vicini all'otto settembre), arriva anche l'eroismo e i soldati italiani si rivalutano e mostrano la loro vera anima. Totò offre una performance sopra le righe da par suo.
I gusti di Saintgifts (Drammatico - Giallo - Western)


Una parodia militare fino ad un certo punto, che trova il principe della risata in grande spolvero. La narrazione non è eccelsa ma alcune situazioni sono di buon livello e nella seconda parte il tono diventa lievemente più serioso. Leggendaria risposta di Totò al maggiore tedesco.
I gusti di Nando (Commedia - Horror - Poliziesco)


Parte come una commedia bellica per assumere dei toni più seri nella seconda parte. Non è una delle migliori di Totò, ma il comico partenopeo mostra di lavorare bene in coppia con Pidgeon, inoltre è presente un bravo Nino Taranto. La scena della ribellione al comandante nazista è memorabile e da quel punto il film assume un'inaspettata serietà che rende il finale avvincente. Sebbene non sia costante, la pellicola è più che discreta.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Io ho carta bianca" "E ci si pulisca il culo!"; "Per me basta una pallottola, per loro due, perché sono cretini!".
I gusti di Belfagor (Commedia - Giallo - Thriller)


Totò, colonnello italiano severo e inflessibile, alle prese con l'esercito di sua maestà britannica per la conquista di un paesino greco che puntualmente cambia sponda tra le due fazioni, finchè non arrivano i tedeschi... Grande Totò, capace di mettere da parte le idee di grandezza (bellica) pur di rimanere "soldato ma non assassino". Ottima la spalla Taranto come pure Pidgeon, l'antagonista colonnello inglese. Ottime le musiche, che richiamano proprio quei tempi bui. Merita la visione: ***
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che, con la dignità, l'orgoglio e la consapevolezza di appartenere a qualcosa di diverso (dal nazismo), rivendica la sua scelta.....
I gusti di Rigoletto (Avventura - Drammatico - Horror)


Amabile commedia sulla guerra diretta abilmente da Steno. Bene Totò che riesce a interagire ottimamente con Nino Taranto e buono Pidgeon (quantunque un po' spaesato). Alcune gag banali, ma sicuramente la pellicola risulta piacevole. Rimane storica la risposta di Totò all'ufficiale nazista.
I gusti di Gabrius79 (Comico - Commedia - Drammatico)


Simpatica commedia di Steno che prende spunto da un episodio bellico minore in Grecia per imbastire una storia dai toni antimilitaristi affiancando a un Totò molto in forma il talento hollywoodiano di Pidgeon per dare respiro internazionale e nuovi mercati alla comicità del Principe. L'intesa fra i protagonisti funziona, mentre Nino Taranto si conferma una delle spalle ideali di Totò. I tre da soli tengono in piedi il film, dando luogo a gustosissimi siparietti mentre la trama si trascina piuttosto ripetitiva. Vale in ogni caso una visione.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La carta bianca...
I gusti di Pessoa (Gangster - Poliziesco - Western)


Uno Steno d'annata con un Totò al meglio della forma. Il regista sceglie con cura una cifra stilistica tra la farsa e la satira bonaria ma fa attenzione a non uscire dal perimetro realistico di fondo tenendo conto dell’argomento molto delicato del film. Totò, dal canto suo, tiene la cifra del suo personaggio su un registro caricaturale molto accentuato con una gestualità veramente marionettistica che fa sembrare il suo colonnello quasi irreale se non addirittura fatuo ed inattendibile. Una micidiale critica dall'interno del militarismo dell'epoca.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena del riscatto umano e morale del Colonnello Totò di fronte all'ottusa arroganza dell'ufficiale nazista: nessuna parolaccia fu più calzante.
I gusti di Graf (Commedia - Poliziesco - Thriller)


Non particolarmente riuscito. Al finale "nobile" ed eroico ci si arriva con una sceneggiatura eccessivamente farsesca, con un Totò eccessivamente esagitato (in relazione al ruolo che deve interpretare) a cui si contrappone un Pidgeon pacato e incolore. A tratti ci si annoia. Esempio di film che alla lunga si ricorda solo per una battuta, ovvero quella della "carta bianca"...
I gusti di Roger (Comico - Commedia - Drammatico)


