Chi si ferma è perduto

Il pericolo ci sovrasta, in questo ufficio c'è uno jettatore: non uno iettatore da poco, ma uno iettatore ereditario. Il nonno era imbarcato sul Titanic e fu l'unico superstite del naufragio. Lo sbarcarono a Messina e la notte stessa venne il terremoto. Saranno coincidenze che coincidono, ma una coincidenza oggi, una coincidenza domani...

Antonio Guardalavecchia

Inizio riprese: settembre 1960, Stabilimenti Titanus Farnesina, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 10 dicembre 1960 - Incasso lire 298.506.000 - Spettatori 1.538.691


Titolo originaleChi si ferma è perduto
Lingua originale italiano - Paese Italia - Anno 1960 - Durata 103’ - B/N - Audio sonoro - Genere Comico - Regia Sergio Corbucci - Soggetto Bruno Corbucci, Dino De Palma, Giovanni Grimaldi, Mario Guerra, Luciano Martino - Sceneggiatura Bruno Corbucci, Dino De Palma, Giovanni Grimaldi, Mario Guerra, Luciano Martino - Produttore Emo Bistolfi - Casa di produzione Titanus - Fotografia Marco Scarpelli - Montaggio Dolores Tamburini - Musiche Gianni Ferrio - Scenografia Franco Lolli - Costumi Dina Di Bari - Trucco Marcella Favella, Pierantonio Mecacci, Piero Mecacci


Totò: Antonio Guardalavecchia - Peppino De Filippo: Giuseppe Colabona - Luigi De Filippo: Donato Cavallo - Aroldo Tieri: Matteo Rossi - Alberto Lionello: Mario Rossi - Alberto Talegalli: Il cliente che protesta - Angela Portaluri: Iole, figlia di Guardalavecchia - Mario Castellani: Comm. Amilcare Pasquetti - Lia Zoppelli: Giulia, sorella del Comm. Pasquetti - Jacqueline Pierreux: Teresa, moglie di Colabona - Luigi Pavese: Cesare Santoro - Anna Campori: Italia, moglie di Guardalavecchia - Pietro De Vico: Il cameriere - Renzo Palmer: Cavicchioni - Peppino De Martino: l'antiquario sordo - Marisa Traversi: Adua - Enzo Petito: Napoleone, usciere - Sergio Corbucci: Cameo. Uomo che gioca a biliardo con Renzo Palmer - Solvejg D'Assunta: Assunta - Nando Angelini - Vittorio Vaser: Proietti - Gino Scotti


Chi si ferma è perdutoSoggetto

I ragionieri Antonio Guardalavecchia e Giuseppe Colabona sono impiegati presso la filiale di Napoli della ditta Pasquetti, una società di trasporti. Il loro capoufficio è Cesare Santoro, superiore molto severo che non tollera l'atteggiamento poco professionale dei due impiegati. Al culmine dell'ennesimo rimprovero riservato a Colabona e Guardalavecchia davanti a un impiegato neoassunto, il catanese Donato Cavallo, Santoro minaccia di trasferirli in Sardegna.
L'improvvisa morte del capoufficio dà inizio a una spietata "guerra per la successione" tra Colabona e Guardalavecchia, lotta i cui segnali si manifestano già al funerale di Santoro, durante il quale Guardalavecchia tiene un discorso che ricorda quello di Marco Antonio nel Giulio Cesare di William Shakespeare (anche per i nomi dell'oratore, Antonio, e del defunto commemorato, Cesare).

