Sylva Koscina è arrivata a Londra tra pianti e sospiri

Silva Koscina è convinta di essere una delle attrici più sfortunate del cinema italiano ed è la prima a criticarsi: ma intanto il suo nome, già popolare in Italia ed in Francia, lo è diventato anche in Inghilterra. Ed anche Hollywood ora la vuole
Roma, marzo
«E Filippo d’Edimburgo?». «Eh, mica male», sorride Silva Koscina strizzando l’occhio dietro le spalle del suo inseparabile Raimondo, l’uomo che i giornali francesi hanno definito le producteur delegué, o peggio le producteur sans film, ma non è vero che sia senza film anche se i film non sono suoi ma di Silva Koscina, e allora è più giusta la prima definizione: produttore delegato, il che vuol dire che è delegato da Silva a trattare per lei i suoi film, e se la cosa a qualcuno sembrasse di poco conto, be', non è affatto vero: star dietro agli affari di un’attrice è un lavoro come un altro, bisogna viaggiare, telefonare, trottare, contrattare, leggere copioni, rispondere agli ammiratori, combinare appuntamenti, prenotare alberghi e biglietti, esserci e non esserci, tenersi buoni i giornalisti, avvisare i fotografi; e poi, con un’attrice come Silva Koscina. ci vuole anche una buona dose di pazienza.
Brava ragazza, per carità, ma sempre casi agitata, irrequieta. trafelata, senza pace, come se il mondo le stesse per crollare tutti i momenti sotto i piedi: lavoratrice accanita, e chi lo nega?, e se non sta girando un film studia inglese, e se non è l'inglese pulisce casa. e. se la casa è uno specchio comincia ad abbattere muri, ingrandisce il bagno, rifà il corridoio, qui tutto mattonelle viola li marmo rosé ma appunto per ciò convinta d’esser tutto lei, di fare tutto lei. una specie di Leonardo in gonnella; simpatica, onesta, fedele e molto piacevole, non c’è dubbio, però contraddittoria. per certi aspetti moderna e per altri una donna dell’800. prepotente e debole, pronta a comandare o a sentirsi vittima. piena di tutti i tricche e tracchete femminili, "odio il trucco”. ”mi sento orribile”, "sono bella?”, ”ti piaccio cosi?”. Bisognava vederla due settimane fa. nel momento in cui stava partendo per Londra.
Silva Koscina in un'espressione "tipo romantico"
Mentre l’ottimo Raimondo aveva preparato tutto: prenotato i posti, avvisato i fotografi. radunato le dodici valigie, chiamato il taxi. Silvia si era chiusa in camera e non si decideva ad uscire. Inutilmente egli le bussava alla porta; invano ravvisava che il taxi era pronto, che mancavano 15 minuti alla partenza, che solo per arrivare alla stazione ce ne volevano 13; niente, occupata nei suoi preparativi, Silva non dava segno di vita, e quando finalmente si decise ad uscire, il suo sguardo non era affatto allarmato ma chiedeva approvazione per la sua toilette, per il colbacco di visone nero alto mezzo metro che portava in testa, e solo dopo che l’ebbe ottenuta («Sei bellissima») si rese conto che era tardissimo e che bisognava volare. Ella lo fece con tutta la disinvoltura concessale dalla sua "mise” un po’ complicata e per tutto il tragitto, un po’ spaventata, ebbe l’astuzia di starsene zitta. Ma appena giunta alla stazione si accorse che mancavano ancora 5 minuti e allora ritrovò subito la lingua e cominciò ad usarla per rimproverare Raimondo. occupatissimo con i facchini, per il suo inutile allarmismo: c Sei il solito confusionario tu. sembra che il mondo ti stia sempre per cadere addosso». e così via.
Un sacco di complessi
Un giornale francese ha scritto che essi formano una coppia straordinaria, nel senso che "sono sempre allegri senza essere mai futili”. E’ verissimo ma io direi anche di più. e cioè che essi formano una coppia perfettamente affiatata. l'uno è il dado e l'altro la vite, ed è un peccato che non si possano sposare perchè lui è già sposato, ma sarebbe un gran giorno quello in cui Silva si decidesse a "riconoscere ufficialmente e non solo di fatto”, (è li. esiste, è come la Cina di Mao) il suo Raimondo. Egli se lo merita, non c’è dubbio, questo riconoscimento, da sette anni si fa in quattro per lei, per amore di lei è diventato perfino fotografo. e le fa delle foto quale nessun fotografo le saprebbe fare; ma ciò farebbe bene anche a Silva, la quale ha un gran bisogno di rendersi conto che non è del tutto vero che è sola nella vita e che "la sua vita private", come spesso ripete lamentandosi, è tutta un fallimento... «Certo, poteva essere più fortunata, incontrare un uomo libero o, anziché un "produttore delegato", un produttore tipo Carlo Ponti».
Ma a parte che nella vita nulla succede per caso, dal punto di viste legale non è che Sofia Loren stia meglio di lei, mentre sta molto meglio da quello psicologico, perchè da molto tempo essa ha avuto il coraggio di "riconoscere" il suo Mao. E’ vero che Silva non è la Loren, ha sempre avuto un sacco di complessi, apparentemente spacca tutto, in realtà non spacca niente, è piena di paure e di timidezze, e lo si vede da come si è sempre aggrappata alla sua bellezza, per farsene schermo, da come la cura e da come inesorabilmente distrugge, a forza di ginnastica, diete e massaggi, il più impercettibile rotolino di grasso che minacci la sua linea; ma è venuto anche per lei, io credo, il momento di aver coraggio e di accettare la realtà — quella che è. deludente e piacevole — e non solo nella vita, anche nella professione. A sentir Silva, certe volte, è come se lei fosse vissuta sempre sull’orlo di un abisso.
