Antonio Cifariello

Antonio Cifariello (Napoli, 19 maggio 1930 – Lusaka, 12 dicembre 1968) è stato un attore italiano.

Biografia

Secondogenito del noto scultore Filippo Cifariello (1864-1936), dopo il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, esordisce al cinema nel 1952 con il film Eran trecento (La spigolatrice di Sapri), per la regia di Gian Paolo Callegari. Di lì segue una rapida ascesa, grazie anche a lungometraggi come Villa Borghese di Vittorio De Sica, in cui interpreta l'episodio Serve e soldati, e L'amore in città, nell'episodio Agenzia matrimoniale, firmato da Federico Fellini.

Nella sua breve ma intensa carriera recita in numerosi film, caratterizzando il ruolo del giovane di bell'aspetto, seduttore, tipico della commedia all'italiana, e lavorando anche con registi molto famosi come, oltre a quelli già citati, Dino Risi, Luigi Comencini, Mario Camerini e Valerio Zurlini. Per quest'ultimo interpreta il suo personaggio migliore, quello del protagonista ne Le ragazze di San Frediano.

Prende parte ad alcuni sceneggiati televisivi, tra cui Il dottor Antonio (1954) dall'omonimo romanzo di Giovanni Ruffini, il primo sceneggiato della tv italiana, e Le avventure di Nicola Nickleby (1958), tratto dal romanzo di Dickens.

Sposa Patrizia Della Rovere, giovane attrice messasi in luce come valletta nella celebre trasmissione televisiva Il Musichiere. Dal matrimonio hanno avuto un figlio, Fabio Cifariello, musicista.

All'inizio degli anni sessanta interpreta alcuni film in Spagna e negli Stati Uniti. Il suo penultimo film è I figli del capitano Grant, prodotto dalla Walt Disney, per la regia di Robert Stevenson.

All'attività di attore affianca negli anni sessanta quella di documentarista per la RAI, che lo porterà a compiere numerosi viaggi in giro per il mondo. Proprio in uno di questi viaggi, perde la vita a soli 38 anni nello Zambia, a causa di un incidente aereo.


La stampa dell'epoca

Il cinema è facile per Cifariello

L’attore più interessante dell'ultima generazione, Antonio Cifariello, da otto mesi marito di Patrizia della Rovere, cominciò la fortunata e rapida carriera lasciandosi pescare in una piscina da un regista in cerca di “un bel nuotatore”.

Roma, aprile

La vita di Antonio Cifariello sino a due mesi prima degli esami di licenza liceale, cioè sino al giorno in cui un regista in cerca di un bel nuotatore lo notò nei locali di un circolo canottieri e lo invitò a Roma per un provino, è stata quella, monotona e sfaccendata di molti giovani napoletani. Bisogna dire che non è stato molto difficile per questo giovane di diciannove anni allora e oggi di venticinque, cambiare vita. Non c’era in lui predisposizione, come del resto non c’è in nessuno, per diventare un fannullone. Senza faticare sui libri riusciva a mantenere il suo posto di primo della classe. Partì per Roma e firmò il suo primo contratto cinematografico: duecentomila lire.

Durante la lavorazione del film a Portovenere continuò a studiare e quando tornò a Napoli si presentò agli esami e fu ancora una volta primo. «E’ questo il più bel ricordo che porto con me», racconta Cifariello, «perchè in quel momento capii che con un po’ di buona volontà anch’io avrei potuto fare qualche cosa, evitando così di mortificarmi nella vita che altrimenti mi era riservata». Durante le vacanze montò in motorscooter e fece un giro per l’Italia e a Roma incontrò l’operatore del suo primo film. Fu costui a consigliargli di frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Cifariello accettò, anche perchè, tutto sommato, non gli poteva dispiacere frequentare a Roma il corso di medicina. L’esame di recitazione lo vide impegnato nella dizione di un brano del Metastasio. Fu un fiasco senza attenuanti e le ambizioni cinematografiche sarebbero state sepolte lì se Luigi Zampa, che faceva parte della commissione, non avesse chiesto che "quel giovane” venisse ugualmente ammesso.

Durante il corso partecipò per 70.000 lire (dieci subito e sessanta un anno e mezzo dopo) ai film Eran 300. Appena il clima lo permise non perse un attimo per correre al mare e ancora una volta la sua bravura di nuotatore, che un tale aveva notato nella piscina di Ostia, gli procurò un nuovo contratto. Superò alcuni esami all'Università e poi trascorse, per 80.000 lire al mese, novanta giorni in cutter per le riprese di Africa sotto i mari, il film che doveva rivelare una certa Sofìa Scicolone.