Mentre gli aspiranti capoufficio stanno litigando per decidere chi deve sedersi alla scrivania di Santoro, l'usciere del palazzo che ospita la ditta, Napoleone, consegna loro una lettera in cui viene annunciato l'imminente arrivo dell'ispettore generale dei trasporti M. Rossi, il quale deciderà circa la successione al vertice dell'agenzia di Napoli. Colabona e Guardalavecchia si introducono nottetempo in ufficio e distruggono i propri fascicoli, contenenti la documentazione sulle proprie note caratteristiche, la quale li avrebbe condannati al sicuro trasferimento in Sardegna. Dopodiché si organizzano, separatamente e l'uno all'insaputa dell'altro, per garantirsi un occhio di riguardo da parte dell'ispettore. Mentre Colabona decide di attendere il Rossi alla stazione per accoglierlo con un mazzo di fiori, Guardalavecchia assolda il violento Cavicchioni per inscenare sul treno una finta aggressione ai danni dell'ispettore Rossi in modo che Guardalavecchia possa intervenire a difenderlo, guadagnandosi la sua ammirazione.
Il caso vuole che sullo stesso treno si trovino due M. Rossi: Matteo Rossi, l'ispettore incaricato di decidere del futuro della dirigenza presso la ditta Pasquetti, e Mario Rossi, un ignaro ispettore scolastico. Guardalavecchia e Cavicchioni salgono sul treno alla stazione di Formia e mettono in atto il loro piano, ma nei confronti di Mario Rossi, l'ispettore sbagliato. Alla stazione d'arrivo, Guardalavecchia si allontana con l'ispettore scolastico, invitandolo a casa propria senza rendersi conto dell'equivoco, mentre Colabona accoglie il vero ispettore dei trasporti. Giunti a casa Guardalavecchia, l'ispettore Mario Rossi viene accolto dalla moglie del ragioniere, Italia, e incontra la loro figlia Iole, maestra elementare, di cui si innamora.
La mattina seguente, l'ispettore Matteo Rossi giunge nella sede della ditta e Guardalavecchia, non sapendo chi egli sia, lo accoglie in malo modo. Una volta scoperto l'equivoco, Guardalavecchia, tornato a casa, manda via con una scenata l'incolpevole Mario Rossi.
Per cercare di rimediare all'infelice primo approccio con l'ispettore, Guardalavecchia comincia a mostrarsi estremamente zelante sul lavoro e accusa Colabona di essere uno iettatore. Per dimostrare queste accuse, Guardalavecchia dà vita a finti incidenti ai danni dell'ispettore Rossi. La sua strategia, però, si rivelerà controproducente, in quanto Rossi si mostrerà molto timoroso nei confronti dei "poteri" di Colabona, e quest'ultimo cercherà di stare al gioco per sfruttare le calunnie a suo vantaggio. Per mettere nuovamente in cattiva luce il suo "nemico", Guardalavecchia contatta la vistosa Adua, un'amica di Cavicchioni, affinché si presenti in ufficio e insceni una situazione piccante coinvolgendo l'ignaro Colabona.
Qualche giorno dopo, viene organizzato un ricevimento per festeggiare il cinquantentario della fondazione della sede napoletana della ditta Pasquetti, a cui interviene anche il presidente, il Grande Ufficiale Amilcare Pasquetti. Nell'occasione, l'ispettore Matteo Rossi ritrova la moglie di Colabona, Teresa, con la quale ha avuto in passato una storia d'amore, interrotta bruscamente dagli eventi della seconda guerra mondiale. Guardalavecchia vede confabulare i due e teme che Colabona stia utilizzando l'avvenenza di sua moglie. Per rimediare, decide di iniziare a corteggiare la sorella del presidente, Giulia Pasquetti. Il corteggiamento culmina in una "scena del balcone" in versi, simile a quella di Romeo e Giulietta, ancora di Shakespeare.

Il giorno dopo Guardalavecchia invita Giulia a Villa Lolita, un albergo molto equivoco consigliatogli da Donato Cavallo. Quella stessa sera, Mario Rossi e Iole decidono di trovarsi nel medesimo albergo, per mettere in scena un finto incontro amoroso volto a far credere ai genitori di Iole, i coniugi Guardalavecchia, attirati con un biglietto, di trovarsi di fronte al "fatto compiuto". Anche Matteo Rossi e Teresa Colabona si accordano per un incontro clandestino nello stesso luogo, la stessa sera, sempre su consiglio di Cavallo, anch'egli intenzionato a recarsi alla villa con Adua.
A Villa Lolita si ritrovano così tutti i protagonisti della storia, inclusi Colabona e Amilcare Pasquetti, che vogliono cogliere in flagrante Guardalavecchia e Giulia. L'omonimia porta Matteo Rossi, Teresa e Iole a trovarsi tutti nella stessa camera, dove vengono sorpresi da Guardalavecchia. Infine, nella stanza arrivano Colabona, il commendator Pasquetti, Adua, Mario Rossi e Italia, la moglie di Guardalavecchia, generando tutta una serie di equivoci. Il film termina con Colabona e Guardalavecchia a bordo del traghetto che li conduce verso la Sardegna.

