Destinazione Piovarolo
Totò Esposito
Inizio riprese: maggio 1955, Stabilimenti Pisorno Tirrenia
Autorizzazione censura e distribuzione: 10 dicembre 1955 - Incasso lire 313.013.000 - Spettatori 2.143.925
Titolo originale Destinazione Piovarolo
Paese Italia - Anno 1955 - Durata 89' - b/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Domenico Paolella, Mauro Morassi (aiuto) - Soggetto Gaio Fratini - Sceneggiatura Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Stefano Strucchi - Produttore Alfredo de Laurentiis(organizzazione), Isidoro Broggie, Renato Libassi (direttore) per D.D.L. Lux, Giorgio Morra(ispettore) - Distribuzione(Italia) Lux Film - Fotografia Mario Fioretti - Montaggio Gisa Radicchi Levi - Musiche Angelo Francesco Lavagnino - Scenografia Piero Filippone - Costumi Gaia Romanini - Trucco Giuliano Laurenti
Totò: Antonio La Quaglia - Marisa Merlini: Sara, la moglie - Irene Cefaro: Mariuccia La Quaglia, la loro figlia - Tina Pica: Beppa, la casellante tuttofare - Ernesto Almirante: Ernesto, il vecchio garibaldino - Arnoldo Foà: il podestà - Enrico Viarisio: l'on. De Fassi, popolare - Paolo Stoppa: l'on. Marcello Gorini, socialista - Fanny Landini: Rita, la vedova - Nando Bruno: Il Sagrestano - Mario Carotenuto: il capostazione uscente - Giacomo Furia: il segretario di de Fassi - Carlo Mazzarella: il segretario di Gorini - Nino Besozzi: il ministro delle comunicazioni - Leopoldo Trieste: il segretario del ministro - Marco Guglielmi - Lilia Landi - Alessandra Panaro
Soggetto
1922: il ferroviere Antonio La Quaglia, dopo tre anni di attesa, si aggiudica l'ultimo posto disponibile nella sperduta località di Piovarolo. Qui lo attende con ansia il capostazione con la sua famiglia. Ben presto comprende per quale motivo il collega fosse così felice di andarsene: nel paesino ferma un solo treno al giorno e la vita scorre decisamente monotona. Come se non bastasse, il tempo è sempre brutto e fa notizia l'uscita del sole.
Un giorno scende dal treno la giovane maestra Sara, che cade perché il mezzo non aveva ancora arrestato la sua corsa. Irritata per l'accaduto, fa rapporto e La Quaglia subisce un rimprovero. Passa il tempo e il vecchio Ernesto, trombettiere di Garibaldi, è moribondo. Ha voluto vestirsi con la sua divisa di Calatafimi. In punto di morte chiede di parlare col capostazione perché vuole indossarne il berretto nuovo molto simile a quello dei garibaldini, che purtroppo gli è stato mangiato dai topi, ma Antonio si rifiuta.
Intanto il deputato socialista Marcello Gorini arriva apposta da Roma a chiedere all'uomo di avallare e sottoscrivere che Garibaldi abbia detto "Caro Nino, qui si fa l'Italia socialista o si muore". Ernesto si rifiuta ma interviene Antonio disponibile a cedere il suo berretto in cambio del suo trasferimento dal paese. A Roma intanto popolari e socialisti si sono alleati al governo e insieme gli offrono il trasferimento a Viterbo o a Massa Carrara, ma l'uomo vorrebbe invece andare a lavorare nella sua Napoli. Viene accontentato, ma è sabato 28 ottobre 1922 e il telegrafo batte il messaggio che l'Italia è diventata fascista.
Durante la guerra una lettera gli comunica il trasferimento da Piovarolo a Rocca Imperiale, ma è solo il paese che ha cambiato nome. Sono in atto le nuove disposizioni: prevedono uno scatto per ogni due figli e così La Quaglia decide di prendere moglie. Si fa avanti la maestra del paese, che è nubile ed ha un cognome di chiara origine ebraica; la donna ha l'obbligo di prendere marito, soprattutto per cambiare cognome, e senza preclusioni prende l'iniziativa e corteggia Antonio. Presto i due si sposano ma i presagi sono infausti: proprio la prima notte di nozze ci sono 18 treni di passaggio che non consentono loro di stare insieme. Non solo, ma Antonio accumula note negative e viene anche rimproverato perché sua moglie non è di razza ariana. Il tempo passa e le ambizioni di carriera di Antonio diventano sempre più irraggiungibili. Fa di tutto per chiedere un trasferimento, ma senza successo. Intanto la figlia è diventata una giovane donna annoiata dalla vita del paese e vogliosa di diventare attrice.
