Approfondimenti e rassegna stampa - Sofia Loren
38 domande a Sofia Loren
Sofia Loren è nata il 20 settembre 1934 a Roma, ma è vissuta a Pozzuoli fino a quando, nel 1950, dopo avere interpretato a Napoli il film "Cuori sul mare”, si trasferì a Roma con la madre e la sorella minore Maria. Il suo vero nome era Sofia Scicolone, ma assunse quello di Sofia Lazzaro nei primi approcci col cinema e con i fotoromanzi. Ebbe parti insigni' Acanti, nei film "Era lui sì sì" ”E’ arrivato l’accordatore”, "La tratta delle bianche". Le aprì la via del successo il regista Roccardi facendole interpretare "Africa sotto i mari” (1951), cui seguì "Aida”. I migliori suoi film, fra i tanti che seguirono: "L’oro di Napoli" e "Peccato che sia una canaglia”
Domanda. - Signorina Loren, qual è il sentimento che la esalta di più?
Risposta. - L'amore.
D. - Veramente?
R. - E con questo?
D. - A quale età ed in quale occasione ritiene di aver lasciato l’infanzia?
R. - Credo di non avere conosciuto l’infanzia.
D. - Qual è il complimento che le farebbe maggior piacere?
R. - a Che perdita, per l'archeologia!».
D. - Il giorno in cui si accorgesse che la sua popolarità sta scemando in che modo cercherebbe di correre ai ripari?
R. - Quando me ne accorgessi, non sarei più in tempo.
D. - In una società pianificata, quale funzione le piacerebbe esercitare?
R. - La sfiderei a pianificarmi.
D. - Supponiamo che il suo successo aumenti fino al punto di minacciare di sommergerla. Lei vuole liberarsene. Come farebbe?
R. - Perchè dovrei liberarmene? E’ così bello, il successo.
D. - Chi è secondo lei il suo "equivalente” maschile, in campo cinematografico?
R. - Rodolfo Valentino.
D. - C’è, nella sua vita, una piccola azione che le ha lasciato un grande rimorso?
R. - Non ho molta memoria.
D. - Quale, dei suoi film desidererebbe mandare al rogo?
R. - Tutti, se penso a quanto avrei desiderato che fossero migliori. Nessuno se penso che tutti, anche quelli che ho interpretato come generica, mi hanno insegnato qualcosa.
D. - Ritiene che la interpretazione di un personaggio le abbia insegnato qualcosa sul suo conto?
R. - Non direi. Più che altro ad avere figli illegittimi, a tradire un marito e a vendere pizze, frittelle e pesci.
D. - Qual è, allora, il personaggio che ha sempre sognato e mai potuto interpretare?
R. - Starei per dire: il mio. Ma ho paura di averlo dimenticato.
D. - Chi è secondo lei la donna più bella del mondo?
R. - La Sfinge.
D. - In quale conto tiene la opinione altrui?
R. - Grandissima: credo che sia per tutti cosi.
D. - Con quale attributo vorrebbe passare alla storia?
R. - Sofia. Senza t miei attributi.
D. - Qual è lo spettacolo naturale che la eccita di più?
R. - La folla.
D. - Durante il suo soggiorno nei Paesi nordici i giornali hanno riferito che un principe è arrossito porgendole la mano. E' vero l’episodio? E quale riflessione le suscita?
R. - Non saprei, in ogni caso non me ne sono accorta. Arrossire non mi pare niente. Il peggio è che i principi le sposano, le attrici.
D. - Se la radio si mettesse ad annunciare che i marziani stanno calando sulla Terra, quale sarebbe la sua prima e spontanea reazione?
