Lieto evento alla corte di Bisanzio

Sei-imperatore

A vent'anni di distanza dalla nascita della sua prima figlia, Totò ha annunciato senza batter ciglio di attendere da Franca Faldini un altro erede al trono di Costantinopoli che nascerà probabilmente a Montecarlo. Per l'occasione l'etichetta di corte diventerà ancora più severa del solito.

Siamo minacciati dal « fumettismo », ormai divenuto l’abituale nutrimento di moltissimi italiani. Il famoso velocipedista Fausto Coppi ha manifestato, nei giorni scorsi, con estremo candore, il suo fermo proponimento di ricorrere al Tribunale della Sacra Romana Rota per ottenere il «sollecito annullamento» del matrimonio contratto alcuni anni or sono con la signora Bruna, e convolare quindi a nozze più o meno giuste con la moglie di un suo ex-tifoso, ormai nota negli ambienti ciclistici e mondani sotto il gentile pseudonimo di «dama bianca».

1954 Franca Faldini Antonio de Curtis 001 L

Non è tutto. In una conferenza-stampa svoltasi sul terrazzo di un «palace» di Montecarlo, secondo il caratteristico protocollo delle case regnanti, Sua Altezza Serenissima il principe Antonio de Curtis, diretto discendente dell’Imperatore di Bisanzio, ha annunciato a sua volta, con voce spezzata dalla commozione, che la sua bella fidanzata, Franca Faldini, è prossima alla maternità.

Sua Altezza Serenissima il principe Antonio de Curtis è più confidenzialmente conosciuto. da alcuni milioni di «intimi», come Totò. «Se nascerà un maschio — ha detto S. A. S. Totò ai giornalisti — lo chiamerò Massenzio: con il nome, cioè, di un glorioso Imperatore, mio antenato. Se invece nascerà una femminuccia la chiamerò. naturalmente, Teodora...».

Informano gli intervenuti alla conferenza-stampa che l'ultimo discendente di Bisanzio non ha ceduto, neppure per un momento, alla tentazione di sorridere o di scherzare, «Massenzio o Teodora?» mormorava nelle brevi pause. Era serissimo e solenne, come sempre. Allorché un collega francese che tardava a rendersi conto dell'importanza dell'ora si è provato a varare qualche innocente facezia, il principe Antonio de Curtis l’ha fulminato con un'occhiata. Subito dopo, di pessimo umore, ha bruscamente congedato i giornalisti.

Quest'uomo che conosce a fondo l’arte difficilissima di suscitare, con un lazzo o una smorfia, l'irrefrenabile ilarità delle platee, è poi, nella sua vita privata, di un’austerità esemplare. Totò ha piena consapevolezza delle pesanti responsabilità che spettano all’ultimo discendente dell'Imperatore di Bisanzio. Chi non ha dimestichezza con gli schermi e le riviste «errepi» può scambiarlo, serenamente, per un sovrano di mezza età in incognito.

Egli non perde coscienza dello storico ruolo assegnatogli dal destino neppure negli «studios» di Cinecittà, neppure sulla passerella del Teatro Nuovo di Milano. Anche con il volto spalmato di cerone; anche con un naso di plebeo cartone sovrapposto a quello vero, di aristocratico taglio; anche indossando il clamoroso fracchettino a scacchi del tradizionale «macchiettista italo-partenopeo», S. A. S. il principe Antonio de Curtis continua ad essere un Signore di Gran Razza «Altezza - l’avvertono, deferentemente, i registi dei suoi indimenticabili film - vogliate degnarvi, nella prossima scena, di farvi sbattere sulla faccia una torta di Crème St. Honoré...». Oppure; «Altezza — gli dice in palcoscenico, con rispettoso accento, il buttafuori - abbiate la gentilezza di eseguire la danza del burattino... »,

Il principe Antonio de Curtis è piuttosto restio ad accordare confidenze alla «solita gente». Avvicinarlo e parlargli alla buona, felicemente dimentichi del complesso cerimoniale che regolava la vita alla Corte di Bisanzio, è impresa ardua, da pionieri. Vi riescono solo (e non sempre) i produttori cinematografici che debbono offrirgli alcune decine di milioni.

