Rosanna Schiaffino: corpo perfetto e volontà di ferro

1964 07 11 Tempo Evi Marandi f0

Queste sono le due grandi carte che hanno permesso a Rosanna Schiaffino di uscire dalla schiera delle aspiranti al successo per imporsi come diva di valore internazionale. Ma a impedirle molti errori - è la stessa attrice a volerlo sottolineare - hanno contribuito la presenza e i consigli della madre

Roma, aprile

«Fare l’attrice è un’attività che mi aiuta a passare la vita. Ecco tutto. Recitare è ormai il mio mestiere. Mi piace farlo. Ma non mi rovinerei resistenza se un giorno mi accorgessi di non essere più sulla cresta dell’onda. Da quel momento sarebbero la mia vita privata, i miei affetti a riempire le mie giornate». Queste parole cosi semplici, così tranquille hanno l’accento della sincerità sulle labbra di Rosanna Schiaffino, e contengono una piccola morale: ci avvertono che una creatura umana, uomo o donna che sia, non raggiunge mai un equilibrio interiore, ossia una certa pace dentro di sè, gettandosi anima e corpo nel frastuono e nei trambusti del cinema senza un certo distacco, cioè facendone il solo scopo della vita.

Ecco dunque un’attrice di oggi. Chi ha detto che sono tutte sciocche o presuntuose? Alcune di esse, a parte la loro grazia, a parte l’eventuale bravura, posseggono persino una conversazione gradevole. Rosanna Schiaffino, per esempio, sa parlare con distacco delle proprie avventure filmiche, della sua vocazione a una vita felice. Appena sette anni fa. quand'era quindicenne, le sue frasi erano uno sconquasso della sintassi e della grammatica. Ora parla con un rispetto assoluto dell’analisi logica e soggetto, verbo e complemento oggetto si susseguono ordinati. Come può cambiare una donna in pochi anni! «Sì — mi dice Rosanna — ma gli anni decisivi sono quelli che stanno a cavallo dei vent'anni».

Lo sappiamo tutti quanto era bella colei che Life indicò come «la tipica bellezza italiana» definendo "perfetto” e "unico" il suo corpo. Chiunque ravvicinava restava incantato. Lo restò anche chi vi scrive qui, una giornata d’autunno di otto anni fa, quando la vide ballare; in uno spiumio di sottane intravide gambe perfette. Rosanna era uno splendore, una gran meraviglia. I suoi occhi neri, gli zigomi alti, i colori del viso, che non erano artifici di cosmetici, ma un bel dono della natura, le conferivano una carica aggressiva. La sua bellezza corrispondeva, come corrisponde tuttora, ai canoni della bellezza classica ma il suo temperamento, il suo carattere la designavano come facile pretesto di ironia. Una folla di calabroni le ronzava attorno, e che calabroni! C’era è vero la madre che le stava alle calcagna, ma questa presenza alimentò ancor più gli spunti malevoli. Rosanna era insomma una delle tante ragazze che hanno visto sui giornali le immagine della leggenda di Cinecittà, e, ogni anno, attratte da quella casistica di Cenerentola al ballo, si muovono alla conquista di Roma.

1965 04 14 Tempo Rosanna Schiaffino f1Rosanna Schiaffino sta salendo su un "riksciò” in una via di Hong-Kong, dove l’attrice ha interpretato recentemente un film di spionaggio accanto a Stewart Granger. In Italia la Schiaffino si appresta ora ad essere la protagonista di un film prodotto dal marito, Alfredo Bini, e diretto da Mauro Bolognini, "La Mandragola", ispirato alla celebre commedia di Machiavelli.

Rosanna non si vergogna a confessarlo. «Qualche volta — mi dice — ripensandoci vibro di paura retrospettiva. Dovevo apparire come una matta. D'altra parte, mi dico ora, il mio traguardo doveva essere necessariamente il cinema». Quella madre sempre appiccicata a lei e che. con molto spirito, ha tollerato gli strali di carta delle penne salaci, in fondo è stata una atout del suo successo. «La mammina, come la definivano, è stata molto abile a infondermi coraggio. Lei sapeva meglio di me che giocavamo una partita importante e forse rischiosa». La Schiaffino difende ad oltranza la madre. Alla signora Schiaffino i giornali mettevano in bocca battute come queste a proposito della figlia; «Lo sa che oltre al resto ha il diplomino della scuola interpreti?». oppure: «Entrare nel cinema è come giocare alla roulette. Si punta quel che si ha per vincere o perdere tutto».