R. - Speriamo che non vengano a domandarmi cosa penso delle Silvane, delle Gine, eccetera.
D. - Se in questo preciso momento vedesse una cometa che sta cadendo dal cielo, farebbe anche lei un voto? Se sì, quale?
R. - No. Le stelle sono gelose, fra loro.
D. - Qual è in società la situazione che la imbarazza di più?
R. - Non saprei. Forse il momento di far capire che me ne voglio andare.
D. - Che cosa augura a sua sorella?
R. - Che si dimentichi di essere mia sorella.
D. - Se sapesse che le rimane mezz’ora di vita che cosa farebbe?.
R. - Morirei prima, a forza di tenere il fiato.
D. - In che modo ritiene di poter distinguere a colpo d’occhio un gentiluomo da chi non lo è?
R. - Da come mi guarda quando mi siedo.
D. - Qual è, secondo lei, il colmo delle vanità per una attrice?
R. - Essere convinta che il regista è un timido.
D. - Dovendo raccontare una favola ad un bambino quale sceglierebbe?
R. - La mia.
D. - Ritiene sia più grave, per un giornalista falsare la verità dei fatti o l’interpretazione di essi?
R . Il male è che sovente danno una interpretazione falsa di fatti inventati.
D. - Si riferisce a Oslo?
R. - E dintorni.
D. - Al Gala Performance di Inghilterra lei avrebbe detto ad un giornalista che le chiedeva in che cosa consistesse la differenza tra lei e la Lollo-brigida: «In un centimetro, signore». Vuol dirmi qual è secondo lei la vera differenza?
R. - L’aneddoto è naturalmente falso. Per distinguere dtie attrici non bisogna usare il sistema metrico decimale.
D. - Invitata ad un ballo mascherato, quale travestimento sceglierebbe?
R. - Quello del diavolo, e senza maschera.
D. - Vuol dirmi il nome di 4 attrici che inviterebbe a un pranzo senza il timore di creare una situazione imbarazzante?
R. - Marlene Dietrich, Greta Garbo, Ingrid Bergman e Anna Magnani.
D. - La decisione ultima se lei sia meritevole dell’Inferno o meno viene affidata sul modello de La leggenda di Lilion ad una buona azione che è in suo potere compiere tornando per un breve periodo sulla Terra. Quale sarebbe questa "buona azione”?
R. - Cercherei di far sposare una zitella.
D. - Vuol dirmi una frase che troverebbe tutti gli uomini d’accordo?
R. - Non è una frase.
D. - In quale circostanza lei si considererebbe, come attrice completamente arrivata?
R. - Il giorno in cui potessi togliere senza nessun pericolo la H dal mio nome e tornare a chiamarmi Sofia.
D. - In una rivoluzione, quale parte vorrebbe riserbare per sè?
R. - Candidata all'effìge dei nuovi francobolli.
D. - Qual è la domanda che la infastidisce di più?
R. - Quella di cui non trovo la risposta.
D. - Il giorno in cui si presenta davanti a S. Pietro, lei viene accusata di essere una seminatrice di scandali. Come si giustificherebbe?
R. - Non sono una seminatrice di scandali. Chiederei lo intervento di S. Tomaso.
D. - Volendo mettere in imbarazzo un noto personaggio in che modo cercherebbe di raggiungere lo scopo?
R. - Dipende dal personaggio.
D. - Leo Longanesi.
R. - Allora, gli chiederei di offrirmi il braccio.
La risposta più importante data da Sofia Loren è quella relativa alla sua infanzia. «Non l’ho mai conosciuta», dice Sofia. Senza questa frase sarebbe diffìcile trovare uno spirito unitario che colleghi le sue numerose boutades che figurano nell’intervista sopra riportata. Chi, come lei non ha avuto modo di conoscere l’infanzia (e sulla sincerità di questa risposta non c’è ragione di dubitare, perchè la sua biografia lo conferma) finisce per portarne le tracce su di sè, sotto forma di un perenne rimpianto. Queste tracce, per ciò che la riguarda si manifestano appunto nelle sue risposte più piccanti; in quella in cui, tanto per fare un esempio si paragona (indirettamente) al Diavolo. Ora, se Sofia non è certo e oer sua fortuna l’incarnazione terrestre del Demonio, si direbbe che lei lo ami far credere e quel che più conta che ne sia persuasa. Ciò si può spiegare in un modo solo: che del Diavolo ella ha una concezione spiritosa, cordiale, ma soprattutto scettica, tipica per l’appunto di quei bambini che avendo ormai lasciata la loro infanzia alle spalle, sanno che si tratta di una invenzione dei genitori, e non credono alla sua vera esistenza.
