Otto Natalino (Codognotto Natale)

Natalino Otto

Pseudonimo di Natale Codognotto (Cogoleto, 24 dicembre 1912 – Milano, 4 ottobre 1969), è stato un cantante, produttore discografico ed editore di brani musicali in italiano, iniziatore del genere swing in Italia.

Biografia

Iniziò come cantante e musicista nei locali della sua regione, la Liguria, ma - come accadrà poi ad altri suoi colleghi genovesi (da Joe Sentieri fino ai moderni cantautori) la gavetta dovette farla emigrando, nel suo caso per esibirsi durante gli anni trenta a bordo dei transatlantici che facevano la spola tra l'Europa e il nord America. Questa esperienza gli fece conoscere la musica d'oltreoceano, i nuovi generi musicali jazz e swing.

Debutto alla radio americana

Nel 1934 fu scritturato da un'emittente radiofonica italo-americana di New York. Rientrato in Italia nel 1935, Otto propose, dopo qualche anno, un repertorio innovativo fortemente ispirato alla musica americana del periodo, ma si dovette scontrare con la realtà italiana, dove ogni suggestione esterofila era vietata. Fu costretto a cambiare i titoli di alcune canzoni: Saint Louis Blues fu tradotto letteralmente in Le tristezze di San Luigi (o di St. Louis, secondo le versioni), Mister Paganini divenne Maestro Paganini. L'EIAR, l'ente radiofonico di stato, non trasmetteva i suoi pezzi, definiti "barbara antimusica negra".

Escluso dalla radio, il cantante ligure si dedicò alle molte incisioni discografiche e ai molti spettacoli teatrali, sempre in stretta collaborazione con l'orchestra del grande Gorni Kramer . In poco tempo riuscì a conquistare il pubblico attraverso i suoi dischi: caso raro, se non unico per l'epoca, di un cantante arrivato al successo senza passare per la radio. I suoi pezzi swing facevano ballare gli italiani, e gli meritarono il titolo di "Re del ritmo". Otto si inserì nel filone musicale inaugurato in Italia dalla etichetta Fonit, che in barba alle disposizioni del regime Fascista, tentava di importare musica d'oltreoceano "proibita" e di riproporla anche in versione italianizzata.[1]

Cinema e Festival di Sanremo

Anche il cinema lo volle, riservandogli ruoli di cantante in alcuni film. Fu il protagonista di Tutta la città canta diretto da Riccardo Freda nel 1943. Partecipò anche a La casa senza tempo e a Carosello del varietà.

Negli anni cinquanta Natalino Otto partecipò a cinque edizioni del Festival di Sanremo. Nel 1954 si piazzò al quarto posto con Notturno. Il suo miglior piazzamento fu il terzo posto nel 1955 con il brano Canto nella valle. Nello stesso anno si sposò con la cantante Flo Sandon's.

Gli anni sessanta e la morte

Nel 1960 affiancò, all'attività di cantante, oltre a quella già esistente di editore musicale, dal 1950, quella di produttore discografico, fondando l'etichetta Telerecord e dedicandosi anche all'organizzazione di spettacoli e alla ricerca di materiale musicale dimenticato; ripubblica inoltre con la sua casa discografica nuovi arrangiamenti delle sue vecchie canzoni, reincise con i Gentlemen, che diventa il suo complesso ed è costituito da Pupo De Luca alla batteria, Paolo Salonia oppure Giorgio Azzolini al basso, Franco Cerri oppure Alberto Pizzigoni alla chitarra, Enrico Intra al piano, Giancarlo Barigozzi al flauto e Glauco Masetti al sax.

Muore nell'ottobre 1969 all'età di 57 anni, stroncato da un secondo attacco cardiaco dopo essere stato colpito da infarto una settimana prima[2].

Un repertorio di oltre duemila motivi

Natalino Otto fu un cantante molto prolifico. Arrivò a incidere oltre duemila canzoni. Tra quelle di maggior successo, "Biriei", il suo brano di esordio, Ho un sassolino nella scarpa, Mamma voglio anch'io la fidanzata (il cui ritornello è stato campionato nel brano rap degli Articolo 31 La fidanzata), Birimbo birambo, Mister Paganini, Polvere di stelle (di cui incise anche una seconda versione nel 1960), Op op trotta cavallino, Natalino studia canto, Lungo il viale, La classe degli asini, No Jazz, Fidanzatina, Laura (ottima versione con i Gentlemen sempre nel 1960) e, quale tributo in lingua genovese (come autori la coppia Reverberi - Calabrese) ricordiamo Baexinna del 1965.

Il pianista Italo Salizzato inciderà nel 1983 per le edizioni Gustavo Gori la sua composizione intitolata "A spasso con Natalino Otto" a Lui dedicata.

