Gli spogliarelli delle grandi dive non hanno spaventato Margaret Lee

1964 07 11 Tempo Evi Marandi f0

Ora che anche le attrici più famose accettano di spogliarsi davanti alla macchina da presa, sono rimaste disoccupate le divette che puntavano le loro carte sulle doti fisiche messe in mostra con molla generosità. Margaret Lee, in una situazione tanto difficile, è riuscita invece ad avvicinarsi al successo

Roma, marzo

Forse è proprio vero (come dice Margaret Lee) che la gente oggi è diventata estremamente blasée, cioè freddina, poco emozionabile, indifferente a tutto, per cui uno può fare "cose ’e pazzi" e nessuno si meraviglia più, nessuno si volta più a guardare; e ciò è applicabile all'astronautica come al rapporto tra i sessi, ai lanci sulla Luna come al lancio del topless, «Lei s’immagina — dice l’attrice inglese accavallando pigramente le gambe — che scandalo sarebbe successo dieci anni fa», e invece oggi la cosa è ormai quasi pacifica: perfino la Gran Moda (e Si dice così?») ha già cominciato a mettere in vendita abiti da sera modello topless. Cioè tagliati e aperti sul davanti, dal collo fino alla vita.

1965 03 31 Tempo Margaret Lee f1

E, infatti, sere fa, ce l’aveva anche Franca Bettoja, all’ "anteprima" di Modugno al Teatro delle Arti. Forse è proprio vero, e comunque nessuno è più indicato ad affermarlo di questa ragazza "arresta-traffico", alta 5 piedi e 7 pollici («No, in misura decimale non so a quanto corrispondano...»), astata e bionda, occhi neri come ciliegie mature, carnagione bianco-latte, insomma uno di quei tipi che uno s’immagina esistano soltanto sulle copertine dei "gialli" di Mike Spillane, adatte ai sogni ferroviari dei viaggiatori di 1a e 2a classe, la quale tre anni fa, quando arrivò a Roma, di gente ne faceva voltare non poca.

Oggi, invece (così dice lei, togliendosi il cappotto nero e mostrando le sue bianche e tornite braccia), quasi nessuno si volta più, eccettuati i tassinari, con i quali ogni volta deve ingaggiare feroci discussioni perchè non appena fiutano la straniera (un po' bambola per di più, e quindi presumibilmente arrendevole), subito ne approfittano per alzare le tariffe.

Forse è anche per questo motivo, cioè per risvegliare (secondo la teoria di Margaret) il can che dorme, oltre che per far concorrenza alla TV, che il cinema italiano si è messo da un po’ di tempo ad inzeppare di strip-tease i suoi film, nei quali ormai si spogliano tutte, senza più distinzione: le giovani superdotate come M. Grazia Buccella e le "arrivate" tipo Lollo, le signore per antonomasia, quali Virna Lisi, e le comico-sofisticate alla Vitti. E Margaret, il cui costume di scena non era mai molto più pesante di un baby-doll, è andata ancor più alleggerendo, fino ad indossare un abito topless in uno sketch con Vianello — il quale sogna (morboso Vianello) di avere un’avventura in ascensore con una bionda che non finisce mai — e un indumento ancora più leggero, in un episodio del film "Casanova" con Marcello Mastroianni.

Nata in Inghilterra, Margaret Lee è una delle tante belle ragazze straniere calate su Cinecittà alla ricerca del successo cinematografico. L’opulenza delle sue forme e la sua somiglianza con Marilyn Monroe (della quale, per qualche tempo, si è fatta passare come controfigura) l’hanno aiutata a compiere i primi passi. Ora, dopo il matrimonio, è riuscita ad ottenere le sue prime parti di rilievo in film importanti: è stata, accanto a Mastroianni, una delle interpreti del "Casanova" di Mario Monicelli, mentre De Sica pensa ad un film con lei.