Con il Diavolo, ossia con il Peccato, Sofia si direbbe propensa, più che a identificarsi, a scherzare, a provocarlo, a stuzzicarlo, sapendo che non può mordere perchè non esiste. E’ infatti certo che se la Loren non ha avuto le gioie dei bambini, non ha nemmeno subito le ingiustizie delle persone grandi. Di ciò la sua sensibilità l’ha avvertita prova ne sia che, a proposito del suo personaggio, osserva: «Ho paura di averlo dimenticato». In realtà non lo ha mai conosciuto: a impedirglielo è infatti intervenuto il suo successo, con tutte le sue formidabili distrazioni, quel successo che in altre parole, lei oggi vive come una specie di rivincita sull’infanzia che le è stata negata. «Dovendo raccontare una favola a un bambino, quale sceglierebbe?». «La mia», risponde semplicemente la Loren e così dicendo, si definisce da sola.
Enrico Roda, «Tempo», 1956
Senza prendere le parti né dell’una né dell’altra delle nostre simpatiche attrici, noi vorremmo, innanzitutto, metterle in guardia da un pericolo: attente ai mali passi! Oggi, in Italia, il mestiere dell’attrice cinematografica sta divenendo qualcosa di molto redditizio, di affascinante e di sconvolgente, ma anche di molto instabile. Basta perdere una battuta perchè tutto il sapiente lavoro pubblicitario di anni crolli. Basta non essere più alla moda per cadere nel dimenticatoio. E come accade questo? Tutti sanno che ciò accade perchè in Italia il mestiere di attrice è sempre meno il mestiere dell’attrice e sempre più il mestiere della pin-up, della «ragazza da copertina». E’ del tutto evidente che gli attributi femminili sono una cosa assai importante per una attrice, ma importante dovrebbe essere anche qualcosa d’altro. Abbiamo letto con piacere, nella intervista che la Loren ci ha concesso, che ella sembra preoccupata di studiare e di affinare le proprie doti di interprete. E noi vorremmo incitarla a fare questo, sempre più. Forse, su questa strada, le nostre attrici troveranno un minore numero di soddisfazioni mondane ma certo potranno acquistare una coscienza nuova del proprio valore: la coscienza che se sono qualcuno lo sono per la propria bravura e per la propria volontà, e non per merito delle campagne pubblicitarie.
Non è, dunque, la questione di Gina e di Sophia, del somarello e di altre faccende del genere. La questione è della strada che il nostro cinema offre alle attrici. La questione è della crisi che investe il nostro cinema nel suo complesso. E, a costo di riuscire sgradevoli e paradossali, noi vorremmo dire alla bella e simpatica Gina che ella è rimasta più lungamente nel nostro cuore e nella nostra memoria, e rimarrà in quella degli spettatori, più per quel coraggioso, bel personaggio della ragazza genovese di Achtung banditi! che per le suggestive scollature e toilettes di altri suoi film. Perchè quello era un personaggio vero di donna italiana, mentre gli altri non erano altro che costosi manichini. E non sono i manichini che possono aiutare il cinema ad andare avanti e le attrici ad essere veramente attrici.
La fortuna di essere... Sophia Loren
Alessandro Blasetti ha da poco termiauto di girare «La fortuna di essere donna», un film che potrebbe essere anche una curiosa autobiografia della diva
Se a qualcuno venisse in mente, in una qualsiasi parte del mondo, di indire un referendum o di tentare comunque un sondaggio tra gli uomini su quanto a loro sembra più degno d'attenzione in Italia, potremmo trovarci davanti a risultati di questo genere: prima assoluta, con grande scarto di voti, Sophia Loren; secondo il Vesuvio, terza la torre pendente di Pisa. E se le preferenze in fatto d’arte o di attrattive del paesaggio potrebbero subire delle variazioni, è certo che al vertice ci sarebbe sempre lei. la nostra attrice dalla bellezza immediata e prepotente. Ne avrebbe più che a sufficienza, la bella Sophia, di motivi per guardare il resto del mondo come se lei si trovasse su un reattore ed il resto dei mortali in fondo alla Fossa dette Filippine, ma il successo, la popolarità, il denaro non l'hanno guastata, non hanno trovato l'occasione buona per trasformare una ragazza spontanea ed intelligente in una melensa e tragicomica diva invaghita di sé.