Nel 2007 il cantautore romano Pierluigi "Piji" Siciliani gli ha dedicato il brano L'Ottovolante, che ha vinto l'edizione 2007 del Premio "L'Isola che non c'era" e il IX Premio "Un giorno insieme - Augusto Daolio - Città di Sulmona".

Nel 2011 la figlia Silvia raccoglie i taccuini e le memorie del padre Natalino in un libro dal titolo "Vendo ritmo - Natalino Otto 40+1 anni dopo" (Edizioni Sabinae, 2011), in vendita con due CD, 50 brani rimasterizzati (di cui 5 dedicati a Flo Sandon's quale mini-tributo musicale) e un DVD strutturato come se fosse un docufilm sulla vita dell'artista.

Filmografia

Gli ultimi giorni di Pompeo, regia di Mario Mattoli (1937)
La casa senza tempo, regia di Andrea Della Sabbia (1945)
Tutta la città canta, regia di Riccardo Freda (1945)
Destinazione Sanremo, regia di Domenico Paolella (1959)

Note

^ Roberto Leydi, Canzoni italiane, Fabbri Editori, 1994, Vol. II, pag.205-216
^ Morto a 57 anni Natalino Otto il primo cantante ritmico italiano Archiviolastampa.it


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

Genova o Cogoleto? Quale di queste due città ha dato i natali a Cristoforo Colombo? La questione è ancora controversa. Risulta, invece, in modo inoppugnabile. che a Cogoleto è nato Nata-lino Otto : esattamente trentaquattro anni or sono. Non tutti però sanno che anch’egli è stato un grande navigatore; anzi, mentre Cristoforo traversò appena otto volte l’Oceano Atlantico nei due sensi, il nostro Natalino può vantare complessivamente ben trentaquattro traversate, non sulla «Santa Maria». sulla «Nina» o sulla «Pinta». ma sul «Conte di Savoia». Aveva appena quattordici anni quando s’imbarcò come suonatore di a jazz» sul grande transatlantico, diretto a Nuova York. Perchè Natalino non era che un semplice batterista, lontanissimo dall'immaginare che un giorno sarebbe diventato «l’astro che canta ed incanta».

Egli, infatti, non aveva mai cantato e non aveva nessuna intenzione di cantare. Fu durante una stagione balneare, a Savona, che il caso lo portò a scoprire la sua vera inclinazione e il suo vero talento. Il proprietario del locale in cui Natalino suonava in un'orchestra di «jazz», pretendeva che il batterista cantasse, pena il licenziamento.

— Ma io non ho mai cantato.
— Non ha mai cantato? S’arrangi.

E Natalino s'arrangiò. Con molto coraggio, grondando sudore, si mise a cantare dinanzi ad uno spensierato eppure esigente pubblico di villeggianti. Fu una rivelazione: cantò una qualsiasi canzone allora di moda, che si infiorò. sulle sue labbra, delle più lievi e impensate sfumature.

— Sciagurato! E avevi paura di cantare! — gli dissero ad una voce i suoi compagni di orchestra. Ma i! suo primo vero e grande successo l’ottenne a Firenze, al teatro «Verdi». in uno spettacolo in cui erano in programma i più grandi nomi di allora. Egli faceva sempre il batterista; ma non appena il pubblico lo sentì, non volle più saperne degli altri: un entusiasmo spontaneo, travolgente, salutò la voce calda e appassionata di quell’ancora sconosciuto cantante. E da allora Natalino lasciò per sempre lo «jazz» per dedicarsi soltanto alla canzone, educando sempre più la sua voce, dando sempre un maggior respiro e una maggiore originalità alle sue interpretazioni. Un pregevole aspetto del carattere di Natalino Otto è la modestia. Egli non si è mai lasciato esaltare dal successo, non ha mai assunto le insopportabili pose del «divo», ha accolto sempre i suoi trionfi con un’ammirevole calma, arrivando perfino a meravigliarsi delle interminabili ovazioni ottenute in un indimenticabile spettacolo ERREPI’, «Edizione straordinaria 1943», a cui partecipavano tutte le più grandi attrazioni del varietà italiano, tutte le più grandi vedette del cinema e i nomi più popolari della radio, cantanti e direttori d’orchestra.

Da nove anni Natalino Otto incide per la «Fonit» ed è da sei anni il cantante che incide e che vende di più.

Ha girato con Nino Taranto e Vivi Gioi il film «Tutta la città canta» ed ha interpretato nel film «Musica maestro» di Disney la famosa canzone «Tres palabras». Vive a Milano, dove è reperibile in Via Gonzaga. 4. presso gli uffici della «Fonit».

