In tre si chiacchiera, con Federico Fellini

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Anche Fellini risponde all’inchiesta fra gli sceneggiatori, intrattenendosi sui segreti del mestiere: qual è il numero ideale di collaboratori per una buona sceneggiatura? Tre per chiacchierare, dice Fellini, due soli per lavorare. Ma anche dalle chiacchiere possono uscire spunti e idee, buoni sempre a qualcosa

1) Qual è l’importanza della sceneggiatura nel film? 

La sceneggiatura è un punto di partenza, un promemoria più o meno dettagliato, al quale il regista deve dare anima. Può servire per precisare caratteri e personaggi; certe volte può spingersi fino a suggerire atmosfere precise; se però il regista non riceve questi suggerimenti oppure li tradisce, la sceneggiatura rimane, quando lo è, una cosa bella per se stessa, ma rispetto al film è come se non fosse mai esistita. In linea generale si può dire tuttavia che quando la sceneggiatura è fatta da gente abile, esperta, ed è congegnata in modo tale da suggerire il ritmo del film, se pure il realizzatore non si distacca dalla mediocrità, essa sarà come una macchina che darà un suono non sgradevole. 

2) La sceneggiatura deve essere articolata in funzione del regista — della sua personalità, della sua poesia, del suo stile — oppure è il regista che deve adeguarsi alla sceneggiatura?

Non credo che il regista debba adeguarsi alla sceneggiatura. Penso che un regista, anche nell’accezione più modesta di realizzatore di spettacolo e non di autore, dovrebbe partecipare alla stesura della sceneggiatura, esserne uno degli autori. Nel caso che egli non vi partecipi, gli sceneggiatori dovrebbero sempre lavorare in funzione della sua personalità, del suo stile, eccetera.

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3) Qual è il vero autore del film?

Il vero autore del film, nel caso che si debba parlare di autori cinematografici, è il regista. Nel raso di realizzatori di spettacoli, la paternità può essere divisa tra regista e sceneggiatori. Per quanto riguarda, a esempio, Rossellini, con il quale ho lavorato come sceneggiatore, anche se talvolta mi è accaduto di svegliare la sua fantasia con alcune proposte, riconosco che egli è l’unico autore dei suoi film. Cosi penso di Charlie Chaplin.

4) Quali sono le differenze che corrono tra il dialogo cinematografico, quello teatrale e quello del romanzo? Quali sono le caratteristiche e le difficoltà del dialogo cinematografico?

Non si può evidentemente definire quali sono le caratteristiche del dialogo cinematografico in generale; esse mutano da film a film. Il film “ italiano ”, per esempio, ammette un certo tipo di dialogo, il quale è completamente diverso da quello teatrale. In una inquadratura di donne alla fontana, per esempio, si potrebbero forse adoperare delle battute di un verismo letterario o teatrale? La cosa veramente importante e bella del cinema neorealista è che esso non sopporta trucchi. Talvolta avviene che ci si giovi nella sceneggiatura della collaborazione di esperti autori teatrali, i quali fabbricano battute belle, allusive, efficaci sul piano lirico; mettete quelle battute in bocca ai personaggi del film e sùbito vi accorgete che sono false e stonate. Un mugolio, una battuta sciatta hanno invece un sorprendente sapore di verità, dico di verità artistica. Ritengo quindi che tra dialogo cinematografico e teatrale vi sia una differenza sostanziale; mentre il primo è senza dubbio più vicino a quello del romanzo.

5) Come deve svolgersi, per riuscire utile e produttiva, la collabo-razione fra sceneggiatori?

Credo che il numero ideale di persone perché la collaborazione fra sceneggiatori riesca proficua sia quello di tre. Devono essere naturalmente tre persone che si conoscono, che si stimano, che siano di uguale cultura o quasi, che abbiano le stesse sollecitazioni fantastiche. In tal caso anche il tempo perso in chiacchiere apparentemente vuote e inconcludenti è proficuo. Poi ci si intende senza tante spiegazioni, quasi secondo cifre. Tre naturalmente servono per chiacchierare; due bastano al momento di lavorare. Io e Pinelli per esempio (con il quale ho sempre lavorato) ci dividiamo alle volte le scene e il dialogo relativo. Condizione comunque indispensabile per un risultato utile è che la collaborazione si svolga sempre in funzione di quello che il regista sente; ciò dà chiarezza alle idee e al lavoro. 

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6) Quali problemi crea, per la sceneggiatura, il cinema neorealista e, in particolare, il personaggio neorealista?

Problemi veri e propri no; direi delle diversità eccitanti, per esempio sul piano della realizzazione. Vi può accadere di immaginare, a tavolino, una scena realizzata in un certo modo, situata in un certo ambiente, una fattoria a esempio. Andate sul posto e trovate una fattoria affatto diversa. E’ sconcertante ed eccitante insieme. Innanzitutto vi accorgete che se quanto avete immaginato è valido rimane valido, anche se Cambiente è diverso. Poi (fatto questo molto importante) venendo a contatto con quell’ambiente, con gente vera, con persone reali, la vostra fantasia riceve nuovi impulsi e quello che fate è migliore di quello che avete immaginato. Bisogna stare attenti, naturalmente, a non prendere abbagli, a non scambiare una curiosità per il particolare con la verità, è necessario insomma un fulmineo criterio di scelta; ma, ripeto, anche se talvolta mi è accaduto di trovare bianco al posto di nero, non mi sono mai spaventato e di questo atteggiamento di umiltà verso la realtà in definitiva ho avuto sempre di che rallegrarmi e non dispiacermi. La stessa cosa debbo dire dei personaggi, la cui scelta mi è stata molte volte imposta dalla umanità persuasiva dei loro volti, affatto differente spesso dal tipo che avevo pensato.

Federico Fellini, «Cinema Nuovo», 15 luglio 1954


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Federico Fellini, «Cinema Nuovo», 15 luglio 1954