Sulla nostra seconda diva nazionale si appunta dunque l'attenzione generale. Sta girando un film? Ha in programma una tournée all'estero? Va ad una festa di beneficenza? I giornali sono tutti per lei, pronti magari ad aumentare le pagine pur di poter descrivere minuziosamente le sue giornate, e presentarne le ultime allettanti immagini. Gli ammiratori, donne comprese, vorrebbero conoscere sempre nuovi particolari della sua vita, anche nel suo passato, di quando era una ragazza come tante altre e al cinema nemmeno ci pensava, se non in sogno. Per accontentare tutti, Sophia Loren dovrebbe ripetere la sua storia cento volte al giorno, perchè nessuno sembra rendersi davvero conto di cosa significa essere baciati in fronte, di punto in bianco, dalla celebrità : dovrebbe «confessarsi» senza soste, raccontare le proprie esperienze, dire delle sue speranze di un tempo, dei timori e dei batticuori, delle ansie e delle grandi, immense | soddisfazioni che le sono toccate. Ma Sophia fa l'attrice e meglio non poteva mostrarsi quale essa è se non recitando: davanti ad una macchina da presa, naturalmente, dietro alla macchina questa volta c’era Alessandro Blasetti, un regista di sicuro nome, che si è specializzato negli ultimi anni girando film soltanto divertenti all'apparenza, ma che in realtà tengono in serbo amiche una amabile lezione di costume. Da questo incontro è nato un film che è davvero una confessione, la trasposizione in chiave romanzata di un'avventura che a Sophia è capitata davvero e che potrebbe accadere anche a tante altre: l'incontro a tu per tu con la fortuna. La fortuna: come si può averne tanta da arrivare al successo? E' semplice, risponde la Loren, basta essere donne: solo per modestia essa non aggiunge «donne... carine». E per convincere gli increduli che è proprio cosi ci racconta una storia che, se è inventata nei particolari, ha però un fondo di verità tutt'altro che trascurabile.
«La fortuna di essere donna», oltre che il titolo di un film diventa quindi una «massima» di moralità, una regola di vita, ricavata dalle vicende di questo nostro tempo. Il film insegna in quale modo una ragazza fisicamente «aplomb» riesce a fare strada nel mondo d’oggi: le basta entrare in quello improvvisato ingranaggio creato per sfruttare le risorse della bellezza femminile, in quell’ambiente che ruota attorno agli studi dei fotografi, alle redazioni dei rotocalchi e, ultima meta, negli «studi» delle società cinematografiche. Niente di più semplice: Antonietta, la giovane protagonista di «La fortuna di essere donna» si trova all'improvviso «lanciata» in un mondo che non è più il suo per un banalissimo incidente. Per una smagliatura alle calze è costretta a scoprirsi per pochi secondi le gambe: un fotoreporter che passa di li per caso non si lascia sfuggire l'occasione di scattare un'immagine un po’ ardita e di correre poi a venderla. Il gioco è fatto: la ragazza è già «lanciata» nel più efficace dei modi, solo che lei voglia avrà ai suoi piedi uomini blasonati o ricchi a dismisura ed i registi più in voga se la disputeranno. Preferisce invece ancorarsi a quei pochi valori sicuri che, nella sua vita, ha imparato a distinguere dagli altri: l'amore sincero, una sicura vita familiare. La ragazza finisce per accorgersi di quanto sia importante essere donna proprio nel momento in cui dà un addio alle tentazioni che le baluginavano d'intorno e ritorna ad essere una ragazza come le altre.
Il film, evidentemente, vuol dare una lezione di ottimismo, anche a quanti abitualmente riflettono amaramente sui costumi non sempre adamantini della gioventù di i oggi. Anche Marcello Mastroianni, che interpreta nel film di Blasetti il ruolo del fotoreporter volante (ricordate la coppia Loren-Mastroiannt di «Peccato che sia una canaglia?» vuol dare una conferma in questo senso: la sua regola fondamentale è quella di arrangiarsi a fare i propri affari, e quella di sfruttare le occasioni che si presentano senza pensarci su tanto. Un po' cinico e un po' calcolatore, anche lui però non sa resistere agli slanci del cuore: ad un certo punto dà un calcio al suo baraccone delle meraviglie, che pur gli procura avventure e una indiavolata aureola da «cacciator di talenti» e chiede in sposa la ragazza che lui ha tentato di lanciare fuori dalla sua orbita.