«Assi e stelle della Radio», 1949


"Natalino Otto", «Canzoniere della Radio», n.37, 1 giugno 1942


Da anni Natalino Otto cercava una "voce" femminile che potesse accompagnarsi alla sua: trovando Fio Sandon’s trovò anche l'amore

Li avevo visti per l’ultima volta esattamente due anni fa. Ripetevano con disinvoltura: «Il matrimonio ? Non se ne parla per ora. Abbiamo troppi impegni di lavoro. Forse in autunno...». E la risposta sembrava plausibile. Senonchè, a trascorrere con loro due o tre ore, si coglieva una certa impressione di nervosismo, di preparativi frettolosi, quasi di ansietà. Alla fine compresero che potevano fidarsi; mi dissero: «Sì, ci sposiamo prestissimo, il primo giugno: ma... acqua in bocca...». E così riuscirono a realizzare la loro semplice aspirazione: una cerimonia breve davanti ai soli intimi, una colazione familiare, un viaggio di nozze che passò inosservato. Le partecipazioni, che giunsero a tutti inattese un paio di giorni dopo, portavano scritto nel solito carattere di ogni usuale partecipazione: «La signora e il signor Codognotto annunciano il matrimonio del loro figlio Natale con la signorina Mammola Sandon. La signora e il signor Sandon annunciano il matrimonio della loro figlia Mammola con il signor Natale Codognotto». I biglietti da visita con cui gli sposi risposero successivamente alle centinaia di messaggi augurali giunti da ogni dove recavano questa intestazione: «Natale e Mammola Codognotto». Anche i loro nomi d’arte avevano messi da parte per l’occasione.

Al matrimonio erano andati incontro con estrema serietà dopo un periodo di fidanzamento ragionevolmente lungo. A chi se ne stupiva Natalino era solito rispondere. «Ma perchè dovremmo fare le cose in fretta ? Non siamo come tutti gli altri, noi ? Non abbiamo diritto, come tutti, a mettere su una casa prima di sposarci ?». E Fio: «Se dovessi iniziare la mia vita coniugale in albergo non mi sembrerebbe nemmeno di essere sposata. Perchè vi ostinate a considerarci diversi dagli altri ?». Si irritavano, a volte. Quando finalmente poterono fissare con una certa prospettiva di stabilità la propria residenza (per un lungo periodo gli impegni artistici li avevano obbligati a spostare spesso le tende da Torino a Milano, da Milano a Roma, da Roma a Torino e così via), acquistarono un appartamento tra Porta Romana a Porta Vigentina a Milano: poi scelsero il mobilio e provvidero a tutto, dalle prese di corrente al bollitore per il latte. Infine pensarono al corredo e il primo giugno 1955, a Roma, con una cerimonia estremamente semplice divennero marito e moglie.

Si volevano un bene dell’anima e lo dichiaravano con naturalezza. Lui. Natalino, era stato fino a due anni prima uno scapolo convinto. Non che disprezzasse il matrimonio: tutt’altro. Solo, non era mai riuscito a trovare «l’anima gemella». Su questo punto non era disposto ad adattarsi.

Fu nel ’53 che cominciarono a lavorare insieme. Da almeno dieci anni Natalino Otto cercava una voce femminile che potesse accompagnarsi alla sua. Non era facile: fino a quel momento anzi l’impresa si era dimostrata impossibile. Come tutti sanno. Natalino ha un particolare tipo di voce che abbraccia, come si dice, ogni genere di canzone. Qualcosa l’aveva colpito di Flo e volle provare. Il risultato fu superiore a ogni previsione. Duttile e artisticamente versatile, la cantante si dimostrò ben presto all’altezza della situazione. Così nacque la coppia Natalino Otto - Fio Sandon’s che il il pubblico accolse con tanto favore.

Quando cominciarono ad amarsi ? Un poco per volta, forse, così come un poco per volta le loro voci si amalgamavano.

Si avviarono al matrimonio serenamente, in pieno ottimismo. E oggi, a quasi due anni dalle nozze, Fio vi confida sorridendo: «Sono molto felice. Mi sembra di aver sempre vissuto con Natalino; a volte mi sorprendo a pensare che c’è stato un tempo in cui ero sola e mi pare incredibile».

La piccola Silvia è arrivata dopo circa undici mesi di matrimonio, accolta con immensa gioia. Speravano tutti e due che fosse una femminuccia ma non osavano dirlo, per scaramanzia. E fu una femminuccia. Fio non si allontanò da lei finché non ebbe otto mesi, tutto il periodo dell’allattamento. Accettò di partecipare al festival di Sanremo solo perchè la piccola poteva essere svezzata senza difficoltà.

