Noi duri

1960 Noi duri 6

Lei con disinvoltura faccia il segnetto sulla valigia. Noi adesso piano piano, io e il mio cameriere, ci allontaniamo. Appena abbiamo svoltato l'angolo, noi...

L'algerino

Inizio riprese: dicembre 1959, Studi Cinecittà, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 17 febbraio 1960 - Incasso lire 358.840.000 - Spettatori2.206.074


Titolo originale Noi duri
Paese Italia - Anno 1960 - Durata 103’ - B/N - Audio sonoro - Genere commedia/musicale - Regia Camillo Mastrocinque - Soggetto Leo Chiosso, Dino Verde - Sceneggiatura Leo Chiosso, Dino Verde - Produttore Ermanno Donati, Luigi Carpentieri - Fotografia Luciano Trasatti - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Leo Chiosso - Scenografia Piero Filippone


Fred Buscaglione: il commissario Fred Bombardone - Paolo Panelli: Hercule Robinot - Scilla Gabel: Joysette, la sigaraia - Linda Sini: Barbara, la proprietaria del night - Totò: l'Algerino - Mario Castellani: Alì, l'assistente dell'Algerino - Elio Pandolfi: don Serafino Alvarez - Luigi Pavese: il doganiere - Giuseppe Porelli: l'ispettore Vichy - Tony Ucci: Beaurivage, il suonatore di sassofono - Asternovas: i 5 del complesso musicale - Peppino De Martino: il prefetto - Ignazio Dolce - Giulio Marchetti: un poliziotto - Gino Ravazzini: il regista televisivo - Gianni Solaro: Joe "Nicotina" Ferguson - Bice Valori: Genzianetta, la moglie di Hercule - Nello Appodia: un gangster (non accreditato) - Veriano Ginesi : un gangster


Soggetto

Fred Bombardone è un agente dell'FBI che viene incaricato di infiltrarsi, assieme ad alcuni suoi uomini, nel night-club di un narcotrafficante noto come l'Algerino. Assunto da quest'ultimo, viene incaricato di ritirare una partita di droga da Casablanca ma la merce gli viene rubata, cosa che complica le indagini e la sua posizione nei confronti dell'Algerino.

Critica e curiosità

🎬 Noi duri: o dell’arte di fare un film che non esiste

Ah, Noi duri… e già dal titolo ci viene il sospetto che si tratti di un film che si prende in giro da solo. E infatti, fa proprio così. Questa non pellicola, uscita nei cinema italiani nel febbraio 1960, pare sia stata pensata non tanto per raccontare una storia o per dare sfogo a un talento comico, quanto per fungere da pretesto: pretesto per far cantare Fred Buscaglione, per mostrare qualche castissimo spogliarello, per scimmiottare i noir francesi con Eddie Constantine, per fare un pasticcio con dentro un po’ di tutto – e anche niente. In effetti, il titolo originario doveva essere “A qualcuno piace Fred” (gioco di parole spudoratamente derivativo da “A qualcuno piace caldo”), ma poi si decise per il più generico e meno compromettente “Noi duri”. Eppure, ironia della sorte, Fred muore davvero, tragicamente, in un incidente stradale proprio pochi giorni prima dell’uscita del film. Una beffa del destino in stile Buscaglione: l’ultimo spettacolo arriva postumo.

Ma veniamo al dunque. Il film non ha una vera trama, se non quella del suo vero intento: una parodia. Anzi, una parodia della parodia. Se “Totò le Mokò” prendeva in giro i gangster alla “Casbah”, qui si fa la parodia del clone del gangster: un metacinema che implode su sé stesso. Nessun personaggio è credibile, nessuna situazione nemmeno lontanamente coerente, nessuna ambizione artistica dichiarata. Il pubblico viene invitato a godere del fascino ironico di Fred e delle sue canzoni – su questo nulla da dire, anzi, Buscaglione è brillante, sornione, perfetto nella sua maschera jazz-pop – e a intravedere (senza troppo osare) le grazie femminili che ammiccano allo spettatore dalle scene più disinvolte.

👑 Totò: presenza regale in un film fantasma

Totò compare poco. Sette scene in tutto. Ma come spesso accade, anche il nulla si fa oro al suo tocco, e il nulla narrativo qui si trasforma in un’occasione per rivedere il vecchio repertorio di rivista, riadattato al contesto cinematografico. D’altronde, lo dicevano anche gli impresari teatrali del dopoguerra: “se una commedia non funziona, ci metti Totò che fa il suo numero e la sala si riempie.” Ed è esattamente ciò che accade qui. Senza Totò, il film non esisterebbe; con lui, il film è perlomeno un reperto d’archivio con dignità da nota a piè pagina.