Critica e curiosità

Il film è tratto daun progetto di Emo Bistolfi, piccolo produttore genovese, per la regia di un ragazzone romano amico di Liliana de Curtis, Sergio Corbucci. È il primo film della coppia di sceneggiatori Bruno Corbucci (fratello del regista) e Giovanni Grimaldi, in seguito assidui autori di Totò; il principe li mette però a dura prova, facendo riscrivere più volte il copione prima che Totò si sentisse soddisfatto del loro lavoro. Esilaranti come al solito i duetti fra Totò e Peppino. Tra le improvvisazioni di Totò quella del corteggiamento della Zoppelli, alle parole di lei "Il resto è silenzio" incomincia ad canticchiare il "silenzio" militare e la Zoppelli riesce benissimo a stargli dietro.
Nella versione del film uscita nelle sale compariva una sorta di sponsor: una ditta produttrice di un apparecchio acustico, camuffato in un paio di occhiali.

In sede di censura, dopo aver chiesto e ottenuto grossi cambiamenti al copione in sede preventiva, alla pellicola viene imposto il divieto di visione ai minori di 16 anni; il produttore si dichiara disponibile a eliminare qualunque scena la commissione ministeriale desideri togliere, e qualcosa alla fine deve essere stato tolto, perché il divieto sparisce.

"I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998


Così la stampa dell'epoca

Ancora Totò e Peppino, ma questa volta si ride. Il copione ha almeno il merito di ripresentare vecchie cose con un certo garbo sconosciuto ai nostri film comici di serie B : e Totò e Peppino sono prontissimi a cogliere il minimo pretesto per recitare con gusto.

Valentino De Carlo, 1960


Chi si ferma è perduto appartiene al filone facile, preveduto e volgaruccio, della nostra produzione faceta. Qualche invenzione verbale, un'eccellente interpretazione della coppia Totò - De Filippo non sono certo sufficienti per invitare a un onesto divertimento lo spettatore di gusto. Siamo alle solite : corna, miseria, qui pro quo [...]

Pietro Bianchi, 1960


Per Totò il film con la Magnani è solo un intermezzo di lusso, uno sfizio venato di nostalgia. Dopo lo attende ancora un'ultima serie di pellicole con Peppino.Chi si ferma è perduto è un progetto di Ennio Bistolfi, un piccolo produttore genovese. Il film viene combinato da Sergio Corbucci, un ragazzone romano che lavora nel cinema da due lustri e che conosce personalmente Liliana de Curtis, la figlia dell'attore. Totò, sempre piuttosto guardingo nei confronti dei giovani registi, accetta la proposta ma pone come condizione la presenza di Peppino. [...]

Alberto Anile


1960 12 16 Corriere della Sera Chi si ferma e perduto intro

Un esilarante duello fra Totò e Peppino De Filippo, impiegati d una azienda di trasporti, nel film Chi si ferma è perduto. Alla morte del capoufficio mirano entrambi ni posto resosi vacante. Bisogna quindi guadagnarsi la simpatia dell’ispettore, l’occhialuto Aroldo Tieri. L’adulazione, la calunnia, il servilismo non sono che le armi tradizionali dell’estenuante gara. S'intende che i due rivali escogitano machiavellismi più insidiosi per raggiungere lo scopo, tanto più che se uno dispone di una graziosa figlia, l’altro può contare su una moglie ancora affascinante. Che poi la promozione non ci sarà, ma anzi il temuto trasferimento in Sardegna per entrambi, non ha molta importanza.

Sergio Corbucci ha diretto lo scherzo con sufficiente scioltezza, allentando un po' troppo le briglie soltanto nell’affrettata conclusione. Le occasioni di risate sono, ad ogni modo, frequenti, senza quasi concessioni al cattivo gusto. Totò, specialmente, è in ottima forma e la scena al balcone, fra lui e Lia Zoppelli, è una azzeccata parafrasi burlesca di «Giulietta e Romeo». A fianco degli attori già menzionati: Alberto Lionello, Luigi Pavese, Angela Portalupi, Jacqueline Picrreux e Anna Campori.

