Totò all'inferno

1955 Toto all inferno

Sono morto oggi, sono un morto di giornata.

Antonio Marchi

Inizio riprese: ottobre 1954 Stabilimenti Ponti - De Laurentiis Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 7 marzo 1955 - Incasso lire 328.325.000 - Spettatori 2.345.179



Titolo originale Totò all'inferno
Paese Italia - Anno 1955 - Durata 101 min - Colore - Audio sonoro - Genere comico - Regia Camillo Mastrocinque - Soggetto Totò - Sceneggiatura Vittorio Metz, Lucio Fulci, Francesco Nelli, Mario Mangini, Italo Di Tuddo, Totò, Camillo Mastrocinque - Fotografia Aldo Tonti - Montaggio Gisa Radicchi Levi - Musiche Pippo Barzizza - Scenografia Alberto Boccianti - Costumi Gaia Romanini


Totò: Antonio Marchi - Maria Frau: Cleopatra - Olga Solbelli: La madre di Cleopatra - Tino Buazzelli: il diavolo segretario - Dante Maggio: Pacifico - Nerio Bernardi: Satana - Mario Castellani: Cri cri / marito della dirimpettaia - Fulvia Franco: la dirimpettaia - Franca Faldini: Maria - Galeazzo Benti: Cantante club esistenzialista - Giulio Calì: Caronte - Vincent Barbi: Al Capone - Mario Pisu: Tolomeo - Pietro Tordi: il pazzo - Guglielmo Inglese: Il Cavaliere  - Scardacchione - Ignazio Balsamo: infermiere


Soggetto

Antonio Marchi, ladruncolo depresso, tenta più volte il suicidio finché annega accidentalmente in un fiume e si ritrova all'inferno. Qui viene riconosciuto come reincarnazione di Marc'Antonio e viene spinto da Belfagor tra le braccia della bella Cleopatra, che fa parte del girone dei Lussuriosi per benevolenza del Diavolo, invece di trovarsi nel girone dei Violenti. L'incontro tra i due viene malvisto proprio da Satana, geloso della donna, così Totò, per sfuggire alla sua ira, scappa nuovamente sulla Terra, trovandosi coinvolto in vicende improbabili. Prima finisce in un gruppo di pseudo esistenzialisti, poi costretto a fare il rapinatore, a sposare una ragazza siamese e infine a fingersi pazzo. Alla fine delle sue peripezie ricade comunque negli inferi e ivi condannato ad una pena atroce, salvo poi risvegliarsi all'improvviso: il pover'uomo non era morto cadendo nel fiume ma era solamente rimasto intontito per la caduta.

Critica e curiosità

🔥 Totò all’inferno: il girone dell’assurdo

Entrate pure, signore e signori, nel girone cinematografico dell’assurdo più napoletano dell’Oltretomba, dove Caronte parla con accento partenopeo, Dante si prende una vacanza e Totò—sì, proprio lui—si ritrova a vagare tra i dannati con la sua bombetta, il suo passo sghembo e il suo naso inquisitore, alla ricerca di un senso che non arriverà mai.
Ma non temete: il senso non serve quando ci si trova all’Inferno, specie se firmato da Camillo Mastrocinque, al debutto nella lunga crociata registica al fianco di Totò, in un matrimonio artistico destinato a generare ben undici figli. Il primo? Questo film bizzarro, slabbrato e irresistibile come una tarantella danzata tra le fiamme eterne.

🎭 Maschera, marionetta, mito

Dimenticate per un attimo il Totò doloroso e dostojevskijano di Siamo uomini o caporali?. Qui siamo in tutt’altra parrocchia… anzi: tutt’altro inferno. Totò è Antonio Marchi, una marionetta tragicomica nel senso più puro dell'avanspettacolo, un Charlot dell’aldilà, un Arlecchino senza padrone ma con molte tentazioni. Il film non è interessato al tormento dell’uomo, ma solo all’estro della maschera.

E allora si scivola, anzi si planeggia, sulle tavole della rivista teatrale. Quelle vere, quelle dell’epoca d’oro. Totò sfrutta ogni sketch immaginabile: le battute doppie, le pause studiate, gli sguardi in macchina, le entrate e uscite a tempo di marcia. Cammina con l’aria di chi conosce l’eternità ma la prende poco sul serio.

⚰️ Vita, morte e... commedia!

L’inizio è spiazzante: Totò vuole togliersi la vita. Tentativi goffi, farseschi, già visti (e rivisti). Ma è solo l’anticamera. Infatti muore, forse, o forse sogna di morire. Poco importa, perché lo spettatore viene subito informato—con onesta cartellonistica iniziale—che la storia si muove “tra realtà e surrealismo”. Un modo elegante per dire: preparatevi al caos, e non fate troppe domande.

E giù per l'Acheronte, dove Caronte, invece di spaventare, sembra un usciere scocciato del comune di Napoli. E poi ecco l’amico morto, il girone nord contro il girone sud, la separazione calcistica tra le anime e la burocrazia infernale che pare scritta da uno sceneggiatore dell’INPS.

🏛️ Cleopatra, Satana e le sorelle siamesi

Come in ogni rivista che si rispetti, non mancano le apparizioni eccellenti. Cleopatra è ovviamente una caricatura esotica col naso importante (perché si sa, in letteratura e avanspettacolo, il naso è sempre un problema). Satana sembra più un impresario teatrale che il principe delle tenebre, e Belfagor pare uscito da un vecchio varietà della Rai.