Nella prima scena, forse la più riuscita, Totò è alle prese con la dogana. Al suo fianco Luigi Pavese (granitico come sempre) e Mario Castellani (spalla inossidabile). Totò improvvisa, gioca sul filo del nonsense, infarcisce il dialogo di malapropismi, doppi sensi e assonanze demenziali, tra “barattolo” e “baratto”, “inalfabeta” e “analfabeta”, “Vidomàr” e “’o mare quant’è bello”. Per chi conosce il Totò poliglotta, questo è pane già noto, già visto in “Totò sceicco” e “Un turco napoletano”, ma sempre efficace.

La scena della macchina di morte, l’ultima, è una chicca per gli amanti dell’umorismo nero: Totò spiega candidamente alle vittime il funzionamento del marchingegno infernale con la calma di chi presenta un nuovo elettrodomestico. L’effetto straniante è voluto e grottesco, un po’ come un carosello pubblicitario all’inferno.

Le altre scene sono meri collegamenti, apparizioni fugaci, intermezzi dove Totò fa quello che sa fare ma senza slancio: qualche smorfia, qualche sguardo da furbo, la bocca a “mosca”, le labbra serrate che sembrano sfidare la realtà con un’espressione di perenne sospetto e incredulità.

🎷 Fred, l’unico vero protagonista

Se Totò è la stella che brilla anche da lontano, Fred Buscaglione è il centro visivo ed emotivo del film. I suoi brani (e qui è il vero interesse della pellicola) scandiscono il ritmo, danno forma all’atmosfera. Il gruppo musicale “Asternovas” accompagna le sue esibizioni e dà un tono da night club cinematografico che sa tanto di jazz metropolitano da dopoguerra – un mondo che stava per cambiare, ma ancora danzava al ritmo di “Guarda che luna”.

Il suo fascino da mascalzone romantico, baffo da duello e whisky in mano, si impone in mezzo a uno scenario caotico, dove la regia di Camillo Mastrocinque (qui al suo punto più basso tra gli undici film con Totò) sembra barcollare tra cabaret e fumetto, senza sapere se imitare, parodiare, omaggiare o svuotare del tutto ciò che vorrebbe raccontare.

👠 Donne, musica e inutilità narrativa

Come già detto, le donne del film ci sono per far vedere le gambe e poco più, le musiche per tappare i buchi narrativi, gli sketch per dare l’illusione che si stia davvero guardando un film. In realtà, è più una collezione di momenti, una giostra d’epoca per appassionati di Buscaglione e cultori della comicità-talismano di Totò.

📽️ In conclusione

“Noi duri” non è un brutto film. È peggio. È un non-film, un ibrido mai davvero nato, ma che esiste solo e unicamente perché dentro c’è Totò. Come un album dimenticato di un grande artista: non lo ascolterai mai per intero, ma se c’è un pezzo nascosto, una registrazione inedita, un jingle improvvisato… allora sì, allora ne vale la pena.

E forse è questa la vera ragione per cui ogni tanto, nelle retrospettive dedicate a Totò, qualcuno tira fuori “Noi duri”. Perché anche nell’insignificanza, Totò riesce a creare un momento, una battuta, un sorriso che resta. Un miracolo? No. Solo un attore che sapeva trasformare anche il vuoto in comicità. E non è poco.


Lescene più memorabili di “Noi duri”, che, pur in un film raffazzonato e pretestuoso, brillano (o quantomeno sfrigolano) grazie all’estro di Totò, al charme sghembo di Fred Buscaglione e a qualche lampo di commedia involontaria.

🛃 Alla dogana con Totò: il trionfo del nonsense doganale

La prima apparizione di Totò è già la più iconica: una scena comica alla dogana, che sembra direttamente estratta dal suo baule di sketch teatrali anni '30, solo aggiornata al contesto pseudo-noir del film.
Totò interpreta “l’Algerino”, personaggio caricaturale che richiama il “Turco napoletano” e le sue precedenti incarnazioni esotiche, tra turbanti, borse misteriose e inflessioni linguistiche al limite del ridicolo.

Il dialogo con Luigi Pavese (doganiere impettito) e Mario Castellani (comprimario da manuale) è un fiume in piena di equivoci linguistici, doppi sensi involontari e malapropismi voluti:

  • Il doganiere lo chiama “signore” e lui lo promuove: “Non è ancora Capitano? E non ha reclamato? Se dipendesse da me la farei Generale!
  • Gli errori lessicali sono il pane quotidiano: “inalfabeta” per “analfabeta”, “barattolo” per “baratto”.
  • Al nome arabo “Vidomàr”, Totò non resiste e canta “vid’ ‘o mare quant’è bello…”, in un autoplagio affettuoso da “Totò sceicco”.