«Corriere della Sera», 16 dicembre 1960


1961 04 28 La Stampa Chi si derma e perduto intro

Dopo tanti anni Totò conserva, ancora lo scettro di re della risata. Soltanto che da assoluto è diventato re costituzionale, e mette generosamente a parte del suo governo quell'ottimo partner che è Peppino De Filippo. L’odierno filmetto, di Sergio Corbucci, è anch’esso impostato sullo spassoso binomio presentato nei soliti toni di affettuoso bisticcio, e come quelli che lo hanno preceduto spiega gli effetti di una ricettina tuttora infallibile. Per amore o per forza si ride.

Il copione, del resto meno sdrucito di tanti altri, narra di due travet napoletani, impiegati presso lo stesso ufficio di trasporti, che si fanno guerra spietata intorno alla poltrona lasciata vacante dal defunto capufficio. Entrambi hanno pessime nota caratteristiche; entrambi devono arrangiarsi. E come da Roma è annunciato l'arrivo d'un ispettore che dovrà decidere della nomina, l’ispettore diventa la posta del gioco, volendo l’uno o l’altro contendente preoccuparne il favore. La lotta è senza esclusione di colpi bassi: dalla taccia di jettatore, a prezzolati spogliarelli, ognuno fa il possibile per mettere l'altro in cattiva luce. Ma con tutto ciò si tratta sempre di due amici-nemici, che pur facendosene di tutti i colori si vogliono bene. E dopo un diluvio di equivoci che portano la commedlola alla frenesia della farsa, entrambi delusi li vediamo trasferiti in Sardegna, legati ancora e sempre alla stessa catena.

Regista e sceneggiatori si sono ingegnati di offrire situazioni ai due comici, senza troppo mancare al buon senso e al buon gusto; ci sono relativamente riusciti, e con tutte le sue pecche il filmetto corre.

l. p. (Leo Pestelli), «La Stampa», 28 aprile 1961


1961 04 28 Stampa Sera Chi si ferma e perduto intro

Un divertente duello fra Totò e Peppino De Filippo, colleghi d'ufficio, per occupare la poltrona ancora calda del loro diretto superiore. La nomina dipende da un ispettore mandato da Roma, e intorno a questo personaggio, per conquistarne il favore, si scatena la lotta che non ammette esclusione di colpi e va dalle dimostrazioni del più abietto servilismo a bieche gherminelle che ciascun coiirenaente fa all'altro per metterlo in cattiva luce. S'intende che tanto machiavellismo non approda a nulla e che alla fine i due rivali saranno trasferiti insieme in Sardegna.

Il regista ha dato ai due bravi attori frequenti occasioni per sfolgorare; oltre a ciò il suo filmetto ha una certa connessione, e dai toni della commedia dialettale a quelli della farsa e della pochade non si disequilibra troppo. Divertentissimi i due comici napoletani, e specialmente l'intramontabile Tota, che anche quando scherza sul «chicchessia», e sono tanti anni che lo fa, riesce ancora a strappare la risata. E garbati gli altri interpreti, con una speciale menzione per la Zoppelli, deliziosamente caricaturale.

l. p. (Leo Pestelli), «Stampa Sera», 28-29 aprile 1961



La censura

Giudizio preventivo alla sceneggiatura "Impiegati di concetto" (2a versione), 10 ottobre 1960

Il copione risulta sensibilmente rielaborato rispetto alla precedente stesura [...] È stata tolta, per prima cosa, l'ambientazione ministeriale e i due protagonisti figurano adesso alle dipendenze di un immaginario Ente Nazionale Trasporti. Sono inoltre scomparsi i personaggi di Padre O'Connor, fanatico boyscoutista, e dell'effeminato Luchetto Borgia, con conseguente eliminazione delle varie scene di sapore equivoco che si riferivano a quest'ultimo.
Permane invece la scena del giovane impiegato sorpreso in canottiera in ufficio (un ufficio, però, non più ministeriale) insieme a una dattilografa in sottoveste, e si ritiene di dover sottolineare il cattivo gusto della seguente battuta (p. 36): «Tedescona questa è... due cosce fantastiche... morbide come due divani». A parte ciò, anche il dialogo appare nel complesso notevolmente riveduto e migliorato, cosicché il film, pur restando nei limiti di una facile commedia, segna nel suo insieme un effettivo progresso.


