Il mio buon amico Totò me ne ha combinata una delle sue
Quando un uomo preparato a ridere con animo disposto a una ilarità sia pur eccezionale è costretto a rinunziare a ridere, è costretto a mostrarsi boccheggiante di esausto dinanzi a un imprevisto funambolismo spirituale del genere di quello che Totò lancia a mani piene sulla nereggiante folla dei suoi ascoltatori non si sa più se ringraziare o accoppare colui che gli procura il guaio.
Quando ieri sera sono uscito dalla sussultante assemblea, ancora annebbiato da una brezza fantastica, dopo aver toccato i vertici di un umorismo pazzesco, Io mi son dovuto ricomporre, chiedere aiuto alla mia equilibrata qualità di uomo assennato per ritrovare il punto di appoggio necessario a farmi camminare sulla solidità della terra.
Ho sempre dinanzi agli occhi il panno Teso al vento di questo principe dell'umorismo che mette tutto se stesso nel lasciarsi sballottare dalla sua sensibilità acutizzata e vibratile alla benché minima delle sensazioni esteriori.
Come su uno specchio deformatore la realtà si infrange sullo spirito di questo artista istintivo e rimbalza in mille sprizzanti visioni, in milioni di stati d'animo diversi, si polarizza su un'infinità quantità di centri proiettori È di fronte a una così luminosa girando la, il tuo spirito è il tuo occhio rinunciano a prendere contatto con la quadratura terrestre della vita abituale, rinunciano a creare ponti di passaggio tra la realtà e la fantasia è s'abbandonano stanchi nelle mani di lui.
Su su, in bilico, prima su mattoni a coltello, poi i suoi equilibri di rostremature iperboliche, volte pericolose, limiti irraggiungibili, corteggiamenti di clown trapezista, sosta del capogiro e poi via col vento, verso un altro mondo.
La corsa sfrenata sopravvissi incalcolabili comincerà Allora senza tregua e tu alla fine abbandonato di colpa è risvegliato dall'ultima battuta di grancassa ti ritrovi in fondo a un imbuto Senza luce, stanco, indolenzito, smascellato, senza più forza neanche per sorridere.
Male? Bene? Niente. tutte le possibilità di resistenza sono state sconvolte, puoi andare a dormire tranquillo, non hai più forza nè violenza. Cerchiamo di planare per un attimo, Sì che il rumore del vento non ci impedisca di parlare. Ascoltiamo Totò parlare di lui nel suo camerino che è come la pedana di lancio del suo fantastico motore e apprendiamo come durante una una rappresentazione della santarellina egli abbia sentito dal pubblico partire a più riprese la parola: basta.
Gli uomini, terribili fucinatori del riso e dell'umorismo, chiedevano pietà a lui perché cessasse. Il troppo ridere poteva farli morire. Basta! come gli esercizi troppi per i troppo pericolosi dei numeri di circo.
Io ho un grande segreto da confidarti - mi dice mentre me ne vado. - lo sai perché io riesco a far ridere perché sono agile? E lo sai perché sono agile? Perché bevo l'acqua della Sila. Ma non dire al pubblico sennò bisognerà che il pubblico applaude non me ma la fonte miracolosa dell’umorismo.
La piazza di fronte all’arena sussulta ancora nell’ombra notturna. In mezzo al giardino l'ombra di Cavour non riesce a stare seria sul suo piedistallo. In fondo all'anima mia c’è come un senso d'angoscia. Forse è pianto.
Sim, «L'Impero», 15 marzo 1929
Sim, «L'Impero», 15 marzo 1929 |