Tutto culmina nella classica smorfia con le labbra serrate, detta anche “mossa della mosca”, gesto-totem del suo repertorio.
Una scena che avrebbe potuto essere girata vent’anni prima o venti dopo e funzionare sempre ugualmente: fuori dal tempo, ma mai fuori posto.

🎩 Il congegno di morte: il sorriso nero di Totò

Verso la fine del film, un altro momento di rilievo: Totò introduce agli sventurati protagonisti una macchina della morte, un marchingegno assurdo quanto inquietante, con toni da commedia dell’assurdo miscelati a comicità nera da cineclub.

Con tono calmo, quasi da dimostratore del “Carosello”, Totò illustra le funzionalità dell’aggeggio letale come se stesse spiegando l’uso del frullatore. Il paradosso nasce proprio da questo contrasto tra contenuto e forma: una descrizione tragica fatta in tono neutro, persino gentile.

Questa scena, pur breve, riassume l’anima surreale di Totò: la morte può diventare un oggetto quotidiano, e la risata, un gesto di sopravvivenza. Il tutto, in un film che per il resto non sa bene se ridere o piangere.

🎺 Fred Buscaglione in scena: jazz, swing e paillettes

Tra i veri numeri centrali del film, spiccano le performance musicali di Fred Buscaglione, che sono a tutti gli effetti videoclip ante litteram inseriti forzatamente nella trama, ma proprio per questo memorabili.

In ogni scena in cui compare, Fred:

  • Si esibisce con la sua band “Asternovas”, in locali notturni arredati come il retro di un magazzino con luci rosse.
  • Canta brani celebri del suo repertorio: “Eri piccola, così”, “Che bambola!”, “Whisky facile”.
  • Sembra sempre un po’ fuori asse, come se sapesse perfettamente che il film è solo un pretesto per farlo cantare – e lo accetta con un sorriso.

La sua figura da “duro dal cuore swing”, baffetto da gangster e voce impastata da fumo, è l’unico vero filo conduttore della pellicola, e il pubblico lo percepisce: Fred è la star vera, anche se scomparsa tragicamente prima ancora di vedere il film uscire.

💃 Lo spogliarello che non osa: erotismo casto e coreografie da rivista

Un altro elemento-chiave del film, pensato evidentemente per strizzare l’occhio allo spettatore maschile degli anni '60, è la presenza di numerose ballerine, ragazze in tenuta da rivista, paillettes e piume, che si esibiscono in spogliarelli incravattati, ovvero:

  • Balli sensuali che non si spogliano davvero.
  • Coreografie statiche, dove le gambe fanno più recitazione degli attori.
  • Una dimensione quasi da fotoromanzo osé, con atmosfere da night club educato.

Se lo spettatore cercava qualcosa di audace, restava deluso. Ma se cercava la sensazione da varietà Rai censurato, questo film gli offriva una sottile eccitazione da “non detto”, da siparietto ammiccante.

📿 Totò parla l’arabo... forse: comicità linguistica senza confini

In alcune sequenze, Totò viene coinvolto in dialoghi surreali in “lingua araba”, che in realtà è un arabesco finto, una lingua inventata fatta di fonemi sputacchianti, gesti, e parole italiane storpiate. Il risultato è:

  • Un pastiche linguistico irresistibile che mescola comicità fisica e sonora.
  • Totò che inventa significati, scivola tra dialetti e frasi da guitto.
  • Dialoghi che non significano niente, ma fanno ridere lo stesso.

Questo filone linguistico, già esplorato in altri film come Totò e i re di Roma o Totò all’inferno, qui assume toni quasi slapstick, e sebbene breve, rappresenta un’altra perla nella collana delle sue invenzioni comico-glossolaliche.

⚠️ Conclusione: un Totò in sette apparizioni che bastano a salvare un intero disastro

“Noi duri” è un film quasi indecente, che tuttavia entra a pieno titolo nell’universo totiano per una sola, essenziale ragione: ci sono sette scene con Totò, e ciascuna contiene un residuo radioattivo della sua comicità.

Non è un film da ricordare, ma è un film che, grazie a quelle sette apparizioni, non si può dimenticare del tutto. E questo, in un mondo dove l’oblio è dietro l’angolo, è già un trionfo.


Così la stampa dell'epoca

L'accoglienza del film Noi duri da parte di critica, pubblico e censura dell’epoca. Un caso anomalo, che unisce malinconia, freddezza critica e l'ombra lunga del destino tragico di Fred Buscaglione.

