Virna Lisi no, non può dire ciò che vuole

Qualche settimana fa, intervistato dalla rubrica televisiva «L'approdo», Carlo Cassola disse che ogni scrittore dovrebbe osservare la regola del silenzio: lavorare sodo e parlale il meno possibile. Rivolta agli scrittori, la raccomandazione di Cassola può anche apparire non giusta. Ma c'è una categoria di persone che alla regola del silenzio dovrebbe attenersi rigorosamente, almeno nel senso di mantenere nettamente separato il proprio lavoro dalla propria vita : le attrici e gli attori cinematografici. Non c'è peggior equivoco, infatti, di quello alimentato dalle attrici e dagli attori che tendono a far credere di essere nella vita ciò che sono sullo schermo e viceversa. Basta conoscerne uno di persona per rendersene conto: non è affatto raro che attori famosi per le loro interpretazioni di personaggi complessi e affascinanti si rivelino incapaci di sostenere una banale conversazione. E, per converso, attori" che siamo abituati a vedere in parti di secondo piano possiedano intelligenza e sensibilità.
Il fatto è che il cinema è una macchina industriale nella quale l'attore, di solito, viene inserito come una rotella, secondo le esigenze della produzione. E' rarissimo che un attore abbia la forza di scegliere i suoi personaggi : e, del resto, salvo eccezioni, ciò che interessa soprattutto a un attore è il compenso, è il clamore pubblicitario, è l'importanza della parte, non la sostanza del personaggio. D'altra parte, ci sono registi che non informano nemmeno gli attori sui personaggi loro assegnati e li usano, letteralmente, come strumenti ciechi.
Attrici ed attori, tuttavia, sono tra i personaggi più loquaci che si conoscano. Parlano anche se non hanno assolutamente nulla da dire. Certo, all'origine di questa loquacità ci sono anche le esigenze degli uffici pubblicitari, che tendono sempre a mantener vivo il personaggio dinanzi al pubblico per alimentarne la fama. Ma ci sono anche attori, e soprattutto attrici, loquaci per natura : persone che sentono la necessità impellente di giustificare pubblicamente ogni loro atto, per dimostrare quanto sia valida e coerente la loro personalità. E, presto o tardi, finiscono per naufragare nel ridicolo.
Rappresentante tipica di questa razza di chiacchieroni è Virna Lisi, un'attrice che, vedi caso, sputa sentenze perfino quando appare nelle scenette di «Carosello». Quando era ancora poco conosciuta e da molti considerata una giovane speranza del nostro teatro, Virna Lisi parlava poco. La prima crisi di loquacità l'ebbe, chissà perchè, in coincidenza col matrimonio. Quel giorno proclamò che avrebbe abbandonato il mestiere d'attrice per dedicarsi a quello di sposa e di madre: e, sebbene nessuno glielo avesse chiesto, giustificò questa sua decisione asserendo che il posto di una donna è accanto al marito e ai figli. Pausa.
Qualche tempo dopo, esplose la seconda crisi di loquacità. Chiamato un giornalista, Virna dichiarò che sarebbe tornata senz'altro al cinema. E, ancora una volta, fornì una giustificazione non richiesta della sua decisione: disse che non aveva avuto figli e che solo questo la spingeva a cercare nel lavoro una consolazione. Seguì ancora una pausa. Poi mise al mondo un figlio: puntuale, giunse una terza dichiarazione. Ho il mestiere d'attrice nel sangue, disse più o meno, e per questo non posso ritirarmi : ma sapeste come sono combattuta tra lo schermo e la maternità!
Questo combattimento continuò a lungo e non fu l'unico: a volta a volta, Virna Lisi comunicò al mondo di essere combattuta tra i teatri di posa e la cucina, tra le serate dinanzi al caminetto e i locali notturni (obbligo imprescindibile, secondo lei, di ogni attrice che si rispetti), tra le passeggiate con i figli e le mattinate all'istituto di bellezza. Cose, tutte, che ogni attrice potrebbe ripetere tali e quali : ma Virna Lisi sembrava averne l'esclusiva, perchè la sua loquacità la portava a credersi non solo una buona «madre di famiglia», ma l'unica, vera, autentica «madre di famiglia» esistente ancora al mondo.
E, infatti, un bel giorno, per completare il quadro, concesse una ennesima intervista sul suo rifiuto di interpretare un film di Roger Vadim «Il Castello in Svezia»: aveva rifiutato, disse, perchè il film prevedeva alcune scene «audaci» e una buona «madre di famiglia» non può, in nessun caso e per nessuna ragione, spogliarsi sullo schermo. Ancora una volta, la giustificazione giungeva non richiesta : ma la loquacità di Virna ormai straripava. Tanto è vero che, in quella occasione, ella dimostrò anche di giudicare severamente Monica Vitti che aveva accettato la parte da lei rifiutata.
Con questo, sembrava stabilito che la irrefrenabile Virna era tutta d'un pezzo: sullo schermo come nella vita. Senonchè, non molto tempo dopo, ecco che arrivano da oltreoceano alcune fotografie di Virna vestita quasi di nulla : e si apprende che a Hollywood la «madre di famiglia» sta per essere lanciata come la «vamp» del momento. Nuove dichiarazioni e nuova teoria : Virna dichiara di essere combattuta, questa volta, tra l'America e la famiglia. Al richiamo di suo figlio si oppone quello del cartellone pubblicitario montato sul famoso Viale del Tramonto, nel quale il suo nome campeggia a lettere gigantesche. Ma d'altra parte, ella conclude, il lavoro è una cosa e la propria vita un'altra.
Era necessario un torrente così gonfio di parole per arrivare a questo? Per arrivare ad ammettere che un'attrice, ottima «madre di famiglia», può tranquillamente interpretare, dietro un equo compenso, un film intitolato «Come uccidere vostra moglie»?
Giovanni Cesareo, «Noi donne», anno XXI, n.1, 2 gennaio 1965
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| Giovanni Cesareo, «Noi donne», anno XXI, n.1, 2 gennaio 1965 |
