Silvana Mangano, monaca mancata

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“Sarei stata bene nel silenzio del chiostro”, confessa la Mangano, un'attrice che alle luci del divismo preferisce la quieta vita casalinga, la cura dei figlioli ed i pacati discorsi con un numero rittrelto di amici.

Roma, luglio

Alcune sere fa, Silvana Mangano stava tornando a casa in macchina, dall’aeroporto di Fiumicino. «Ho un po' fretta», aveva detto all’autista prima di partire. La lavorazione del film La mia signora (episodio numero 2, diretto da Mauro Bolognini) si era prolungata oltre il previsto, e la Mangano era in ritardo per un impegno cui aveva già detto di si. Quella sera Soraya dava una festa, la prima importante da quando abita a Roma, e Silvana voleva esserci. Per fortuna, l’ex-imperatrice abita a due passi dalla villa della Mangano, sull’Appia Antica, e ciò facilitava le cose. Fino all’imbocco dell’antica strada romana, l'attrice era dunque decisissima a seguire il programma stabilito, ma dopo qualche centinaio di metri non lo era più. e quando fu entrata nella sua villa già addormentata, aveva cambiato del tutto idea.

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Si truccò, fece la doccia, attraversando il soggiorno inserì l’indice affusolato nella libreria, ne sfilò uno dei suoi libri preferiti: "I racconti" dell'americano Salinger (lo riconobbe al tatto, la casa era quasi buia. Silvana non ama le luci forti), e in punta di piedi andò a letto. Che cosa le aveva fatto cambiare idea così di colpo. Quale improvviso soprassalto d’umore era intervenuto a farle mutare programma? Non certo un sentimento d’antipatia per Soraya, verso la quale anzi ha dell’amicizia. Si sono ignorate per vari mesi, come studiandosi a distanza; poi un giorno un amico comune, lo scenografo Pietro Gherardi, le ha fatte incontrare e le due donne hanno simpatizzato. Silvana era andata a trovare Gherardi al lago di Vico.

Lo scenografo di Fellini si sta costruendo una villa sulle colline boscose che dominano questo piccolo lago del Viterbese. La zona non è stata ancora scoperta dai turisti domenicali, né aggredita dalla speculazione edilizia: c’è silenzio, la natura conserva un aspetto primitivo e selvatico. Il raffinato Gherardi, che ha inventato l'irreale e affascinante Roma della Dolce vita, rifatto il viso a Soraya, e che ogni giorno crea per le attrici i costumi più barocchi ed assurdi, trova qui il compenso a quell’esercizio di continuo artificio cui lo obbligano il suo gusto e le esigenze della produzione. Da anni egli è amico di Silvana, fa parte di quel ristretto gruppo di persone che possono fregiarsi di questo titolo. Sono sei o sette in tutto, frutto di una lunga ed accurata selezione.

Oltre Gherardi, sono "amici della Mangano" Sordi, Bolognini, l’operatore Martelli, Teresa Pellati, Bruno Todini; pochi altri. Silvana ha un vero culto dell’amicizia, e quindi la concede con difficoltà, ma poi è la gentilezza e la fedeltà in persona nei confronti di coloro che essa ha reputato degni.

L'amicizia con Soraya

Piero Gherardi è toscano, un gran chiacchierone. Spesso concede interviste ai giornali, in cui parla bene di Silvana: una volta scrisse perfino un articolo su di lei. Ma la Mangano non ha mai voluto leggerne nessuno. «Perchè, capisci — gli ha spiegato — se poi io trovassi che tu hai detto qualcosa che mi dispiace, qualcosa di sbagliato sul mio conto, resterei troppo male e quindi non potremmo più essere amici come prima». Quel giorno, al lago di Vico, quando Silvana arrivò non c’era nessuno. Salutato il suo ospite, l’attrice andò insieme alle figlie a raccogliere fragole nel bosco. Due ore dopo ritornarono e trovarono Soraya. Gherardi era un po’ preoccupato: come avrebbe accolto Silvana la sorpresa che le aveva preparato? L’accolse benissimo. Invece di chiudersi, o di assumere quel l’atteggiamento, tra distratto e sospettoso, con il quale accoglie gli sconosciuti, l’attrice fu gentilissima.

