Presentazione del libro di Franca Faldini «Insieme nel buio»

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Franca Faldini: «la mia vita, con furore»

Gli occhi di Franca Faldini sono di color cangiarne tra il viola e il turchese a seconda degli umori e del tempo. Paria delle sue origini, figlia di un padre israelita e di una madre cattolica. Anzi, di padre giudeo e madre ariana, come diceva l’Italia fascista quando applicò le leggi razziali. La bambina degli anni tristi ora è una signora di sessant'anni che gioca sorridendo con i capelli grigi e affascina ancora. Una signora dai molti ricordi: Hollywood, la via Veneto degli anni ’50, registi italiani come De Sica e Zampa, i quindici anni di amore trascorsi accanto a Totò fino alla sua morte, i libri scritti sul cinema. Tanti bei ricordi che però non hanno mai cancellato il rimpianto per il lungo tempi rapinato dal razzismo e dalla persecuzione.

Franca Faldini ha voluto proprio i suoi speciali occhi sulla copertina di «Insieme nel buio» (in uscita presso Tullio Pironti editore), «Annuso nell’aria odore di intolleranza, di fastidio per i diversi. Osservo come trattiamo gli immigrati, leggo certe scritte antisemita ricomparse sui muri di Roma. Ho paura. E' ora di raccontare la mia storia, mi sono detta, forse servirà a far riflettere qualcuno». Ecco com’è nato il libro.

La tragedia è storica e familiare insieme, spiata dal buco della serratura proprio come fanno i più piccoli. Mezze frasi buttale lì, un pianto soffocato, le rassicuranti abitudini borghesi sconvolte da una furia imprevista. La storia comincia col contrastato amore tra Davide, il padre, e Costanza, la madre. Si chiude con la lettera di un prete che cita Leopardi per annunciare la fine della tremenda tempesta.

1991 Insieme nel buio

La storia di Franca (così si chiama la protagonista di questo romanzo di trasparente autobiografia) è simile al racconto di mille altri perseguitati. «Ma di noi meticci, di noi mezzosangue hanno scritto e parlato in pochi», spiega l’autrice. Il padre perde il lavoro di rappresentante di tessuti e sua moglie ne prende il posto. Salvo poi perderlo a sua volta quando le restrizioni si fanno più dure. La fuga in campagna e il tentativo di «mettere le cose a posto», soprattutto per salvare la bambina, con un matrimonio in Chiesa.

A Franca capita di tutto. La discriminazione a scuola e l’odio degli altri genitori. Il mancare per puro caso il rastrellamento nazista degli ebrei appena rientrata a Roma il 17 luglio 1943. «Da allora ho scelto il 17 come portafortuna», racconta.

Il balzo nella «vita vera» avviene subito dopo la fine del buio. Arriva il dopoguerra. Esplode il sogno di via Veneto, una passeggiata obbligata per lei che abita nell’elegante via Lazio, grazie a una ritrovata agiatezza economica. «Mi rivedo come una ragazzona alta e bruna. Il contrario della media italiana. Dunque colpivo. Era il 1948 quando De Sica fermò la mia carrozzella per parlarmi. Eppure, lo giuro, bellissima non ero».

Capita a Montecarlo ed è damigella al matrimonio di Errol Flynn. Per dimenticare un amore sfortunato, viaggia in America. Approda a Hollywood nel 1951, dove il produttore Hai Wallis la definisce «exotic type», un tipo esotico. Firma un contratto per sette anni, ma lo rompe dopo un anno.

Il cinema, fantasioso contraltare della discriminazione. Quindi simpatico: «Soprattutto lontano anni luce dall’intolleranza. Ebrei, negri, omosessuali: mai sentita una parola contro le diversità». Torna in Italia e nel 1952 conosce Totò. Altra scelta controcorrente. Bella e giovane, ma assai più adulta dei suoi ventun anni. Lui, di anni, ne ha trentatré di più. L'incontro è tra due solitudini che si riconoscono e subito familiarizzano. Seguono quindici anni di affetto «senza un attimo di noia né di fatica. Mi faceva sorridere chi diceva 'poverina, con un uomo tanto più anziano’. Non capiva niente».

La morte di Totò la riscopre ancora una volta «diversa»: «Non sposai mai Antonio De Curtis. Quando arrivò il sacerdote per benedire il suo corpo, fui allontanata dopo quindici anni di vita in comune, perché non ero sua moglie. In un istante mi risentii di nuovo differente, una specie di marziana».

Un addio senza rimpianti al cinema, quindi l’inizio di una pagina nuova. Prima traduce, poi comincia a scrivere per sé. Racconta in due volumi «L’avventurosa storia del cinema italiano» con Goffredo Foli e ricostruisce le vicende di Totò. Adesso l’esordio nella narrativa. «Insieme nel buio» è il figlio prediletto. Potrebbe diventare un film, un giorno. «Sono emozionalissima e stremata come dopo un parto. Lì dentro c’è tutta la mia esistenza».

