Titina: forbici e pennello
Titina De Filippo debuttò come pittrice a Milano nel ’50 con trenta collages alla Galleria Barbaroux. Aveva timore dei pennelli? Preferiva la forbicetta e l’adoperava meglio di una ricamatrice. Le veline colorate, la stagnola, la porpora in fogli usata dai dolcieri di via Toledo formavano la base della sua tavolozza cartacea. Un'allegra, paziente tastiera in miniatura: qualcosa come un mandolino di coriandoli. Da tanti e tanti anni Titina, fra un personaggio e l’altro, Si dilettava a comporre con la forbice e la coccoina minuscole scenette napoletane. Non le aveva mai esposte. Fu Vittorio Barbaroux a prendere l’iniziativa e ad esporle. Comici dilettanti in Belle Arti ce ne sono sempre stati: le sculture di Sarah Bernhardt, i paesaggi di Ferruccio Benini, le caricature di Caruso, i pupazzi di Sergio Tofano inventore del Signor Bonaventura.
Abbiamo citato i precedenti più noti. La seconda vocazione di Titina sta sopraffacendo la prima! Dopo il successo dei collages esposti da Barbaroux, l’attrice nel ’53 fece una seconda mostra a Parigi. Una lettera di Cocteau indirizzata a Titina è già passata agli archivi: «Mia cara amica, ho visto i vostri collages. Il talento consiste nel sapere accostare cose che nessuno pensava di accostare. Questo privilegio si chiama Invenzione. Questi pezzetti di carta che arrivano da tutte le parti finiscono per obbedirvi e per assomigliarvi: perché l’artista, qualunque cosa faccia, non compie, alla fine, che il proprio autoritratto»
A quattro anni di distanza Titina De Filippo espone ancora da Barbaroux - Vittorio ha lasciato nello studiolo di via Rossari una sorridente immagine di sé - : ai collages si sono aggiunti i dipinti a olio, quarantatré titoli in tutto, la maggior parte d’ispirazione napoletana come le poesie di Salvatore Di Giacomo. Le a nette di don Salvatore fanno capolino intorno ai soggetti più partenopei: Rosa di maggio, Scampagnata, Luciella, Catena, La Siesta, Venditrice di fichi.
Preferiamo ai veri dipinti il caleidoscopio dei pezzettini di carta. La forbice di Titina è più veloce e inventiva dei suoi pennelli. Un piccolo, esilarante mandolino che può permettersi tutte le arie senza l'obbligo di ricorrere alla musica scritta. Qualche titolo di melodramma -Carmen, Adriana Lecouvreur - nel catalogo della terza mostra fa buon gioco. Ma il repertorio di Titina è un canzoniere, sia pure un canzoniere di pezzetti di carta. Preferiamo una tarantella a una romanza studiata.
R. C., «Epoca», anno V, n.214, 1 novembre 1954
R. C., «Epoca», anno V, n.214, 1 novembre 1954 |