Si sedettero su un muretto, cominciarono a parlare: due ore dopo parlavano ancora. Se dunque Soraya le è simpatica, perchè Silvana non volle intervenire alla sua festa? La spiegazione la diede lei stessa l’indomani, al marito, senza che egli gliel’avesse chiesta: «Sai — gli disse — ieri sera volevo venire, ma quando sono passata davanti alla villa di Soraya ho visto che c’erano tante automobili, tanta gente»; ed è una spiegazione che a chi non conosce la Mangano può sembrare ridicola, ma per De Laurentiis fu più che sufficiente. Da anni egli è abituato ad accettare lo strano carattere della moglie, gli show-down di quella che, come dice uno dei suoi amici, «è la più irreprensibile e la più imprevedibile delle donne». La timidezza è soltanto uno dei suoi connotati più appariscenti, perchè tramite essa, entra in contatto col mondo.

Timidezza che è l’origine e il risultato della sua riservatezza e che è in proporzione diretta col numero delle persone. Più gente c'è, e più Silvana si tira indietro. Lo si è visto anche di recente, in occasione dei "Nastri d’argento" e della consegna dei David di Donatello, da parte del Presidente della Repubblica: di tutti i premiati, la Mangano era l'unica assente. Ma vi sono altri lati, più segreti. di Silvana che non cessano di meravigliare chi la frequenta. I suoi lunghi silenzi, per esempio. La Mangano è capace di stare zitta per delle ore, in compagnia di una o di più persone. «La prima volta — dice Mauro Bolognini — la cosa è choquante, poi cominci ad apprezzare la qualità preziosa di questi silenzi, in un mondo che oggi urla di continuo. Con lei puoi iniziare un discorso alle 11 di mattina e continuarlo alle 6 di sera».

Durante queste ore Silvana spesso ricama grandi tovaglie o delle tende, al piccolo punto, cullata dalle musiche in sordina delle filodiffusioni, immersa in una rèverie. Tempo fa un gruppo di snob andò a vedere un terreno in vendita nei pressi delI’Appia Antica. Ad un certo punto, affacciandosi da un monticello, scoprirono uno spettacolo affascinante: sotto di loro, in un piccolo giardino verdeggiante, videro una donna bellissima, dal viso dolce e austero, che ricamava sotto una tenda di foggia araba circondata da un gruppo immobile di cani di razza. Dopo i figli e il suo lavoro d’attrice, i doberman e gli alani sono la grande passione di Silvana: ne ha cinque o sei, cui è molto affezionata.

Alberto Sordi, che conosce questo suo attaccamento agli animali e che può permetterselo, si diverte ogni tanto a spaventarla. Le racconta storie terribili di cani affogati, divorati dai pescecani. In queste circostanze si ripete sempre lo stesso gioco delle parti. Silvana sa che Alberto sta scherzando, ma la sola idea dei cani mangiati dai pescecani la spaventa; Sordi sa che lei si aspetta, finita la storia, le solite parole rassicuranti: «Ma no, sta’ tranquilla, non è vero», e tira il racconto in lungo.

Giorni fa stavano "girando" insieme a Fiumicino quando Alberto d’improvviso le chiese: «Silvana, che hai mangiato stamani a colazione?». E la Mangano: «Mah, non ricordo. del prosciutto, mi pare». «Esattamente, prosciutto. Ma non lo sai che oggi è venerdì?». Infatti era venerdì, e Silvana che per via del lavoro si era dimenticata di osservare il digiuno, ebbe un moto istintivo di disappunto: si portò la mano alla bocca e se la morse.

