Lupi veri e tormente finte per Silvana Mangano

1956 Silvana Mangano j11

Gli abitanti di Scanno, dove si sta girando una storia di “lupari”, si sono meravigliati che, con tanta abbondanza di tormente autentiche, il regista De Santis abbia ritenuto necessario “fabbricare” qualche bufera

Scanno, febbraio

Dei registi italiani Giuseppe De Santis è ancora uno dei pochi che, prima di mettersi a scrivere il soggetto di un film, voglia documentarsi su una determinata situazione ambientale e sociale. Cosi, tempo fa, mandò a chiamare Elio Petri. uno dei suoi collaboratori abituali, e gli assegnò un incarico singolare: svolgere una inchiesta Sulle consuetudini di vita, le imprese, le abitudini professionali dei lupi e dei ”lupari”. 

Elio Petri non era nuovo a questo genere di incarichi. Quattro anni fa fu lui che svolse l’indagine sulla vita delle duecento aspiranti dattilografe travolte nel crollo della scala di via Nizza a Roma; e da quel materiale umano nacque il film Roma, ore 11; analogo lavoro compì poi per il film Giorni d’amore indagando sulla consuetudine tuttora viva nel Mezzogiorno del "ratto matrimoniale”. Petri partì dunque per l’Abruzzo, interrogò qualche centinaio di persone, visitò decine di piccoli paesi e ritornò a Roma con una specie di voluminoso dossier. 

IL REGISTA di "Uomini e lupi”, Giuseppe De Santis è insieme a Yves Montand, l’interprete principale del film. Gli esterni vengono girati a Scanno (cittadina dell’Abruzzo vicina a Sulmona), che è stata scelta in sostituzione di Pescasseroli, dove la "troupe” non è potuta arrivare essendo le strade bloccate dalla neve. I paesani si meravigliano che, con tanta abbondanza di neve e di tormente, sia stato talvolta necessario provocare tormente artificiali ricorrendo ad un ventilatore formato da un’elica di aereo.

Da questo dossier è stato preso lo spunto per ideare la storia del film Uomini e lupi, che da circa quindici giorni De Santis e la sua troupe stanno girando sulle montagne di Scanno. Prima tuttavia di raccontarne la storia non è privo di interesse riassumere quanto è emerso dall’inchiesta circa l’avventuroso e sconosciuto mestiere del ”luparo”. Si tratta per la verità di un mestiere in decadenza; ma cinquantanni fa il cacciatore di lupi era un personaggio assai ricercato e il suo intervento ritenuto salutare e indispensabile.

SETTE LUPI sono stati fatti arrivare dall’Austria, per sopperire alle esigenze del soggetto; e ad essi si è aggiunta una lupa catturata viva da alcuni ”lupari” di Scanno. Sulla piazza del paese, la bestia - trattenuta con quattro catene - è stata mostrata all’attore Yves Montand.

In Abruzzo vigeva infatti questa consuetudine. Allorché un paese era minacciato nella sua unica ricchezza, il bestiame, emanava un bando in cui si prometteva un premio in denaro a chiunque catturasse un lupo, vivo o morto. La notizia si diffondeva e prima o poi al paese arrivava un "luparo”. Costui disponeva le sue trappole e per ogni animale riceveva oltre il premio in denaro i doni in natura degli abitanti: il cacciatore trascinava la preda per il paese e chi gli regalava olio chi farina chi salsicce di porco. 

La figura del ”luparo” era dunque oggetto di ammirazione e di riconoscenza; egli, il "luparo”, doveva considerarsi, una specie di eroe; e la sua fama del resto era pari alla cattiva fama del suo avversario. Il lupo è infatti un animale dalle astuzie diaboliche. Velocissimo, è quasi impossibile colpirlo con il fucile; così amante della libertà che è capace, se rimane preso in una tagliola di mangiarsi la zampa pur di fuggire; allorché decide di assalire un gregge, strappa un ramo e stringendolo tra le fauci, mimetizzato, si avvicina alle pecore. L’unico sistema per catturarlo è quello delle trappole ma bisogna aver cura, nel disporle, di ungersi il corpo di grasso o di fasciarsi le scarpe di carne; altrimenti il lupo sente odore di cristiano e gira al largo.

1956 03 08 Tempo Silvana Mangano f4Silvana Mangano sotto la tempesta, in mezzo ad un gruppo di abitanti di Scanno, ingaggiati come comparse.

Nel corso della sua inchiesta, Elio Petri raccolse questi e altri dati e soprattutto episodi di caccia, narratigli dagli ultimi ”lupari”. Un giorno incontrò un anziano cacciatore di lupi, una specie di Maciste, il quale era celebre perchè da giovane, avendo sorpreso un lupo in una trappola ed essendo sprovvisto in quel momento di corde, gli era saltato addosso ingaggiando con l’animale un furibondo corpo a corpo, fi- ' no a immobilizzarlo. Un’altra volta apprese una storia divertente: di un falso ”luparo”, che ingannò gli abitanti di un paese trascinando per le strade la carogna di un cane-lupo.