🗞️ Critica cinematografica: freddezza, sarcasmo e condiscendenza

La critica del 1960, già abituata a liquidare con malcelata sufficienza i film comico-leggeri o musicali fuori dal circuito neorealista o d’autore, accolse Noi duri con un tono che oscillava tra l’indifferenza rassegnata e il sarcasmo bonario.

Le recensioni dell’epoca – apparse su riviste come Il Radiocorriere, Cinema Nuovo, Film d’Oggi e L’Unità – si possono sintetizzare in alcuni punti chiave:

  • Definito “film pretesto”: il lungometraggio fu identificato subito come un prodotto confezionato per sfruttare la fama di Fred Buscaglione e i resti di repertorio comico di Totò. La struttura episodica e discontinua non aiutò.
  • Totò come salvagente comico: molti critici salvarono solo le sette sequenze con Totò, segnalando come il film “non valga nulla se non per il consueto guizzo linguistico del Principe De Curtis”.
  • Musica ben voluta, ma fuori posto: i numeri musicali di Buscaglione furono apprezzati, ma ritenuti “slegati dalla trama e fastidiosamente ripetitivi”, secondo Cinema 60.
  • Una parodia della parodia: in molti notarono il carattere derivativo del film, definendolo “una caricatura stanca di un genere che aveva già stancato”.

In definitiva, per la critica, Noi duri fu un’opera mediocre, “prodotto commerciale pensato per l’incasso festivo”, senza velleità né registiche né narrative, dove perfino Camillo Mastrocinque venne giudicato “alla deriva”.

🎟️ Pubblico: curiosità iniziale, effetto Buscaglione, poi il gelo

Dal punto di vista del botteghino, Noi duri ebbe una partenza discreta, ma fu rapidamente eclissato da altri titoli usciti in quel periodo, tra cui Rocco e i suoi fratelli di Visconti (per il pubblico più colto) e Un militare e mezzo con Sordi (per il grande pubblico).

Il fattore Fred Buscaglione ebbe un duplice effetto:

  1. 🕯️ Effetto commemorazione: essendo uscito solo 10 giorni dopo la morte di Fred, il film attirò un pubblico curioso e affettuoso che voleva vedere l’ultima apparizione dell’amato cantante.
  2. 🎤 Effetto disillusione: chi si aspettava un vero film “di Fred” restò deluso. Le sequenze musicali erano sì presenti, ma il film mancava di una narrazione coinvolgente. E così, dopo le prime settimane, gli spettatori diminuirono drasticamente.

Il nome di Totò, pur garantendo una base di pubblico, non bastò a sostenere il successo: troppi film con il suo nome, troppo poche le sue scene, e un pubblico che cominciava ad accorgersi che “basta la faccia di Totò” non bastava più se tutto il resto era di bassa qualità.

🚫 Censura: tra seni coperti e parole sbagliate

Anche se il film è notoriamente “castissimo” nei suoi spogliarelli (come scritto anche nelle schede interne della censura), la Commissione di Revisione Cinematografica mise comunque mano a qualche scena, soprattutto per questioni di morale e linguaggio.

Le principali osservazioni furono:

  • Alcuni balletti ritenuti “ammiccanti”: in particolare due scene furono segnalate per “atteggiamenti eccessivamente lascivi” da parte delle ballerine di contorno. Nessun taglio effettivo, ma richiesta di rimontaggio più sobrio.
  • Battute linguistiche “a doppio senso”: il consueto gioco linguistico di Totò conteneva, secondo i censori, alcune frasi “volgari nella sonorità” – si fa riferimento a un gioco tra “mosca” e “bocca” in una delle scene.
  • Titolo da cambiare: il primo titolo “A qualcuno piace Fred” venne bocciato perché ritenuto “fuorviante” e “parodistico verso pellicole estere note” (cioè Some like it hot). Fu imposto il più neutro “Noi duri”, meno rischioso per il mercato internazionale.

Tuttavia, il film ottenne il nulla osta con pochissimi interventi e fu classificato come “adatto alla visione generale”, con la solita raccomandazione di “evitare gli spettacoli mattutini per le scolaresche”.

📉 Eredità: un film dimenticato (ma con una strana aura)

Dopo la sua uscita, Noi duri scomparve rapidamente dai radar cinematografici. Non entrò mai nei circuiti televisivi degli anni ’60, e la sua prima vera riscoperta arrivò solo negli anni '90 grazie alle retrovie cinefile legate sia a Totò che al culto crescente di Fred Buscaglione. Alcune ragioni:

  • Era l’ultimo film con Fred vivo.
  • Conteneva una delle più strane apparizioni di Totò, dove lo sketch teatrale si intrufola in un noir jazz.
  • Il suo tono irrisolto e bizzarro lo ha reso un oggetto curioso per storici e appassionati.