Basta spogliarsi prima

Personaggio complicato e morboso egli pure, perchè il suo è un Casanova il quale non sa amare senza il brivido del rischio. Nel caso specifico, senza aver avvisato il marito della sua "vittima" che ella ha urgente bisogno di lui, cosicché egli può stringerla tra le braccia, tremebondo e felice, sicuro che il marito sta per arrivare e quindi per sorprenderli, da un momento all’altro. Questo episodio (che termina con la fuga di Marcello nell’armadio) è stato girato in una delle camere dell’albergo americano di Roma, quell'albergo che, secondo la Guida Julliard, «fornisce ai clienti USA la rassicurante sensazione di non essersi allontanati dal proprio Paese». Scelto per la sua idoneità con la storia, dato che il marito figura nel film come generale della NATO.

E per la stessa ragione dell’idoneità, il regista Mario Monicelli si è limitato ad avvolgere un lenzuolo intorno alla vita di Margaret Lee. lasciandola per il resto come mamma l’ha fatta. E’ logico chiedersi se ciò abbia provocato qualche reazione emotiva nei presenti. ma l’attrice: «Oh, non saprei dire — esclama. — Nell’albergo faceva un gran caldo e tutti erano molto sudati». Quanto a lei. nessuna emozione, nessun imbarazzo, per via del fatto che era già spogliata fin dall’inizio della scena.

Spiegazione, questa, se non altro originale, dato che tutte le nostre attrici, quando devono giustificare una prestazione particolarmente osée, ricorrono in genere ad una specie di formulario fisso: e Se il personaggio lo richiede... Se la dinamica della storia lo rende necessario...», lasciando intendere che esse si sacrificano, passano sopra al loro pudore unicamente in nome dell’Arte: e nell’80 per cento dei casi si tratta di semplice ipocrisia. Anglosassone, disinibita e habituée, Margaret Lee — il suo cognome vero è un altro, ma non lo dice (come i bambini) perchè «è troppo brutto» — propone invece un’altra linea, più tecnica e realistica, di demarcazione del pudore. «Se devo togliermi i vestiti sotto gli occhi di tutti — dice l’attrice scuotendo i suoi boccoloni biondi — ciò mi dà fastidio, ne provo vergogna» (e ciò è logico, si capisce il perchè). Se invece comincia a recitare, già spogliata, «allora, no, non mi fa nè caldo nè freddo — dice, e aggiunge candidamente: — anzi, mi piace».

Se la prima parte della frase si capisce, le ultime parole un po’ meno, ma il modo come le dice è così naif che conta più del loro significato, gli toglie qualsiasi prurito, trasforma il loro sottofondo sessuale in farina lattea, insomma è come se una bella gatta dicesse: «Si, mi piace recitare con il mio pelo»; perciò, si comincia anche ad intuire perchè questa ragazza oggi stia diventando di moda, interessi sempre di più, al di là dei suoi 5 piedi e 7 pollici di carnagione lattea. Fino a sei mesi fa, invece, contavano soltanto questi.

Margaret Lee. infatti, era conosciuta soltanto come "la controfigura di Marilyn Monroe". Uno slogan che oggi, se uno glielo ricorda, la fa moderatamente indignare, c Ah, io non so proprio — dice — come sia nata questa storia». Mentre per la verità capirlo è facilissimo, dato che la sua somiglianza con la Monroe (gli occhi, la bocca, lo sguardo tra appassionato e attonito) è abbastanza evidente, resa più evidente soprattutto dai capelli biondo-cenere, pettinati con la riga da un lato, proprio come li portava Marilyn. Il bello è che queste cose Margaret le sa benissimo, c Basta che mi metta un cappello — dice — e la somiglianza scompare».

Ma perchè dovrebbe mettersi un cappello? O pettinarsi in un altro modo, per esempio coi capelli lisci e lunghi? Ci ha provato e si è accorta che stava peggio, e dunque gli altri chiacchierino pure, a lei non importa nulla. In ogni caso la storia della controfigura è del tutto falsa: Margaret in America non c’è mai stata. Prima di venire in Italia, non ha mai lasciato il suo Paese, l’Inghilterra. E’ nata a Londra ventun anni fa; a tredici lasciò la scuola, «M’ero stufata — dice. come se parlasse di noccioline — e m’iscrissi ad una Accademia di recitazione». Al termine dei corsi, l’indirizzarono ad un agente, che le trovò il primo lavoro in TV, con il quale si guadagnò, a diciassette anni, i suoi primi soldi.