Le incongruenze

  1. In una delle ultime scene si vedono i mortai schierati e pronti a fare fuoco... ma non sono montati troppo vicini fra di loro?
  2. Così come accaduto in altri film (ad es. in "I due marescialli"), la situazione a ridosso dell'8 settembre 1943 viene vista in maniera fortemente "riassuntiva" e "ricorretta"): i tedeschi che diventato subito i nuovi nemici, gli italiani che passano subito dalla parte del giusto, i nemici di ieri pronti ad accoglierci a braccia aperte... Nella realtà il Paese (e tutti gli scenari di guerra che ci vedevano protagonisti) attraversò momenti di caos e di panico, la situazione non fu chiara per tutti, e i vecchi nemici pensarono bene di non venirci subito ad abbracciare come fratelli...
  3. Totò indossa in varie scene l'elmetto al contrario, con il foro d'areazione in fronte anzichè dietro la testa
  4. Sull'insegna della Taverna Helios (Sole in greco) c'è un evidente errore di ortografia
  5. Durante la bicchierata fra i due colonnelli, Pidgeon confida a Totò che la sua ex fidanzata aveva sposato un ecclesiastico anglicano. Totò cade dalle nuvole, facendo capire addirittura in maniera esplicita di non sapere che esistono le confessioni cristiane riformate. Tutto ciò è impossibile in un colonnello (che come livello di ammissione all'Accademia deve avere almeno il diploma...).
  6. Fra la prima e la seconda parte del film, i galloni con i gradi da colonnello sulle maniche dell'uniforme di Totò cambiano dimensioni: nel primo tempo sono molto grandi e appariscenti, nel secondo invece sono "in miniatura"
  7. L'ambientazione del film è nel fittizio paesino di Montegreco (?) situato, come detto in apertura, in Macedonia. Ma se tanto mi dà tanto in Macedonia (repubblica ex jugoslava, dove sono stato due volte per lavoro...) si usano i caratteri cirillici. Invece le scritte dei cartelli sono in greco...
  8. Nei Balcani, dove è ambientato il film, le chiese ortodosse hanno campanili dall'architettura completamente diversa dalla tipologia di quelle cattoliche, come invece si vede in due - tre inquadrature. Appare fin troppo evidente che gli esterni del film sono stati girati in qualche paesino montano del centro-sud...
  9. Inizio secondo tempo. Quando Totò dice a Nino Taranto di mettere "fuori cuffia" l'ascolto dell'annuncio che stanno facendo alla radio, questa si sente già un attimo prima che Nino Taranto tocchi qualcosa alla radio stessa
  10. Il maggiore Kruger (quello della "carta bianca") indossa l'uniforme della Wehrmacht. Però quando si presenta al Col. Di Maggio (Totò), anzichè salutare alla visiera, come previsto per gli ufficiali della Wehrmacht, effettua il saluto a braccio teso pronunciando "Heil Hitler" (come fosse un appartenente alle SS)
  11. In diverse scene Totò indossa l'elmetto italiano m33 al contrario con il foro d'aereazione frontalmente anzichè posteriormente
  12. Quando il colonello di Maggio e i suoi uomini sono davanti al plotone di esecuzione è (come detto nella scena precedente) l'alba. poi arrivano gli inglesi a fermare i tedeschi e il colonnello Henderson dice che Badoglio ha annunciato alla radio che l'Italia ha firmato il famoso armistizio. Ma come faceva a saperlo? Badoglio lo ha annunciato solo verso le sette di sera!
  13. Siamo alla fine del film, il Colonnello Antonio Di Maggio (Totò) ed i suoi uomini sono appena stati salvati dalla fucilazione dal Colonnello inglese Timothy Henderson (Walter Pidgeon). Sul terreno dovrebbero esserci 12 fucili del plotone d’esecuzione italiano e 10 mitra di quello tedesco appena catturato. Viene ordinato agli italiani di riprendere le armi ma una volta fatto oltre ai 10 mitra tedeschi restano sul terreno 3 fucili italiani
  14. Il Colonnello Henderson torna nella notte a Montegreco per recuperare la sua pipa, si arrampica sulla finestra di Iride ed alle sue spalle si vede molto vicino un muro come se si trovasse all’interno di un vicolo. Quando il soldato La Padula chiamerà il Colonnello Di Maggio la finestra sembrerà invece essere rivolta verso uno spiazzo

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.

