Antonella Lualdi: «oggi lavorano solo le mogli dei produttori»

Ma non c’è polemica in questa affermazione di Antonella Lualdi. Le soddisfazioni che le vengono dal matrimonio e la accorta amministrazione del marito le consentono di superare indenne il momento di crisi
Roma, luglio
«Oggi sono contenta — disse Antonella Lualdi con quel suo sorriso che non è mai del tutto felice, — ho avuto una buona giornata»; e mentre la brezza le agitava i capelli sulla fronte color terracotta, cominciò a ricapitolare i principali avvenimenti della giornata: c Ho dato un pranzo ad alcuni amici venuti dall’Egitto; poi c’è stato rincontro con l’Esperia; poi abbiamo fatto lo sci d’acqua, che a me fa impazzire. E ora...», ma non riuscì a terminare.
La voce di Franco («Ecco, così, fermi così...») interruppe il filo del suo discorso. Antonella non se ne dispiacque; anzi, siccome gli altri ridevano, volle farsi ripetere la battuta. < No, dicevo... — replicò Franco indicando il globo arancione del sole che si bilanciava sull’orizzonte nitidissimo del mare — che oggi gli elettricisti di Cinecittà hanno lavorato bene».

E imitando la voce del regista, la mano a mezz'aria: « Ecco, così, fermo tutto cosi...», aggiunse in falsetto (novello Giosuè), all'indirizzo del sole. Antonella sorrise, guardando il marito con tenerezza, come di una madre per il figlio maggiore, un po’ discolo ma simpatico. « Vedi — mi spiegò cogliendo la palla al volo. — i difetti di Franco sono difetti accettabili, perchè autentici. Sotto certi aspetti, non c’è dubbio che egli è rimasto com’era quando aveva 16 anni...». Un po’ prepotente — avrebbe voluto aggiungere —, un po’ vanitoso, un po’ (anzi molto) geloso delle cose sue, dei "giocherelli suoi” come dicono a Roma, compresa la moglie: e da qui, una volta, tutte le loro liti, le scenate, gli inseguimenti. Ma non riuscì ad aggiungere nulla perchè Franco s’intromise di nuovo, « Che peccato — si rammaricava — non aver portato con noi un cappello da capitano...».
« T'immagini, Antonè — ripeteva cercando di montare un’altra scena — la (accia che avrebbe fatto il capitano dell’Esperia?». Decisamente, non c’era verso di fare un discorso serio, filato; e del resto, dopo quella giornata stravagante, era forse possibile? Era cominciata con una telefonata di Franco, in risposta alla mia richiesta d’incontrare Antonella: « Benissimo; allora ti aspettiamo oggi a Lavinio. Cerca di venire presto, però... E. comunque, non più tardi delle 3. perchè alle 3 e un quarto si parte. Sì. col motoscafo. Abbiamo un appuntamento importante al largo di Anzio...». Avevo cercato di resistere: motoscafo. appuntamento in mare...; tutto ciò mi sapeva tanto di una delle solite trovate, un po’ fanciullesche, di Franco Interlenghi.
Trovate per far perdere tempo. Ma è difficile resistere alla sua circonstanziata capacità di persuasione. Antonella l’ha capito, e questa non è l’ultima ragione dell’attuale armonia del loro ménage. Così gli dissi di sì, e alle 3 e mezzo mi trovavo già al largo di Anzio, sbatacchiato dal rollìo d’un Bermuda che prendeva di petto le onde, diretto verso un ipotetico incontro con la nave Esperia («E’ quella — mi gridò controvento Antonella — con cui abbiamo fatto il viaggio da Alessandria d’Egitto a Beirut»): un incontro che, secondo me, non sarebbe mai avvenuto. Invece: « Eccola, eccola...», annunciò ad un tratto Franco; e il suo grido, che evocava Salgari e l’infanzia (« Nave pirata a babordo...»), gettò l’intero equipaggio in una comprensibile agitazione.