Proprio lei facendo rotolare un sasso su un paesano involontariamente scatena una notizia che passando di voce in voce diventa quella della montagna che è franata. Sara sostiene le ambizioni della figlia e rimprovera ad Antonio di essere un fallito, quando arriva una telefonata: su un treno di passaggio viaggia il Ministro delle Comunicazioni. Antonio approfitta della notizia della presunta "frana" della montagna di Pizzolungo per fermare il treno. L'uomo spera di poter ricevere un encomio dal Ministro per aver salvato delle vite umane, ma le cose andranno diversamente.
Critica e curiosità
Girato su pellicola Ferrania C.7, sonoro Western Electric, sviluppo e stampa Istituto Luce, fa il paio con il film Il coraggio girato sempre nello stesso anno con il medesimo regista. La scena della pubblicazione della graduatoria del concorso per capostazione fu girata nel cortile della Villa Patrizi sede, allora come oggi, delle Ferrovie dello Stato. Le scene ambientate nel fittizio paese di Piovarolo furono girate nel comune di Mazzano Romano, mentre quelle ambientate nei pressi della stazione furono girate nella stazione di Salone, alla periferia est di Roma, sulla ferrovia Roma-Pescara. Il toponimo "Rocca Imperiale", usato sia per il paese sia per la stazione durante il ventennio fascista, esiste e riguarda un comune calabrese (provincia di Cosenza) della costa jonica; il quale conta anche una stazione.
Achille Togliani canta la canzone Abbracciato cu'te di Antonio de Curtis.
Così la stampa dell'epoca
Sua Altezza il Principe Antonìo de Curtis — in arte Totò — si è trattenuto a Villa Patrìzi per un intero pomeriggio domenicale. Vestiva i panni di un timido e sfortunatissimo ometto ed ha oltrepassato i cancelli di Villa Patrizi, mescolato ad un numeroso gruppo di baffuti giovanotti in paglietta, ansioso come loro di conoscere i risultati del concorso a posti... di Capostazione di 3^ classe: Antonio La Quaglia, fu Calogero, sia pure classificato ultimo, ha vinto il concorso ed è stato destinalo a Piovarolo! Questa è una stazioncina in cui i treni non fermano mai e nella quale Antonio La Quaglia trascorrerà tutta la sua vita di ferroviere, attendendo invano la promozione.
Invece della promozione gli piombano addosso un mucchio di guai; riuscirà, però, un bel giorno, a fermare un treno e, poi, a dargli la partenza con un trionfale trillo di fischietto e la paletta alzata più in alto che può. Ma, alla grande soddisfazione, seguirà immediatamente un grande dolore e l'ometto, che ha sempre lottato invano contro la mediocrità, sarà ancora una volta vinto da cose piu grandi di lui.
«Ho provato una grandissima gioia — ci ha detto Totò in una pausa delle riprese — quando ho dato la partenza ad un vero treno... Perchè è stato proprio così: ad un certo punto il Capostazione di... dove ho girato moltissime scene, mi ha concesso l'onore di far partire un vero treno! Cerano molti operai affacciati ai finestrini e non le dico le ovazioni, le grida, i battimani... Sì, è stata proprio una grande soddisfazione. Ho coronato un sogno di ragazzo... perchè, come tutti i ragazzi, anche io ho giocato al treno e con una buatta (i peperoni me li ero già mangiati) ho fatto molto spesso il manovale con la lanterna...!».
Dopo averci confidato che a lui il mestiere del Capostazione piace moltissimo, ha dato dimostrazione di quanto ha imparato a fare vestendo i panni di un C. S. di celluloide. E l'acuto trillo d’un argenteo fischietto, sbucato fuori da una tasca del panciotto, ha fatto volgere la testa di tutti i presenti, davanti ai quali Totò ha assunto i modi ed i gesti del suo Capostazione, gridando perentoriamente: «In carrozza!... in carrozza!»