Nel maggio del ’53 venne chiamato dal regista Lizzani che intendeva affidargli una parte in Cronache di poveri amanti. L’anticamera della Casa di produzione era occupata da una ventina di giovani decisi a (arsi notare da Fellini per un ruolo in Agenzia matrimoniale. «Mi ero acceso una sigaretta e fumavo trepidante in un cantuccio», ricorda Cifariello, «quando entrò nella saletta un tale piuttosto grosso. Seppi che era Fellini perchè quei venti giovanotti si gettarono su di lui chiamandolo per nome. Il regista s’infilò in una stanza e li ricevette uno per volta gli aspiranti. Alla fine uscì fuori e mi passò davanti.

Ebbi un momento di incertezza perchè non sapevo se mi sarei dovuto levare in piedi a salutarlo. Ormai sapevo che quello era Fellini. Ma d’altro canto non lo conoscevo e non mi conosceva. Così rimasi a sedere. Il regista scomparve in una stanza, ne uscì, venne accerchiato dagli aspiranti, riuscì a liberarsi dall'assedio ed ebbi l’impressione che venisse verso di me. Pensai che forse mi sarei dovuto levare in piedi. E cosi feci. Accennai, vagamente timido, un saluto. Fellini mi mise una mano sulle spalle e disse: "Bene!”. Poi mi osservò attentamente da un orecchio all’altro, dai piedi alla cima dei capelli e, sempre tenendo la sua mano sulla mia spalla 'continuò: "Domani cominciamo a lavorare”».

Poi vennero Carosello napoletano, Donne proibite e Villa Borghese. Nel settembre parti per l’Africa con la troupe di Eva nera prodigandosi, durante cinque mesi, oltre che come attore anche come fotografo di scena, aiuto regista, giornalista. Alla fine delle riprese aveva messo da parte circa un mezzo milione e forte di questa somma decise di restarsene ancora per qualche tempo in Africa e niente avrebbe potuto piegare il suo spirito di avventura e la sua curiosità se dall’Italia non gli avessero proposto di andare a girare un film in Cile con periplo del Polo Sud. Però questo viaggio e il relativo film non si fecero e perciò abbiamo visto Antonio Cifariello in Ragazze di San Frediano e in Signorine dello 04. Fra qualche giorno Antonio Cifariello riprenderà a lavorare con La bella di Roma, un film su cui là Casa di produzione punta le sue carte migliori per il 1955.

Ormai la ruota di Cifariello ha preso a girare come accade per chi fa di tutto per dare un senso alla vita. Perchè è vero che chi ha qualcosa da dire, qualcosa di valido, con un po’ di coraggio la dirà; e Cifariello ha davvero qualcosa da dire.

P. M., «Tempo», anno XVII, n.20, 19 maggio 1955


Agosto, cinematografo mio non ti conosco. Pigliate un cretino cinquantenne: è in tutto e per tutto simile al cinema estivo; è un cretino, cioè, che non ha più nemmeno la freschezza della gioventù, i futili ma vividi colori della sua migliore stagione; è un cretino bigio, serio, commendatore. Fuggitelo. Impiccatevi a un’insegna di gelataio, piuttosto che vedere film come E' arrivata la parigina e II robot e lo sputnik. O, meglio: pagatevi una ombra di vela o d'albero o di tufo nella quale sdraiarvi come Venere e leggetevi Al cinema col lapis di Filippo Sacchi (Mondadori) o I sette peccati di Hollywood (Longanesi) di Oriana Fallaci. Così ho fatto lo, qualche mattina, sulla dorata spiaggia di Miliscola. Dice il medico:

«Lei è un iperteso; niente mare, niente sole, per carità». Scemo, il sole è mio padre; vado con lui come Isacco andava con Abramo, e spero che un angelo gli fermi l'ascia. D'altronde, potevo morire leggendo Sacchi o la Fallaci, io che ho resistito a Carlo Emilio Gadda? Vissi felice e contento, invece, presso il mare (che mi è zio) situato fra Cuma e Precida; Filippo e Oriana mi tennero compagnia, sentite come.

