Un film con Fellini nelle speranze di Totò
Dopo ventisei anni di attività cinematografica. Un'intervista con il celebre attore, al suo centunesimo film. Ennesimo rifiuto di apparire in televisione.
Siamo andati a trovare Totò che recentemente ha ricevuto dalle nostre massime autorità cinematografiche una medaglia d'oro per il suo centesimo film (Il comandante) e che sta per cominciare il centounesimo, (Totò contro il pirata nero). Non è facile fare aprire bocca a Totò:il trascorrere degli anni lo ha reso via via più malinconico, caratteristica questa di tutti i grandi comici, è restio a confidarsi sul serio. Ma se lo si prende per il verso giusto, che con un po di ossequioso rispetto - perché è pur sempre un principe di sangue - e con un pò di cordialità spontanea, al di fuori di ogni veste professionale, - perché è pur sempre partenopeo - si riesce ad ottenere dalla sua conversazione molto più del previsto.
Gli abbiamo subito chiesto: «E’ forse stanco per tanti film? Non Cominciano a essere troppi?» E lui: «Stanco perché? Neanche per sogno. Ricomincerei da capo. Quando non lavoro sto male».
Un'altra domanda: «Non pensa, dopo tanti film come attore, di passare alla regia, seguendo così l'esempio di Jerry Lewis e di altri attori comici che preferiscono dirigersi? In questo caso la sua esperienza servirebbe molto».
Totò agitando la sua mobilissima maschera per l'effetto curioso che gli provoca l'idea di diventare regista, ci dice: «Non ci penso minimamente. Ho avuto, si, delle offerte, ma non le ho neppure esaminate: non me la sento».
Continuiamo a chiedergli: «Quale dei cento film rifarebbe volentieri? E quali preferirebbe dimenticare?»
«Dal primo Fermo con le mani - risponde - all'ultimo. Il comandante, storia patetica di un uomo che va in pensione, ci sono diversi film che vorrei ignorare. Ma non dirò i titoli, non sarebbe corretto nei riguardi di molti produttori miei amici. Dirò invece quelli che amerei rifare: Yvonne la nuit, Guardie e ladri, Napoli milionaria, Dov'è la Libertà».
L'ultima volta che vedemmo Totò su un palcoscenico fu alcuni anni fa in una rivista di Michele Galdieri, al fianco della Magnani. Questo ricordo ci fa immaginare che il suo amore per la rivista duri tuttora e che gli sogni di tornarvi un giorno. Ma ci smentisce subito affermando: «Non tornerò mai più sulla scena. Confesso di non averne nostalgia, pur avendo trascorso gli anni migliori. La vera rivista, quella di un tempo, è finita. Oggi i gusti stanno mutando verso altri generi. Inoltre c'è il fatto che alla mia età il teatro sarebbe un tour de force a cui non mi sottoporrei volentieri. Perciò è meglio metterci una croce sopra».
«Allora- gli facciamo notare - la televisione potrebbe essere un ottimo sostituto del teatro: e poi la faticherebbe meno».
«Si, è vero - osserva Totò - ma io non voglio lavorare per la tv. Non ho alcuna intenzione di bruciare la mia carriera in poche ore di trasmissione televisiva. Il video è una buona cosa soltanto per i giovani che devono farsi conoscere».
Il cinema, dunque, è l'attività che attualmente impegna il più popolare comico. E gli chiedo conferma: «Credo di sì: sono tutto per il cinema. Ma il cinema lo si potrebbe a volte fare meglio, meno frettolosamente. Io, comunque, anche nei film sbagliati cerco di restare fedele a me stesso, Cioè a Totò. La mia ambizione è sempre quella di far ridere il pubblico».
«E le canzoni?» vogliamo sapere. Totò si anima: Si vede che è un argomento che gli sta particolarmente a cuore. «Anche lo scrivere canzoni - ci fa notare - è diventato un fatto industriale. Ciò ha portato alla formazione di circoli chiusi di autori e cantanti duepunti il che rende difficile la vita per qualsiasi autore costretto a farsi largo a gomitate. A parte queste considerazioni, io continuo a scrivere canzoni perché mi piace, mi appassiona. Ne ho appena finita una che si intitola Malvagità».
Torniamo a parlare di cinema. «Si rende conto - diciamo - che ci sono ora altri comici che sullo schermo le fanno concorrenza?»
«Me ne rendo conto - ammette - anzi li trovo bravissimi, soprattutto Sordi e Tognazzi. Quando vedo film di questi ultimi due, rido di santa ragione: infatti mi divertono moltissimo. Ma, nonostante la concorrenza, io continuo a girare quattro o cinque film all'anno. Sono troppi, lo so, eppure non posso fare altrimenti. Oggi il costo della vita è aumentato notevolmente: io ho bisogno di molti soldi per vivere, ho - fra l'altro - persone a cui devo fare bdella Beneficenza, ho i miei cani, eccetera. Inoltre sono tartassato dalle tasse, proprio come il personaggio di un film che feci anni fa e appunto si intitolava I tartassati».
Vogliamo toglierci una curiosità: quanti anni precisi sono che Totò è nel cinema?
«In tutto ventisei - ci spiega-: il mio primo produttore fu Gustavo Lombardo, padre di Goffredo».
Un'altra curiosità: «Qual è per l'attore Totò il miglior regista per un film comico?»
Senza pensarci molto su, quasi come se avesse già pronta da tempo da risposta: «E’ uno con il quale non ho mai lavorato, ma che ritengo, dopo aver visto i suoi film e conoscendo il suo temperamento, il più adatto a dirigere una pellicola comica di alta classe: Federico Fellini. Con lui farei volentieri un film. Molti critici, a proposito dei registi che io ho ha avuto finora - prosegue l'attore - rimproverano a quest'ultimi di usarmi sempre con la stessa maschera, entro schemi per lo più fissi. C'è da ribattere che Charlot e Musco, per citarne soltanto due, sono stati sempre uguali, grazie alla loro maschera. Perchè si dovrebbe cambiare ogni volta? Perché ci si dovrebbe spersonalizzare? Con questa mia maschera io ho lavorato nelle farse della commedia dell'arte, nel varietà, nel cafè-chantant, nella rivista, nelle operette, nella prosa dialettale e nel cinema: le sono affezionato come alla mia cosa più cara».
Ettore Zocaro, «Il Tempo», 30 dicembre 1963
Ettore Zocaro, «Il Tempo», 30 dicembre 1963 |