«Come viaggio? Molto spesso in macchina, nei tratti più lunghi sempre in treno. lo, per l'areoplano, sono rimasto a... Leonardo da Vinci!... So che stava facendo dei tentativi per volare... e non mi curo di sapere altro! Non conosco gli aerei, ma il vostro Settebello, si!... Quello è un treno! Direi che in esso si compendiano le realizzazioni delle ferrovie italiane nei cinquant'anni di gestione statale, che si stantio ora festeggiando... Gesù, Gesù... che bel treno! Ci ho compiuti parecchi viaggi: lo prendo ogni volta che torno dall'Estero... e chi l'ha mai visto uno più bello fuori d'Italia?!... Complimenti, complimenti, sa? Lo dica a tutti i ferrovieri: Totò ha detto che l'Italia possiede le più belle ferrovie d’Europa e questo grazie ai Ferrovieri, a TUTTI I FERROVIERI. Anche a quelli buoni, umili, impromoviblli come il Capo stazione di 3a classe Antonio La Quaglia fu Calogero!».
Alberto Ciambricco, «Voci dalla rotaia», 1955
Nel riprendere le redini del proprio destino cinematografico Antonio de Curtis ricade nell'errore di Totò cerca pace: tira di nuovo le briglie al suo estro comico, cercando riparo dentro i meccanismi ben oliati di due bonarie commedie, Destinazione Piovarolo (prodotto da Lux e D.D.L.) e Il coraggio (D.D.L.). In entrambe Totò mette a riposo la folle mimica che l'ha reso inconfondibile, puntando invece su una recitazione naturalistica, sulla rassegnazione del personaggio «umano» vessato dagli eterni caporali e dalle ristrettezze economiche. [...]
di Alberto Anile
[...] Il film, che è diretto con piglio allegrotto da Domenico Paolella, tenta un po' la parodia bonaria di tutti quei lunghi anni passati sul capo dell'infelice con il loro carico di miserie interne ed esterne: qualche pagina rivela un certo brio, qualche altra è sinceramente umana e commovente, ma in genere tutto rimane sul piano dello scherzo facile è quasi estemporaneo, solo qua e là colorito da un pittoresco avvicendarsi di personaggi che tendono sempre alla caricatura. Comunque grazie a Totò particolarmente convincente nelle vesti del protagonista, il pubblico presta alla storia un'attenzione fiorita e molte risate. Gli altri interpreti sono Marisa Merlini, Tina Pica, Irene Cefaro, Enrico Viarisio, Paolo Stoppa e Nino Besozzi.
G.L.R. (Gian Luigi Rondi), «Il Tempo», 17 dicembre 1955
Nella storia triste e grottesca del “homunculus” italiano, Totò potrebbe avere una parte di protagonista assolutamente ineguagliabile e questo film ne costituisce la più palese indicazione. [...] Qualche scena, qualche gag e qualche spunto satirico meriterebbero di essere descritti se ne avessimo lo spazio, mentre una più elaborata tessitura ed una più approfondita e contrappuntata polemica avrebbero giovato alla brillantezza del risultato. Accanto a Totò sono da ricordare e positivamente Tina Pica, Paolo Stoppa, Enrico Viarisio, Nino Besozzi, Marisa Merlini, Ernesto Almirante, Arnoldo Foà ed Irene Cefaro.
Vinicio Marinucci, «Momento Sera», 17 dicembre 1955
Le vittime, i poveri diavoli indifesi contro forze incontrollabili più forti di loro hanno sempre richiamato l'attenzione di coloro che si propongono di divertire la gente con i guai dell'umanità, tanto più che una tale materia presta facilmente il fianco a compiaciuti scivoloni patetici di sicuro effetto. E' questa una regola alla quale non è venuto meno il regista Domenico Paolella, che ci ha descritto con sorvegliato mestiere le peripezie di un capostazione destinato ad una sperduta stazione di campagna. [...] Il soggetto del film, appositamente lavorato per l'interpretazione di Totò, pur rinunciando a troppi facili effetti comici, ricalca espedienti narrativi e situazioni ampiamente sfruttate, senza rinunciare ad un pizzico di spirito qualunquistico che aleggia in alcune parti. Totò si dimostra ottimo e misurato attore e felici possono essere considerate le prestazioni di Paolo Stoppa, Nino Besozzi, Ernesto Almirante, Tina Pica e Arnoldo Foà, Marisa Merlini e Irene Cefaro.