Tutti e due questi episodi sono stati inseriti nel film e hanno servito a caratterizzare i due protagonisti maschili: Giovanni cacciatore consumato ed entusiasta del suo mestiere, Ricuccio, bel giovanotto sfrontato e fanfarone, che si proclama ”luparo” ma non lo è. La storia comincia con l’arrivo di Giovanni, e di sua moglie Teresa, in un paese; poco dopo arriva anche Ricuccio: tutti e due sono ingaggiati da diversi padroni. Ben presto però si scopre che Ricuccio è un bluffatore e fra lui e Giovanni scoppia un’aperta rivalità, consacrata da una sacrosanta scazzottata.

Dopo queste premesse in chiave di avventura, la storia del film procede nel senso di un approfondimento umano dei vari personaggi. Chi è innanzitutto Giovanni? E’ uno degli ultimi "lupari”. Uomo ormai anziano, egli non vive altro che per il suo lavoro; conosce e ammira il suo feroce avversario, il lupo; e soltanto nella perfezione delle emozioni che la caccia, l’agguato, suscita dentro di lui, egli si sente libero e felice. C’è, in questo personaggio, una intenzione hemingwayana; il riferimento più pertinente è con il protagonista del Vecchio e il mare.

E coerente con questa intenzione è infatti la morte di Giovanni. Poiché la sua ambizione massima è quella di catturare un lupo vivo, un giorno che ne sorprende uno in una i trappola gli si butta addosso sdegnando di chiedere l’aiuto i I di qualcuno, e nella tremenda: lotta egli soccombe. La reazione di Teresa alla morte del marito, reazione complessa perchè fatta di dolore e di inconfessata contentezza, dovrebbe svelare l’esistenza di un altro personaggio di questa storia solo in apparenza folcloristica. Teresa è la donna la cui vita è stata sempre sacrificata all’egoismo del marito. Essa, pur aiutandolo e servendolo devotamente, non ha mai amato il mestiere di lui: non lo ha amato perchè, concepito in maniera così assorbente, ha significato l’annullamento totale della sua esistenza; oscuramente essa avverte il suo diritto a uscire da questa condizione di schiavitù.

Altri interpreti del film sono Irene Cefaro, Pedro Armendariz, Guido Celano. La lavorazione del film presenta molti rischi: un lupo, avventatosi sul guardiano, è stato abbattuto. Il lavoro a Scanno non è facile; valanghe di ogni dimensione avevano bloccato la provinciale, e quotidianamente colonne di portatori devono fare la spola fra Scanno e Anversa (dove c’è una stazione ferroviaria), camminando lungo piste aperte tra due alte muraglie di neve.

Dopo la morte di Giovanni gli avvenimenti s'indirizzano verso una conclusione forse un po’ prevedibile. Ricuccio, che in fondo non è un cattivo ragazzo, si pente del male fatto a Giovanni e sorregge il suo corpo sulle- braccia in testa al corteo funebre; poi uccide, finalmente, un lupo e ne fa dono a Teresa che è rimasta sola; infine con la vicinanza di lei, che è una donna forte, pulita e dignitosa, mentre l’inverno si approssima alla fine, il carattere bizzarro e fanfarone di Ricuccio subisce una progressiva trasformazione verso la serietà. Trasformazione favorita da una nascente simpatia, che poi diventa reciproca.

Non è difficile in quanto si è detto individuare i vari "pedali” sui quali farà forza De Santis. Il primo è quello di natura paesistica: e in questo senso si può dire che l’unico favorito dall’ondata di maltempo di quest'anno è proprio De Santis, il quale potrà disporre in Abruzzo di stupendi paesaggi nevosi. Il secondo è quello di genere avventuroso, basato sulla scoperta dell’inedito e ormai tramontato mondo dei ”lu-pari”. Il terzo, quello di natura psicologica — che dovrebbe essere il più importante, dato anche che l’interpretazione dei personaggi principali è affidata a tre rispettabilissimi attori: Silvana Mangano, che proprio De Santis scoperse e lanciò con Riso amaro, Yves Montand, che non affronta un personaggio senza sentirlo e si dichiara soddisfatto del suo, che è Ricuccio, e Pedro Armendariz, nella parte di Giovanni, il ”luparo” autentico e fanatico. Poi ci sono i lupi. Dalle Alpi austriache ne sono arrivati sette la settimana scorsa, maschi e adulti: essendo più grossi dei lupi abruzzesi, serviranno per i primi piani e tutto lascia pensare che non saranno da meno degli uomini. 

Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.10, 8 marzo 1956


Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.10, 8 marzo 1956