Il paesino greco di Montegreco, conquistato a “turno” dalle truppe britanniche del colonnello Timothy Henderson (Pidgeon) e da quelle italiane comandante dal colonnello Antonio Di Maggio (Totò), è in realtà, come segnalato su wikipedia, Civita di Bagnoregio (Viterbo): 42.627731,12.113477

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Poli Mimmo (Domenico) Pseudonimo di Domenico Poli (Roma, 11 aprile 1920 – Roma, 4 aprile 1986), è stato un attore e caratterista italiano. Biografia È stato uno dei più noti e attivi…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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28 Mar 2016

Scotti Andrea (Scott Andrew)

Scotti Andrea Spesso in locandina sotto lo pseudonimo di Andrew Scott (Napoli, 27 agosto 1931), è un attore italiano, impiegato prevalentemente in ruoli da caratterista. Biografia La sua…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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09 Apr 2014

Steno (Vanzina Stefano)

Steno (Vanzina Stefano) Roma, 19 gennaio 1915 – Roma, 13 marzo 1988 Quando con Monicelli abbiamo fatto Totò cerca casa abbiamo trovato la stessa troupe che aveva lavorato ne L'imperatore di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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09 Apr 2014

Taranto Nino (Antonio Eduardo)

Taranto Nino (Antonio Eduardo) Antonio Eduardo Taranto (Napoli, 28 agosto 1907 – Napoli, 23 febbraio 1986), è stato un attore, comico e cantante italiano. ...Cordoni di polizia, la folla…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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28 Mar 2016

Terzo Nino (Antonino)

Terzo Nino (Antonino) All'anagrafe Antonino (Palermo, 22 maggio 1923 – Marano di Napoli, 8 maggio 2005), è stato un attore, comico e cantante italiano. Biografia Gli inizi e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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19 Set 2020

Tonti Giorgio

Tonti Giorgio Operatore cinematografico, direttore della fotografia Mio nonno materno era di origini francesi, di cognome Marlat, morto centenario (1888-1988). A Venezia sposò mia nonna,…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
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23 Nov 2016

Totò e... Bruno Corbucci

Totò e... Bruno Corbucci Totò doveva fare sempre Totò Stavo facendo una commedia musicale con Macario. Mio fratello doveva fare la regia di Chi si ferma è perduto. Venne a Milano a vedere…
Daniele Palmesi, Orio Caldiron
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16 Ago 2016

Totò e... Nino Taranto

Totò e... Nino Taranto Siete una cosa tremenda ...Cordoni di polizia, la folla che spingeva... Eravamo già alla Ferrovia, e la folla era incredibile. Hanno fermato di prepotenza il carro, e…
Orio Caldiron, Domenico Livigni, Daniele Palmesi, Federico Clemente, Nino Masiello
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28 Mag 2016

Totò e... Steno

Totò e... Steno Fatti su misura Totò aveva una personalità talmente strana e talmente personale che qualsiasi regista doveva per forza subirne i limiti nel senso che era un grande attore:…
Orio Caldiron, Enrico Vanzina, cinematografo.it, Franca Faldini, Goffredo Fofi
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13 Nov 2015

Ucci Tony (Antonio)

Ucci Tony (Antonio) Antonio Ucci (Roma, 13 gennaio 1922 – Roma, 17 febbraio 2014), è stato un attore italiano, talvolta indicato come Tony Ucci, attivo fra la fine degli anni quaranta e i…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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28 Mar 2016

von Bartrop Roland (Bartrop Rowland)

von Bartrop Roland Roland Bartrop, nato Rowland Bartrop, (Walthamstow, 21 dicembre 1925 – Walthamstow, 13 febbraio 1969), è stato un attore inglese. Spesso interprete di ufficiali tedeschi,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò: principe clown", Ennio Bìspuri - Guida Editori, 1997
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • Valentino Di Carlo, 1962
  • Giuseppe Marotta, «L'Europeo», 1962
  • Alberto Ceretto, «Corriere della Sera», 3 novembre 1962
  • vice, «L'Unità», 6 gennaio 1963
  • Vice, «Il Messaggero», 6 gennaio 1963
  • G. Gr., «Corriere della Sera», 12 gennaio 1963
  • «Stampa Sera», 17 gennaio 1963
  • a. bl., «Stampa Sera», 18-19 gennaio 1963
  • vice, «La Stampa», 19 gennaio 1963
  • «La Guida», 19 febbraio 2016