Ora hanno ripreso il loro lavoro: registrazioni, veglie, spettacoli, dischi. «Troppo — dice Fio — Spesso non vedo la mia bambina per un giorno intero e anche per due, tre giorni. Ma come fare ?». Lei e Natalino ricevono ogni giorno offerte allettanti da impresari d’Europa e d’America: Stati Uniti. Canadà. Portogallo, Messico, Svezia. Occasioni d’oro, che rifiutano senza esitazione. Dicono: «Se ne riparlerà quando Silvia avrà almeno due anni». E stanno organizzando un programma estivo più modesto ma che possa consentir loro di non allontanarsi dalla bambina. Pensano di accettare una serie di impegni sulla costa adriatica o sulla costa tirrenica: stabiliranno la base in un centro dove Silvia possa trascorrere con profitto la propria villeggiatura e loro si sposteranno ogni giorno verso una località o l’altra. Intanto stanno completando le registrazioni con l’orchestra Trovajoli: si tratta di una serie di trasmissioni intitolata «Sulle spiagge della luna» che andrà in onda verso giugno e durerà praticamente tutta l’estate.

Com’è Silvia ? Una piccina graziosa che ha cominciato a camminare quando aveva appena dieci mesi e mezzo. Sempre sorridente, sempre serena. Affettuosissima con tutti, ma in particolare con il suo papà che adora. Rassomiglia a entrambi i genitori, fisicamente e forse anche nel temperamento. La sua caratteristica più singolare sono gli splendidi occhi di un colore irripetibile: il grigio intenso degli occhi di Natalino.

Cate Messina, «Noi donne», 1957


Un consiglio alle ragazze : non inseguite il miraggio del matrimonio come sistemazione. Sappiate aspettare il vero amore.

Qualche volta mi sorprendo a pensare che c’è stato un tempo della mia vita (un lungo lunghissimo tempo, praticamente da quando sono nata fino a qualche anno la) in cui Natalino per me non esisteva: e mi sembra incredibile. Se dovessi tornare a nascere e potessi formulare preventivamente un desiderio, sapete cosa chiederei ? Di vedere la luce in un luogo qualsiasi dove vivesse anche Natalino. Vorrei essere sua compagna di giochi, sua compagna di scuola, sua compagna di adolescenza; vorrei che il significato della parola «amore» ci losse improvvisamente chiaro per la prima volta, una sera dei nostri sedici o diciotto armi, come una rivelazione inattesa che interrompesse il nostro ultimo sereno gioco di ragazzi. E poi, s’inten. de, vorrei essere la sua fidanzata, sua moglie, la mamma dei suoi figli; e anche la sua compagna d’arte. Perchè tutto il tempo che ho trascorso lontano da lui, prima di conoscerlo, mi pare tempo perduto, inutile.

Ci vogliamo molto bene. Questo sentimento che il matrimonio non ha affatto logorato, ma che anzi ha rafforzato, noi siamo in grado di apprezzarlo pienamente forse soprattutto perchè a realizzare una simile felicità tendevamo fin da prima di conoscerci. Ci aspettavamo, ecco tutto. Sognavamo un’unione perfetta: a questa aspirazione io non avrei rinunciato nemmeno se i quaranta o i cinquant’anni mi avessero trovata ancora sola. E così Natalino che detestava l’idea di un’unione mediocre.

Io cercavo il «mio» uomo, lui cercava la «sua» donna: ed era un’attesa serena, fiduciosa. Quando ci incontrammo per la prima volta scambiammo qualche parola su un sottofondo di musica, proprio come accade nei film allorché i protagonisti, destinati al bacio finale, appaiono per la prima volta insieme sullo schermo; malgrado ciò quell’incontro non aveva, almeno all’apparenza, nulla di fatale: il sottofondo di musica era giustificato dal fatto che ci trovavamo in un auditorio di radio Milano. Si era nel 1948. Lui era già Natalino Otto, il cantante dei record (massimo numero di canzoni incise, massimo numero di dischi venduti) ed era anche il mio idolo da diversi anni.

Non potei, fare a meno di dirglielo: «Ho tutti i suoi dischi, sa ?». Ma Natalino rispose distrattamente: «Davvero? E lei che fa?». Io cantavo; avevo al mio attivo una discreta carriera nei night-clubs e le prime registrazioni con l’orchestra Zeme erano già in onda. Non le aveva mai ascoltate. Ora ero lì per registrare con il maestro Kramer, insieme a Natalino Otto, per la prima volta. Mi tremavano un poco le gambe e lui non mi confortò affatto. Dovetti fare un notevole sforzo per tirar fuori la mia voce quando fu il mio turno. Natalino, in una poltrona dell’auditorio, seguì la prova; poi si alzò, disse «Buona sera» e uscì. Avevo tanto sperato di ottenere un giudizio favorevole da lui...