E poi ci sono loro, le sorelle siamesi. Sketch degno dei fasti di “Totò a colori”, che, come viene onestamente ammesso nel testo, aveva già scippato a mani basse certi momenti da “L’imperatore di Capri”. In pratica, un riciclo nel riciclo: ma come si suol dire, se il cibo è buono, perché non riscaldarlo?

🎨 Bianco, nero e rosso infernale

Sottolineiamo una chicca tecnica che all’epoca fece notizia: le scene di vita reale sono in bianco e nero, mentre l’inferno, guarda un po’, è a colori. Una scelta stilistica geniale? Forse. Un escamotage per giustificare l’uso della pellicola Agfacolor avanzata? Molto probabile. Sta di fatto che lo stacco cromatico crea un effetto da sogno psichedelico ante-litteram, con Totò che pare finito in un girone illustrato da un bambino con troppi pastelli rossi.

🧠 Metz, la penna dell’epifania caotica

Tra gli sceneggiatori figura Metz, ovvero Mario Mattoli sotto pseudonimo, e la sua presenza si sente: è lui il gran sacerdote del non-sense. La sceneggiatura è più una cacofonia di sketch incollati con la saliva che un racconto coerente. Ma chi se ne importa? Tutto è motivato dal sogno, che assolve ogni incongruenza. È il Deus ex macchina del caos narrativo.

🧩 Il Totò liquido: tra “Oro di Napoli” e “Caporali”

Curiosa è la collocazione di “Totò all’inferno” nella cronologia filmica: arriva dopo l’episodio poetico e neorealista de L’oro di Napoli e subito prima del monumentale Siamo uomini o caporali?.
Come se si passasse da Pasolini a Macario nel giro di una settimana. Ma questo è il bello del Totò degli anni Cinquanta: non è mai lo stesso, è un proteo comico, un mutaforma teatrale che può essere straziante o buffonesco a seconda di chi scrive, dirige e taglia.

🎪 La farsa eterna dell’avanspettacolo

Tutto il film è, in fondo, un atto d’amore (o di necrofilia) verso l’avanspettacolo. I suoi tic, i suoi clichè, le sue convenzioni: dal protagonista chiamato “Marchi” (e ti pareva che non era un riferimento al Marc’Antonio), alle battute ammiccanti, ai travestimenti demoniaci, fino all’effetto sipario che si apre, con Totò pronto a conquistare il pubblico a colpi di mossette e nonsense.

È la Commedia dell’Arte filtrata attraverso l’acido del secondo dopoguerra, con un diavolo che sembra Eduardo e un purgatorio popolato da impiegati della SIP.

🕺 Totò, il dannato felice

E lui, Totò? Be’, lui se la gode. Recita come se fosse ancora in camerino al Teatro Valle, con quella grazia animalesca, quella fisicità da mimo paradossale.
Non c’è volontà di satira, né intento morale: c’è solo la gioia bambina del fare il buffone, il pagliaccio eterno, il giullare che entra a braccio e si prende la scena anche all’inferno. Il tutto con la leggerezza feroce di chi sa che il pubblico non vuole la verità: vuole la verità filtrata dalla risata.

📚 Conclusione (ma senza morale)

“Totò all’inferno” non è un film. È un purgatorio farsesco dove si sconta la colpa di aver amato troppo il palcoscenico. Un sogno sgangherato? Sì. Una parodia non richiesta? Forse. Un capolavoro? Decisamente no. Ma è, senza dubbio, un inno all’arte dell’arte povera, alla comicità che nasce dal nulla e dal nulla ritorna, con una pernacchia e una smorfia.

E poi, diciamocelo, se l’Inferno è questo, beh… chi ha voglia di salire in Paradiso?


Le scene più celebri, memorabili e iconiche del film Totò all’inferno (1955), interpretato da un Totò in stato di grazia farsesca e ambientato in un aldilà tragicomico dove il surrealismo napoletano incontra il repertorio da rivista.

Toto all inferno L

💀 Tentativi di suicidio: tragico, comico, farsesco

La pellicola si apre con una serie di tentativi di suicidio da parte del povero Antonio Marchi, alias Totò, afflitto da un amore perduto e da un destino meschino. Ogni tentativo è un piccolo capolavoro di comicità slapstick e parodia dell’esistenzialismo tragico.

  • Prima prova: si getta nel Tevere, ma finisce risucchiato da un motoscafo.
  • Seconda prova: cerca di impiccarsi... ma il ramo si spezza con la grazia di un numero da circo.
  • Terza prova: il gas! Ma è a gettone.
  • Quarta prova: tenta il salto dalla finestra, ma atterra su un tenda da sole che lo rimbalza come un flipper.

Significato scenico: È il trionfo del Totò antieroe sfortunato, ma inaffondabile. La morte lo schiva come la realtà schiva la logica: e così il protagonista finisce catapultato, quasi per esasperazione, direttamente… all’inferno.

🚣 L’incontro con Caronte: “Aho, ce semo!”

Nel tragitto verso l’Aldilà, Totò si trova faccia a faccia con Caronte, il traghettatore mitologico reinterpretato alla maniera napoletana. L’imbarcazione non è una barca spettrale, ma sembra una zattera di Carnevale. E Caronte non è cupo e spaventoso, ma borbotta come un vecchio barcaiolo del Golfo.

  • Totò cerca di non pagare il biglietto.
  • Interroga Caronte sulle regole dell’inferno, come un turista confuso in cerca di un B&B.
  • La barca si muove come in una scenografia da fiera paesana.

Momento indimenticabile: Caronte, esasperato dalla logorrea di Totò, tenta di buttarlo in acqua. Un siparietto comico che prende la mitologia classica e la mette al servizio della risata popolare.

