Sylva Koscina si fa parigina
Anche per Silva Koscina, scoperta dai produttori francesi, si aprono finalmente le porte della popolarità internazionale. Per lei Parigi può rappresentare inoltre la soluzione dei suoi problemi sentimentali
Roma, maggio
Ora anche Silva Koscina (come Sordi e la Loren, come la Lollo e Virna Lisi) ha la sua villa in campagna, e in questi giorni la villa è piena d'amici e di conoscenti. Arrivano da Roma, a frotte, seguendo le indicazioni di Raimondo Castelli: «Dalla strada si vede subito, c’è un muro lungo». E infatti è vero, si vede subito, perchè il muro oltre che lungo è vivace, di colore bruno e ocra, alternati. Un muro di tufo a petit point, lungo 300 metri, che racchiude tre e più ettari di terra, i prati a pelouse e i vigneti, gli ulivi centenari e i giovani cedri del Libano, questi ultimi piantati da Silva, «con le sue mani», e cresciuti con incredibile rapidità. Proprio come nei film sulle "meraviglie della natura” o nei cartoni animati di Walt Disney.
«L’anno scorso — dice l’attrice — erano alti appena così, da terra...». E tutti fingono meraviglia e stupore, tutti seguono l’attrice nel suo inebbriato giro di presentazione della sua proprietà. Si visita il "cottage” estivo, si ammirano i mobili portoghesi e rimpianto di riscaldamento: ci si intenerisce sulle punte tenere dell’insalata nell’orto e sulla nidiata d’anatroccoli, spaventati da tante signore con le dita adunche e con pantaloni da uomo, e da tanti signori in colori celestino e crema, da donna. Si cammina per i viali nascenti e futuri, tra uno sgambettare di cani di razza che si rincorrono, annusano e corteggiano, molto più dei loro padroni.
Naturalmente c’è qualcuno che chiede: «E la Loren, dove sta la Loren?». Silva si alza sulla punta dei piedi: «Ecco, vedete quegli alberi sulla collina? La villa di Sofìa è lì dietro». Qualcun altro domanda: «E Virna Lisi?». L’attrice piroetta sulla sua sinistra, alza un dito: «I Pesce — risponde, calcando lievemente sulla parola Pesce — abitano là, in quella casa rossa». E queste voci, questi toni, questo appagato amor proprio si ha l’impressione di averli già sentiti altre volte, molti anni fa. forse cento e più anni fa. Per esempio, nei romanzi borghesi di Balzac o nei Buddendrock di Thomas Mann. Ma questo che conta?
Si sa che tutti gli attori sono dei borghesi in ritardo, che rifanno senza saperlo il verso a robusti antenati altrettanto ingenui nella loro vanità di mostrare il benessere e il buon andamento dei loro affari. Quello che conta è che tutto ciò per Silva Koscina significa essere arrivata. Aver finalmente superato quell’invisibile ”color line” che divide le attrici dalle dive, gli eletti dagli altri. Ce n’è voluto ma ce l’ha fatta. Giorni fa, è stato qui Luchino Visconti con Domietta Ercolani, e la loro visita ha avuto il sapore di una "investitura” ufficiale.
Silva Koscina sfoggia i suoi nuovi costumi per l’estate imminente: nella foto sopra indossa il "due-pezzi" a rete, di gran moda quest’anno; sotto, porta un fantasioso "pezzo-unico”. Silva spera molto nel 1965 per la sua carriera futura: è stata una delle interpreti del nuovo film di Fellini, "Giulietta degli spiriti”, mentre in Francia sta per essere presentato "Corpo a corpo”, in cui lavora al fianco di Lino Ventura. I programmi futuri di Silva sono ambiziosi e densi di impegni; l’attrice sarà con Paolo Ferrari e Anouk Aimée una delle protagoniste di "Morbidone" diretto da Massimo Franciosa, mentre in Francia è attesa per un film di Jean Delannoy. Silva Koscina ha esordito dieci anni fa nel "Ferroviere" di Pietro Germi. Da allora l’attrice ha preso parte ad una cinquantina di film, molti dei quali in costume.
Una polizza sul futuro
La sua partecipazione all’ultimo film di Fellini (che sarà contrassegnata proprio cosi: «E con la partecipazione di Silva Koscina», cioè «il mio nome da solo, non confuso con gli altri») è il fiore all’occhiello; ma la vera ragione dell’attuale floridezza dell’azienda Koscina-Castelli (seimila litri di vino e dozzine di uova al giorno in termini agricoli; un bel mucchietto di milioni in termini di quotazione di mercato) sono i suoi "commerci con l’estero”. La carriera di Silva ha avuto un giro di boa proprio quando ha cominciato a trafficare con Francia e Inghilterra; pochi se ne sono accorti, ma i molti non ne hanno colpa.
Sono tanti anni infatti che la vediamo, la sua presenza ci è diventata così familiare che ci sembra sempre d’averla per casa, la Koscina. Di aprire la porta e di trovarla nel soggiorno, che chiacchiera e chiacchiera, o in camera da letto, che naturalmente si specchia, si spoglia o si fa massaggiare. Moglie, sorella o zia, a seconda dei punti di vista: come le piace di dire. Invece da un po’ di tempo Silva ha preso l’uscio di casa, e se tutti i suoi progetti andranno a buon fine (progetti di lavoro suoi, privati), c’è caso che da un giorno all'altro ce la ritroviamo non solo diva internazionale ma francese e sposata. Sta succedendo alle nostre attrici come a certe aziende del Nord. Un bel giorno cambiano proprietario e nazionalità.