Dobbiamo tutti qualcosa a Filippo Sacchi, egli fu uno del primi uomini di penna (e quale penna) ad occuparsi di cinema su un grande quotidiano. È anzitutto singolarissimo e affascinante scrittore: dica quel che dica, lo riconoscete immediatamente, in una riga, in una frase. Nulla di più dimesso (apparentemente) del suo discorso: parole di tutti, facili, consuete, eppure nulla di più scelto e prezioso. Il giuoco, no, il miracolo, di Sacchi, è appunto quello di trasformare la ghiaia in gemme. Sembra che ciarli dal balcone (pensate al De Filippo di Questi fantasmi) con l'inquilino dirimpetto: e invece ricama, cesella, minia. Gesù. Il dannato, subdolo veneto fa di ogni sostantivo o aggettivo una Cenerentola al ballo. Poi ha l'umore, la grazia: qualità goldoniane, lagunari, di un paese dove nobili e gentuccia, dogi e gondolieri, usavano, godevano, io stesso linguaggio. Perché ho detto, allora, che dobbiamo tutti qualcosa a Filippo Sacchi? Non potevamo assimilarne, ovviamente, lo stile, ma egli ci insegnò a non darci arie critiche; al cinema spendetevi come uomini, ci suggerì, perché il cinema, fuga di immagini reali, continua (lodevole o Infame che sia) la vita. Un film (tranne poche eccezioni) è moda, è costume, è un foglietto di calendario: non avvicinatevi ad esso come Benedetto Croce al Faust, ma come un passante ad una gremita e luminosa vetrina. Sacchi fu ed è ciò che Pasolini, tanto agile nel trasferirsi, come poeta, dall’urna di Gramsci alla uccelliera cattolica, definirebbe un «critico parolibero». Ma leggete questo Al cinema col lapis: i film in esso trattati sono morti e sepolti; vivono, al contrario, piene di vaghe luci e di profumi e di sussurri e di aliti come le notti di agosto, le pagine di Sacchi. Perché? Se lo domandino gli Aristarco di ogni ceto: nella risposta è il segreto della loro goffaggine e inutilità.

La grazia e l’umore, in Sacchi, non eccettuano, s’intende, l'acume. È lui che nella deliziosa nota sul film II palloncino rosso dice: «Abbiamo qui un Cifariello dei palloncini» ; ed è lui che a proposito di All'Ovest niente di nuovo, respinto dal fascismo, dice: «Non sospettano, i dittatori, che la essenziale condizione perché un popolo combatta è che senta di combattere per una causa che gli appartiene; e gli appartiene non perché lo dicano i re, o i despoti, o i generali, ma perché coincide oscuramente nel suo intimo con certe profonde linee della coscienza collettiva. Se questa coincidenza c'è i soldati si batteranno anche se hanno visto All'Ovest niente di nuovo». Sì, la trovate, negli Aristarco di ogni ceto, un'osservazione come (per il film Pranzo di nozze): «Il papà che quando è arrabbiato si isola appoggiandosi al frigorifero e voltando le spalle, con un barattolo di birra in mano, al resto della casa... ed è la sua evasione!». Lettori, a voi. Ecco, sul tema della fanciullezza, dei quindici anni: «È l’età in cui l'uomo si distacca dalla favola, ma prolungandone ancora un riverbero sul contorni del reale, come nel risveglio le forme familiari appaiono lievemente stemperate nel vapori del sonno». Ecco, sul tema della gioventù bruciata: «Fantocci i padri, fantocci i figli. Non c'è nessun interesse umano e poetico in questi ragazzacci viziati, maleducati e ignoranti, nei quali la vivacità è delinquenza e il sentimento epilessia». Ecco, su Germi: «La compiacenza con cui insiste a tenersi sotto la macchina da presa rasenta il narcisismo. Ma la sua maschera non ha l'intensità e il dinamismo fotogenico necessario. È, curiosamente, una maschera tormentata e insieme inespressiva, un po’ a causa dell'occhio che non si decifra sempre, ma soprattutto per quei tic fissi, l'eterna ruga sulla fronte e l'eterno ghigno delle labbra e del mento, che riescono alla lunga monotoni e falsi».

Non la finirei più di citare. Bevete, centellinate la squisita pagina 250, scritta per la Marilyn Monroe di Fermata d'autobus e che mi ha colmato di fraterna Invidia (la peggiore che esista, dopotutto). Sono lieto che Sacchi abbia, come io pure feci, detto no a Calle Mayor e si a Guendalina (ne demmo quasi gli stessi motivi: bene, Marotta, bravo); e pazienza se gli elogi di Sacchi al fiIm di Antonioni II grido mi hanno Sorpreso. Ognuno ha le sue crisi di benevolenza. I miei genuini applausi a I sogni nel cassetto io non riesco a farmeli perdonare da nessuno: forse neanche da Renato Castellani.

