Rosanna Schiaffino ha paura dei suoi ricordi

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Rosanna Schiaffino tiene chiusi in una stanza della casa della madre i documenti del suo passato. Quando le cadono sotto mano non può fare a meno di piangere: ha penato tanto per affermarsi che, a ventiquattro anni, teme di essere ormai vecchia

Roma, gennaio

E ora nella sua esperienza c’è anche Notre-Dame di notte, il suono del grande organo, la gente che si pigiava dentro e fuori la cattedrale per assistere alla discussione sul Vangelo di Pasolini, migliaia di persone. «Sembrava — dice Rosanna — la notte di Natale». C'erano cattolici, marxisti, africani, preti, padri gesuiti, tutto un fervore di cui loro tre, e cioè l’autore del film. Bini, il suo produttore, e lei, come moglie del produttore e un po’ madrina del film («L’ho visto nascere, l’ho seguito giorno per giorno»), erano se non il centro, il pretesto visibile. «E' andata a Notre-Dame a fare il Vangelo», diceva mamma Jasmine a chi le chiedeva di sua figlia in quei giorni.

E si sentiva nella sua voce l’impotente nostalgia di chi avrebbe voluto essere là, in quel momento, e tuttavia capiva come ciò fosse superiore alle sue forze, mica l’andare a Parigi, perchè da quando "si è messa a riposo" la signora Jasmine non fa che viaggiare, ma la capacità di portare sua figlia tanto in alto, fino alla cattedrale di Notre-Dame, il che sembra concesso solo a quel diavolo di suo marito, il quale ha un cervello che gh frulla, e comunque sa creare con l’aiuto della fortuna, del poeta-regista e dei padri gesuiti (del centro Richelieu) occasioni pubblicitariamente formidabili, utili a tutti. A se stesso, a Pasolini, e anche a sua moglie.

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E’ vero che il discorso si potrebbe invertire, mettendo come soggetto al posto di Bini, Pasolini, ma il prodotto non cambierebbe. E poi, oltre Notre-Dame, nell’esperienza di Rosanna ora c’è anche Budapest, la nebbia di Budapest e il calore degli ungheresi, le canzoni a non finire («E' la Napoli della situazione»), la curiosità delle donne, l'ammirazione degli uomini. Subito dopo Parigi sono andati nella capitale ungherese, con lo stesso film, ma per un'altra occasione: la settimana del cinema italiano. E le parti si sono invertite, perchè se è vero che il Vangelo ha avuto l’applauso ”di ferro”, che sarebbe un applauso scandito secondo un ritmo speciale, Rosanna ha avuto qualcosa di più.

Il piacere di sentirsi popolare, gente che le parlava dei suoi film: «Li hanno visti tutti, dalla Sfida in poi...», che la riconosceva, che la rincorreva chiedendole autografi, e siccome non esistevano sue fotografie, tutti a comprare (per farsela firmare) una certa rivista che, per caso, in quei giorni le aveva dedicato la copertina, sicché essa ha fatto la fortuna di quella pubblicazione, mai tante copie vendute da quando esiste. Sono stati giorni elettrizzanti, anche per Alfredo Bini, il quale si sentiva fiero non solo per il film e la popolarità di Rosanna, ma per il semplice fatto d’avere una moglie italiana. C'è una tradizione, in Ungheria, iniziata dal vecchio Mathias.

Tradizione i cui effetti han resistito al tempo e ai mutamenti di regime, secondo la quale, siccome i re magiari la moglie andavano a cercarsela in Italia, le italiane godono colà fama di donne speciali, bocconi sopraffini, "mogli di re” insomma. E il Bini, che già a Parigi (sempre per via della cattedrale e dell’organo) si era ricordato di Napoleone, a Budapest si è sentito in un certo senso re. Qualcosa di meno ma sempre qualcosa d’importante. Si capisce quindi che sono tornati col sorriso sulle labbra, come si vedono in tutte le fotografie che li ritraggono insieme e dove sembrano, lui col baffo all’inglese lei toccante nella sua semplicità, la personificazione della famiglia neo-felice-italiana.