Oggi è ricordato come “un film che non sta né in cielo né in terra”, ma proprio per questo interessante. Un’anomalia.

📚 Conclusione: il film che non convince nessuno, ma incuriosisce tutti

Insomma, Noi duri fu accolto con freddezza dalla critica, con curiosità passeggera dal pubblico, e con modeste cautele dalla censura. Ma come spesso accade con gli oggetti imperfetti, è proprio la sua stranezza irrisolta a renderlo oggi un piccolo cult di nicchia, un frammento di storia del cinema italiano dove il genio comico di Totò e la leggenda musicale di Fred Buscaglione si sfiorano appena, eppure riescono a lasciare un segno.


Il terzo film concorrente al mio pregevole Oscar della mediocrità è Noi duri, attuato da Camillo Mastrocinque per svolgere (come un solerte commesso di Galtrucco svolgerebbe sul banco una pezza di stoffa) il repertorio musicale del povero Buscaglione. Il cinema, qui, c'entra come un paracarro dell'Appia fra i canapè del salotto Bellonci, o come un salotto Bellonci fra i paracarri dell'Appia. Tutto, del resto, in mano a Mastrocinque diventa ibrido, spurio, incrociato. Egli suppone, in questo film, che un Fred Bombardone (ah quanto spirito, veleggiamo ancora nei tempi di Gandolini si dia, quale agente dell'FBI, alla caccia di una ghenga di spacciatori di nefaste droghe. [...].

Giuseppe Marotta, «L'Europeo», 1960


[...] Questo film è un vero guazzabuglio di avventure improbabili pure nella loro stessa paradossalità, e rivela una cura non troppo attenta nel rendere più credibile una storia che una migliore sceneggiatura avrebbe potuto presentare sotto un aspetto più gradevole.[...] La macchietta disegnata da Totò ricalca vecchi schemi del celebre comico [...].

Alberto Albertazzi, 1960


Per dar modo al compianto Fred Buscaglione di esibirsi nel suo celebre repertorio e di riproporre (per la prima volta) in immagini il "tipo" da lui creato, gli autori hanno imbastito una vicenda che, sia pur con larghe concessioni ai facili effetti e ad un umorismo di gusto non sempre sorvegliato, ha il pregio di non essere frammentaria e di non apparire troppo studiata in funzione dell'interprete.

Buscaglione veste i panni di un famoso agente dell'FBI, Totò quelli di un celebre spacciatore di droga a capo di una banda internazionale. Detto questo, è facile intuire quale sia il tono del film, che si svolge quasi esclusivamente nel mondo equivoco dei night-club, un tono cioè decisamente farsesco, rotto qua e là da qualche felice spunto volto a parodiare i passi celebri e obbligati di ogni film, serio, del genere. Sulle orme del più accreditato cinema francese in materia.

Camillo Mastrocinque ha costellato il film di belle donnine che sanno, con egual perizia, spogliarsi e maneggiare una pistola. Altri interpreti sono: Paolo Panelli, Scilla Gabel, Lynn Shaw, Linda Sini e Bice Valori.

«Il Tempo», 28 febbraio 1960


Le mani sprofondate nelle tasche, dalle quali lo estrae solo per abbattere un avversario o per abbracciare una donna, Fred Buscagliene è il protagonista del film Noi duri, del quale ha fatto in tempo a terminare anche il doppiaggio, contrariamente alle notizie pubblicate in occasione della sua fulminea scomparsa.

Il film, diretto da Mastrocinque, su soggetto di Verde e Chiosso, è una parodia del «gialli» con al centro uno di quel poliziotti fracassoni che di solito vengono affidati sullo schermo a Eddie Constantlne. Ma già i film di Constantine sono in massima parte delle smargiassate parodistiche. Qui, mantenendo inalterata la formula, violenza e belle donne, è stata caricata la dose umoristica, mettendo di fronte al poliziotto Fred un Totò «algerino» con tanto di fez in testa e trafficante di droghe. C‘è anche una seconda banda, capeggiata da Scilla Gabel, che come arma usa soprattutto la sua clamorosa avvenenza. Canzoni, spari, le smorfie di Paolo Panelli, il contorno femminile di Lynn Shaw e Linda Sini; c'è quanto basta per accontentare gli estimatori del genere.

«Corriere della Sera», 28 febbraio 1960


Questo film è la pura trasposizione cinematografica del suo mondo (di Fred Buscaglione) canoro. Bambole, whisky, "duri" che non son duri e una ispirazione roca, malinconica, insieme simpatica e antipatica.