IL PIU’ RECENTE IMPEGNO cinematografico che Antonella Lualdi ha assolto in Italia si limita a una piccola parte negli "Imbroglioni”; ma nei prossimi giorni l’attrice si trasferirà in Francia dove la attendono due scritture abbastanza importanti. Queste fotografie sono state fatte sulla spiaggia di Lavinio dove la famiglia Interlenghi trascorre le vacanze.
L'incontro con la neve
La piccola Stella si alzò in piedi e voleva "vedere” la nave; Antonella alzò il braccio in segno di saluto; un amico di Franco si atteggiò in una posa di circostanza. Dovetti cominciare a ricredermi: la nave c’era sul serio; e cominciai anche a pensare che tutto ciò era abbastanza divertente. In seguito lo divenne ancora di più. In breve tempo infatti la nave ingrandì, prese forma, adesso si trovava a mille metri, a 500 la sirena di bordo lanciò un segnale di saluto, dai ponti e dagli oblò era tutto uno sventolare di mani, di fazzoletti. Sembrava la festa per un varo, rincontro in alto mare di due navi sorelle. E poi a raddoppiare la gioia dei festeggiati, la nave all’improvviso curvò, eseguì una specie di piroetta, e quindi, espressa a modo proprio la sua felicità, prosegui regalmente la sua corsa verso Marsiglia. Tutta era durato pochi minuti, ma lo spettacolo abbastanza inconsueto (immaginate che il direttissimo Roma-Milano rallenti per salutarvi) aveva superato le stesse previsioni di Franco, il quale, pago della rappresentazione, eccitato come un bambino, ci riportò velocemente a terra e mi "consegnò” Antonella per l’intervista.
«E- stato divertente, vero?», disse l’attrice. Sedevamo nel giardino della sua villetta di Lavinio. Una siepe di mortella la separa dalla spiaggia, che comincia 30 metri più in basso, cosi sembra che il mare entri in casa. Lontani, irreali apparivano qui i problemi del cinema, che pure toccano anche la Lualdi. « Certo — disse — è un periodo in cui lavorano solo le mogli dei produttori e le amiche dei registi...», e lei non rientra in nessuna di queste due categorie. Ma a lei (aggiunse) non non è mai piaciuto lamentarsi.
Di temperamento è ottimista. Si, è vero, ha fatto poco in questi ultimi tempi. Una piccola parte nel film Gli imbroglioni, e basta. Ma ora ha due proposte di film in Francia: andrà in Francia. Se il fatto d’aver sposato un attore l’ha danneggiata? Forse si, forse no; ma è questione di carattere. Magari, se non avesse sposato Franco non avrebbe cambiato nulla, « E poi — concluse — non sono di quelle che fanno le cose per calcolo; penso che i sentimenti siano più importanti...». Ma non è meglio parlare d’altro?
Così parlammo d’altro: dell’Egitto, di Beirut, « E’ stato un viaggio entusiasmante», esclamò Antonella. In Egitto ha avuto accoglienze che da noi nessun attore si sogna più: ricevimenti, applausi, danze del ventre, il pubblico impazzito per lei. E come mai? Hanno visto di recente uno dei suoi film e i sudditi di Nasser hanno trovato il suo tipo di bellezza di loro perfetto gradimento.
In Siria, invece (a parte il viaggio piacevolissimo sulla Esperia), emozioni di tutt’altro genere. Antonella è nata a Beirut, vi ha fatto le elementari. « E’ stato — disse — il mio ritorno al paese natale...», con tutto il corredo di commozioni e delusioni che simili ritorni comportano. Ha ritrovato l'ospedale americano in cui nacque, la scuola italiana in cui ha studiato; e qui c’era una suorina che si sforzava di ricordare il suo nome («Lualdi, Lualdi...»), e si vedeva benissimo che non lo ricordava, ma diceva di sì. Ha ritrovato tutto, compresa la sua vecchia nutrice, ma non la casa dove è cresciuta, « Era in un quartiere di villette, ora è pieno di grattacieli»». L’incontro più emozionante è stato quello con la nutrice. Ma anche il più imbarazzante. Sì, perchè lei non sapeva che cosa dire, che cosa rispondere a quella donna di 85 anni, bianca, eterea, vestita tutta di nero, che la chiamava dolcemente "kukliza” (che, in greco, vuol dire bamboletta); che le ripeteva, convintissima: « Ti ritrovo proprio come ti ho lasciata, non sei cambiata per nulla...»; che la toccava, l’abbracciava, le passava la mano ossuta sulla fronte, facendole (come si fa col pane) il segno della croce. Terminata questa complicata cerimonia. Franco si provò a domandarle se sapeva della carriera d'Antonella, se aveva mai visto qualcuno dei suoi film; ma la nutrice sorvolò sull’argomento. Intenzionalmente, perchè poco dopo, infatti, presa da parte la sua pupilla, le disse: « Hai intenzione di continuare ancora per molto a fare l’attrice? Non ti pare che basti con questa vitaccia?».

Una donna deve lavorare
« In quel momento — dice Antonella — avrei voluto reagire, ma non lo feci pensando alla sua età, ricordandomi che quelle erano sempre state le sue idee...». Si, che la donna deve stare in casa, che non deve lavorare... Lo ripeteva sempre a sua madre, quando lei era piccola. Dal suo punto di vista, facendo l’attrice lei aveva (come dire) profanato la propria femminilità. « Oh, niente affatto. Una donna nel 1963 ha bisogno di lavorare, di fare qualcosa oltreché starsene a casa». La cosa importante è riuscire a conservare un certo equilibrio tra lavoro e vita affettiva; e lei col matrimonio c’era riuscita.
Le sue parole erano limpide, serene, rispecchiavano una chiarezza che (si capiva) era dentro di lei. Come una che ha fatto un bilancio di tutto, e ormai non teme più grosse sorprese da nessuna parte. Non da parte del marito, i cui difetti ormai conosce a fondo, e li sopporta, li trova perfino piacevoli, e del quale, comunque, non è più morbosamente gelosa come una volta. Neppure da parte del lavoro, perchè senza essere diventata una diva è stimata; e se ora c’è la crisi, in questi anni Franco (che non è solo il ragazzo che si diverte a prendere appuntamenti in alto mare, ma un abile amministratore), le ha insegnato a diffidare della fortuna, a prepararsi per i tempi magri.
Da parte dei figli? La seconda, Antonella, ha 2 anni ed è tanto buona; Stella invece è più complicata, problematica, le dà qualche preoccupazione. E’ intelligente, sveglia, brava a scuola: tutto bene, però è sempre intorno alla mamma, non può fare a meno di lei, vuol essere difesa da tutti. « Un po’ come suo padre — sorride Antonella — che ha sempre visto nemici intorno a sè... Ma questa — conclude con dolcezza — è la vita».
Caduto il sole, ingrigitesi le aiuole, un tenue rosa era rimasto sulla superfìce del mare e sulla siepe di mortella. Dal giardino venivano le voci di Stella e dei suoi amici. Da una tenda a righe uscì fuori Franco, che indossava un paio di calzoncini celesti a mezza gamba. « Ah — disse Antonella — ti sei messo i bermuda?». « Eh, no, Antonè, questi sono i bahamas; i bermuda arrivano qui», e si chinò, compiaciuto, a indicare la sua rotula ben sagomata.
M. S., Tempo», anno XXV, n.30, 27 luglio 1963 - Fotografie di Angelo Frontoni
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| M. S., Tempo», anno XXV, n.30, 27 luglio 1963 - Fotografie di Angelo Frontoni |
