Solo Hollywood ha scoperto che Virna Lisi può essere una diva

Trascurata in Italia, Virna Lisi ha trovato nella capitale del cinema americano estimatori convinti delle sue doti. L’apparente freddezza, il sorrìso, la fedeltà ad un solo uomo, qualità che a Cinecittà passano inosservate, in California le fruttano simpatie che le aprono le porte del successo
Roma, marzo
«Cosa avete da domandarmi?», mi chiede Virna Lisi con un certo tono di impazienza perchè i suoi tutori hollywoodiani le hanno concesso soltanto dieci minuti per parlare con me. Forse ha segnato sull’orologio l’esatto minuto in cui dovrà congedarmi. E mi fissa interdetta quando le rispondo che, da domandarle, non ho nulla. «Ormai ha già detto tutto, che Hollywood non le piace, che l’organizzazione del cinema americano è soffocante eccetera eccetera... Mi pare che a me non resti che fare la sua conoscenza», rispondo con la semplicità di un elefante. Virna si mette gli occhiali e gli occhi li spalanca come per contenervi quanto più può di indignazione. «Non ho mai detto che Hollywood non mi piace», risponde vivacemente su un tono di irritazione e di dispetto temperato da una sommessa amabilità, «ho detto esattamente il contrario: che adoro gli Stati Uniti, che mi piace lavorare secondo i metodi hollywoodiani, che laggiù c’è più rispetto per l'attore...».
Virna Lisi abbraccia il figlio Corrado, di due anni e mezzo, che l’ha accolta all’aeroporto di Fiumicino al suo ritorno da Hollywood. Virna Pieralisi (è il vero nome dell’attrice prima del matrimonio con Franco Pesce) ha esordito nel 1953 con ”La corda d'acciaio”, un film di Carlo Borghesio. Da allora ha preso parte ad oltre venticinque film, nessuno dei quali ha ottenuto particolare successo. Prima del viaggio ad Hollywood la popolarità di Virna Lisi era rimasta legata in particolar modo ad alcune recenti trasmissioni televisive.
«Allora», insinuo, «è in polemica con il cinema italiano? ...». La domanda è pertinente.
«Cosa mi vuol far dire?», replica con fredda cortesia. Se le rispondessi, richiamandomi a una pubblicità televisiva, ”con quella bocca può dire ciò che vuole”, forse sarei costretto a prendere cappello e cappotto e lasciare la sua casa come indesiderabile. Virna mi inviterebbe a uscire con infinita cortesia perchè anche quando si decide a queste misure, un certo stile seguita ad osservarlo. Se dovesse ammazzare ella ammazzerebbe con tatto.
Il fatto è che la cortesia è appannaggio di questa donna, è la sua specialità, il suo paradigma, una complicatissima liturgia che ha escogitato per imporre una pausa, almeno formale, in un costume di vita, quello del cinema, dominato dall'orgoglio, dagli egoismi e dalle vendette. Così ella evita ogni accenno al cinema italiano, ai produttori italiani che in tutti questi anni l’hanno trascurata facendole sorgere un complesso di insufficienza.
«In Italia — dice con un piacere così acuto da suonare simile a un rammarico — si fa credito soltanto alle straniere».
Ecco la risposta alle Catherine Spaak, alle Michèle Mercier e alle altre stelle in ascesa del cinema italiano ma che Hollywood sdegna mentre lei, Virna, i grandi del cinema americano se la litigano a suon di lauti contratti. Giornali e riviste sono pieni di lei; e quel che vale una laurea in celebrità, Look, le ha messo alle costole un giornalista che da due mesi segue ogni sua mossa, spiandola per fare di lei un ritratto completo. Nel ruolo di dea dell’amore che Hollywood le vuole assegnare, la Lisi sarà tra non molto nota agli americani più intimamente delle loro mogli e delle loro sorelle. Un fotografo della stessa rivista l’ha ripresa in cinquemila diverse pose e atteggiamenti. Con avidità ha bersagliato il suo viso cercandovi i tratti di una vamp potenziale o ha forse scoperto il quid sensuale di questa attrice che devq prendere il posto che fu di Marilyn. Ha registrato la intera gamma delle emozioni, dalla petulanza della brava figliola al divertimento fanciullesco; ha "fermato” il vento mentre frusciava nella massa dei suoi capelli biondi sottoposti a frequentissime lavature, ha immortalato per sempre le sue labbra carnose mentre sospirano parole d’amore. Tramite l’occhio sensibile della macchina fotografica ha osservato il bellissimo corpo sottile e procace.
Agli americani è ormai familiare ogni dettaglio della orgogliosa, sicura andatura di Virna e si occupano con avidità della sua persona ideale mistura di sana, giovanile bellezza, condita appena di provocante dignità latina e esotismo felino. E non hanno mancato di notare come l’aspetto di Virna contenga sottili tracce di altre standardizzate impersonificatrici del divismo; lievi pennellate della espressione predatoria della Grace Kelly, la domestica sensualità di Ann Sheridan, la splendida freddezza degli occhi di Carroll Baker.
Non hanno trascurato di seguire da vicino le vicissitudini della sua vita privata che è però povera di grandi avvenimenti. In una società puritana come quella di Hollywood questo le giova. Se si astrae da quei fortunati pochi maschi che occasionalmente la portano a ballare o a giocare al tennis, c’è solo un marito che ha la passione del giuoco del calcio. In Italia tutti questi dati statistici che, piamente, gli agenti americani intonano, non sono stati mai considerati; i nostri produttori non si sono mai accorti che Virna Lisi ha tutto quello che occorre per fame una stella completa; che allenandola come si deve poteva diventare anche in Italia un vero crack della nostra scuderia cinematografica. Ma cosa si può aspettare da questi bravi commendatori che, obesi di spaghetti, perdono ogni domenica alle Capannelle? L’esser caduta nel raggio di osservazione di Hollywood equivale per lei a un crisma di irresistibilità. Prima Virna aveva una quotazione, un suo pubblico, una o due automobili fuori-serie, una villa con piscina, e persino, limitatamente ai mercati depressi, un prestigio straniero.