"Mi è stata molto utile"

Ora questa mammina si è ritirata. «Ha una bella casa — dice Rosanna — fa i suoi viaggi... Per sua figlia ha già fatto molto... E’ bene che si riposi». In fondo queste madri che affrontano a volte il ridicolo dietro le loro figli» lanciate disperatamente verso il successo, hanno qualche merito. Il caso della Schiaffino lo dimostra; senza questa guida su cui s’appuntavano sarcasmi e dileggi, le cose sarebbero andate per lei in un altro modo. Adesso questa signora s’è tirata indietro sicura che la figlia non farà passi falsi. Senza di lei, Rosanna non ha timore di dirlo, sarebbe forse ora uno dei tanti cenci umani che il vento della celebrità intravista sbatte di qua e di là, trascina e sporca. E forse ora come risultato finale avrebbe soltanto un senso invincibile di fatuità, persino di disgusto insuperabile verso se stessa. Sono esperienze di ogni giorno. «Solo ora capisco quanto mi sia stato utile avere mia madre accanto... Senza di lei forse non sarei mai riuscita... Con molto "humour" mia madre ha sopportato i sarcasmi, le prese in giro, ma mi è stata sempre vicino... Io le sono molto grata...».

La congiura dei produttori

Chi sta in mezzo al cinema sa che queste provinciali cadono spesso preda di avventurieri o passano da un amore all’altro attraverso una resa di ogni giorno, un cedimento continuo, mentre via via si afflosciano le resistenze della coscienza. La madre di Rosanna queste cose le ha capite. Ragionando con lucidità, ha fatto una diagnosi precisa e ha orientato la figlia. Prima ancora che la gente cominciasse a sospettarlo diceva di essere "un po’ matta". Ora la figlia le è grata. Rosanna continua per la sua strada senza essere divorata dalla nevrosi del successo. Contrariamente a quanto fanno alcune sue colleghe. Rosanna è di una calma perfetta. Dietro quella fronte c’è una solidità di acciaio. Ha forza di carattere. Qualche anno fa ruppe con un nolo produttore che le imponeva , è lei che lo racconta, di ragguagliarlo quasi ogni ora su cosa facesse. «Non ero libera di pensare, di avere una vita indipendente... Ma che dico?, di dirmi chi sono, cosa faccio... Ho sopportato un pò, poi mi sono ribellata...».

Gli abitanti di Hong-Kong sono abituati, ormai, a vedere senza emozionarsi divi di fama internazionale circolare per le loro strade: ma la presenza di Rosanna Schiaffino è valsa a destare il loro interesse. Dopo il matrimonio con Alfredo Bini, la bellezza di Rosanna si è raffinata ed ha acquistato un sapore più sottilmente "sexy”. Rosanna ha ventitré anni: esordì giovanissima davanti alla macchina da presa.

Nessuno si aspettava un gesto simile da parte di Rosanna, un gesto che poteva compromettere il suo avvenire. Per continuare a lavorare andò in Francia e in Inghilterra; fece un film dietro l’altro. «Quella vicenda —» mi dice — che poteva annientarmi risultò alla fine salutare... Ho avuto modo di aprirmi i mercati cinematografici stranieri... In Italia per un po’ ci fu la congiura dei produttori che non volevano farmi più lavorare...». La prima occasione che ci fu dato di stupire di Rosanna, risale a quel tempo quando pur di tornare "libera” pagò circa trenta milioni al produttore e ruppe un contratto. Tutto ciò non solo era anticonvenzionale, ma anche ardito; una valida ragione per attenuare le antipatie di chi la giudicava un'accorta calcolatrice. Questa alzata di testa incrementò lo sbalordimento in chi l’aveva giudicata e incasellata. Rosanna diventava un’altra, scompigliava i preconcetti. La bambola non era più bambola.

Ma chi l’aveva vista nella Sfida s’era accorta che sapeva soffrire e piangere; e lo faceva con spontaneità. La circostanza che l’avesse diretta quella volta Francesco Rosi, ha il suo peso, mancherebbe altro che si trascurasse; ma insomma, la supposizione che la sua pelle di velluto contenesse solo scagliola. solo allora si dimostrò ai più falsa. C’erano interiora e interiorità, senza che prima risultasse.

Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVII, n.15, 14 aprile 1965


Tempo
Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVII, n.15, 14 aprile 1965