Le registrazioni durarono alcuni giorni e mai Natalino fece un commento sulla mia voce, sul mio stile. L’ultima sera salutò brevemente e se ne andò, come sempre. Avrei voluto corrergli dietro, chiedergli quel parere al quale tanto tenevo; forse qualcuno lo capì e questo qualcuno era un orchestrale che mi venne vicino: «Lo sa, signorina, che Natalino Otto dice gran bene di lei ? Ha fatto degli apprezzamenti molto lusinghieri; dice che le manca solo un poco di maturità per divenire una delle migliori cantanti italiane...». Vivevamo tutti e due a Milano ma non ci incontrammo mai; eppure, nello sforzo che feci per studiare, per migliorare il mio stile, mi sorrideva il pensiero che lui mi avrebbe apprezzata di più.

Dovevano passare ben tre o quattro armi perchè ci incontrassimo di nuovo. A-vevo già vinto il mio Microfono d’argento quando ci ritrovammo nella sede di Radio Roma. Fu un incontro assai cordiale, Al bar, Natalino si versò sulla giacca qualcosa; uscimmo, comperammo uno smacchiato-re e io gli tolsi la traccia dal vestito. Era una bellissima mattinata. Natalino disse: «L’ascolto sempre per radio, lei è divenuta veramente brava». Poi, senza accorgercene, cominciammo a darci del tu; e mi disse sorridendo: «Sei anche molto graziosa, sei più donna, ora...».

Poi passò un altro anno. Sanremo 1953: lui non partecipava al festival; mostrava interesse per qualche bella donna e io mi accorsi che questo mi dispiaceva, ma fece per me un incredibile «tifo». Qualche tempo dopo la sorte ci mise nuovamente vicini, per le «Dieci canzoni gaie da salvare» e, più tardi, per il «Grillo canterino» a Firenze. Facemmo il viaggio insieme e insieme trascorremmo parecchie ore in quella breve trasferta. Parlammo molto, ciascuno di se stesso, con una confidenza che non avevamo mai provato per altri. Forse fu allora che davvero cominciammo a volerci bene, ma ce lo dicemmo più tardi quando ci trovammo a Sanremo per il festiva) 1954.

Abbiamo celebrato il nostro matrimonio segreta-mente, alla presenza dei soli intimi, nel giugno 1955. Volevamo essere soli e sereni nel giorno della nostra grande felicità. Un breve viaggio di nozze, poi il consueto lavoro che ci sembra più bello da quando lo facciamo insieme. Andiamo molto d’accordo. Non abbiamo sempre gli stessi gusti e gli stessi desideri, ma cerchiamo di venirci incontro; così pian piano ciascuno di noi ha imparato ad amare le cose che l’altro ama. Ci consultiamo sempre qualunque decisione ci sia da prendere. La nostra piccola Silvia è venuta presto a rendere completo il quadro della nostra felicità. Ora ha quindici mesi. Stiamo con lei più che possiamo e ogni suo gesto, ogni sua nuova parola, ogni sua piccola monelleria, sono avvenimenti che ci riempiono il cuore di tenerezza.

Se posso dare un consiglio alle ragazze è questo: non inseguite il miraggio del matrimonio per una rapida «sistemazione»; createvi un’indipendenza economica col lavoro e preparatevi a un’attesa che potrà anche non essere breve. Aspettate il «vostro» uomo. Così saprete quanto la vita può essere bella.

Flo Sandon's, «Noi donne», 1957


I pesi massimi della musica leggera - L'intramontabile Natalino Otto

E’ alla ribalta da quasi venti anni ma il "monello di Sampierdarena" non si è affatto logorato, anzi il suo nome figura sempre nella pattuglia dei cantanti più "avanzati"

Ancora un poco e Natalino Otto, nel campo della musica leggera italiana, diventerà un’istituzione, il prezzemolo indispensabile per condire qualsiasi minestra. Sono ormai quasi vent’anni, infatti, che la sua voce inconfondibile ci risuona alle orecchie, ieri sussurrandoci l’incanto di ima . bambina dall’abito blu». oggi assicurandoci che, dopotutto, «domenica è sempre domenica». Ma ciò che fa di lui un caso pressoché unico è il fatto che in tanti anni che è rimasto costantemente alla ribalta non si è per niente logorato, anzi in ogni momento il suo nome è andato immancabilmente a collocarsi fra quelli dei cantanti più «avanzati».

Il segreto di questo successo che dura nel tempo si chiama «ritmo». Natalino si collocò all'avanguardia, in Italia, puntando appunto sul ritmo mentre i suoi colleghi insistevano sulla via tradizionale del canto «spontaneo», a gola spiegata. Inoltre, egli impose il cosiddetto «fraseggio», che a volte portava la canzone ai confini di una sorta di «recitativo».