Ad Oriani Fallaci non occorrono presentazioni qui. Così giovane, tenue, graziosa, esce dal fuoco (diciamo a Napoli), ha sette spiriti come i gatti; e non fu un bel giorno, per Hollywood, quello in cci Miss Fallaci scese dall'aereo per vedere e riferire. Come li ha conciati i famosi divi e la famosa capitale del Cinema! Perché il talento di Oriana ha due facce. Da un lato l’informazione coscienziosa, minuziosa che I rotocalchi esigono; dall'altro un aguzzo, vigile, tagliente giudizio. È buffo che in Italia, paese di libri cupi e noiosi, affollato dì grandi scrittori incapaci di ridere. fatidici, sinistri (figure di teppisti, di accoltellatori poetici) la ironia, la celia, il senso del comico si rifugino in grembo alle scrittrici. Avemmo il caso Brin, il caso Cederna, il caso Antonioni (con una sottile vena di patetico); e adesso abbiamo la Fallaci. Non immaginate quanto mi piaccia sentirle dire: «Come era bella New York senza l'incubo di Marilyn Monroe! I grattacieli sembravano più alti, i negri più neri, il rombo della sotterranea aveva la dolcezza di una canzone d'amore». O: «Negli studios persino i sassi erano falsi, benché non vi sia alcun bisogno di fabbricare sassi falsi in una California piena di sassi fatti di sasso». O: «I più a Hollywood, mangiano in automobile (drive-in-re-staurants), guardano il cinema in automobile (drive-in-theatres), assistono alla Messa in automobile (drive-in-churches), entrano in albergo con l'automobile (motels) e non ci sarebbe da meravigliarsi se dessero alla luce i figli in automobile, giacché in automobile accade più spesso che altrove ciò che dovrebbe accadere nei letti nuziali».

Oriana è imbattibile in certi veloci ritrattini. Ecco Arthur Miller: «Il vano della porta lo inquadrò come un francobollo inquadra la tasta di un Re: magro, abbronzato, reso più assorto dagli occhiali a stanghetta, aveva un’espressione timida e gentile». Ecco Gregory Peck: «Aveva il collo torto e ciò lo faceva sembrare un po' gobbo. Ma era una bella statua». Ecco Loretta Yong: «Va a Messa ogni mattina alle sei e porta li rosario appeso al parabrezza dell’automobile per impiegare in avemarie il tempo che le fanno perdere i semafori col rosso». Ecco Greer Garson: «Esilissima, sofisticata da un abito azzurrocielo, irriconoscibile sotto un ombrello di capelli rosa». Ecco Jayne Mansfield: «Lo so, dice, che sono volgare, sciocca, invadente. Ma una ragazza, per conquistare l’America, non deve usare il cervello».

Ha tonnellate di ragione, povera Mansfield. Vive nella Nazione guida. pullulante di «Sighing Societies of Swooning Sinatra Sclaves» (Società Sospiranti delle Schiave in Deliquio per Sinatra) e che può fare? Si adegua. Abbiamo anche noi, del resto, fior di circoli di schiave in deliquio per Villa o per Fierro. Ministri in carica vanno a premiare i cantanti nei festival, mentre nelle deserte biblioteche si dondolano i ragni. L'Italia di Garinei e Giovannini, di Seamicci e Tarabusi, è in marcia. Che spasso, quando i comunisti la vantano affezionata a Marx e i preti a Dio. L’Italia odierna è soltanto musichiera tognazziana ed enalottfstfca. Non muoverà un dito, se ci saranno guai, né per il Cielo né per l'interno. È felice come una scimmia fra le noci di cocco.

Giuseppe Marotta, «L'Europeo», anno XIV, n.32, 10 agosto 1958


«Radiocorriere TV», agosto 1967 - Antonio Cifariello


Tragica fine del popolare attore e documentarista; aveva 38 anni. Era andato nello Zambia per girare un documentario televisivo sul lavoro degli italiani - La sciagura accaduta durante l'ultimo volo, prima del ritorno in patria - Con l'attore sono morii anche l'ingegnere romano Marcello Sogliera, un ingegnere belga, il pilota inglese e un autista indigeno

(Nostro servizio particolare) Lusaka (Zambia), 13 dic.

r. s., «La Stampa», 14 dicembre 1968


A «Cordialmente» vedremo il suo ultimo servizio

(Nostro servizio particolare) Roma, 13 dicembre.