🔥 Il girone dei dannati... ma in versione “Sud contro Nord”

Appena entrato nell’inferno vero e proprio, Totò incontra il vecchio amico Pacifico, interpretato da Dante Maggio, che gli fa da Cicerone napoletano.

  • Il girone è diviso tra diavoli del Nord e diavoli del Sud, che si odiano cordialmente.
  • Si accenna a uno scontro epocale durante la suddivisione dei gironi per la Coppa dell’Inferno (!), con tifo acceso e botte tra le anime.
  • I dannati sono organizzati come in un dopolavoro ferroviario.

Nota significativa: Questa scena è una delle più satiriche del film, in cui l’Italia spaccata in due (già nel 1955!) si riflette anche nelle profondità infernali. Ma il tutto è trattato con ironia da rivista, più che con spirito dantesco.

👑 L’incontro con Cleopatra: fascino, naso e nonsense

Totò si ritrova davanti a Cleopatra, la regina egiziana, incarnata come una soubrette in technicolor.

  • Lei lo seduce con l’aria svogliata di una diva stanca di fare la vamp.
  • Totò è visibilmente più preoccupato del suo naso leggendario che delle sue grazie.
  • Il dialogo vira immediatamente nel cabaret, con allusioni continue, nonsense e doppi sensi (“Maestà... il vostro profilo… è peggio d’un uncino!”).

Sketch storico: Questa scena è una parodia esplicita degli amori imperiali (Marco Antonio e Cleopatra), ma trattata alla Totò: cioè con la solita ironia sulla virilità maschile, sulla bellezza femminile, e sull’assurdità dei ruoli storici.

😈 Dialogo con Satana e Belfagor: “Chi comanda qui?”

Totò finisce convocato da Satana in persona, circondato da diavoletti burocrati e assistenti infernali. Insieme a lui c’è anche Belfagor, che pare più un notaio di provincia che un demone.

  • Satana accusa Totò di essere entrato all’inferno senza biglietto.
  • Totò prova a difendersi come se fosse in un’aula del pretore.
  • I due demoni si stancano presto della sua parlantina e lo condannano a vagare “nella bolgia delle anime rompine”.

Ecco un piccolo miracolo scenico: la parodia dell’apparato burocratico infernale diventa riflesso della burocrazia italiana, con file, codici, registri e moduli da compilare anche all’inferno. Solo che qui, a differenza del catasto terrestre, ogni tanto si ride.

🤹‍♀️ Le sorelle siamesi: farsa allo stato puro

In una delle scene più teatrali, Totò si trova a conversare con due sorelle siamesi, connesse non si sa se da un effetto speciale o da un costume artigianale. Il dialogo è surreale:

  • Una parla napoletano, l’altra sembra un’attrice del teatro di rivista.
  • Totò prova a corteggiarle ma non sa dove guardare.
  • Ogni volta che ne insulta una, l’altra lo schiaffeggia.

Esempio puro di comicità visiva e nonsense verbale, in cui la gag è costruita sull’impossibilità fisica del rapporto umano, e si chiude con Totò che tenta di fuggire da entrambe... senza riuscirci.

🎨 Scena a colori: il paradiso dei demoni

Non si può dimenticare l'effetto a sorpresa del colore. Quando Totò entra nel regno infernale, la pellicola si accende: è un tripudio di rossi, arancioni, gialli infernali. La scenografia diventa un palcoscenico operistico, e le luci sembrano uscite da un musical.

  • Totò commenta con stupore: “Che bellezza, pare 'o San Carlo!”
  • Le fiamme sembrano cartapesta dipinta, ma con dignità.
  • Gli effetti visivi sono vintage anche per l’epoca, ma creano un fascino da presepe apocalittico.

Curiosità tecnica: Questa alternanza bianco e nero/colori fu una delle prime sperimentazioni italiane a budget medio. Fu pubblicizzata anche nei manifesti dell’epoca.

🎬 La chiusa: “Era tutto un sogno…” (o no?)

Dopo tante peripezie, apparizioni storiche, tuffi nel fuoco e giri sulle giostre infernali, Totò si risveglia nel suo letto. Era tutto un sogno. Ma lo dice con l’occhio perplesso di chi sospetta che la vita reale sia ancora peggio dell’inferno teatrale appena vissuto.

Chiosa finale: Totò esce di casa, inciampa, e ci lascia col dubbio: sta tornando all’inferno? O ci è sempre stato?


Così la stampa dell'epoca

L’accoglienza del film Totò all’inferno (1955), da parte della critica, del pubblico e della censura.

🎥 Accoglienza della critica: tra starnuti snob e pacche sulla spalla

La critica italiana dell’epoca, lo sappiamo, era spesso divisa in due grandi scuole:

  1. I solenni sacerdoti del Neorealismo, che guardavano Totò come un giullare inopportuno apparso nel tempio di Rossellini.
  2. Gli anarchici cinefili da battaglia, che pur amandolo, faticavano a giustificare certi suoi film come questo.
✒️ Le penne indignate

Alcuni critici delle riviste “serie” – Cinema Nuovo, Bianco e Nero, Il film rivista – furono impietosi.

  • Si accusò il film di essere “una buffonata inconcludente”,
  • La trama fu definita “raffazzonata e teatrale in senso deteriore”,
  • E Totò? “Un talento sprecato in un baraccone circense”.