Blasetti non fa del moralismo ad oltranza, ma non intende nemmeno travisare la realtà a fini scandalistici: penetrante com'è nelle sue indagini egli ha voluto questa volta ricorrere ad una testimonianza diretta, di una bella ragazza che ha davvero raggiunto la notorietà grazie alla sua bellezza, alla sua fresca spontaneità. La cosa più bella è che Sophia Loren abbia accettato questa parte, che, in molti punti, può essere considerata autobiografica. Nella finzione' del film essa rinuncia alla celebrità per restare ancorata al proprio mondo, nella realtà della vita ha invece ottenuto ciò che desiderava sema rinunciare a nulla. E' una fortuna quindi, essere donna, ma — bisogna aggiungere — donna di carattere. In altri termini è una fortuna essere onesti e sinceri con se stessi : sconfitti finiscono per essere sempre gli uomini come il «conte Cecchetti», co-j lui che, impersonato da Charles Boyer in questo film, dovrebbe essere maestro di belle maniere, ma in realtà ha un compito più impegnativo e più ingrato: quello di dare alla «fortuna di essere donna» un significato che non è quello voluto da Blasetti, da Sophia Loren, da Marcello Mastroianni e, buoni ultimi, da noi.
Piero Volta, «La Gazzetta di Mantova», 12 gennaio 1956
Una delle disavventure tipiche di tutte le attrici europee importate ad Hollywood fu, quasi sempre, quello di essere «trasformate»: accadde a Marlene come alla Valli, alla Miranda come alla Morgan. Quando il pubblico continentale le rivide quasi non le riconobbe: tutte, seppure diversamente, avevano un denominatore comune, che le rendeva conformi a quel facile schema col quale le produzioni americane classificano il tipo di un'attrice e lo sostengono con monotona costanza. Per Sofia, invece, pare che sia accaduto il contrario e noi la rivediamo, dopo i primi mesi hollywoodiani, «diversa» ma non «trasformata»: per ani volta tanto il «personaggio» è lei stessa. I motivi di questa vittoriosa resistenza al conformismo sono certo legati a quella carica ed a quello slancio che la sostenne e la caratterizzò anche nei suoi anni meno lieti ma, soprattutto, alla sua «napoletanità», che, quando è sincera, consente di credere nella vita, malgrado tutto e contro tutti.
Chiara Samugheo, «Le Ore», anno V, n.222, 10 agosto 1957
y.k., «Gazzetta del Popolo», 28 settembre 1957
«Gazzetta del Popolo», 5 gennaio 1959
«Gazzetta del Popolo», 7 gennaio 1959
Il Leone d’oro è stato assegnato a un film giapponese “L’uomo del riksciò”. Alec Guinness, protagonista del “Buco nel soffitto”, e la Loren, interprete di “Orchidea nera”, sono stati giudicati i migliori attori.
Sophia Loren balla con Walter Chiari durante una delle poche pause della sua prima giornata veneziana. Il suo arrivo avevo fatto passare inosservata la partenza della Bardot. Sophia resterà a riposare in Europa fino a dicembre, quindi tornerà a Hollywood dove interpreterà un western sotto la direzione del regista George Cukor.
Domenico Meccoli, «Epoca», anno IX, n.415, 14 settembre 1958
Cesare D'Angelantonio, «Gazzetta del Popolo», 4 gennaio 1959
D. : Che parte ha nella sua felicità suo marito Carlo Ponti?
R.: Notevole. Se come donna sono felice, è perché Carlo ha un grande posto sia nella mia vita, sia nella mia carriera. Non sono due cose completamente differenti, la vita e la carriera.
D. : E se le dessero da scegliere tra vita privata e carriera?
R.: Ne parlerei a Carlo! Ma Carlo non mi chiederebbe mai di scegliere: se me l’avesse chiesto, non l’avrei sposato. Per ora, credo, sto facendo una carriera piuttosto seria: avere un premio a Cannes, alla mia età, è molto importante dal punto di vista artistico. Non lo è affatto dal punto di vista mondano.