Vice, «L'Unità», 17 dicembre 1955
La presa in giro ottiene, per noi italiani, i più sicuri effetti dì critica e il film sollecita i consensi appunto attraverso la caricatura. Il copione è stato eliminato con sapide trovatine che il regista ha adeguatamente tradotto in immagini Totò colorisce in burlesco il personaggio del capostazione, prestandogli alcuni tocchi del suo repertorio abituale; rinunziando a molti di essi, però, è risultato più umano, dimostrando la sua attitudine a trasformarsi da marionetta in essere umano.[...]
Maurizio Liverani, «Paese Sera», 18 dicembre 1955
Totò capostazione in un paese dove i treni non si fermano mai
Destinazione Piovarolo, diretto da Domenico Paolella, è l'ultimo film del popolare comico - Pretese alla satira politica che non sempre riescono a realizzarsi
Parecchio scarso di idee e di effetti comici, con pretese alla satira politica che non riescono a realizzarsi, [...] Totò, che non ci pare molto convinto, mette il proprio mestiere al servizio del personaggio di La Quaglia, intorno a cui ruotano moltissimi attori e attrici del nostro cinema corneo: Paolo Stoppa, Enrico Viarislo, Nino Beaozzi, Arnoldo Foà, Ernesto Almirante, Mario Carotenuto, Marisa Merllni, Tina Pica, Irene Cefaro e molti altri.
p. (Leo Pestelli), «Stampa Sera», 31 dicembre 1955
«Noi donne», anno XI, n.1, 1 gennaio 1956
Destinazione Piovarolo, di Domenico Paolella, su trama di Gaio Fratini, è un’ occasione buona offerta a Totò, per uno del personaggi umani che egli ora giudiziosamente preferisce. [...]Un divertente bozzetto su spunti malinconici. Con Totò ci sono l'inesauribile Tina Pica e la brava e graziosa Marisa Merlini; oltre a Ernesto Almirante, qui vecchio garibaldino infrollito, di nuovo appassionato della tromba. E’ la terza volta che Almirante si vede assegnare, in un film, la mania della tromba; sarà una rivoluzione, per la sua vita, l'iniziativa di quel regista innovatore che gli darà da suonare un tamburo.
lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 6 gennaio 1956
[...] Totò è un protagonista efficace, soprattutto quando dimentica la mimica che l’ha reso famoso.
«Corriere d'Informazione», 7 gennaio 1956
Guardate se l’elenco vi basta; Paolo Stoppa, Enrico Viarisio, Nino Besozzi, Arnoldo Foà, Ernesto Almirante, Mario Carotenuto, Tina Pica, Marisa Merlini, Irene Cefaro (e altri ancora!). Sono gli attori comici messi intorno a Totò per la realizzazione di Destinazione Piovarolo su soggetto di G. Frattini. Totò ci mette più mestiere che convinzione. Ma che importa? A chi piace, le risate sgorgano spontanee: agli altri.... ma quelli, in genere, si guardano bene dallo scucire, per Totò, la lira dal borsellino! Il film pretende toccare il difficile tasto della satira politica e, ci pare, con idee scarse.[...] La regìa è dovuta a Domenico Paolella, che è anche uno degli sceneggiatori e l’impegno evidente con il quale ha affrontato questa fatica ci fa credere che, in altra occasione, saprà attingere a mete più positive. Tra gli interpreti, particolarmente apprezzata la recitazione della Pica e la fresca bellezza di Irene Cefaro. Molto curata la fotografia.
Mag, «La Gazzetta di Mantova», 20 gennaio 1956
Dopo «Siamo uomini o caporali» Totò vorrebbe adeguarsi a nuove misure di comicità. Sulla base del comico ormai noto ed amato dal pubblico, egli intende indossare la veste di buffo e un po’ amaro filosofo, di malinconico moralista. Lo ritroviamo così in «Destinazione Piovarolo», un film che ci riconduce — esaminandolo come tema e fatte le debite proporzioni — al binomio Zampa-Brancati. La vita di un capostazione relegato in una sperduta stazioncina dove è costretto a restare dalla vigilia della «Marcia su Roma» ai giorni nostri, rappresenta uno scorcio di storia e di costume la cui scelta pare rifarsi alle influenze moralistiche dello scomparso scrittore siciliano. Gli sceneggiatori. da parte loro, hanno allineato con gusto ed umoristico rilievo le progressioni cronistoriche costituenti gli avvenimenti più notevoli di un periodo in cui superficialità ed assurdo giocarono ruoli importanti.