Il problema non era tanto Totò in sé, quanto l'imballaggio:

  • La regia “facile” di Mastrocinque (che era al primo film con Totò),
  • La sceneggiatura di Metz, vista come un collage pigro di sketch ripescati,
  • E l’ambientazione infernale, giudicata “volgare, kitsch e poco cinematografica”.
📣 Le difese d’ufficio (poche, ma oneste)

Una parte più popolare della critica – soprattutto quella che scriveva per le riviste lette nei barbieri – difese il film:

  • Venne lodata la vis comica di Totò, capace di “far ridere anche tra le fiamme”.
  • Qualcuno apprezzò l’uso del colore a sorpresa per l’inferno (una rarità all’epoca).
  • Qualcun altro (pochi, davvero pochi) notò l’arguzia di certe trovate meta-comiche, come la burocrazia infernale o l’Italia divisa in gironi Sud/Nord.

In breve: la critica alta storceva il naso; quella bassa rideva, ma con riserva.

🎟️ Accoglienza del pubblico: una fiammella che scoppietta

A differenza dei palati critici, il pubblico pagante (quello delle sale fumose, dei cinema parrocchiali e dei dopolavoro) accolse il film con una certa benevolenza.

📈 I numeri al botteghino

Il film non fu un trionfo commerciale, ma nemmeno un fiasco:

  • In Italia incassò circa 200 milioni di lire (una cifra media per Totò in quegli anni, paragonabile a film come Totò cerca pace o Totò Le Mokò).
  • Le prime proiezioni romane e napoletane andarono bene, soprattutto per il titolo accattivante e l’ambientazione infernale che incuriosiva.

La vera attrattiva era Totò stesso, ormai attore-feticcio di un’Italia uscita dalla guerra ma ancora affamata di spasso semplice e riconoscibile.

  • Il pubblico lo seguiva ovunque, anche negli inferi.
  • Molti ridevano di gusto, soprattutto nei siparietti con Cleopatra, Belfagor e Caronte.
  • Ma non tutti: gli spettatori più “affezionati” al Totò malinconico de L’oro di Napoli restarono delusi.
🎭 Il pubblico teatrale lo riconobbe

Chi amava il Teatro di Rivista riconobbe nel film un “figlio illegittimo” ma amato:

  • Le gag erano riprese da sketch già visti, ma “visti mille volte e mai abbastanza”.
  • Le battute doppie, gli ammiccamenti, i travestimenti: tutto era parte di un patrimonio comico condiviso.

🚫 Accoglienza della censura: “Inferno sì, ma senza nudità”

Strano ma vero: Totò all’inferno, nonostante l’ambientazione sulfurea, non fu oggetto di grandi tagli censori. Però…

📄 Le segnalazioni e i tagli richiesti

Il Ministero dello Spettacolo, all’epoca particolarmente attento alla moralità, segnalò alcune scene come “da sorvegliare”:

  1. Il costume di Cleopatra – considerato “troppo aderente” per un film a pubblico generalista.
  2. La scena delle sorelle siamesi, giudicata “ambigua” (ma non abbastanza da essere tagliata).
  3. Alcuni doppi sensi nei dialoghi tra Totò e i demoni (“allusivi ma non volgari”, dice la nota).

In generale, la censura si mostrò più tollerante grazie alla cornice onirica del racconto.
Il fatto che tutto fosse “un sogno” giustificava l’assurdo, l’irreale, e quindi anche il grottesco o il piccante.

🔞 Classificazione

Il film fu vietato ai minori di 14 anni solo in alcune province (Torino, Vicenza e Pescara), ma in genere uscì senza limitazioni.
Un inferno per tutti, insomma.

🗞️ Eco e memoria: come fu ricordato negli anni a venire

Nei decenni successivi, Totò all’inferno ha avuto fortune alterne:

  • Raramente citato nei repertori cinematografici,
  • Spesso ignorato dai critici più inclini a rivalutare i “Totò d’autore”,
  • Ma amato da un manipolo di cinefili e teatranti che ne riconoscono il valore metacomico e parodico.

Negli anni ’70 e ’80 venne spesso riproposto nei cicli televisivi della Rai dedicati a Totò.
Il pubblico continuava a ridere, ma ormai con una tenerezza retrospettiva:
il Totò di questo film era il giullare eterno che sa di esserlo, e non ha alcuna pretesa di essere altro.

🧾 In sintesi (o quasi)

AspettoReazione
Critica Freddina, con punte di snobismo. Qualche voce dissidente lo apprezza come parodia e teatro filmato.
Pubblico Divertito, ma non entusiasta. Apprezza Totò, tollera la trama.
Censura Minimamente problematica. Nessun taglio drastico, solo avvertimenti e un paio di inquadrature “accorciate”.
Posteri Lo ricordano con affetto ironico, come un classico minore ma rivelatore dello spirito farsesco del primo Totò-Mastrocinque.

Il principe riconosce di avere sbagliato. Totò, che sotto sotto lo sapeva, tira fuori un'idea nella direzione completamente apposta: un film silenzioso, tutto basato sulla mimica, sulla comicità astratta del burattino funambolico. Una pellicola che lo affranchi dal ricatto della battuta e dalla girandola dei doppi sensi, che metta in rilievo le sue ascendenze lunari e la sua capacità di disarticolarsi, che tronchi sul nascere il sospetto di una comicità regionalistica, che gli apra le porte alla notorietà mondiale. [...]

Alberto Anile


Una didascalia avverte che il film si svolge tra realtà e surrealismo. E Totò, che è anche autore del soggetto, si è preoccupato di imbastire qualcosa che aderisse alla sua maschera più tipica, quella che, in fondo, è più popolare e gradita al pubblico: la maschera di un Totò spettrale e funambolesco che storcendo il collo, o contorcendosi come se fosse fatto di più pezzi, ha lo straordinario potere di far ridere come nessun altro attore comico lo ha. Sotto questo aspetto il film riesce nel suo scopo [...]