Anche oggi, dopo trentacinque film, sembra che da un momento al l’altro tutto debba finire. Così, se è giù di morale, si fa un pianterello commiserando se stessa, "povera Silva, tu sempre a sfacchinare", come se fosse un’altra; e se invece ha i grilli per la testa se la piglia con le altre, le sue colleghe più fortunate, la tale perchè ha dietro di sè una perfetta macchina pubblicitaria, la talaltra perchè «fare film intelligenti con Antonioni è facile; basta alzare gli occhi al cielo, camminare in modo assente e preferibilmente far scorrere un dito sopra un mobile...» e non dico che per tante cose non abbia ragione, e con Monica Vitti in particolare non ce la debba avere per tutto quanto le fece passare quando giravano "Le quattro verità”; ma ha altrettante buone ragioni per essere tranquilla, per essere sicura di sè e del proprio avvenire. Il pubblico ormai le vuole bene, ha imparato a capirla.
La segue volentieri; e se è vero che talvolta ci vien da sorridere alle sue piccole manie: il camerino da toilette con lo specchio a tre dimensioni, la valigetta piena di creme e pennelli, tipo truccatore, che si porta sempre dietro e con la quale potrebbe anche sopravvivere in un’isola deserta; o a certi suoi modi di dire, per esempio quando parla del suo cascinale di Marino e per ubicarlo dice che si trova «a otto minuti da quello di Sofia e a cinque da quello della Lisi...», o sentendola protestare contro la TV, perchè le hanno fatto "venire i bozzi al viso"; niente, tutto ciò, assieme alle sue camicie da notte sempre trasparenti, ai suoi splendidi occhi, alle sue follie per i mobili antichi, fa ormai parte del suo piacevole personaggio, tutto ninnoli amuleti e maison de beauté, che sullo schermo, e spesso anche fuori. Silva recita benissimo. Meglio di quanto lei stessa non creda. E' una infatti che non si sopravvaluta affatto, casomai il contrario, e di fronte a fortune che parlano d’arte anche a proposito d'uno strip-tease, «non scomodiamo l’arte — dice Silva — il cinema per l’ottanta per cento dei casi è solo un prodotto...».
Eppure anche questo suo senso del limite, questa sua sincerità le giovano, piacciono, fanno parte anch'essi del suo personaggio, e l'hanno aiutata senza dubbio ad esportarlo, ieri in Francia, ora in Inghilterra, domani in America; così, mentre tante sue colleghe gemono per la crisi e si aggrappano alla TV, lei è una delle poche che in questo momento navighi con tranquillità tra Cinecittà, Pinewood e Billancourt. La sua partecipazione all’annuale "Royal Performance” (quest’anno diversa dal solito perchè mancavano sia la regina d’Inghilterra sia Margaret, mentre c’era quel "mica male” del Duca d’Edimburgo) ne è una piccola prova; ma il film che ha girato nei mesi scorsi a Londra e il cui titolo suona: "Fa troppo caldo per giugno”, ne è, con tutto ciò che le porterà, il fondamento.
SONO TRENTACINQUE i film che Silva Koscina (qui fotografata sul terrazzo, a sinistra, e in una stanza della sua casa romana) ha finora interpretato in quasi dieci anni di carriera. Fu scoperta giovanissima da Pietro Germi che, nel 1955, la volle come protagonista del "Ferroviere". Silva ha terminato da poco "Fa troppo caldo per giugno”, il primo film da lei interpretato a Londra accanto a Dirk Bogarde. Ha già firmato il contratto per un altro film inglese e per uno prodotto dagli americani.
La prima storia d'amore
Lavorare con Dirk Bogarde, essere la sua partner, oltretutto nel suo primo film d’amore (sembrerà strano ma la Koscina non aveva mai interpretato una vera storia d’amore), non è stato un onore da poco per una del continente; e poi tutto è andato benissimo. La storia proprio adatta per lei: roba di spionaggio tra jet, camere da letto e bicchieri da cocktail, con un tizio che arriva in Cecoslovacchia con una borsa piena di segreti militari vestito da turista, e alla fine riparte, ammanettato d’amore, con una Caia, idem come sopra, vestita da turista.
L'accoglienza degli inglesi è stata entusiasmante: essi l’hanno apprezzata < sia come donna sia come attrice», per la sua signorilità e il suo professionismo. e le hanno messe a disposizione due autisti, un appartamento negli studi, una roulotte in teatro, e una moduette, tra la roulotte e il set... Il successo del film (uscito una settimana fa a Londra), ottimo. Le conseguenze pure: un altro film con Bogarde, uno con la Fox, già sicuri, e poi forse... Mi pare che ce ne sia abbastanza per dimostrare che Silva non ha nessuna ragione di lamentarsi o d'invidiare le sue colleghe, pubblicizzate o meno; e se lo fa (magari non ora ma di qui a tre mesi), vuol dire che si tratta d'un vizio assimilato durante il periodo della dura gavetta, una scontentezza cronica, dalla quale potrà guarire (è solo un consiglio), cominciando ad interpretare ufficialmente anche nella vita la sua prima ed unica — sembrerà strano ma è così — storia d’amore.
M.S., «Tempo», anno XXVI, n. 12, 21 marzo 1964 - Fotografie di Chiara Samugheo
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| M.S., «Tempo», anno XXVI, n. 12, 21 marzo 1964 - Fotografie di Chiara Samugheo |