Dal «ritmo» e dal «fraseggio», opportunamente e scaltramente sincronizzati, nacque il «genere» Natalino Otto, che specialmente al suo apparire suscitò dovunque una mezza rivoluzione, che fu accettata con lentezza non senza contrasti perchè veniva a sovvertire quelli che a poco a poco erano diventati i canoni rigidi della canzone cosiddetta «all'italiana».

Ma poiché nessuna cosa seria s’improvvisa da un giorno all’altro, vediamo un poco come e quando il cantante Natalino Otto venne alla ribalta.

La cosa accadde a Milano, nella primavera del ’40, mentre l’incubo della guerra che già insanguinava l'Europa stava per abbattersi anche sull’Italia. Il precipitare degli eventi, nel settembre del 1939, aveva dato un grave colpo ai molti locali, notturni e diurni, sparsi lungo la Penisola, nei luoghi molto frequentati dai villeggianti. Di conseguenza, un buon numero di musicisti e cantanti s’era venuto a trovare sul lastrico.

Tra i molti disoccupati che avevano perso il posto a causa dello scoppio della guerra, c’era un batterista e cantante, Natale Codognotto, che s’era fatta una discreta fama mantenendosi stilla breccia per almeno una diecina d’anni. Da Viareggio, dove si trovava in quel disgraziato settembre '39, «Natalino» se ne venne a Milano in cerca di fortuna. Qui trovò il maestro Gomi Kramer, che gli promise di far qualcosa per lui.

Natalino aspirava a un posto di batterista, dato che per il canto non credeva di avere una vera vocazione invece l’unica possibilità di lavoro che si vide offrire, dopo molte anticamere, fu proprio l’incisione di tre dischi come cantante. Avrebbe voluto rifiutare, ma nelle sue condizioni non poteva permettersi un simile lusso. Disse dunque di si e, incoraggiato da Kramer, si sottopose alla prova.

Quando i tre dischi furono pronti, Natalino, Kramer e Mario Trevisan il proprietario della casa discografica, si riunirono in un ufficio per ascoltarli. Trevisan si mostrò piuttosto perplesso sulle future vendite e suggerì di «aiutare» un poco il pubblico. «Per esempio, — disse — questo cognome, Codognotto, è troppo lungo e difficile da mandare a memoria. Perchè non lo cambiamo?».

Natalino avrebbe voluto ribellarsi e mandare a monte ogni cosa perchè lui al suo cognome ci teneva e stimava di essere riuscito a dargli una certa notorietà nel campo della musica leggera. Trevisan fu però inflessibile. «Qui tu ricominci da capo, lo vuoi capire o no?, — disse. — E allora fuori, dammi una mano!».

Fu allora che a Natalino venne un’idea. Prese un foglio di carta e vi scrisse sopra, in stampatello, «CODOGNOTTO». Era troppo lungo? Non s'imprimeva nella memoria? Ebbene, lui lo avrebbe reso facile e orecchiabile. Ecco: con un tratto di penna cancellò le prime sei lettere e mostrò il risultato a Trevisan e a Kramer. «Otto, vi va?». I due risposero di si e Natalino, dopo aver intascato le 120 lire pattuite come compenso per le tre incisioni, se ne usci a passeggio in galleria. Nella mente gli frullava quel nuovo cognome che s’era dato, «Otto». Avrebbe conquistato il pùbblico?

I dischi non furono un successo ma suscitarono diverse discussioni che servirono a far conoscere in giro il nome del nuovo cantante. Questi, dal canto suo, inebriato dalle possibilità di espressione che gli offrivano le incisioni, sperperò tutte le 120 lire guadagnate nell’acquisto di un certo numero di dischi che distribuì poi agli amici. Più fortunato di tanti suoi colleghi gettati a terra dalla crisi, Natalino aveva messo da parte duemila lire che gli permettevano un certo margine di sicurezza per quanto riguardava l’immediato avvenire (duemila lire d’allora, si intende).

E a poco a poco, infatti, «sfondò» completamente, superando le difficoltà economiche. Era accaduto che i giovani, stanchi di cantilene ultrasentimentali, avevano cominciato ad apprezzare quel modo insolito di presentare le canzoni, sussurrandole confidenzialmente all’orecchio e «forzando» le parole ad aderire a un ritmo che le spezzettava, le sbriciolava, ne faceva una sorta di nenia in cui allegrezza e malinconia si mescolavano stranamente.