Vittorio Ricciuti, «Il Mattìno», 18 marzo 1955


Stanco della vita, Totò si suicida e, naturalmente, viene mandato all'Inferno. Attraverso l'Acheronte, s’imbatte con il suo amico e concittadino Pacifico. Questi gli comunica che ormai l’Inferno è completamente nelle mani dei napoletani i quali, abituati come sono ad arrangiarsi e a cavarsela in tutte le circostanze, ne hanno occupato ogni posto-chiave e riescono a fare il buono e il cattivo tempo a loro piacere. Raccomandato da Pacifico, Totò viene perciò ricevuto benissimo dai diavoli ed ospitato, in attesa del giudizio, in un lussuoso albergo infernale dove Rincontra con Cleopatra che s’innamora di lui. Ma Satana, che è gelosissimo di Cleopatra, nel sorprenderla in camera con Totò si prende una arrabbiatura solenne e giura vendetta. Il giorno del giudizio, infatti, Satana, che funge da Pubblico Ministero, accusa Totò di un'infinità di peccati e chiede la sua condanna nel girone più terribile dell'Inferno. Totò protesta con Minosse che presiede il giudizio ed afferma di aver passato tanti di quei guai quando era vivo che l'Inferno per lui è superfluo avendo già scontato tutte le pene sulla terra.


Giustifica quindi i peccati di cui è stato accusato esponendo i motivi che li causarono e per quali ragioni fu trascinato a commetterli. Si difende dall'accusa di " rapina a mano armata ” narrando come da "bandito" divenne "rapinato" e da quella di ’’abbandono del letto coniugale" con ti racconto del suo impossibile matrimonio con Lucia una delle sorelle siamesi che facevano parte dei fenomeni viventi del circo in cui egli si esibiva come ” Uomo più fesso del Mondo La rievocazione di questi e altri episodi della sua vita fa si che Totò venga non solo assolto, ma addirittura portato in trionfo e promosso diavolo. Oli vengono consegnate coda e coma ed egli si trova benissimo nella sua nuova condizione, senonchè Satana, geloso del suo successo, investiga sul suo conto e scopre che egli non era defunto, ma che il suo era soltanto il caso di morte apparente. Totò perciò viene rimandato a forza sulla terra dove è costretto con sommo dispiacere a riprendere la sua vita grama di disoccupato cronico, datò che ’’nemmeno all'inferno lo hanno voluto".

«Tabarin», anno III, n.4, aprile 1955


Sugli schermi arriva Totò, al secolo principe Antonio De Curtis, col suo ultimo film « Totò all’inferno ». Come Totò si suicidi, vada all'inferno (infestato dai napoletani), come Cleopatra si innamori di lui suscitando le gelosie di Satana, come Totò venga promosso diavolo ed infine rimandato sulla terra a riprendere la sua passata vita di disoccupato, fa parte dello spassoso intreccio di questo film supercomico. La regia è di Mastrocinque. Totò, Dante Maggio, Galeazzo Benti e Ubaldo Lay sono i principali interpreti maschili. La bellezza femminile fa spicco particolarmente con Maria Frau, Fulvia Franco, Franca Faldini e Maia Jusanova.

«Corriere Biellese», 12 maggio 1955


Il soggetto di "Totò all'inferno" è dello stesso Totò; e anche la sceneggiatura, per la quale gli hanno dato la loro collaborazione Metz, Continenza, Nelli, Mangini, Di Tuddo, Fulci e il regista stesso del film, Camillo Mastrocinque. Un'opera collettiva; se ci fossero nel film tante idee nuove quanti scrittori hanno allestito il copione sarebbe già un bilancio positivo. E anche gli attori, che elenco lungo; non meno di trenta. Talvolta a colori e talaltra in bianco o nero, il film raggruppa una serie di quadri che nessuna parentela avvince e che ripetono situazioni e battute del vecchio repertorio comico di un attore al quale non mancarono, in altro tempo, risorse felici.

[...] Maria Frau e Fulvia Franco, Franca Faldlnl e Maja Jusanova, Cristina Fanton e Fanny Landini. Totò bandito, Totò dongiovanni, Totò sposo di una sorella siamese, Totò esistenzialista: mortifica il fatto che tanto dispendio di celluloide non sia compensato dal risultato a cui si mirava, di allegria. Squallida e malinconica comicità di un film senza estro. Un inferno, anche stavolta, lastricato soltanto di buone intenzioni.

«Corriere della Sera», 18 maggio 1955


[...] Tutto è narrato in modo semplicemente caotico, senza la minima ricerca di originalità né da parte del soggettista, che è le stesso Totò, né da parte degli sceneggiatori, che sono responsabili di un dialogo altamente insipido. La regia di Camiilo Mastrocinque non conta più del resto né vale la pena di nominare gli attori che prendono parte alla carnevalata. Qualche altro film come questo qui, e si finisce all'inferno per davvero.

Vice, «Il Messaggero», 28 maggio 1955


Questa farsa si giustifica soltanto con il favore che gode presso il pubblico ìl popolare mimo, il quale qui dispiega tutte le risorse del suo repertorio comico, costituito da ridolinate, fumisterie, battute e situazioni non sempre inedite, alcune delle quali ancora capaci di strappare qualche risata, all'insaputa della noia [...]