In queste ultime settimane la Schiaffino ha accompagnato il marito e Pier Paolo Pasolini in giro per l’Europa per la presentazione e il lancio del "Vangelo”. Nel diario dei suoi impegni futuri spiccano due nomi: ”La mandragola” (in una riduzione moderna, ci sarà anche Manfredi) e "L’avventuriero”, da un racconto di Conrad.

La gelosia di Ferrer

Ma ciò, occorre dirlo, non è soltanto pubblicità, «fa marche...», come dicono i francesi, e cioè il loro matrimonio va bene, si è trasformato anche in un’alleanza professionale. lui dà una mano a lei, lei a lui, d’amore e d’accordo, con un’intesa rodata dall'esperienza e dalla reciproca stima. E se c'è qualcuno che in questa situazione un po’ soffre: «Ormai fanno tutto da soli». si lamenta con dolcezza la signora Jasmine, soffre per la sua improvvisa inutilità, la consola tuttavia il vedere come sono in gamba, la figlia e il genero, nonché la presenza assidua di Rosanna. «Non passa giorno — dice — che io non vada a trovarla». Da soli hanno fatto La corruzione.

Un film che ormai ha fatto il giro del mondo; «E mi ha portato, di rimbalzo, proposte interessanti»; e insieme a Mel Ferrer, ora hanno girato Il Greco, sulla vita del mistico e tormentato pittore "spagnolo”. Terminato da poco, con grande impegno da parte di entrambi gli attori. Rosanna, come al solito; Ferrer forse più del solito. Perchè da questo film, di cui ha avuto l'idea, che ha seguito in fase di sceneggiatura, sorvegliato durante la lavorazione con una pignoleria perfino fastidiosa, "egli si aspetta molto”. Sia come attore che come uomo. Ed è poi la stessa cosa che va cercando da anni, cioè quell’affermazione clamorosa che gli permetta di sentirsi non inferiore a sua moglie

Anche se Rosanna: «Audrey e Mei — dice — mi son sembrati una coppia felice», in realtà Ferrer è roso dal tarlo della gelosia, le tenta tutte (anche la regia, la produzione); per affermare la propria virilità e ciò dà come risultato un carattere complesso, agro, discordante, «Un debole — le dico — con un orgoglio superiore alla sua personalità», e Rosanna si limita a sorridere. Coerente con la politica di fair play verso i colleghi, felice però che la sua situazione personale sia ben diversa. Ugualmente in gamba, lei e suo marito. Entrambi capaci di stare in piedi da soli. Assolutamente senza problemi di rivalità. Il Greco uscirà nel prossimo autunno.

La madre di Rosanna, signora Jasmine, un tempo onnipresente, abita invece in un’altra parte della città. Il film più recente girato dall’attrice è ”Il Greco”, a fianco di Mel Ferrer che ne ha seguito con rigoroso impegno anche la sceneggiatura (l’idea era sua). Prima di sposarsi con Alfredo Bini la Schiaffino è stata per un certo tempo anche produttrice di se stessa.

A quell’epoca avranno realizzato, sempre insieme, altri due film. L’avventuriero di Conrad e La mandragola del Machiavelli. Un progetto, quest’ultimo, ormai maturo che li entusiasma molto. E se a questo punto uno le chiede, ma insomma ormai lavora soltanto per suo marito, e ciò che impressione le fa? «Bella», risponde Rosanna con convinta serietà. «E’ bello avere qualcuno con il quale discutere schiettamente, sapere che non ha nessun secondo fine per nasconderti la verità». Quello dell’attore è un mestiere dove si tende ad essere adulati, e bisogna difendersi in ogni modo da questa ingannevole tentazione. E poi suo marito produce un tipo di film che a lei va bene, perchè la interessano anche come donna e che l'aiutano a svincolarsi da quel cliché di TRI (tipica ragazza italiana), che le ha dato e le dà, è vero, molte soddisfazioni.