Peppino De Filippo, battuta contestata in "Chi si ferma è perduto"

Qui non siamo in Francia, qui c'è la censura.


Alberto Anile

I documenti

Il cantico di Romeo

Chi si ferma 00073

Giulia: Lei è senza alcun vincolo?
Antonio: Beh, io sto in un vincolo cieco, cara.
Antonio: Gulietta, calami la scaletta.
Giulia: Siedi piuttosto, e non avere fretta.
Antonio: Ma dove seder degg'io se qui sgabel non v'è?
Giulia: Siedi sul quel pendio oppur favella in piè.
Antonio: Favellerò di botto, in piedi da qui sotto.
Giulia: Che cosa domandate?
Antonio: Domando se mi amate.
Giulia: Al verone son venuta per dirvi di non essere imprudente. Mio fratello sospetta, giustamente.
E ieri sera più di un impiegato ha abbozzato un sorriso di ironia.
Antonio: Non mi importa se qualcuno ha già sfacato,
voglio solo che presto siate mia.
Giulia: Mi proponete allor di essere amanti.
Antonio: Non siamo i soli, ce ne sono tanti.
Giulia: Ma un giorno mi farete vostra sposa?
Antonio: Mia sposa? No, non posso, come oso? Sposare voi, un umile impegato morto di fame e sempre squattrinato.
Giulia: Potremo fare qualche sacrificio.
Antonio: È meglio farmi fare capufficio.[...]
Giulia: Il vostro amore allora è interessato!
Antonio: Giulietta mia, che dici? Hai equivocato.
Io t'amo in ogni modo, questo lo sai.
Giulia: Questo amore può metterci nei guai.
Antonio: Non importa, io ti darò il mio cuore.
Giulia: È troppo poco per un grande amore.
Oltre al cuore io voglio tutto il resto.
Antonio: Vuoi le frattaglie? Dimmi, io faccio presto.
Giulia: Mio fratello mi chiama, che disdetta!
Antonio: Che faccio, salgo su nella stanzetta?
Giulia: Oh no Romeo ti prego non farlo, non è giusto!
Antonio: Laddove c'è il periglio c'è più gusto.
Giuseppe Colabona: Onorate la salma di Cesare, onorate il discorso atto ad esaltare la gloria di Cesare, che Antonio qui presente, dietro nostra licenza, è incaricato di tenere. A voi Antonio.
Antonio: Amici, concittadini, colleghi, porgetemi le orecchie vostre. Vengo per seppellire Cesare, non per lodarlo, e per dare a Cesare quel che è di Cesare, dato che da vivo non glielo abbiamo mai potuto dare. Si dirà che Cesare era un po' burbero, con un'aria scostante, ma Cesare era un uomo d'onore. Qualcuno dirà che il suo aspetto era ributtante, che era sempre ingrugnato, ma Cesare era un uomo d'onore.
Antonio: Questo e' un asino, un ciuccio! Un ciuccio che si chiama Cavallo!
Antonio: Oh, ma perche' io ho una moglie ignorante, tardiva che non capisce niente? Perche'? Ma che peccato ho fatto? La guerra l'ho forse fatta io, no! Sono ispettore delle tasse io, no! E allora perche', perche'?
Antonio: Voleva ubriacare mia figlia!
Giuseppe Colabona: Voleva ubriacare mia moglie!
Antonio: A sua moglie non c'e' bisogno di ubriacarla!
Italia : Vergognati! Sporcaccione!
Antonio: Italia! Italia mia!
Giuseppe Colabona: Eh, mettiamola sul piano patriottico!
Giuseppe Colabona: (alla moglie) Copriti! Copriti!
Amilcare:, davvero, questo e' un bellissimo complimento che io apprezzo moltissimo. E un complimento fatto a mia sorella e' un passaporto per la scima e l'amicisia!
Antonio: (imitandolo) Non ho capito, scuci!

