Mezzo Miliardo per Sophia

La Loren è stata scritturata da una casa americana. Dopo le subdole dichiarazioni di Anthony Quinn questa notizia deve far riflettere le nostre attrici perchè, svanita la supremazia della bellezza, le «dive» troppo pagate rischiano di perdere l'affetto del pubblico. Diversa la sorte di Danielle Darrieux, non soltanto bella ai suoi tempi ma anche intelligente e ricca di umanità
Il campo delle nostre attrici cinematografiche è stato messo un poco a rumore, in questi ultimi tempi, dalle dichiarazioni un tantino sprezzanti che l’attore americano Anthony Quinn ha fatto, dopo avere lavorato per qualche tempo nei teatri di posa italiani. In sostanza Anthony Quinn ha detto crudamente che, salvo poche eccezioni, le attrici italiane non si possono definire attrici, poiché in generale esse pensano che la bellezza fisica sia l’unico e indispensabile attributo per avere successo nel mondo del cinema. Invece, concludeva Anthony Quinn, le cose non stanno proprio così.
A pochi giorni di distanza da questa dichiarazione un’altra notizia giungeva dall’America, una notizia interessante l’attrice che, forse più di ogni altra, poteva essere colpita dalle parole di Quinn. La notizia era che Sophia Loren era stata acquistata da una grande casa di Hollywood per girare una serie di film in America. E questo sarebbe ancora nulla, se non vi fosse la cifra davvero sensazionale per la quale un produttore italiano avrebbe venduto i suoi diritti cinematografici sulla bella Sophia: cinquecento milioni, mezzo miliardo di lire.
A noi sembra che una notizia simile sia molto importante per riuscire a capire quale valore possa avere, nel mondo del cinema, una stoccata del genere di quella di Anthony Quinn: è evidente, infatti, che quando si discute sulla base di quelle cifre, qualsiasi attrice si sente autorizzata a peccare di presunzione ed a credersi la più grande e ammirata attrice del mondo.
Guardiamo al modo nel quale, in generale, queste nostre attrici famose sono giunte al successo. Per lo più si tratta di ragazze di origine popolare, giovanissime. I concorsi di bellezza le hanno rivelate, i produttori hanno messo gli occhi su di loro. Se si facesse una statistica si vedrebbe che quasi nessuna di queste belle ha frequentato, prima di divenire attrice cinematografica, un’accademia di arte drammatica, che nessuna di esse ha studiato, o calcato le tavole del palcoscenico in un tirocinio di arte. Esse sono state introdotte in un mondo nel quale altro non dovevano fare che obbedire agli ordini. Qualcuno le truccava, modificando loro la linea degli occhi, qualcun altro le rivestiva di abiti lussuosi, e tali da poter essere tolti con grazia per svelare al pubblico proibite bellezze; qualcun altro le spingeva dinanzi alla macchina da presa. E veniva ordinato loro di dire qualcosa, in un certo tono, di uniformarsi il più possibile a quello che il regista diceva. Così nascevano le attrici, senza studio, senza il minimo tentativo di approfondire un’idea, un personaggio. A queste belle donne veniva chiesto soltanto di svelare la propria bellezza. Il recitare restava una cosa secondaria, tanto c’era pronta qualche attrice, non bella come loro, ma che di loro avrebbe doppiato la voce.
Come possiamo dare dunque a queste attrici una responsabilità? Esse si sono trovate di fronte a una improvvisa e sconcertante ricchezza, e hanno case piene di giornali di tutto il mondo, i quali pubblicano le loro fotografie. Nelle loro famiglie alcune sono divenute regine, «galline dalle uova d’oro». Sanno che, dovunque si presentino in pubblico, trovano una marea di volti eccitati e grandiose manifestazioni di amore. Perchè mai dovrebbero pensare che questo non è tutto? Perchè dovrebbero pensare che in queste cose si nasconde un pericolo?
Qualcuna di queste attrici ha cominciato a comprendere quel che potrebbe accadere. Da qualche tempo, ad esempio, Gina Lollobrigida va facendo dichiarazioni significative e un tantino accorate. Ella dice di essere stanca di essere apprezzata soltanto per la sua bellezza, e afferma di volere con tutto il cuore la possibilità di dare una dimostrazione diversa delle sue capacità. Datemi la possibilità di recitare davvero — dice Gina — e io sono sicura che riuscirò a sorprendere anche quelli che non credono in me. Ma nessuno le dà retta: i produttori hanno puntato grosso su di lei, e non intendono rischiare: la bellezza è un cavallo sicuro, finché dura, ma il resto è un gioco di azzardo. E s’intende che questo è un rischio non solo per i produttori, ma anche per l’attrice. Perchè è molto più difficile essere una brava interprete che una bella attrice.
E tuttavia occorre che le nostre attrici comprendano i pericoli cui un cinema commerciale le spinge incontro. Senza essere troppo crudeli occorre richiamare queste sovrane bellezze alla realtà dei fatti: la moda, spesso, è effimera, e può durare lo spazio di un mattino. La «atomica» Rita Hayworth fece prestissimo il suo tempo, e già la bionda Marilyn Monroe è seguita da uno stuolo di altre bionde che han capito il trucco. Due, tre, quattro anni, sono una «carriera» già lunga per attrici di questo genere. E già in Italia si vede nascere un nuovo tipo di attrice che le copertine dei rotocalchi mandano in voga: un tipo di attrice più «pepata», più sconcertante e sofisticata. E il ciclo continuerà. Certo, qualcuna di queste c divine» cerca in tutti i modi di non abbandonare il suo scettro: e magari imparerà a ballare, o a cantare, o anche a fare esercizi al trapezio, a cavalcare o tirare di scherma. Tutte cose lodevolissime, ma perchè non imparare a variare il proprio repertorio di smorfiette? Perchè non provare a puntare i piedi, qualche volta, e cominciare a scegliere, tra i film da farsi, quello di maggiore impegno, e non soltanto sul piano commerciale?
Non sarà difficile, allora, a queste attrici, quando anche avessero perduto la supremazia della bellezza, conservare l’affetto del pubblico. Abbiamo veduto recentemente un film francese assai significativo, in questo senso: L’uomo e il diavolo. Accanto alla nostra simpatica, giovane, ma terribilmente immatura e insicura Antonella Lualdi vi era un’attrice francese come Danielle Darrieux. A suo tempo ella fu una delle «dive» dello schermo, e anche ella è stata una a ragazza da copertina». Non si può dire davvero che lo sia ancora: ma il suo temperamento, la sua forza di attrice, il suo calore umano fanno dimenticare con facilità anche il peso di qualche anno che è passato. Non è questa la cosa più bella che un’attrice possa sperare? E non vale, un risultato di questo genere, più di qualsiasi cifra, forse anche più di mezzo miliardo di lire?
Tommaso Chiaretti, «Noi donne», 1955
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| Tommaso Chiaretti, «Noi donne», 1955 |