D. : Ma se non avesse avuto il premio quest’anno, lo avrebbe avuto fra un anno o due...
R.: Con le attrici che cominciano a essere conosciute per il loro sex-appeal, non si sa mai... Nessuno sa quanto io abbia lavorato. Ho studiato dizione, ho imparato il francese e l’inglese. La grammatica francese mi ha fatto faticare parecchio. A Parigi, per tre mesi, ho anche preso lezioni di letteratura: un po’ di Voltaire, di Gide, di Sartre. Ho perfezionato le intonazioni della voce, in America, sotto la guida di una professoressa formidabile, una signora di sessant'anni, che aiutò molto Greta Garbo quando era agli inizi. Si comincia ad apprezzare ciò che faccio e ne sono lieta. Sapete, per una bella ragazza non è facile cominciare a fare del cinema, anche se è sempre più facile che per una che non sia bella; ma dopo, quando si è conosciute, bisogna fare cose più serie, altrimenti il pubblico si stanca.
D. : Se lei non fosse Sofia Loren, chi desidererebbe essere?
R. : Se non fossi Sofìa Loren, sarei gelosa di Sofìa Loren, perché ha tutto ciò che le altre ragazze desiderano: l'amore e una carriera.
D. : E se lei potesse tornare indietro di dieci anni?
R.: Farei tutto quello che ho già fatto. Non cambierei niente, proprio niente.
D. : Le piace trovarsi in mezzo a molta gente, oppure davanti al pubblico?
R. : Non sono selvatica, ma quando mi trovo davanti al pubblico in una occasione importante ho paura. Non sarei assolutamente capace di salire su un palcoscenico, e nemmeno di parlare in pubblico Vorrei fare del teatro, un giorno o l’altro ma adesso, ogni volta che dovessi presentarmi sulla scena, anche solo per dire «Grazie», non potrei né parlare né pensare. Ho soltanto paura. È una cosa terribile.
D. : Meno terribile di qualche anno fa.
R. : No, diventa sempre peggio. Prima per me, era un gioco. Desideravo solo es sere fotografata, senza pensare ad altro. Adesso ho delle responsabilità, non posso più posare come una stellina. Sono una donna, e una donna sposata. Debbo tenere un altro comportamento.
D. : Si sente diversa ora da quello che era cinque anni fa, per esempio?
R. : Sì, molto diversa. Ho cominciato a quindici anni: ero proprio una bambina, non sapevo nulla. Quando ho incontrato Carlo, ero a Roma da appena due mesi, per un concorso di bellezza. Carlo mi ha invitata nel suo ufficio, mi ha fatto fare un provino. Ncn andò per niente bene. Dieci anni fa... Sì, comincio ad avere dei ricordi.
D. : Ha mai avuto momenti di scoraggiamento?
R. : Sì, ma allora chiamo Carlo, che è molto razionalista. Non ottimista, ma razionalista. Mi dice cose che io capisco e, quando mi parla, mi passa tutto.
D. : Che difetti pensa di avere?
R. : Non sono bella. Ho dei difetti nel volto, ma credo che questo mi dia un aspetto originale. E poi ho difetti di carattere: sono un po’ pessimista, un po’ triste talvolta, ma mi piace essere così. Non vorrei cambiare con nessuno al mondo.
D. : Le piacciono i suoi difetti, dunque. Piacciono anche a Carlo?
R. : Sì, e anche a me piacciono i suoi. Lui è milanese, io napoletana. Abbiamo dunque caratteri contrastanti, ma proprio questo contrasto fa sì che ci completiamo l’uno con l’altra.
«Epoca», anno VII, n.546, 19 marzo 1961
Tra una ripresa e l'altra di "Madame Sans-Gène", l'attore spagnolo Enrique Avita ha improvvisato per Sofia Loren una lezione di "flamenco". Sofia ha apprezzato molto il virtuosismo del collega, ma ha rinunciato ad approfondire l’argomento: "Troppo faticoso", ha detto.