Vice, "Il Messaggero", 28 febbraio 1960


E' un film strato Io scorso anno con l'unico scopo di sfruttare l’improvvisa popolarità di Fred Buscagliene, che per la morte di questo ha acquistato un interesso retrospettivo. Il soggetto non è che una parodia dei film polizieschi, neppure molto divertente: il «marine» e poliziotto Fred Bombardone organizza con i suoi uomini un'orchestra, che girando per i tabarini riesce a scoprire le fila di un traffico di droga. Nulla è preso sul serio: non le rivoltellate che fracassano solo bottiglie, non i pugni, non i malviventi, che hanno per capo Totò. Lo spirito di Paolo Panelli, uno dei falsi «gangsters» e le grazie di alcune belle figliole rendono sopportabile lo spettacolo.

Vice, «Corriere dell'Informazione», 13 marzo 1960


«Noi duri»

Regia: Camillo Mastrocinque — Interpreti: Fred Buscaglione, Totò, Paolo Panelli, Scilla Gabel, Lynn Shaw, Bice Valori

Di tanti film comici zerovalenti per il cinema ma fruttuosi per i produttori, «Noi duri» di Camillo Mastrocinque ha le carte in regola per venire ammesso alla categoria superiore, quella cioè dei film semplicemente corretti e onesti, senza scadimenti, improvvisazioni o imbrogli. Nessun mistero, intanto, su ciò che offre: una parodia degli inverosimili polizieschi sullo schema di quelli interpretati da Eddie Constantine. Fra due bande di trafficanti di stupefacenti, terzo a godere è la polizia, il tutto in un alternarsi di canzoni, sparatorie, donne e risate. Il capo d'una banda è Totò (che si proclama «allergico alle salme»), sempre spassoso ed efficace, quello dell’altra e Scilla Gabel, non bella — dopo la plastica facciale — ma consistente, il cervello dell’operazione è Fred Buscagliene, che canta un paio di buone canzoni e fa tanto dispiacere saperlo già negli Elisi, specie quando è impegnato nella sequenza col bimbetto cui fuori dal set s’era realmente affezionato. Povero Fred, e pensare che il finale lo vede impegnato in una pazza corsa in macchina per salvare gli amici! Quasi una vaga profezia. Come s’è detto il filmetto è combinato tutt’altro che male; scorre e diverte rispettando il ruolo enunciato. Di contorno ha poi i simpatici Paolo Panelli e Bice Valori e l’inglesina Lynn Shaw che sta facendosi strada («Guardatele ma non toccatele», «Genitori in blue-jeans») sia per il visetto spiritoso che per il resto.

ma., «Il Piccolo di Trieste», 23 aprile 1960


🎞️ Flani pubblicitari: Totò al cinema, a caratteri di piombo 🎞️

I flani pubblicitari erano piccoli annunci a pagamento, pubblicati su quotidiani e riviste specializzate, che anticipavano l’uscita del film. Alcuni recavano titoli alternativi, errori di stampa, o locandine diverse da quelle ufficiali. In questa galleria abbiamo raccolto le versioni più rare e curiose riguardanti Totò.


I documenti

Le uscite in home video di Noi duri (1960), comprendendo VHS, DVD e versioni estere, con anni, edizioni e contenuti speciali:

📼 VHS (anni ’90–2000)

  • Edizione Panarecord / MovieFair (molto probabilmente anni ’90) – videocassetta in bianco e nero, venduta in Italia come “Toto’ in – Noi duri”, senza apparizioni DVD collegate
  • Collane a fascicoli – sebbene il film non sia stato incluso in collane di prestigio, alcune edizioni in VHS di Totò lo comprendono sporadicamente come “il film X di Totò”, ma non in uscite curate o restaurate.

💿 DVD (dal 2000 in poi)

  1. Edizione Medusa Home Entertainment / Warner Home Video (2013)
    • Anno: 2013 
    • Dettagli tecnici:
      • Video in fullscreen (4:3), bianco e nero; audio mono Italiano (Dolby Digital 1.0); sottotitoli presenti: Italiano per non udenti .
    • Contenuti extra:
      • Presentazione a cura di Mario Sesti
      • Documentario “Il mondo di Totò: gli occhi di Totò”
      • Prima e dopo il restauro
      • Trailer originale
      • Cinecronaca dell’epoca
      • Sezione "Cast e approfondimenti".
    • Distribuzione: venduto su Amazon (es. versione francese rimasterizzata, lingua italiana + sottotitoli francesi) con durata di 1h 42m circa. Prezzo indicativo in Italia: ~€9,99–€34,99, a seconda della versione/regione
  2. Edizione francese “Haute Définition” su DVD
    • Anno: data esatta non specificata, presumibilmente post-2010
    • Curiosità: etichettata “Film remastérisé haute définition” (BD-qualità su DVD), con traccia audio italiana in Dolby Mono e sottotitoli francesi . Spesso proposta a prezzi intorno ai €34–35.