Chi si ferma 00072

C’è quella scena tra Totò e Lia Zoppelli in cui facevano Giulietta e Romeo. ‘Il resto è silenzio’, diceva lei, e Totò, senza che nessuno gli avesse detto niente, cominciò a fischiettare il silenzio. Come fa uno sceneggiatore a prevedere una cosa del genere?

Sergio Corbucci


Cosa ne pensa il pubblico...


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I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Sergio Corbucci dirige Totò e Peppino De Filippo, storici partner, in una commedia dalla trama assai esile: litigi e dispetti tra due colleghi d'ufficio a causa di una promozione. La sceneggiatura non brilla per inventiva, ma la pellicola è resa gradevole dai due ottimi protagonisti che con il loro collaudato mestiere suppliscono a qualche carenza di scrittura e sono affiancati da un più che valido cast di caratteristi.

  • Alle prese con la rivalità sul posto di lavoro, Peppino e il Principe della risata danno corso alla classica ed efficace (in termini di gag) battaglia condotta dietro colpi bassi, opportunismi e ruffianismi di ogni sorta. E' passato quasi mezzo secolo e Totò, nel bene e nel male, si manifesta ancora in veste di personaggio adatto e attuale per dare corso a riflessioni (sopìte da una sana comicità) mai banali e adattabili ai nostri tempi. Motivo per il quale, di tanto in tanto, l'immagine di De Curtis appare nei TG, nei più disparati documentari e - discutibilmente - pure in spot televisivi.

  • Totò e Peppino colleghi d'ufficio in lotta per la promozione. Commedia divertente con una classica sceneggiatura imperniata sui litigi e sugli equivoci, e con un film basato sulla sempre frizzante accoppiata Totò-Peppino. La resa è buona se non ci si attende gran che: in fin dei conti i due fuoriclasse riescono a calamitare l'attenzione in ogni inquadratura. A tratti esilarante.

  • Totò e Peppino funzionano bene in questa pellicola, che può vantare momenti esilaranti, alternati però ad altri più sciocchi, durante i quali è difficile anche sorridere, soprattutto quando i veri protagonisti assoluti lasciano purtroppo spazio alle seconde linee. Bastano però i due antagonisti, che puntano alla promozioni, usando tutti gli espedienti possibili, a dare un senso al film, rendendo meno evidenti certe pecche del copione. Nota di merito per l'assoldato da Totò, che in treno mette quasi i piedi in faccia a quello che crede il presidente, minacciando di togliersi anche i calzini.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò "Io ho combattuto sul Carso. Ogni nemico uno schiaffone e rotolava giù"; Peppino ripete più volte "Presidente, eccoli!". Ma non trova mai nessuno.

  • Farsa che sulla carta dovrebbe essere scatenata (il finale è la classica commedia degli equivoci con porte che si aprono e chiudono, per di più in un albergo equivoco denominato "Lolita"!); di fatto ci sono dei momenti di stanca quando in scena non è presente la mitica coppia Totò & Peppino con relativi dispetti reciproci; stuolo di bravi caratteristi con menzione per la bella e ironica Lia Zoppelli nei panni della romantica zitella.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'ode al balcone di Giulietta.

  • Tra i migliori film interpretati dalla indimenticata coppia Totò/De Filippo. Scatenata sarabanda comica, con un paio di battute e di scene indimenticabili, una regia perfetta di Corbucci e un cast di supporto che regge il gioco ai due mattatori alla grande. Un film assolutamente da riscoprire.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò: "Sono vent’anni che lei dice di essere un perito, ma non perisce mai. Ma perisca una buona volta, mi faccia il piacere!" "Audax fortuna juventus".

  • Commedia degli equivoci e dei battibecchi fra i grandi Totò e Peppino che qui sono due colleghi che ambiscono al posto del superiore morto. La nota negativa del film sta nella parte finale, che cade un po' troppo nel patetico. Attori di contorno bravi.

  • Commedia sceneggiata in modo da valorizzare al massimo le doti attoriali della famosa coppia Totò/Peppino De Filippo, impiegati inetti (un classico) impegnati in una "furiosa" battaglia, a suon di colpi bassi, per la conquista del posto di capufficio. Nutrito il cast dei comprimari e dei caratteristi, indispensabile in questi casi per arrivare a momenti culminanti come la sarabanda nelle camere dell'albergo compiacente. Totò non si esime dal pronunciare alcune delle sue famose fulminanti battute. Ottima la direzione di Corbucci.