Fu una vera «rivoluzione», quella di Natalino, paragonabile, grosso modo, a ciò che sono stati di recente il Rock and roll e il Calipso. Meno rumorosa, però e, in un certo senso, più «paesana». Quando, per esempio, egli cantava «Tu, piccina - credi di sognare...», gli spiriti forzatamente guerrieri dei ragazzi sui vent’anni provavano improvviso il bisogno di abbandonarsi alle seduzioni delia nostalgia e il loro pensiero correva immediatamente alla fidanzata o alla «madrina di guerra», quella specie di istituzione nazionale che certe autorità militari cercavano invano di contrastare.

Insomma Natalino Otto crebbe proprio con quella guerra che, stando alla logica, avrebbe dovuto bandire dai cuori i canti malinconici e le fantasticherie degli innamorati. Fu, in un modo sussurrato e «casalingo», la voce del bel tempo della pace che resisteva alle incursioni aeree, alle distruzioni, ai disagi. Egli ricordava le domeniche all’italiana, con le schermaglie d’amore e i balli sulle balere, al suono di un’orchestrina improvvisata: ma lo faceva conservando una straordinaria freschezza.

Ma il cantante Natalino Otto era sorto dalle ceneri del ventiseienne Natale Codognotto, nato a Cogoleto, in Liguria, da genitori di origine veneziana. E’ necessario, perciò, fare un passo indietro e vedere con precisione chi era questo Codognotto che riusciva con tanta facilità a cambiar panni. Per non correre il rischio di dire cose affrettate o inesatte, cominciamo dall’inizio.

Ragazzo svelto e intelligente, Natale venne su mentre in Italia sbocciavano qua e là i primi complessi jazz che, naturalmente, guardavano agli Stati Uniti d’America come alla Mecca della musica leggera moderna. Erano, per lo più, orchestrine povere, che tiravano avanti alla meno peggio, puntando soprattutto sul fascino del nuovo.

Così l'inizio

A Sampierdarena, teatro delle imprese di una banda di ragazzi che comprendeva Natalino, il sabato e la domenica si produceva un’orchestrina che suonava, tra l’altro, anche musica jazz. Perennemente a corto di quattrini, i ragazzi guadagnavano spesso qualche soldo lavando i piatti in cucina. Quando poi riuscivano a sfuggire alla sorveglianza e a intrufolarsi nella sala dove su una pedana (innovazione rivoluzionaria per quell’epoca) si produceva l’orchestrina, i ragazzi ascoltavano estasiati quella musica strana, che li stuzzicava.

Natalino era attirato in modo particolare dalla batteria, che gli pareva imo strumento meraviglioso, capace delle cose più pazze. E una volta che gli riuscì di arrampicarsi sulla pedana e di nascondervisi, appena intravide libero il posto dinanzi alla batteria, con l'incoscienza della fanciullezza vi si installò e quando l’orchestrina cominciò a suonare afferrò le bacchette magiche e si mise furiosamente a segnare il ritmo.

Sbalordito, il maestro si voltò verso quel fracasso e, scorgendo il ragazzo, lo apostrofò in malo modo: «Chi sei? Cosa ti è saltato in testa?». L’interpellato fece per scappare ma l’uomo lo bloccò e se lo tenne davanti, spaurito e tremante. Nella speranza di sottrarsi all’inevitabile punizione. Natalino cominciò a parlare della sua passione per la musica jazz e per la batterla in particolare. U maestro alla fine si addolcì, sorrise, e gli disse di farsi vivo il giorno dopo, che era domenica. «Vieni che ti presento al batterista, — disse. — E adesso fila!».

Fu così che Natalino Codognotto conobbe Edilio Rolla, uno dei batteristi migliori che esistessero allora in Italia (in tutto ce n'erano tre o quattro). L’uomo squadrò il ragazzo intensamente, poi gli chiese a bruciapelo di fargli vedere quali erano le sue capacità. Benché quasi sopraffatto dall’emozione, Natalino s’impegnò al massimo, obbedendo unicamente al suo istinto musicale. Alla fine il musicista gli battè affettuosamente con la mano su una spalla e gli disse: «La stoffa ce l’hai. Vieni domenica prossima al Caffè Roma, vestito bene e col permesso di papà. Ti farò fare una prova».

U giorno stabilito Natalino si presentò puntuale all’appuntamento. Edilio Rolla lo accolse con un sorriso e lo presentò al direttore dell’orchestrina, dicendogli che quando le danze sarebbero state al colmo avrebbe ceduto il posto al ragazzo perchè lui era stufo di pestare sulla batteria. H maestro cercò di protestare ma invano. Al momento stabilito Edilio Rolla se la squagliò, lasciando Natalino a cavarsela da solo.