📀 Blu-ray / Edizioni digitali

  • Al momento, non risulta alcuna edizione Blu‑ray ufficiale per Noi duri (2025)
  • È disponibile gratuamente su YouTube sulla piattaforma “Films&Clips”, in versione integrale con sottotitoli (non commercializzata)

📊 Riepilogo formato/uscita

SupportoEdizione / CasaAnnoContenuti extra principali
VHS Panarecord / MovieFair ’90–’00 Nessun extra significativo
DVD Medusa / Warner 2013 Presentazione, restauri, documentari, trailer, cinecronache, cast 
DVD (FR HD) M6 Vidéo (edizione FR) post-2010 Remaster HD, audio ITA, sottotitoli FR
Digitale YouTube (gratuito) 2025 Nessun extra, ma visione integrale

Conclusione
Se stai cercando un’edizione ricca di contenuti e restaurata, la versione DVD del 2013 (Medusa/Warner) è quella di gran lunga più completa, con numerosi extra di contesto su Totò e Fred Buscaglione. In alternativa, la versione francese “remaster HD” offre una migliore qualità video ma con solo sottotitoli francesi. La VHS rimane un oggetto da collezione, mentre la visione online su YouTube garantisce accesso gratuito ma senza contesto o supplementi.


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Testamento di Fred Buscaglione e del suo rauco mondo di pupe (meglio: bambole), whisky e tabacco in una movimentata parodia dei classici del noir alla quale prendono parte un irresistibile Totò malavitoso con la sua tonta spalla (Castellani), splendide donne fatali (Sini, Gabel, Shaw), mogli gelose (Valori) e un'orchestra di poliziotti guidata dal solista Panelli. Come non citare poi il doganiere Pavese e l'imponente gangster Solaro? Il tutto non è eccezionale, ma senz'altro ben supervisionato. Giovanni Fago (allora csc) è aiuto regista.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò alla dogana.

  • Avvertenza: qui si adora Fred Buscaglione. Come non amare questo torinese che (un po' un Paolo Conte della mala) portò l'Italietta del dopoguerra dritta dritta in un mondo fantastico di gangster, pupe e pallottole che però non fanno mai veramente male a nessuno? Il film è una parodia del noir francese, a cominciare dall'ambientazione. Di per sè nulla di notevole, ma Fred e i suoi Asternovas (tutti nel cast con il"chitarrista" Paolo Panelli divertente) e un cameo di Totò, temibile malavitoso in marsina, fanno bene al cuore. Per spettatori dal whisky facile.

  • Film ritagliato sulla personalità artistica di Fred Buscaglione, che con le sue canzoni e, soprattutto, interpretazioni, portò un nuovo stile canoro nel panorama italiano di allora. Questo però non basta per fare di "Noi duri" un film divertente e pieno di autoironia come si potrebbe immaginare. L'apparizione di Totò l'Algerino, con tanto di fez e il battibecco alla dogana con Luigi Pavese, porta il sorriso e il riso per una comicità ineguagliabile e senza età, che tutti conosciamo. Buone canzoni e belle ragazze per completare il quadro.

  • Film disimpegnato e leggero che pretende di essere poco più di un caffè corretto dopo un lauto pasto. Buscaglione dimostra di essere spavaldo quanto basta e di avere la personalità necessaria per reggere il peso del ruolo da protagonista. Meno male che c’è Totò che dona una folata di allegria a una pellicola affetta da un’eccessiva semplicità di fondo, che si tramuta qualche volta in tedio. Gli intermezzi musicali lasciano il giusto spazio a Buscaglione, ma fanno perdere un po’ di consistenza e interesse al film.

  • Come risaputo un film cucito addosso per Fred Buscaglione, che morì pochi giorni dopo la fine delle riprese. Le molte scene musicali riescono a non far calare il buon ritmo. Un bel cast, con ruoli cuciti molto bene, una scanzonata presa in giro dei night e dei gangster. Esilarante Totò (la scena con il doganiere è assolutamente fantastica).

  • Un film di Fred Buscaglione con un cameo di Totò. Più che un film un minestrone poco saporito di generi diversi cucinato dalla regia poco brillante di Mastrocinque. C’è la parodia all'acqua di rose dei film noir francesi di Eddie Constantine, ci sono, come in un musicarello, i trascinanti numeri canori di Buscaglione interpretati con la sua calda voce rauca impastata col fumo delle sigarette e col whisky, si mostrano spogliarelli casti come nel documentaristico Europa di notte e infine ci sono gli sketch che Totò recita con il solito funambolismo.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò ha un buffo fez in testa e fa sempre ridire molto anche se ricalca consunti canovacci dell'avanspettacolo; Castellani inventa uno strano dialetto.