«Non ha popò», dicevano i produttori italiani per dire che era uggiosa, passiva, insignificante, senza accento personale, senza quel magnetismo spontaneo delle donne sexy. Ora come la mettiamo? Hollywood si potrà discutere sul piano dell’arte, ma non su quello del fiuto per le belle attrici. Di Virna non sappiamo ancora se sarà una stella grande, media, piccolina; ma sappiamo bene che nasce. In Italia la lucentezza di questa stella si affievoliva. Perchè non avrebbe "popò”. Può essere un argomento valido, in nome del cielo?
Gli americani le hanno scoperto qualcosa di più; oltre al collo di cigno, un portamento regale. Virna non lo dice, ma fa intendere che in Italia le cose per lei sarebbero andate in altro modo se si fosse giovata della politica delle alleanze, vale a dire se fosse entrata nella sfera protettiva di un produttore. Adesso che è diventata una star potrebbe dire senza reticenze ciò che vuole.
Ma Virna è cauta; ha stemperato l’arroganza di chi ha successo nell’ironia. Ha il graffio fulmineo e a sorpresa del gatto. Tra le sue unghie lasciano brandelli di pelle un po’ tutti, ma con galateo formale, cioè con cortesia. Gina Lollobrigida la muove a compassione: «Deve essere duro — dice — entrare nella parabola discendente dopo avere combattuto tutta una vita per restare allo zenit». Ammira Sofia Loren perchè alla causa del divismo dedica tutta se stessa, senza tentennamenti, «Il mio caso — dice con distacco — è differente. Le mie ambizioni non sono molto alte, sebbene sia ambiziosa, ma ho anche e soprattutto una vita privata, un marito e un figlio».
In un locale notturno di Hollywood, Virna Lisi si fa accendere una sigaretta da Jack Lemmon, suo "partner” in "Come uccidere vostra moglie”, il primo film americano dell’attrice. Virna ha sottoscritto un contratto che la lega per cinque anni ad Hollywod, anche se tutti i suoi film non verranno girati in California. Quest’estate l’attrice interpreterà a Venezia la sua seconda pellicola "americana” di cui non è ancora noto il titolo: si sa solo che protagonista maschile sarà Buri Lancaster.
Tra i teatri di posa, le lampade fotoelettriche, i contratti favolosi, gli applausi da una parte e la quieta raccolta vita familiare dall’altra è tra argini sicuri. Per il pubblico e il marito, Virna è sempre stata moglie e madre esemplare; nessuno è mai riuscito a sorprenderla in un momento di debolezza, non un flirt, un cheek to cheek, niente, e le poche storie ventilate sono risultate false o perlomeno del tutto improbabili.
Dicono che sarebbe disposta ad affrontare qualsiasi sacrificio pur di salire le scale della notorietà. Non le è mai andato di rimanere confusa nella folla anonima delle aspiranti alla notorietà. Ora che c’è riuscita avrebbe voglia di dar sfogo ai risentimenti che bollono nel suo corpo. Ma c’è il coperchio della cortesia. Non fa nomi, parla dell’Italia, di Roma città paciosa e approssimativa, nella quale si sente poco a suo agio «perchè la gente è indiscreta, inquisitoria e non ammette che una diva possa vestirsi, come ad Hollywood, in maniera semplice per recarsi al ristorante o in un locale».
Virna vuol apparire una bellezza sobria, un personaggio semplice, alla mano e privo dell’alone mitico che circonda con patente artificio, le grandi veneri della celluloide. Ma anche la creazione di un prodotto "semplice” richiede, nel cinema, un laboriosissimo studio. Il maquillage del suo viso è studiato in modo da rendere l’impressione di un viso assolutamente privo di trucco. Che si tratti di un finto trucco mascherato, un lavoro ricercatissimo di cesello? Scruto le sue labbra per vedervi un velo di rossetto color naturale.
Sulla scorta di quello che mi avevano detto prima di incontrarla nella sua abitazione, sospetto che Virna adotti un comportamento esattamente contrario a quello delle dive e che in omaggio all’antidivismo si dimostri alla mano come una semplice madre di famiglia cui il successo non ha dato alla testa. Se queste sono le direttive che le sono state date, bisogna riconoscere che ella le attua con lodevole disciplina ma anche senza apparente sforzo al punto da far nascere il sospetto che, dietro il suo antidivismo, non ci sia alcun artificio. Ormai siamo cosi convinti che cinema e naturalezza, per quanti sforzi si facciano, non sono facilmente conciliabili, che non si riesce più a discernere il vero dal falso.
Restano i giudizi spietati («Delon è un isterico arrivista». «La Vitti e Antonioni non mi dicono nulla». «Gli italiani parlano sempre di donne e non le conoscono») che hanno un timbro genuino. Anche quando pronuncia una condanna con quella bocca, Virna sembra sempre che la faccia seguire da un’amnistia. Insomma è una donna di razza; con il sorriso sulle labbra può anche uccidervi. Cortesemente, si capisce.
Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVII, n.11, 7 marzo 1965
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| Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVII, n.11, 7 marzo 1965 |