l. z., «La Stampa», 14 dicembre 1968


Ugo Buzzolan, «La Stampa», 14 dicembre 1968


L'ex attore perito in un incidente aereo nello Zambia. Dopo avere inseguito per anni la fortuna con film sdolcinati, scelse il difficile mestiere del documentarista tv - Il difficile matrimonio fallito con la bella Patrizia Della Rovere

Roberto Giardina, «Stampa Sera», 14 dicembre 1968


Filmografia

Eran trecento, conosciuto anche come La spigolatrice di Sapri, regia di Gian Paolo Callegari (1952)
Africa sotto i mari, regia di Giovanni Roccardi (1953)
L'amore in città, regia di Federico Fellini, Michelangelo Antonioni (1953) - episodio Agenzia matrimoniale
Villa Borghese, regia di Gianni Franciolini (1953) - episodio Serve e soldati
Eva nera, regia di Giuliano Tomei (1953)
Donne proibite, regia di Giuseppe Amato (1954)
Carosello napoletano, regia di Ettore Giannini (1954)
Le signorine dello 04, regia di Gianni Franciolini (1955)
Le ragazze di San Frediano, regia di Valerio Zurlini (1955)
La bella di Roma, regia di Luigi Comencini (1955)
Racconti romani, regia di Gianni Franciolini (1955)
Pane, amore e..., regia di Dino Risi (1955)
I quattro del getto tonante, regia di Fernando Cerchio (1955)
La donna del giorno, regia di Francesco Maselli (1956)
Suor Letizia, regia di Mario Camerini (1956)
Peccato di castità, regia di Gianni Franciolini (1956)
Noi siamo le colonne, regia di Luigi Filippo D'Amico (1956)
La donna del giorno, regia di Francesco Maselli (1956)
Operazione notte, regia di Giuseppe Bennati (1957)
Souvenir d'Italie, regia di Antonio Pietrangeli (1957)
La mina, regia di Giuseppe Bennati (1957)
Vacanze a Ischia, regia di Mario Camerini (1957)
Amanti senza peccato, regia di Mario Baffico (1957)
Giovani mariti, regia di Mauro Bolognini (1958)
Resurrezione (Auferstehung), regia di Rolf Hansen (1958)
Le bellissime gambe di Sabrina, regia di Camillo Mastrocinque (1958)
L'amore nasce a Roma, regia di Mario Amendola (1958)
Promesse di marinaio, regia di Turi Vasile (1958)
Uomini e nobiluomini, regia di Giorgio Bianchi (1959)
Ciao, ciao bambina! (Piove), regia di Sergio Grieco (1959)
Costa Azzurra, regia di Vittorio Sala (1959)
Brevi amori a Palma di Majorca, regia di Giorgio Bianchi (1959)
Roulotte e roulette, regia di Turi Vasile (1959)
Questo amore ai confini del mondo, regia di Giuseppe Maria Scotese (1960)
A qualcuna piace calvo, regia di Mario Amendola (1960)
I masnadieri, regia di Mario Bonnard (1961)
Margarita se llama mi amor, regia di Ramon Fernandez (1961)
Jessica, regia di Jean Negulesco, Oreste Palella (1962)
Quel nostro amore impossibile (La bella Lola), regia di Alfonso Balcazar (1962)
I figli del capitano Grant (In Search of the Castaways), regia di Robert Stevenson (1962)
Giuseppe a Varsavia (Giuseppe w Warszawie), regia di Stanislaw Lenartowicz (1964)

Doppiatori

Giuseppe Rinaldi in Noi siamo le colonne, Souvenir d'Italie, L'amore nasce a Roma, Le bellissime gambe di Sabrina, Uomini e nobiluomini, Brevi amori a Palma di Majorca, I masnadieri, I figli del capitano Grant
Pino Locchi in Vacanze ad Ischia, Giovani mariti
Carlo Giuffré in Pane, amore e...
Enrico Maria Salerno in L'amore in città
Luciano Melani in Le ragazze di San Frediano
Nino Manfredi in La bella di Roma
Renzo Palmer in La donna del giorno
Aldo Barberito in Racconti romani


Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • P. M., «Tempo», anno XVII, n.20, 19 maggio 1955
  • Giuseppe Marotta, «L'Europeo», anno XIV, n.32, 10 agosto 1958
  • «Radiocorriere TV», agosto 1967
  • «La Stampa», 14 dicembre 1968