La religione è dunque tanto importante per la Mangano? E che significato ha per lei la religione? E’ un argomento sul quale anche i suoi amici non sanno dare una risposta. A giudicare dal suo comportamento, è una perfetta osservante: oltre la domenica va a messa il giovedì, spesso si reca in pellegrinaggio al Divino Amore. Ma una volta lo spiegò, cos’è per lei la religione. Disse: «Non mi piace andare alla messa, ma ci vado proprio perchè è un sacrificio. Il giorno in cui non lo fosse più, smetterei d’andarci. Io la religione l’intendo così. Probabilmente sarei stata un’ottima monaca». Sono parole sue di quattro anni fa: chissà se oggi Silvana pensa ancora in questo modo, ma esse ci danno comunque la chiave di questa donna enigmatica, che è dotata di quello che gli psicologi chiamano un forte potere di sublimazione.

E cioè essa tende a nobilitare al massimo i propri istinti, cerca di vivere una vita che sia ispirata, nelle sue varie manifestazioni. ad un senso del Dovere con la "D" maiuscola. Le sarebbe stato facile, nella sua situazione, buttarsi a fare la diva, stordirsi all’eco del successo, galleggiare: ma era nata per altre cose, e quelle son le prime che ha rifiutato. Al loro posto si è costruita una esistenza che ne è, non casualmente, la negazione. E' silenzio, riservatezza, pudore, piacere della lettura, ricerca interiore, bisogno di castigarsi. E questa è la Mangano "irreprensibile”, quella che insieme a De Laurentiis forma, come dice Gherardi, «una famiglia da libro di lettura»; poi c’è la Mangano imprevedibile, che non è affatto un’altra cosa. Ma solo una proiezione della prima, perchè una persona che viva secondo rigidi canoni morali, cercando la verità, anche le piccole verità, è una persona autentica, le cui parole, i gesti, i silenzi sono pieni di significato e spesso imprevedibili. originali. Nasce da qui quel fascino delia Mangano, che non è indirizzato alle folle, ma del quale i suoi amici sono gli entusiastici banditori.

Un progetto ambizioso

«Chiunque la conosca, la ama», dice il regista Mauro Bolognini. E sempre da qui deriva quella verità di recitazione, per cui quando si ripensa ai film della Mangano non ci si ricorda tanto di lei quanto dei suoi personaggi. Ora, dopo un anno e mezzo di assenza dai teatri di posa, l’attrice ne ha interpretati altri tre. in coppia con Sordi, in un film satirico sull'Italia del dopo-boom. Nel primo dei tre episodi fa la parte di una prostituta.

E la storia prende lo spunto dal fatto che viene scambiata per la moglie di Sordi e usata da lui come pedina d’un gioco escogitato per corrompere un pezzo grosso. Un giorno sono capitato a Fiumicino, mentre i due attori giravano la scena d’un colloquio, seduti al bar. «Hai sentito? — diceva la Mangano — mi ha chiamato signora...», e nella sua voce sentivi tutta la rozzezza della donna di strada, insollucherita dal piacere di quell’appellativo. Al suo confronto Sordi, bravissimo, sembrava che "recitasse”. Cera anche Bolognini, il quale se la mangiava con gli occhi. «Neppure lei — diceva — sa quanto è brava». Prima che il tempo passi, egli vuole darle l’occasione di provarlo pienamente.

Sta infatti preparando una storia, che racconterà venticinque anni di vita d’una donna sola, dal 1925 al ’50. «E’ un film — dice il regista — che la impegnerà artisticamente e con dolore». Se è vero, è proprio quello che ci vuole per la monaca mancata dell’Appia Antica.

Stelio Martini, «Tempo», anno XXVI, n.30, 25 luglio 1964 - Fotografie di Angelo Frontoni


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Stelio Martini, «Tempo», anno XXVI, n.30, 25 luglio 1964 - Fotografie di Angelo Frontoni