Per questo le situazioni di «Destinazione Piovarolo» possiedono ampia dose di credibilità anche sotto il disegno macchiettistico impressovi dal protagonista. E per la stessa ragione si sarebbero prestate a sviluppi maggiormente verosimili, ad un vero assommarsi di grottesco e di umano, di patetico e di comico, tale da richiedere allo stesso Totò una più impegnata partecipazione d’interprete come fu per il Taranto di «Anni facili». Ma l'occasione è andata perduta. Si è concesso tutto alla «scenetta» e non si sono creati attorno a Totò personaggi altrimenti intesi dalla azione di contrasto comico i nomi non mancavano; Stoppa, Carotenuto, Viarisio, Foà, Besozzi, Trieste si sono limitati, volta a volta, a funzionare da «spalla».
Tuttavia i tempi di «Totò Tarzan» paiono ormai scomparsi e, rispetto alle precedenti produzioni, l'odierno Totò si presenta mondo di lepidezze da strapazzo, alieno da scurrilità da avanspettacolo. Perchè insistere ancora su alcune sue consuete mimiche o su noti e caricaturali atteggiamenti» serie? Scordiamo il Totò che si muoveva seguito mossa mossa dal batterista e atteniamoci alle sue intenzioni che sappiamo serie ed orientate verso piani artistici. Sono appunti che muoviamo — anche nel caso dell'attuale film — agli scenaristi che si compiacciono di ridicolizzare la scena della fermata del rapido col capostazione che fa segnalazioni come un ragazzino che giochi «al vigile urbano». Lo stesso deve dirsi per il regista che dovrebbe attenersi al non lieve compito di frenare e guidare un attore tanto esuberante.
Tuttavia le nostre parole, più che severità di critica nei confronti del film, vogliono ancora puntualizzare la necessita di non creare attorno a Totò nessuna facile concessione col pretesto di «tanto il pubblico lo vuole cosi». Diversamente, partiti con buoni propositi, si finisce per guastare l'attore e il soggetto.
«Cinema», anno IX, n.159, 25 gennaio 1956
I documenti
Esisteva un altro finale, scartato al montaggio finale in seguito all'insistenza di un distributore che non voleva chiudere con un Totò triste e abbattuto. La Quaglia viene retrocesso da capostazione a casellante per aver simulato la frana ed aver fatto fermare il treno con il ministro alla stazione di Piovarolo. La macchina da presa inquadra La Quaglia nelle vesti di casellante, con la paletta in mano che fissa quell'unico treno fermatosi a Piovarolo, che parte mentre uno schizzo d'acqua lo raggiunge in pieno volto. Lo affermò il regista Domenico Paolella intervistato da Alberto Anile.
Quando io ho avuto Totò per Il coraggio e Destinazione Piovarolo, Totò era molto legato alle sue radici popolari. Nel film Il coraggio volevo fare un ambiente borghese in cui s’inserisce un personaggio popolare, il povero napoletano straccione che si vuol suicidare, ma viene salvato da uno che strumentalizza il salvataggio, e lui si piazza in casa del salvatore con tutta la famiglia: “Mi hai salvato, sei mio padre, sta a te occuparti di noi”. L’ambiente di Destinazione Piovarolo è invece una piccola stazione di provincia, dove Totò è finito, la più schifosa e piovosa stazione di provincia dove, dal 1912 al 1958, anno del film, cerca di essere promosso applicando il regolamento. Totò e Cervi erano diversissimi. Cervi è un attore di teatro, del teatro borghese, bravissimo, ma aveva nei confronti di Totò una certa piccolissima sufficienza. Certe sbrodolature che erano l’invenzione di Totò non entravano nei canoni tradizionali di una recitazione borghese. Totò era imprevedibile. Ma di questa sottile tensione io ho cercato di avvalermi. Certe espressioni di Cervi che guarda Totò in quella maniera... ineffabile, erano in realtà stupende ma erano al di fuori del personaggio, erano di un attore che recita con un attore diversissimo da lui. Totò era in realtà molto distruttivo, non professionalmente ma dal punto di vista umano. Una specie di pigrizia napoletana, non so. Gli parlavo di certe soluzioni per il personaggio, del retroterra che gli si poteva dare, e lui sembrava improvvisamente stanco, mi diceva a bassa voce: “Mimmo, dimmi cosa vuoi che io faccia”, e mi bloccava, mi faceva proprio soffrire... Lui era rimasto alla cultura delle sue origini: il cinema non lo amava, era un attore da strada. In Destinazione Piovarolo, vestito da capostazione, mentre giravamo con le macchine che non si vedevano, gli si accostano dei veri viaggiatori e gli chiedono il treno per Pescara. Lui, con una serietà e una finezza incredibili, li indirizzò a un treno che quelli presero, e che finiva chissà dove! Ma fu una scena stupenda. Attore da strada era.