Nel corso della mia attività giornalistica ho potuto intrattenermi, abbastanza facilmente, con importantissimi personaggi. Ho intervistato, tra gli altri. Victor Kravcenko e Giuseppe di Vittorio, Gina Lollobriglda e l'ex re Faruk. Il 5 giugno 1945 mi è stato persino possibile intervistare il famigerato tenente Pietro Koch, un'ora prima che la scarica del plotone di esecuzione l'abbattesse tra i papaveri di Forte Bravetta. Non sono, dunque, un novellino del « mestieraccio ». Ma S. A. S. il principe Antonio de Curtis continua a resistermi validamente.

Il mio primo tentativo di accostarlo e ottenerne decisive dichiarazioni risale al lontano ottobre dell’anno 1942. Impegnato nella lavorazione di una pellicola irresistibilmente comica che veniva girata a Tirrenia, negli studi di Giovacchino Forzano, Totò occupava l'appartamento d'onore dell’Albergo Palazzo di Livorno. Era sempre solo, sempre triste. In privato, il suo lungo volto diventava lunghissimo. Al cameriere che gli proponeva la scelta tra una costoletta alla milanese e il «gigot» d’agnello, rispondeva con accento sconsolato: «Porta prima la costoletta e poi il "gigot"...». Una sera che Totò passeggiava lentamente sul tappeti della «hall», fissando con pupille dilatate qualche cosa che lui solo vedeva, gli rivolsi alcune domande. «Non turbate le mie meditazioni - scongiurò. Ho l’anima in tumulto ». Mi allontanai in punta di piedi.

Lo scorso anno, a Roma, ritentai l’esperimento. Dopo essermi documentato sulle norme di protocollo di Casa Bisanzio, telefonai a uno degli aiutanti di campo del principe. Era, costui, un napoletano di vivida intelligenza che, modestamente, sì lasciava chiamare «segretario». Il suo ermetico riserbo si ricollegava alle più severe tradizioni della diplomazia Quando gli espressi il desiderio di avere un breve colloquio con Sua Altezza, ridacchiò ironicamente come se gli avessi chiesto la luna in prestito. «E' impossibile», replicò. E poi ebbi l'indelicatezza d‘ insistere, l’aiutante napoletano dell’ultimo discendente di Bisanzio mi descrisse, con indignatissimo accento, la «tremenda giornata» del suo Signore.

« Sua Altezza — esordi — si reca a Cinecittà alle ore 14 precise... ».

« Bene — l'interruppi. — Potrei recarmi da Sua Altezza prima delle 14 precise... ».

Il segretario fu molto divertito dalla mia ingenuità.

«Prima delle 14 precise — continuò, ridendo — Sua Altezza dorme. Svegliandosi, fa una rapida colazione; e intanto vuole che io lo ragguagli concisamente sugli ultimi avvenimenti internazionali. Le notizie di guerra non sono di suo gradimento. Preferisce le storie sentimentali. Quindi interpreta, per sei ore consecutive, uno dei suoi famosi personaggi cinematografici. No, signore: non è possibile disturbarlo nel corso delle sue creazioni artistiche. Dopo? Peggio che andar di notte. Quando rientra in automobile da Cinecittà, Sua Altezza è sfinita. Solo a notte alta, si decide a ricevere i suoi amici... ».

Disse proprio cosi : « I suoi amici ». Ma lo disse con il tono infastidito dell’uomo di corte che avrebbe voluto dire: «I suoi sudditi». E l’intervista, ancora una volta, andò a monte.

L’anno scorso a Roma, per rimediare in qualche modo alla sconfitta professionale, dovetti accontentarmi di parlare lungamente con cinque ministri in carica e l'inventore della penicillina.

Mino Caudana, «Tutti» 18 luglio 1954


Grazia
Mino Caudana, «Tutti» 18 luglio 1954