  • Esilarante e brillante commedia interpretata dalla coppia comica per antonomasia, ben ausiliata da un ricchissimo cast. Fraintendimenti, dispetti e scherzi goliardici in un tourbillon di situazioni che strappano sovente il sorriso. Totò è meravigliosamente loquace, con eccelsi giochi di parole. Ottimo.

  • Commedia disimpegnata, fizzante e allegra nella quale la premiata ditta Totò-Peppino dà un'ulteriore prova di quanto bene funzioni; non si tratta però solo di semplice affinità, i due attori estraggono dal cilindro delle esperienze teatrali tutta una serie di trucchi "del mestiere" che utilizzano con consumata maestria, azzeccando un timing favoloso anche rispetto a film più celebrati. Sergio Corbucci, che in regia è una garanzia, fa il resto con semplicità disarmante conducendo lo spettatore a un piacevolissimo finale di stampo "Rossiniano".• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Peppino in veste iettatore; "Venga in un uffico Colabona!".

  • La parte di Totò (Guardalavecchia!) qui proposta ricorda quella del cittadino mediocre e arrivista spesso interpretata da Sordi, con la differenza che l’attore napoletano, pur mattatore, lascia maggiore spazio ai comprimari, non solo il sempre valido Peppino De Filippo (Colabona…), collega rivale nella corsa a miglioramento di carriera, ma anche Tieri, Lionello e Palmer. Nel complesso è un intrattenimento molto simpatico, con scenette irresistibili per cui l’evoluzione della trama, abbastanza scontata, passa in secondo piano.

  • Divertente commedia con molti momenti felici dovuti unicamente alla bravura di Totò e Peppino De Filippo che a suoni di colpi bassi e giochi di parole regalano diverse risate a fronte di una trama esilina e a tratti scontata (ma poco importa). Bene il resto del cast, in primis Aroldo Tieri che fa da spalla ai due comici. Film godibile e senza pretese.

  • Tràttasi in effetti di una commedia abbastanza divertente, ancorché sottovalutata. Non mi è piaciuto però l'epilogo risolto in pochade, genere che non ho mai amato (da notare la presenza nel cast di Alberto Lionello che, al di là del suo noto caratteraccio e della relativa superbia nella vita reale, fu uno dei nostri migliori attori teatrali comico-brillanti di commedie leggere e, appunto, pochades). Occhio alle coscione visibilmente cellulitiche - ma Ado Kyrou gradirebbe - della Pierreux e al cammeo per la futura doppiatrice Solvejg D'Assunta...

  • La solita divertente farsa scatenata e il primo film di Sergio Corbucci con il Principe della risata. Totò e Peppino vanno avanti, ormai, con il pilota automatico cesellando, con la loro suprema maestria comica, situazioni narrative ipertrofiche e stravaganti incardinate sulla molla psicologica della rivalità carrieristica. Ma Totò, in questo film, raggiunge il picco della comicità nei duetti con il falso ispettore Rossi e nella stralunata scena finale, in una parodia scespiriana ricca di giochi linguisti con una vitalissima e autoironica Lia Zoppelli.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Sconcertante somiglianza tra il Totò della parodia scespiriana e lo Iago del suo ultimo film Cosa sono le nuvole? diretto da Pasolini.

  • Il canovaccio è ridotto davvero all'osso (la lotta tra due impiegati per una promozione), i duetti sono pochi e il personaggio di Peppino diventa troppo secondario rispetto al protagonista. Di contro quest'ultimo problema genera un effetto esplosivo in Totò, irrefrenabile e scatenato in monologhi urlati e fuori controllo e l'invenzione di una scena (il Principe vestito da Romeo che in versi azzardatissimi invoca l'amore della sua Giulietta) surreale, picco astratto e solitario della pellicola.