Domenico Paolella (Intervista di Alberto Anile)
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Dopo un primo tempo grazioso, la seconda parte del film rallenta, perdendosi pure in rivoli non spiegati (la passione della figlia per il cinema), e fa rimpiangere il precedente puro tono scherzoso che via via viene contagiato, talora dal tentativo di volare un po' più in alto, talora da approssimazioni un po' brusche. Clamoroso errore geografico (vedasi in Curiosità). "Ottimi comprimari" (Morandini), fra i quali Mario Carotenuto.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il trasferimento a Rocca Imperiale...
- Capostazione in un paesino sperduto e dimenticato sogna una stazione più grande e le aspirazioni per un avanzamento di carriera attraversano senza soluzione la storia d’Italia dal fascismo ai giorni nostri. Grande Totò (e grande Tina Pica) in un film godibile e amaro, con guizzi felici di comicità e perfino di satira sul trasformismo politico e sul disinteresse della politica per la vita reale. Talvolta la storia (e il film con lei) langue, ma nel complesso si fa vedere e rivedere con gusto.
- A metà tra commedia e dramma, una discreta pellicola ben diretta dal bravo Paolella e dotata di un buon ritmo. Totò e Tina Pica duettano alla grande e sono ben sostenuti da un ottimo cast di supporto, capeggiato da un sempre eccellente Paolo Stoppa. Alcune scene sono da antologia, vedasi il finale. Da riscoprire.
- Un Totò meno comico del solito in una buona commedia che attraversa 30 anni di storia d'Italia (e dei partiti che vi si sono succeduti) facendo una buona satira di costume, spesso divertente e amara al tempo stesso. Il protagonista è grande come sempre e sa tenere in piedi anche qualche momento un po' più spento, contornato da un bel gruppo di caratteristi e comprimari (tra cui un grande Stoppa, uno spassoso Besozzi e una particina iniziale per Carotenuto). Non spumeggiante come altri film del principe, ma interessante.
- La vita di un impiegato statale (capostazione ferroviario), dal suo entusiasmo per aver vinto il concorso che lo assegna allo sperduto paese di Piovarolo fino alle innumerevoli delusioni dei mancati trasferimenti; il tutto attraverso la storia di un'Italia che si trasforma politicamente, dalla monarchia alla repubblica. Assieme a Totò (perfetto per la parte) una galleria di personaggi caratterizzati dai nomi migliori dell'epoca in una sceneggiatura che non risparmia nessuno, mettendo in evidenza le caratteristiche meno nobili dei politici di turno.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Le apparizioni di Tina Pica.
- Il binomio Paolella-Principe De Curtis ha prodotto un paio variazioni sul tema totoesco decisamente anomale, toccando le corde più drammatiche, meno macchiettistiche della nostra straordinaria Maschera. Piovarolo, oggetto di visioni plurime, segue le vicende di un eroe dei nostri tempi: il capostazione La Quaglia, costretto a sgomitare nella tenaglia tra Italia monarchica, fascista e repubblicana. Forse qualunquista, ma non banale e condotto con un ritmo invidiabile (script di Benvenuti e De Bernardi). Messe memorabile di caratteristi: grandi Stoppa e Pica.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Le "apparizioni" della Beppa; Il vecchio garibaldino di Almirante; Il farfugliante ministro tonto di Besozzi con Segretario mellifluo (Trieste) a carico.