"Madame Sans-Gène", il film diretto da Christian-Jaque del quale Sofia Loren è la protagonista femminile, è attualmente in lavorazione in Spagna. Al film, che è una riduzione cinematografica del famoso lavoro di Sardou, e del quale ci siamo già occupati sul n. 32 di "Tempo", prende parte fra gli altri anche un giovane attore spagnolo, Enrique Avila. Non è ancóra noto da noi; ma si dice che dopo questa sua prova, che sembra avere affrontato con molto impegno, lo sarà. L’affinità dei temperamenti, entrambi latini e quindi esuberanti, ha fatto nascere una cordiale amicizia fra l’attore spagnolo e la Loren, che molto si è divertita - come qui si vede ad una estemporanea esibizione di Enrique in un "flamenco".
Come e più dei piedi, grande importanza hanno nel "flamenco" - uno dei più celebri balli spagnoli - le mani. A loro è affidato il compito di seguire il ritmo, anzi, di dettarlo: ed è quanto Enrique Avila sta dimostrando alla Loren nelle due immagini che vedete qui sopra. Tutto quello che Avila è riuscito a far fare all’attrice è stato però limitato all’accompagnamento ritmico. La Loren non si è voluta alzare, per cercare di imparare qualche passo della danza, dalla sedia sulla quale sì era sistemata in una pausa del lavoro. Prima si è difesa dicendo che i grossi zoccoli che portava per esigenze di personaggio le impedivano di muoversi con l’agilità necessaria; poi, perdurando le insistenze di Avila, s’è decisa a confessare che in realtà era già abbastanza stanca del lavoro per affrontare una prova che le si presentava piuttosto faticosa. Fra breve, cioè nella prima settimana di ottobre, Sofia Loren dovrà poi affrontare un’altra fatica, stavolta pubblicitaria. In quell’epoca si recherà infatti a Hollywood, per assistere alla presentazione in due cinema del film "La ciociara", che dopo essere stato proiettato in un certo numero di sale riservate ai film stranieri in edizione originale, affronta ora il giudizio del grande pubblico. In uno dei due cinema verrà proiettato in edizione originale con sottotitoli in inglese; nell’altro, in un’edizione doppiata in inglese. La Loren ha provveduto personalmente a doppiare in inglese il proprio personaggio.
«Tempo», anno XXIII, n.39, 30 settembre 1961
Sophia: Totò è stato per me il grande lancio
ROMA
«Quando ho cominciato a fare cinema, Totò è stato per me veramente un grande lancio»». Così Sophia Loren ricorda la figura del principe Antonio De Curtis, universalmente noto come Totò, a 40 anni dalla morte. Giunta a Roma da Ginevra per i festeggiamenti dell’80° compleanno di Papa Ratzinger, l’attrice ha aggiunto: «Totò è stata la prima persona che ho conosciuto a Cinecittà. E proprio lui mi ha dato una mano con la prima comparsata al cinema. Da lì, poi, sono andata avanti». La Loren, che con Totò ha lavorato in Totò Tarzan (recitava ancora come Sofia Lazzaro, ndr) e Miseria e nobiltà, ha precisato: «Fuori dal set non l’ho mai conosciuto. E sul set poco, perché ero una generica, non un’attrice». Si è detta poi d’accordo con il governatore della Campania, Antonio Bassolino, nel definire Eduardo De Filippo, Totò e Troisi la commedia di Napoli e «molto, ma molto entusiasta e onorata»» della sezione a lei riservata nel II Festival del Cinema di Roma dal 18 al 27 ottobre, proprio dedicato a Totò.
«Corriere della Sera», 16 aprile 2007
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Piero Volta, «La Gazzetta di Mantova», 12 gennaio 1956
- Chiara Samugheo, «Le Ore», anno V, n.222, 10 agosto 1957
- y.k., «Gazzetta del Popolo», 28 settembre 1957
- «Gazzetta del Popolo», 5 gennaio 1959
- «Gazzetta del Popolo», 7 gennaio 1959
- Domenico Meccoli, «Epoca», anno IX, n.415, 14 settembre 1958
- Cesare D'Angelantonio, «Gazzetta del Popolo», 4 gennaio 1959
- «Epoca», anno VII, n.546, 19 marzo 1961
- «Tempo», anno XXIII, n.39, 30 settembre 1961
- «Corriere della Sera», 16 aprile 2007