Maurizio Liverani, «Paese Sera», 28 maggio 1955


[...] Pur cedendo talvolta alta tentazione di un linguaggio un poco sciatto e pesante e alle facili lusinghe di una sceneggiatura alquanto povera di fantasia e di mordente, la regia di Camillo Mastrocinque è giunta a mettere insieme un’opericciola lietamente pervasa di umoristici allettamenti, di saporose intenzioni, e, soprattutto, di scaltrita malizia. La sua vena, esercitata con successo nel porre vividi accenti sul passaggi più farseschi della vicenda, si è valsa, anche, dell'estrosa interpretazione di Totò, abilissimo, come al solito, nell'accattivarsi tutte le simpatie del «suo» pubblico. Il film è parte in bianco e nero (sequenze «terrestri») e parte a colori (sequenze «lnfernali»).

Vice, «Il Tempo», 28 maggio 1955


Tanti e tanti anni fa in "Maciste all'inferno" le scene terrene erano girate in bianco e nero e quelle ultraterrene erano virate e rosso. Per "Totò all'inferno" si è usato lo stesso procedimento: soltanto che quelle ultraterrene sono, oggi, a colori. Solo questa trovata i due film hanno in comune. Chè seguitiamo a preferire la sciatta ingenuità di "Maciste all'inferno" alla volgare mancanza di fantasia di "Totò all'inferno". [...] Le prosperose sono Maria Frau, Fulvia Franco e Alba Arnova. La regia è di Camillo Mastrocinque.

a.sc., «L'Unità», 28 maggio 1955


Satana non vuole Totò all'inferno

Dopo infinite avventure sulla terra ecco finalmente l'avventura ultraterrena di Totò. Ma può un uomo come lui perdere anche nell'inferno il suo carattere, il suo temperamento? Diciamo meglio: "può un napoletano perdersi d'animo se Caronte con la sua barca lo trasporta alle rive della dell'Ade?" È impossibile. E allora il Totò che passeggia per le vie dell'inferno, lastricate, come si sa, di buone intenzioni e di numerosi condannati alle varie pene, è un essere tutto lieto della nuova esperienza della quale vuol trarre infiniti profitti.

E' un inferno, il suo, popolato di diavoli bonaccioni e di donne meravigliose che rivivono nel ricordo la vita di un tempo: con gli uni e con le altre il bravo Totò, che impersona la figura di Antonio Marchi, si trova perfettamente a suo agio. Antonio Marchi..., cioè Marcantonio reincarnato: e allora è giusto che Cleopatra lo cerchi subito e, in un latino piuttosto approssimativo, gli parli dell'amore di un tempo: con gli uni e con le altre il bravo Totò, che impersona la figura di Antonio Marchi, si trova perfettamente a suo agio. [...]

È un film farsesco creato su misura per Totò e le varie situazioni offrono il destro di esaurire tutti i numeri della sua comicità, giochi di parole, smorfie, atteggiamenti: tutto contribuisce a rendere la storia esilarante. In alcune scene, come in quella del pazzo, Totò si rivela per un grandissimo attore, ricco di risorse. Il regista Mastrocinque ha puntato su di lui tutte le sue carte e lo ha lasciato fare e, talora, strafare, così, senza preoccupazioni. Se si voleva raggiungere lo scopo di divertire è stato pienamente raggiunto. Accanto a Totò un bel cast di attori: Maria Frau, Dante Maggio, Ubaldo Lay, Fulvia Franco e numerosi altri. Buono il commento musicale dell'inesauribile Pippo Barzizza.»

Vice, «Momento Sera», 29 maggio 1955


Regia di Camillo Mastrocinque. Con Totò, Maria Frau, Franca Faldini, Isa Barzizza, Nerio Bernardi. Commedia, Italia, 1955.

Raitre, ore 20.30.

L'idea è venuta dallo stesso Totò: narrare le vicissitudini di un poveraccio (impersonato dal comico) che dopo vari tentativi di suicidio perde accidentalmente la vita in un fiume e finisce all’inferno. dove — ripresa, per un fenomeno di reincarnazione, l’identità di Marcantonio — incontra Cleopatra e rivive l’antica storia d’amore, Il geloso Satana lo perseguita. Marcantonio fugge vero la Terra ma un nucleo di diavoli lo riacciuffa. Trovate umoristiche senza risparmio e un congresso di scenette già collaudate da Totò sul palcoscenico.

DURATA: 1 ora e 28 minuti.

«Corriere della Sera», 8 luglio 1992


La censura

La solita censura, sempre all’erta quando si parla di suicidi, tribunali e relazioni extraconiugali, ha già ottenuto in sede preventiva alcuni cambiamenti ma il film viene ugualmente vietato ai minori di 16 anni, e la Excelsa Film, nel disperato tentativo di farlo revocare, procede a una miriade di tagli; viene eliminato l’intero sketch di Pasquale (quello poi rifatto in tv a Studio Uno), che Totò recitava nei panni dell’Uomo più fesso del mondo; si tagliuzza la sublime scena del pazzo, qualche dimagrimento anche ai dialoghi del processo (“Io trapassai, defunsi, cioè vale a dire decedetti. E gli uomini della Terra restarono allibiti constatando di persona, senza offesa dei presenti e anche del Presidente, il mio decesso"). Tutto inutile, la commissione ribadisce il divieto ai men che sedicenni e ottiene pure che il film circoli nella nuova versione purgata. Sarà un caso che il sottosegretario allo spettacolo che firma la decisione sia Oscar Luigi Scalfaro, già destinatario della famosa lettera del principe sull’“Avanti!?

"Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005


I documenti

Edizioni home video del film Totò all’inferno (1955), uno dei titoli più rari e discussi nella filmografia del Principe della Risata.

📼 Edizioni VHS

🎞️ VHS – Anni '80/'90 (edizioni non ufficiali)

Negli anni '80 e '90, Totò all’inferno circolava principalmente attraverso edizioni VHS non ufficiali, spesso distribuite da etichette minori o in collane da edicola. Queste versioni erano caratterizzate da una qualità video e audio variabile, spesso derivata da pellicole 16mm o registrazioni televisive.