- Se non uno dei più comici sicuramente, tra tutti i film di Totò, uno di quelli che fa riflettere di più. Anche perchè, seppur tra frizzi e lazzi, c'è una pesante critica a tutto il sistema politico e a chi lo ha gestito. Dal Ventennio fino ai giorni della Repubblica. Cambia la musica, ma gli orchestrali sono sempre gli stessi. Un merito va sicuramente alla sceneggiatura, oltre che alla regia. Poco passato dalle Tv, andrebbe sicuramente riscoperto.
- Le avventure del capostazione Antonio La Quaglia, nella sperduta e amena Piovarolo, sono il quadretto per una critica, neanche troppo velata, alla società italiana del ventennio fascista e al trasformismo politico che perdura ancora oggi. La prima parte regala spunti divertenti e interessanti, ma ben presto il film si arena e lo stesso Totò fatica a trovare il ritmo giusto a causa di una sceneggiatura che finisce le idee. Piccolo encomio per Tina Pica, che riesce sempre a lasciare il segno.
- Un buon Totò spalleggiato da una straordinaria Tina Pica è al servizio di una commedia comica e a tratti un po' amara non del tutto riuscita. L'idea di base è buona, ma lo svolgimento a tratti risulta essere noioso a causa di qualche lungaggine di troppo.
- Bel film di un'Italia che non c'è più da millenni, sia come persone che come mentalità, nonostante documenti le consuete meschinità soprattutto a livello dirigenziale (e qui la distanza da noi è davvero minima). Girato con spontaneità, può essere diviso un due parti: una prima molto originale e intelligente e una seconda in cui la "maniera" e la commedia banalotta prendono il sopravvento quasi a voler prolungare il film per portarlo alla durata di 90' circa. Comunque bello e godibile. Girato nella stazione di Roma Salone.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La casellante, manovale, guardiasala che all'occorrenza accudisce anche i capistazione celibi.
- Bella commedia di Paolella che una volta tanto stringe l'esuberanza di Totó in una sceneggiatura vera, dandogli la possibilità di mostrare le sue qualità di attore drammatico, spesso poco sfruttate dai registi che l'hanno diretto. La storia si svolge lungo un ampio arco temporale in cui vengono messi alla berlina i difetti di una classe politica inadeguata con una satira efficace e non banale. Tende a rallentare nel finale e forse si sente la mancanza di una spalla di rilievo per il Principe. Bene i comprimari, con Stoppa e la Merlini al top.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il tira e molla di Almirante; I monologhi davanti al ritratto di Stephenson; Il "trasferimento" da Piovarolo a Rocca Imperiale.
- Una stazione ferroviaria di uno sperduto e piovoso paese di provincia come la Fortezza Bastiani del Deserto dei Tartari di Buzzati, il modesto capostazione Totò come il Tenente Drogo; un luogo metafisico più che reale un posto, più che statale, del desiderio e del sogno dove attendere qualcosa di importante che non arriverà mai…. Ma anche una satira politica su l’eterna classe politica intrallazzatrice italiana che rimane uguale anche se cambiano i regimi. Una proto commedia all’italiana con un Totò in gran forma tra comicità, grottesco e realismo.
- Commedia agrodolce che attraversa un discreto arco temporale di vita dello sventurato capostazione interpretato da Totò, che parte ultimo in graduatoria nel concorso pubblico e viene rilegato in una stazione da incubo. Tuttavia, l'intrepido protagonista non si perde mai d'animo e continua a sperare, fino alla fine, di raggiungere il tanto agognato trasferimento. Il film è retto quasi totalmente dal Principe, che interagisce con varie spalle (la simpatica Pica, l'odioso Stoppa anche qui in versione "caporale").• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'inizio con Totò che scorre la graduatoria; L'illusorio trasferimento a Rocca Imperiale; La frana.
L'altro finale
Girammo tre finali perché era difficile concludere quel film. In una di queste conclusioni, sempre amare, Totò era stato retrocesso a casellante, per punizione aveva preso il posto di Tina Pica. Lo si vedeva in un’immagine sbalorditiva ma troppo cattiva: lui sotto la pioggia che fa il casellante, col famoso treno con il quale ha combattuto per anni che gli passa davanti schizzandogli la pioggia in faccia. Era un po’ violento, lo debbo ammettere, però era molto bello, ed è quello a cui credevamo tutti quanti, anche la produzione. Fu un distributore a volerlo cambiare.