Poi, un altro agente la chiamò in Italia, e il resto è, apparentemente, la storia di tutte le starlettes di Cinecittà, costrette a far la spalla, in deshabillé, dei vari comici di turno. Con la differenza che a lei è andata molto bene: in tre anni ha girato venticinque film; ogni film, quando lo girava, le "sembrava un paradiso..."; e poi soltanto a lei poteva succedere, oltre che di non essere pagata (incidente usuale), di tornarsene a casa con due vestiti di meno, trattenuti dai produttori insolventi, approfittando della sua remissività. Dolce, paziente, arrendevole. "un angelo", Margaret Lee può essere scambiata con facilità per la classica "bona", pigra e corta di cervello.

Effettivamente ha l’aria di una bambolona, più che agitarsi per far carriera lascia che si muovano gli altri, i suoi agenti (e non a caso, un anno fa, ha sposato un agente, il quale la rappresenta, e cosi ora fa casa e bottega). Ma anche quando parla, ella non fa nulla per smentire questa impressione; anzi, si direbbe che si sforzi d’accreditarla. Pigra nel parlare. lo è anche nell’aggiustar-si la gonna, che cosi le scende lungo le gambe, senza che lei se ne renda conto, o quasi. Dice di amare molto i cani (da quando è in Italia ne ha avuti tre), i vestiti, le pellicce, i gioielli. «Oh, io non sono un tipo molto originale», esclama.

Confessa d’essere del tutto priva di gusto. Ogni volta che si compra un vestito da sola sbaglia sempre, e non appena suo marito glielo critica, «da quel momento non piace più neppure a me». Se poi le chiedi una cosa meno usuale: «Oh — si schermisce con la sua erre moscia — io sono tutta mix-up», tutta confusa dentro. E’ probabile che in parte lo sia. è sicuro che molto ci fa. Evidentemente lo scopo è di non turbare presso il pubblico la degustazione del suo prodotto con pretese d’intelligenza estranee al prodotto medesimo. Del resto c’è una tradizione nel cinema a proposito della "bona sciocca" (tutta femminilità, arrendevolezza all’uomo), che va da da Jayne Mansfield a Diana Dors; ma quelle si agitavano troppo. Si muovevano e si pubblicizzavano troppo da sole: così alla fine scoprivano il loro gioco, la loro natura tutt’altro che remissiva, spaventavano gli uomini.

Stupida per convenienza

Margaret Lee ha capito che è meglio stare zitte e chete, dimostrare scarsa personalità e, magari (in un periodo di prodotti e consumi di massa), sembrare un’altra, pettinarsi in modo da assomigliare a una "marca" già nota. Ciò denota che non è stupida, e infatti se n’è accorta Linda Wertmuller, passata da Gian Burrasca a dirigere un film a episodi, in uno dei quali ha accoppiato Margaret a Nino Manfredi: lui nella parte d’uno scienziato superintelligente, e lei in quella d’una moglie cretina. Entusiasti entrambi. Manfredi della sua partner («Entro due anni diventerà una cannonata»), e la regista della sua attrice («Per fare la moglie cretina bisogna essere intelligenti»).

E così dai film di categoria B, Margaret Lee sta ormai passando a quelli di categoria A; ora dovrebbe interpretarne addirittura uno con Peter Sellers, diretto da De Sica, intitolato The bikini girl, e sarebbe per lei una gran cosa. Ma Margaret è un po’ dispiaciuta. non perchè, se lo farà, dovrà apparire quasi nuda in mezzo a una strada («Oggi la gente è diventata così blasée...») ma perchè dovrà mettersi una parrucca nera. La linea del pudore per Margaret ("attrice di massa") non passa per il bikini, ma per la foggia e il colore, ormai patentati. dei suoi capelli.

Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.13, 31 marzo 1965 - Fotografie di Angelo Frontoni


Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.13, 31 marzo 1965 - Fotografie di Angelo Frontoni