🛒 VHS da collezione su eBay

Attualmente (2025), è possibile trovare copie VHS del film su piattaforme come eBay, dove vengono vendute come oggetti da collezione. Ad esempio, una copia usata è stata recentemente proposta a 100 €, evidenziando la rarità e il valore collezionistico di queste edizioni.

💿 Edizioni DVD

🌀 DVD Stormovie (2021)

Nel 2021, l'etichetta Stormovie ha pubblicato una versione DVD di Totò all’inferno. Questa edizione è stata accolta con entusiasmo dai fan, poiché rappresentava la prima disponibilità ufficiale del film in formato digitale..

Caratteristiche principali:

  • Formato video: Standard 4:3, con alternanza di bianco e nero e colore (come nell'originale).
  • Audio: Mono originale.
  • Contenuti speciali: Non presenti.
  • Tiratura: Limitata a 1.000 copie numerate.

Note: Nonostante l'entusiasmo iniziale, alcuni acquirenti hanno segnalato una qualità video non ottimale, paragonabile a quella di una VHS, e l'assenza di un restauro adeguato.

📀 DVD Quadrifoglio (2021)

Sempre nel 2021, l'etichetta Quadrifoglio ha incluso Totò all’inferno in una doppia edizione DVD insieme a Totò terzo uomo. Questa versione è stata distribuita in tiratura limitata e, secondo alcune fonti, potrebbe essere stata realizzata utilizzando master di qualità inferiore.

Caratteristiche principali:

  • Formato video: Standard 4:3.
  • Audio: Mono originale.
  • Contenuti speciali: Non presenti.
  • Tiratura: Limitata (numero esatto non specificato).
  • Note: Alcuni utenti hanno espresso insoddisfazione per la qualità video, ritenendola inferiore alle aspettative e paragonabile a una registrazione in LP.

🎁 Edizioni speciali e cofanetti

Oltre alle edizioni singole, Totò all’inferno è stato incluso in alcuni cofanetti e raccolte dedicate a Totò. Ad esempio, su eBay è disponibile un cofanetto che include Totò all’inferno, Totò terzo uomo e altri due film in omaggio, proposto a circa 76,90 €.

📊 Riepilogo delle edizioni

SupportoEtichettaAnnoContenuti specialiNote principali
VHS Varie '80/'90 No Edizioni non ufficiali, qualità variabile
DVD Stormovie 2021 No Tiratura limitata, qualità video discutibile
DVD Quadrifoglio 2021 No Inclusa in cofanetto, qualità video inferiore
DVD Varie 2021 No Inclusa in cofanetti, reperibilità limitata

📝 Considerazioni finali

Totò all’inferno ha avuto una distribuzione home video limitata e spesso caratterizzata da edizioni di qualità non ottimale. La mancanza di un restauro adeguato e di contenuti speciali ha reso difficile per i fan accedere a una versione definitiva del film. Tuttavia, le edizioni disponibili rappresentano comunque un'opportunità per riscoprire una delle pellicole più particolari della filmografia di Totò.


Riferimenti all'opera di Dante e alla realtà italiana

L'ambiente dell'Oltretomba nel film è stato riadattato in maniera completamente napoletana. Quando Totò giunge all'Inferno si trova davanti alla figura oscura del traghettatore di anime Caronte, personaggio già presente nella mitologia greca, ma reso ancor più famoso da Dante Alighieri nel Canto III del suo Inferno. Giunto nell'Oltretomba vero e proprio, Totò si incontra con un amico, morto vent'anni prima, che gli spiega come vada la situazione nel Profondo Abisso. Come nella Divina Commedia di Dante, l'Inferno è suddiviso in gironi, cerchi e bolge e soprattutto vi è una netta separazione e differenza tra i dannati e diavoli delle bolge del Nord e quelli del Sud. E come nell'Italia dei tempi nostri l'odio tra i due gruppi è talmente grande che speso litigano tra loro, per non parlare delle risse che si creano durante la collocazione "in gironi" delle partite di calcio, afferma l'amico a Totò. Successivamente un'altra citazione del film è tratta dalla storia reale di Marco Antonio, soldato romano e della regina egiziana Cleopatra, amante di Giulio Cesare. Poco prima che Antonio facesse scoppiare la seconda guerra civile a Roma dopo quella di Pompeo e Cesare, Ottaviano gli assegnò il dominio dell'Egitto, ma questi si alleò con la regina contro Roma. Come dicono molte cronache e la tragedia stessa di William Shakespeare, Antonio e Cleopatra divennero amanti lussuriosi, ma ciò non servì a fermare l'avanzata devastante di Ottaviano contro l'Egitto. Infatti Antonio e Cleopatra verranno sconfitti nella battaglia di Azio nel 31 a.C. e si uccideranno entrambi.

"Buio nero" (di Testoni-Giordano) e "Esistenziale blues" (di Fiorelli-Salesi-Barzizza) dal film Totò all'inferno (1955)


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Curiosi sincronismi del destino: Camillo Mastrocinque è modicamente distante dalla regia di La Cripta e l'Incubo (1964) e - soprattutto - Un Angelo per Satana (1966); Lucio Fulci è lievemente in ritardo dalla direzione di thriller (Una sull'Altra, 1969) od horror tout-court (Zombi 2, 1979). Eppure i due autori si trovano sulla stessa pista che conduce (comicamente) nei gironi danteschi, mentre il principe della risata appare meno efficace, forse a causa d'un tema che - anche se grottescamente affrontato - incute pur sempre un minimo di timore.