Le incongruenze

  1. Quando Totò e Peppino attendono l'ingresso dell'ispettore, si vede chiaramente l'ombra sulla porta di una persona della troupe che passa
  2. Quando Totò è in treno con il falso ispettore ad un certo punto il suo labiale non corrisponde al parlato. Lo stacco è nettissimo, è da presupporre un cambio di sceneggiatura in fase di doppiaggio
  3. Quando Alberto Lionello è a tavola a casa di Totò ad un certo punto, riferendosi alla moglie di Totò, la chiama mamma
  4. L'ispettore dei trasporti Rossi viene da Milano, l'ispettore scolastico Rossi probabilmente da Roma (sia perché dipende dal ministero, sia perché ha in mano "Il Tempo"). In ogni caso entrambi, discutendo sul posto che devono occupare, sembra proprio che siano appena saliti alla stazione di Formia, dove Totò prepara il suo piano
  5. Totò e Peppino sono di fronte alla cassaforte del capo. Totò chiede a Peppino se ha un piede di porco, Peppino dice sì e tira fuori... un trapano a mano, che Totò accetta senza battere ciglio
  6. Finale nella stanza d'albergo. I personaggi si passano di mano una bottiglia di spumante chiusa, ma si nota da come la tengono in mano e la agitano che in realtà la bottiglia è vuota
  7. Peppino e Totò incontrano l'ispettore. Peppino dice: "cose turche", e si pulisce l'occhio sinistro con un fazzoletto. Stacco e si sta pulendo il destro
  8. Arriva l'antiquario con l'apparecchio acustico. Totò abbassa la saracinesca con due mani, ma allo stacco di montaggio la sta abbassando con una sola
  9. Durante la cena con il Dott.Rossi, il tovagliolo che ha Toto' sul colletto cambia di posizione, infatti a volte si vede la cravatta e a volte no
  10. Quando, in ufficio, Totò si accorge dell'equivoco, nato dallo scambio di persona tra i due Rossi, e conosce il vero "dottor Rossi" ispettore della ditta, inizia a supplicarlo, tirando fuori un fazzoletto dalla tasca destra. Nella scena successiva, gesticola, ma il fazzoletto è sparito dalle sue mani
  11. Quando, il capo ufficio Santoro, sorprende Totò e Peppino (Guardalavecchia e Colabona) che cantano una canzone al telefono alla moglie di Colabona, li sgrida e - nella confusione - il lume che si trova sul tavolo davanti ai due impiegati cade. Ma nella scena successiva, è di nuovo perfettamente al suo posto
  12. Quando entra il cliente sordo, Totò lascia la porta aperta. Quando il cliente esce, la porta è chiusa
  13. Nella scena in cui Toto' cerca di accreditare presso l'ispettore , Peppino come terribile iettatore, per dare forza a questa tesi riferisce di un antenato di Peppino stesso responasbile di enormi disatri: imbarcato come marinaio sul Titanic ed unico sopravvisuto al disastro, fu sbarcato successivamente a Messina (colpita dal disastroso terremoto). Va rilevato pero' che il terremoto di Messina e' del 1908, mentre il naufragio del Titanic e' del 1912

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1960-Chi si ferma 01

La stazione dove Antonio Guardalavecchia (Totò) e il violento Cavicchioni (Palmer) attendono il treno per Napoli, sul quale viaggia l'ispettore Rossi (Tieri), nonostante un cartello dica FORMIA è in realtà il primo binario di Roma Ostiense, facilmente riconoscibile dall'ex edificio per il controllo del movimento.

Pochissimi gli esterni di rilievo in questo bel film con Totò e Peppino. Uno è quello dove si svolge la celebre orazione funebre (Amici, vicini e lontani...) di Guardalavecchia al suo vecchio e odiato capoufficio.Siamo sulla scalinata della Chiesa di San Gregorio Magno al Celio a Roma. Sulla stessa scalinata Fantozzi piangerà la morte della madre del megadirettore (altro che capufficio!) nel primo "Fantozzi".
Ed ecco la chiesa più da lontano, con il riquadro rosso che mostra la parte inquadrata nel film

Questi gli oratori che spuntano dietro la chiesa

La ditta in cui lavorano Totò e Peppino (set principale) è in realtà il Collegio Angelo Braschi situato in Piazza di San Salvatore in Lauro 10 a Roma, ovvero la scuola del figlio di Tognazzi ne I mostri

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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • Orio Caldiron (a cura di), Sergio Corbucci, Ramberti editore, Rimini 1993, p. 70
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005