Domenico Paolella
La censura
Duplicato del verbale (datato 10 dicembre 1955) della Commissione Revisione Cinematografica datato 22 giugno 1956
(Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema)
Le incongruenze
- Quando passa il treno carico di fascisti durante la famosa Marcia su Roma, i due onorevoli che si trovavano a Piovarolo sanno già che l'Italia è diventata fascista e che per loro è meglio trovarsi un altro posto di lavoro. In realtà tali ragionamenti sarebbero impossibili da fare solamente vedendo passare il treno, anche perchè se Vittorio Emanuele III avesse dichiarato lo stato d'assedio per la città di Roma la marcia fascista si sarebbe risolta in un buco nell'acqua, e anche in caso di successo non si poteva prevedere che si sarebbe instaurata una dittatura, che avvenne in pratica solamente nel 1925.
- La ferrovia che passa per Piovarolo viene elettrificata prima della marcia su Roma, avvenuta nel 1922. Si vede chiaramente che il tipo di elettrificazione è quello in corrente continua, che fu inaugurato in realtà solo nel 1928, sulla linea Foggia-Benevento. Per di più, tra le prime locomotive elettriche che si vedono nel film, c'è una E424, che non può esistere prima del 1946.
- Errore 'classico': quando la figlia cammina per la strada sta piovendo e si bagna, un attimo dopo entra nell'ufficio postale ed ha vestiti e capelli perfettamente asciutti.
- Quando il capo stazione La Quaglia (Totò) chiede consiglio al sacrestano su chi trovare per moglie a causa della Legge Fascista sul matrimonio, quest'ultimo gli si rivolge dandogli del "lei", mentre durante il fascismo si doveva interloquire con il "Voi". La stessa cosa accade nella scena con la vedova la cimitero.
- Nel finale, quando Antonio vuole fermare il treno con il ministro, mostra il segnale di stop e il treno passa oltre di lui abbastanza veloce e cominciando a rallentare; cambio di inquadratura e il treno è già fermo solo pochi metri dopo Antonio.
- Durante la partita a scacchi via telegrafo, Antonio è innervosito dalla musica proveniente dal grammofono della figlia, ma continua a fare le sue mosse e a comunicarle in codice Morse. Peccato però che trasmetta sempre sequenze di due punti, senza nessun significato per l'interlocutore. (Due punti identificano la Lettera I)
- Grossolano errore geografico, nel dialogo fra Stoppa e Totò. A Totò viene proposto di trasferirsi a Massa Carrara, al che lui replica che "sembrano due città, invece è una sola", al che gli altri cambiano sede, proponendogliene un'altra.
In realtà Massa Carrara non esiste come città: Massa e Carrara sono due città diverse. Al limite sembra una sola città, ma in realtà sono due...
www.bloopers.it
Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo | |||
L'’immaginario paesino di Piovarolo la cui stazione ferroviaria è gestita dal neo capostazione Antonio La Quaglia (Totò) è in realtà Mazzano Romano (RM) |
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La strada di Piovarolo dove Antonio La Quaglia (Totò) cerca moglie nel paese attraverso l'intermediazione del parroco locale è Piazza Umberto I a Mazzano Romano (Roma). |
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La stazione ferroviaria dell'immaginario paesino di Piovarolo di cui Antonio La Quaglia (Totò) è il capostazione risulta essere (come segnalato anche su Wikipedia) quella di Salone a Roma, sulla linea ferroviaria Roma-Pescara. Si osservi l'edificio sullo sfondo (A) che permette la collocazione esatta della location. |
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La stazione di Salone (Roma) |
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La sede delle ferrovie dove Antonio La Quaglia (Totò) scopre di aver vinto il concorso di capostazione a Piovarolo è, oggi come allora, il Palazzo delle Ferrovie dello Stato in Piazza della Croce Rossa 1 a Roma. Un’inquadratura del cortile interno confrontata con un fotogramma di Tre donne: 01. La sciantosa (1971). L’esterno dell’edificio con evidenziato il lampione A visto nel primo fotogramma. La freccia indica, invece, la posizione della fontana B. |
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- Domenico Paolella, intervista di Alberto Anile, "I film di Totò" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- «Cinema», anno IX, n.159, 25 gennaio 1956
- «Noi donne», anno XI, n.1, 1 gennaio 1956
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- «Noi donne», anno XI, n.1, 1 gennaio 1956
- Documenti censura Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema
- Foto della stazione di Salone di Arnaldo Vescovo