Soprattutto sul piano della carriera, specie in America. Proprio in questi giorni («Ha visto Variety?») hanno scritto che ad Hollywood ormai la considerano un’attrice ” imported”. Vale a dire assimilata, all’altezza delle dive autoctone. E ciò va benissimo, ma per 4 mesi l’anno, non più; altrimenti uno è costretto a ripetere continuamente le medesime cose, a bearsi d’un successo standard. Nel migliore dei casi, vien raggelata in diva, disossata come persona, fruita dal pubblico come emblema. E ciò non può colmare una vita, dare soddisfazioni sufficienti; oggi le sue ambizioni sono diverse.

«Ad un certo punto della vita — dice Rosanna — avviene proprio un cambiamento mentale. Si comincia a guardare le cose da un altro punto di vista. Si capisce che la vita è troppo breve perchè uno possa sprecarla facendo cose che non ti vanno a genio.» I segni di questo cambiamento si scorgono ogni giorno nel suo modo di comportarsi, talvolta sorprendono anche suo marito. Per esempio, la profonda pigrizia che s’impossessa di lei quando non lavora. Una forma di recupero delle energie spese quando (come dice sua madre), «mette la spina».

II suo «giocare a far la signora». La sua paura della morte. I suoi interessi per la lettura, la politica. «Certo, non siamo mica soltanto degli oggetti messi in vetrina».

"Mi sono sentita vecchia"

E soprattutto («quantum mutatus ab illo!»), la sua idea che la carriera non è la cosa più importante della vita. «Ah, può giurarci». Crisi esistenziale dell’attrice diva: si può definire così, e la Schiaffino non è la sola a provarla. Alcune delle giovani che vengono su ora, questa consapevolezza: il rifiutarsi ad essere usate come strumenti, l’hanno nel sangue; e talvolta (vedi la Sandrelli) è più forte del loro carattere, delle loro ambizioni. le sopraffà. Altre la scoprono in ritardo, e allora son piene di rimorsi, di scontentezza (non è un po’ il caso della Lollo?), si lamentano col poeta Verlaine: «Dis moi, qu'a tu fais, qu’a tu fais de ta jeunesse?».

E magari — segno di saggezza — cercano di rifarsi con una maturità più frivola. In Rosanna questa coscienza è nata al momento giusto. E’ giovane, ha 24 anni soltanto, un'esistenza davanti a sè. Giorni fa era andata a trovare la madre dall’altra parte di Roma. Mentre lei abita sull’Aventino, la signora Jasmine ha voluto restare nel quartiere nel quale ha combattuto, per anni, le sue «ardue battaglie».

La casa è nuova, molto grande, a due piani: quello superiore era stato riservato a Rosanna, che però non l’ha mai abitato perchè quando stava per occuparlo si sposò. C’è una camera da letto, uno studio incompiuto. Nello studio ci sono album, pacchi di fotografie, di giornali.

Tutti i ricordi e le testimonianze della prima parte della sua agitata carriera. La madre riposava: per ingannare l’attesa; Rosanna salì nello studio e, com’era solita fare una volta, cominciò a sfogliare, a rileggere. «Ma via via che sfogliavo, via via che leggevo — dice — sentivo crescere dentro di me uh magone, sempre più forte, sempre più forte». Ogni foto, ogni articolo evocava un ricordo, non lieto: una corsa, una tensione, uno sfacchinare dietro al successo. «E ad un certo punto non ce l’ho fatta più, mi son sentita vecchia, ho dovuto smettere, correre fuori, infilarmi in un parco, respirare, sentirmi vivere». Ecco, una brava ragazza, pardon, signora, seria consapevole di sentimento: Rosanna Schiaffino 1965.

Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.3, 20 gennaio 1965 - Fotografie di Angelo Frontoni


Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.3, 20 gennaio 1965 - Fotografie di Angelo Frontoni