Tra le attrici oggi ci sono due gruppi: il gruppo americano e quello francese. Il primo (di cui fanno parte la Lisi e la Cardinale) ha fatto più scalpore, ma il secondo è probabilmente il più pericoloso. Hollywood è un colpo di fortuna che può anche durare l'éspace d’un matin; Parigi no. Parigi assimila, Parigi naturalizza, Parigi sposa.
Se ne parla, e la cosa di cui si mostra più soddisfatta è proprio questa assimilazione da parte dei cugini d’Oltralpe «E’ difficile — dice — entrare nelle loro grazie, oh, se è difficile». Sono ipercritici, esigenti, nazionalisti, duri. Vedi la stessa Loren, quanto ci ha messo prima di essere accettata. Non furono loro a definirla: «Une actrice qui ouvre les portes avec sa poitrine»? Ma se poi, essi stessi, ti aprono la porta, be’, allora, a parte tutto, questo è un onore di cui può andare fiera.
«Sono venti anni di carriera assicurata. La possibilità di recitare in teatro. Una polizza sulla vita». Silva è convinta d’aver già firmato questa polizza, per ora con i critici parigini, i quali hanno intinto la penna nello zucchero recensendo il suo film inglese con Dirk Bogarde. «Montrez-nous davantage Silva Koscina» (fateci vedere più spesso la Koscina), ha scritto Chauvez sul Figaro: e Aubriant: «Elle est claire, belle, elle sait jouer...». Tra breve spera di firmarla anche col pubblico, quando uscirà Corpo a corpo, il film che ha girato con Lino Ventura, e che considera la sua grande carta. Basti dire che la sua parte doveva farla Jeanne Moreau; poi la Moreau è andata al Messico, e subito l’hanno offerta a lei.
Così è giusto che dica: «Questa volta si vedrà una Koscina del tutto inedita». E’ giusto che si dimostri (anche se ciò non è nuovo) entusiasta. Il film con Lino Ventura ha segnato veramente una grossa svolta: non solo nella sua carriera, nella sua stessa vita. «Ora — dice — il centro della mia attività si è spostato. D’ora in poi vivrò spesso all’estero». E quando si comincia col dire così, si sa anche dove, prima o poi, si va a finire. Si va a finire nell’anticamera del ministro degli Interni francese a chiedere la cittadinanza di quel Paese. Sta diventando quasi un vezzo: ha cominciato Ponti, l’ha seguito De Sica; ora è venuta la volta di Silva Koscina?
O, meglio, la volta di Raimondo Castelli? L’argomento la trova anziché reticente, preparata e aggressiva. Scatta come una molla non appena lo abbordo. Il suo esordio è deciso. «E’ un’idea — dice — che coltivo da molti anni. Un giorno, perchè no?, può diventare una soluzione anche per me e per Raimondo». Il contesto del discorso è patetico. «Sono dieci anni che ci conosciamo e ci vogliamo bene: quanti matrimoni durano tanto? Anch’io, tra qualche anno, voglio avere dei figli. Anch’io ho diritto (più di tante) ad essere chiamata signora». La conclusione è pratico-legale. «Il fatto che io sia jugoslava e Raimondo metà belga facilita senza dubbio la soluzione della faccenda».
Esempi contagiosi
Questo in linea per così dire, di principio; in linea di fatto: «Naturalmente — dice — io voglio dare tempo al tempo», cioè la cosa non è tanto immediata come può apparire una volta detta. La novità è che oggi sembra possibile e che Silva ne parli tanto apertamente. L'esempio senza dubbio è contagioso, e per la Koscina quello della Loren in particolare. Tutto ciò però non avrebbe alcun senso, sarebbe pura velleità, senza i progressi realizzati daU'attrice nel campo del suo lavoro. Oggi Silva è diventata un’attrice europea, il centro della sua attività si è veramente spostato; e così la sua vita privata può procedere di pari passo con quella "artistica”.
Ciò è l’ideale, soprattutto per una che al suo lavoro ci tiene tanto. Una che si è fatta da sola, senza l’aiuto di nessuno, e che oggi può raccogliere, in tutti campi, il frutto dei suoi sudati e pazienti investimenti. Ora deve andare a Parigi per un film di Delannoy, poi tornerà a Roma per Il morbidone di Massimo Franciosa: «Tutti e due ruoli da gran comédienne»; quindi di nuovo a Parigi. E’ finito il tempo del brutale e semplice strip-tease. lontana è la vergogna del film di piccolo cabotaggio. Quanto ai piani della sua vita privata, essi contemplano. vendita della casa di Roma, trasferimento definitivo in campagna per i periodi di riposo, pied-à-terre lavorativo a Parigi.
Al di là ci può essere, e ci sarà, il matrimonio con Raimondo Castelli. Come al solito Silva Koscina è un cantiere in piena attività, ma questa volta la sua attività è programmata. Ci sono mete prossime e lontane, piani operativi, tempi stabiliti. Ora anche lei (come Sordi e la Loren, come Gina e Vima Lisi) ha la sua villa in campagna, e questa villa è recintata da un muro lungo, «dalla strada si vede subito», come dice Raimondo Castelli. E’ un muro di tufo ma è un muro simbolico: sta ad indicare il raggiunto successo e la confortevole agiatezza. Una volta si diceva: «C’est l'argent qui fait la guerre». Bisogna aggiornare i proverbi. «C'est le succès qui fait les mariages».
Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.20, 19 maggio 1965 - Fotografie di Chiara Samugheo
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Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.20, 19 maggio 1965 - Fotografie di Chiara Samugheo |