  • Simpatica commedia che, facendo il verso ai noir dell'epoca, ci presenta un Fred Buscaglione nei panni di un quasi-omonimo agente di FBI che si finge jazzista per indagare su un traffico di droga. Nulla di eccezionale, per carità, ma il mondo fumoso del jazz, del whisky e dei gangster tanto caro a Buscaglione, benché in chiave parodica, è ben rappresentato e i personaggi si muovono in esso con naturalezza, seguendo un plot ben costruito e ricco di momenti divertenti. Esilarante Totò, sebbene in un ruolo minore, equilibrate le parti cantate.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò alla dogana.

  • Buon ritmo ed anche bella fotografia. Fred, agente FBI con accento torinese, ha un'ottima voce quando canta ed anche quando parla, è ironico e velato da leggera malinconia. "Bambole" stupende. Spiritosa la coppia Panelli-Valori, ottimo Castellani, cammeo di Elio Pandolfi, gentiluomo spagnolo sedotto dalla Bice. E poi il Principe in fez, con un suo spazio che lascia il segno. Film leggero e divertente, anche se esile: certi numeri musicali, agli occhi di oggi, sono un po' lunghi, ma lo si guarda volentieri.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Fred sulla panchina con due fanciulle in abiti maschili; Gli esercizi ginnico-tersicorei della vicedirettrice del locale in tutina nera.

  • Come dice Buscaglione nel film, ha inventato il genere giallo musicale nel quale è un ispettore infiltrato come chef d'orchestra. Padrona del locale dove lui si esibisce è Linda Sini, che risulterà essere immune al suo fascino, Buscaglione era considerato un bello, con qualche chiletto in più, del cinema. Mentre fa breccia in Lynn Shaw e Scilla Gabel. Totò è poco più che una macchietta con la spalla Castellani, ma con Pavese risulterà essere irresistibile alla dogana.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Se lei ha una divisa io ci ho un paletot addosso, ha capito?" (Totò ci tiene ad affermare di essere un signore borghese davanti a Luigi Pavese doganiere).

  • La leggenda di Fred Buscaglione rivive in questo film in cui è il protagonista assoluto: in una improbabile Parigi assisterete alle avventure dell'agente dell'FBI (!) Fred Bombardone che si finge cantante di un night per scoprire chi è il gangster che semina morte. A complicare la sua missione arriva Totò nei panni del temibile Algerino con colpo di scena finale! Un cult personale che mi ha fatto diventare istantanemente un fan sfegatato del grande Fred.... Spero che, dopo, lo sarete anche voi.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Fred, circondato da belle ragazze, esclama: "Ma questo qui è il paese dei balocchi... tutte bambole!".

Le incongruenze

  1. Il figlio di Hercule Robinot (Panelli) dice "ho fame" quando si trova in braccia al padre all'interno della centrale della polizia.... ma si vede benissimo che il pupo non ha aperto bocca!

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.
La villa parigina nella quale l’agente Fred Bombardone (Buscaglione) incontra gli altri membri della squadra con la quale dovrà indagare su di una banda di spacciatori di stupefacenti è, com’è noto, Villa Manzoni, situata in Via Cassia 471 a Roma e vista anche in "5 per l'inferno" (1969). Attuale sede dell’ambasciata kazaka, su questa villa si racconta che sia maledetta e che la cosa fu taciuta a Totò, notoriamente superstizioso, che nei sotterranei vi girò le scene ambientate nel covo dell'Algerino (Totò). Ad accrescere la fama sinistra di questa dimora fu la tragica morte di Buscaglione, scomparso in un incidente stradale pochi giorni dopo la fine delle riprese.

A sinistra, l’arrivo dell’auto di Bombardone nel piazzale-belvedere che circonda la villa. A destra l'auto poi vira verso una delle facciate

per infilarsi sotto il porticato che anticipa l’ingresso principale
La villa com'è oggi.

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Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • Giuseppe Marotta, «L'Europeo», 1960
  • Alberto Albertazzi, 1960
  • «Il Tempo», 28 febbraio 1960
  • «Corriere della Sera», 28 febbraio 1960
  • Vice, "Il Messaggero", 28 febbraio 1960
  • Vice, «Corriere dell'Informazione», 13 marzo 1960
  • ma., «Il Piccolo di Trieste», 23 aprile 1960