Quella notte Natalino, che si era ben guardato dal riferire ai genitori l’invito fattogli dai musicista, non rientrò a casa. Si presentò davanti alla porta solo verso le sei del mattino, reggendo nel pugno le novanta lire (una cifra per lui favolosa) che il batterista gli aveva dato per la sua prestazione. Lì per lì i genitori non prestarono fede al suo racconto e pensarono che il figlio avesse rubato quei soldi a qualcuno, ma infine dovettero convincersi che diceva la verità. Allora furono abbracci, pianti, sorrisi. E ci scappò anche il permesso di proseguire la carriera.

Sui transatlantici

Naturalmente, se non voleva essere subito spazzato via, Natalino capì che doveva studiare seriamente la musica e ci si impegnò al punto che in poco tempo riuscì a compiere progressi straordinari. A quindici anni si era già fatto un nome come batterista. Poi un giorno fu costretto a cantare se non voleva perdere il posto. Piangendo e tremando si cimentò con la canzone Naja e il successo lo convinse a perseverare. Finché, dopo varie avventure, non venne il colpo di fortuna: l’ingaggio per cantare sul Conte di Savoia, il grande transatlantico che faceva servizio tra l’Italia e Nuova York. La paga iniziale era nientemeno che di mille lire al mese, ma agli occhi di Natalino il nuovo posto significava soprattutto la possibilità di ascoltare direttamente i famosi Bing Crosby ed Ella Fitzgerald, di abbeverarsi alle fonti del jazz.

Per due anni il giovane batterista-cantante fece la spola tra l’Italia e l’America. Quando sbarcò aveva solo da scegliere dove e quando voleva prodursi. La sua passione principale era sempre la batteria, ma si assoggettava volentieri a cantare perfino dalle trenta alle quaranta canzoni per sera, servendosi di un megafono che si era costruito con le sue mani.

Duemila dischi

Intanto, per dimostrare di essere più «aggiornato» degli altri, inseriva nel suo repertorio molte canzonette straniere, che cantava nella versione originale. Per impararle se le faceva ripetere venti trenta volte da qualcuno che sapeva la lingua, in modo da poterle poi ripetere a memoria.

Giovane, smanioso di farsi avanti, contento della vita che faceva, Natalino Codognotto avrebbe proseguito tranquillamente per la sua via se lo scoppio della guerra non lo avesse improvvisamente ridotto a zero. Allora, come abbiamo già raccontato, fu costretto a rifare tutto da capo e divenne Natalino Otto.

Oggi Natalino ha al suo attivo all’incirca duemila dischi incisi ed è sempre uno dei cantanti italiani di più sicuro richiamo sul pubblico. Nel campo del «ritmo» e del «fraseggio» ancora nessuno, praticamente, riesce a spodestarlo. Con gli anni egli è venuto sempre più accentuando il suo «stile» e si è cimentato anche nella composizione.

Tre anni fa, ha sposato la collega Fio Sandon’s, il cui vero nome è Mammola Sandon, e dal matrimonio è nata ima figlia, Silvia. Ma pur essendo un uomo ormai «tranquillo», il monello di Sampierdarena non è del tutto scomparso in Natalino, anzi fa la sua comparsa nei momenti più imprevedibili, inducendo il cantante famoso a ritmare un motivo tartassando col primo oggetto che gli capita sottomano il tavolino. Ed è poi sempre l’antico monello che gli detta l’accento giusto quando vuole ammonirci che il «pericolo numero uno» dell’uomo è, naturalmente, sempre la donna.

Giovanni Turco, «Domenica del Corriere», 10 agosto 1958


«Radiocorriere TV», giugno 1967 - Natalino Otto


Riferimenti e bibliografie:

  • Discografia di Natalino Otto.

Collegamenti esterni

  • Natalino Otto, su Internet Movie Database, IMDb.com
  • Natalino Otto, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation
  • AA. VV. (a cura di Gino Castaldo), "Dizionario della canzone italiana", Roma, Armando Curcio Editore, 1990, alla voce "Otto, Natalino", di Enzo Giannelli. pagg. 1244-1248.
  • Sito web ufficiale dedicato a Natalino Otto, gestito dalla figlia Silvia (tramite la sua agenzia Company of Arts / The Dreambuster), con file audio e video (attualmente disattivato)
  • Piccola galleria dello swing italiano, su presenza.com
  • Natalino Otto, un cantante dimenticato con file audio
  • Associazione Cogoleto Otto (A.C.C.O) dedicata a Natalino Otto, su a-c-c-o.it
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Assi e stelle della Radio», 1949
  • «Canzoniere della Radio», n.37, 1 giugno 1942
  • Cate Messina, «Noi donne», 1957
  • Flo Sandon's, «Noi donne», 1957
  • Giovanni Turco, «Domenica del Corriere», 10 agosto 1958
  • «Radiocorriere TV», giugno 1967