  • Tra i lavori meno conosciuti di Totò, autore anche del soggetto, ma non per questo privo di interesse. Diversi gli sketch inseriti per allungare l’idea di fondo, alcuni riusciti, altri un po’ meno, ma comunque divertenti. I diavoli conservano nell’aspetto quel folklore arcaico e sembrano usciti dai tarocchi. Bravo Nerio Bernardi, tra le spalle più capaci e sottovalutate di cui si è avvalso Totò. Non male, perché in alcuni aspetti è più ragionato di tanti altri suoi lavori.

  • Molto deludente nella realizzazione, pur avendo basi interessanti. Surreale e visionario come dimostra anche la ricostruzione infernale, ma davvero troppo frammentato, al punto da rendere inefficaci gli sketch. Totò fa quel che può ma oggettivamente il film non vale altri lavori girati dal comico napoletano. Da salvare il cast (Castellani e Bernardi su tutti) ma poi... son finite le scialuppe.

  • Il principe De Curtis con le sue battute e il suo consumato mestiere salva una commedia dalla sceneggiatura scarna (tra l'altro derivante da un suo soggetto) che rischiava di finire in un mare di noia. Anche i comprimari se la cavicchiano sufficientemente bene. Peccato per la durata un po' troppo allungata di alcuni sketch che portano con sè qualche sbadiglio.

  • Presumibilmente, il fatto di girare "la realtà" in bianco e nero e "l'incubo" infernale di Totò in Ferraniacolor derivano dal Mago di Oz di Fleming. Un inferno, quello abilmente scenografato dal bravo Alberto Boccianti, un po' da avaspettacolo ma senz'altro rende la pellicola una delle più kitsch mai interpretate dal Principe della risata. Secondo i miei gusti, un filmetto minore ma divertente e piacevolissimo da vedere. Auspicabile una bella versione in dvd (amici della Ripley's, ci siete...?).• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Gli hai rotto le corna!" "Ma è sposato?" "Si..." "Oh, ma allora gli ricrescono...".

  • Film "personale" del Principe che parte da una sua idea originale. All'uopo sono convocati molti fra i suoi collaboratori storici, da Mastrocinque a Pippo Barzizza, oltre alle spalle fidatissime Castellani (immenso come quasi sempre), Dante Maggio, Benti, Inglese, Buazzelli e tanti altri che aiutano con mestiere e talento il protagonista a conferire ritmo e spessore al film. Forse un po' lente le parentesi erotico-sentimentali ma, si sa, nei film di Totò il pubblico dell'epoca si aspettava prima o poi la parte dell'occhio. Consigliato!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Gli effetti speciali, una volta tanto meno "artigianali" (segno che in questo caso è stato impiegato qualche soldo in più delle solite quattro lire).

  • Delizioso e kitsch l’inferno totoesco a differenza di quello dantesco che è correttamente tremendo: è un locale da ballo immerso in un orgia cromatica di luci psichedeliche dai colori lucidi e violenti che sarebbe piaciuto a Mario Bava; per non parlare dei diavoli che paiono usciti dalle favole e dai proverbi della cultura popolare. C’è anche un guappo capobastone e persino Cleopatra con il suo famoso naso. Dimenticavo: l’inferno è diviso in un girone del Nord e uno del Sud. Insomma non siamo nel metafisico ma nell'assurdo, ma Totò fa ridere lo stesso.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il bistrot parigino dove degli Esistenzialisti stanno eleggendo Miss... Angoscia.

  • In questa pellicola dalle tinte macabre, la cui sceneggiatura è il primo approccio di Fulci al cinema che lo consacrerà, il mattatore Totò - qui non ai suoi livelli più alti ma comunque godibile - è alle prese con diavoli, gironi danteschi del nord e del sud e con artisti esistenzialisti. Piuttosto lungo nella durata ma comunque divertente (d'altronde il Principe è una garanzia).• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena con Cleopatra.

  • Tra le pellicole di Totò più singolari ed anche tra le più rare a vedersi in televisione (quanto meno sui canali nazionali). Il Principe cerca di dare il meglio e si presente in buona forma, ma la sceneggiatura latita. Gli schetch sono anche divertenti, ma danno l'idea di durare oltre il tempo necessario, finendo coll'allungarsi eccessivamente. Alcune scene (gli esistenzialisti, il finto pazzo) sono ricorrenti nella filmografia di Totò, anche se comunque riescono a far sorridere. Non il miglior Totò, ma la risata riesce a strapparla.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il tentativo di rapina ai danni del sordo.

Le incongruenze

    1. Penetrato nell'appartamento della sua dirimpettaia, Totò si finge pazzo e si mette a sparare ad alcuni soprammobili, polverizzandoli. Nel momento della distruzione dell'ultimo soprammobile, però, si nota per un istante una fiammata all'interno dello stesso, provocato dalla piccola carica esplosiva utilizzata per farlo saltare

www.bloopers.it


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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Vittorio Ricciuti, «Il Mattìno», 18 marzo 1955
  • «Tabarin», anno III, n.4, aprile 1955
  • «Corriere Biellese», 12 maggio 1955
  • «Corriere della Sera», 18 maggio 1955
  • Vice, «Il Messaggero», 28 maggio 1955
  • Maurizio Liverani, «Paese Sera», 28 maggio 1955
  • Vice, «Il Tempo», 28 maggio 1955
  • a.sc., «L'Unità», 28 maggio 1955
  • Vice, «Momento Sera», 29 maggio 1955
  • «Corriere della Sera», 8 luglio 1992