Una vita che prosegue a forza di colpi di scena. Per esempio, il suo matrimonio, quindici anni fa, con Nicolò dei principi Borghese. «Lo amo come uomo, sinceramente potrebbe essere chiunque. Sto con lui per scelta quotidiana e non certo per un vincolo sancito».

«Non c’è niente di più osceno del razzismo. Non sono ebrea né cattolica, non pratico religioni. Riconosco Dio in una bella giornata, in un fiore o in un passante. Siamo creature destinate a morire, marionette nelle mani di un grande burattinaio. Lui decide quando tagliare i fili e farci afflosciare. Tutti per terra, tutti uguali. Un bianco, un nero. Un occidentale, un orientale. Un ebreo, un cristiano, un musulmano. Chi è meglio di chi, e perché? E’ una follia. Parola di meticcia mezzosangue che ha sofferto e racconta».

Paolo Conti, «Corriere della Sera», 31 marzo 1991


Dimenticare Totò

Parla la Faldini: un libro, non sull'attore. «Racconto il razzismo»

ROMA

Gli occhi di Franca Faldini, chiari, luminosi, severi, sono ancora bellissimi. E proprio ai suoi occhi è dedicata una breve poesia in napoletano di Totò. Il manoscritto, incorniciato su un tavolino del salotto, è il solo segno tuttora visibile della presenza nella suo vita del grande attore: quindici anni, tutta la gioventù, passati accanto a lui. Molte, invece, sono le fotografie che la ritraggono accanto al marito, Nicolò Borghese, o che la mostrano giovane con la madre, il padre, o più adulta con il suo cane.

E' evidente, in questa scelta di ricordi, che Franca Faldini ha chiuso ormai tra due parentesi l'unione con Totò. Quando un paio d'anni fa s'è messa a scrivere il suo primo romanzo, dopo la storia del cinema fatta con Goffredo Fofi, ha scelto di parlare della sua infanzia in un racconto che è autobiografia fedele, punteggiata qua e là da particolari di fantasia. «Non credo potrei mai scrivere qualcosa come "La mia vita con Totò". Lo trovo volgare e insignificante. Quale interesse potrebbero avere i miei sentimenti di allora? Interessante è raccontare lui, il personaggio, scovarne i pensieri, metterne in luce gli aspetti segreti: ma questo l'ho già fatto con «Totò l'uomo e la maschera» uscito da Feltrinelli. Adesso basta».

Il romanzo, «Insieme nel buio» (edito da Pironti), è dedicato alla madre Costanza e al padre Davide. Affronta il tema della discriminazione razziale e delle persecuzioni contro gli ebrei in Italia, durante il fascismo e la guerra. Franca Faldini è figlia di madre cattolica e di padre ebreo: era, come si diceva allora, una meticcia.

L'idea del libro le è stata suggerita dagli spunti di intolleranza ricomparsi nella nostra società: verso i negri, gli omosessuali, i meridionali e perfino, di nuovo, gli ebrei.

«Sono rimasta sconvolta - spiega -, quando ho visto in tv i rappresentanti delle Leghe. L'Italia che ho conosciuto io non m'era mai parsa un Paese ferocemente ostile a ogni forma di diversità: che è successo in questi Anni Ottanta perché il Paese cambiasse tanto?».

Nel libro, le figure principali sono quelle del padre e della madre, due commercianti romani a modo loro anticonformisti, liberi da qualunque pregiudizio, capaci di affrontare le ingiustizie forti del loro senso morale e della loro indipendenza di pensiero. Sullo sfondo la piccola Italia del fascismo, i suoi riti borghesi, il suo perbenismo, la sua grettezza, le miserie.

«La fuga da Roma, l'abiura di mio padre, i nascondigli, il gran mistero che ero costretta a far in pubblico sulla mia nascita, il dover tacere con gli altri bambini, mi hanno lasciato solo una lieve ferita. Quello che m'è pesato, e m'ha fatto diventare adulta prima del tempo, è stata la segregazione dalle compagne di giochi sopportata durante la guerra: il mio rapporto con Totò è nato dalla mia solitudine infantile, provocata dall'esser stata figlia di un ebreo, e dalla sua, figlio non riconosciuto dal padre».

Attrice senza vocazione, lanciata da Hollywood negli Anni Cinquanta come tipica bellezza italiana, traduttrice per bisogno dopo la morte di Totò -dal quale non aveva ereditato una lira -, Franca Faldini sostiene di aver trovato una autentica realizzazione solo con la scrittura. «Mia madre ne sarebbe soddisfatta visto che si è sempre battuta per l'autonomia economica e psicologica della donna».

Il prossimo libro? «Se avessi preso appunti, avrei potuto raccontare due miei cari amici famosi: Orson Welles e Errol Flynn. Ma potrei tentare di farlo a memoria».

Simonetta Robiony, «La Stampa», 11 maggio 1991


Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Paolo Conti, «Corriere della Sera», 31 marzo 1991
  • Simonetta Robiony, «La Stampa», 11 maggio 1991