Silvana Mangano, in casa De Laurentiis si è parlato dello "scandalo"
Silvana Mangano e suo marito hanno consentito di rispondere alle nostre domande circa le notizie che hanno unito a Cannes il nome dell’attrice a quello di Alberto Sordi
Roma, giugno
La prima ad arrivare in casa De Laurentiis fu la "zia Gianna”; alle nove del mattino, in Caravelle, da Parigi. La "zia Gianna", per i tre figli di Silvana Mangano, è Jeanne Moreau (per il minore, Federico, è in verità qualcosa di più: una specie di innamorata; ma Federico ha cinque anni, età nella quale, sulla persona delle zie si fa qualche confusione). I coniugi De Laurentiis erano andati a riceverla a Ciampino e la presenza di due attrici celebri sollecitò lo zelo della dogana, scottata da certe dichiarazioni di Claudio Villa "retour de l’ U.R.S.S.” (pare che si fosse troppo rallegrato della benevolenza doganale).
Jeanne Moreau si mise in costume da bagno, a prendere il sole sul grande prato verde che digrada verso la piscina azzurra della villa De Laurentiis, sull’Appia Antica. Intanto erano arrivati Fausto Saraceni e la moglie e i due bambini. I tre figli di De Laurentiis erano già in costume da bagno. Poco prima di colazione arrivarono il padre e la madre di Silvana Mangano. Alle tre del pomeriggio, su un altro Caravelle, giunse il produttore francese Raul Lévy. Nel tardo pomeriggio comparvero il regista Lizzani, gli sceneggiatori Perilli e Pirro, il giornalista Visentini con la moglie, l’attore francese Gerard Blain. Più tardi, via via, tant’altra gente, tra i quali i registi Camerini e Monicelli con le mogli. Ultimo fu Alberto Sordi.
Jeanne Moreau è stata ospite dei De Laurentiis a Roma un paio di giorni; poi si è recata a Milano, dove sta per cominciare il film di Michelangelo Antonioni. "La notte”, di cui l'attrice francese è protagonista.Silvana Mangano sposò Dino De Laurentiis il 17 luglio 1949; da allora il 17 è sempre stato il numero cabalistico della famiglia (tutti i film De Laurentiis vengono cominciati il giorno 17). E’ stato un matrimonio tranquillo e felice, mai sfiorato prima d’oggi da alcuno scandalo.
Sicché a cena si era in parecchi e a quel punto chiunque avrebbe capito che quella non era stata una domenica come tutte le altre, anche se era trascorsa lenta e pigra nell’aria tiepida della prima estate romana; e che tutta quella gente non era venuta per passare lì una serata qualsiasi, bensì per offrire un tacito segno di simpatia, di solidarietà. Tutto questo avvenne infatti domenica scorsa e i coniugi De Laurentiis avevano passato la settimana precedente a dar querele, e a soffrire, ciascuno a suo modo: irosmente Dino De Laurentiis, con aggressività partenopea; silenziosamente sua moglie, e con quelle vampate improvvise di sprezzante autoironia che sono nella sua natura. Nessuno, comunque, quella sera, parlò dell’ "incidente”. L’unico che avesse voglia di scherzarci su era Sordi, che aveva cominciato nel pomeriggio telefonando: «Ci sono fotografi? Non voglio essere compromesso»; e che durante la serata si era arrischiato in battute come «Silvana, chi lo dice per primo a Dino, tu od io?» oppure: «Sono un gentiluomo, riparerò». L’unico poi che dovesse parlarne per forza era, disgraziatamente, il sottoscritto.
Ci sono momenti, nel nostro mestiere, nei quali tra intervistato e intervistatore si stabilisce un rapporto di serietà. Sono i momenti migliori, perchè la professione del giornalista acquista d’improvviso una sorta di dignità e di solennità quasi notarili. Voi credete per esempio che sia impossibile, a qualsiasi persona normalmente educata, rivolgere a una donna rispettabile la seguente domanda: «E’ vero, signora, che lei tradisce suo marito con Alberto Sordi?». Viceversa è possibilissimo; purché il rapporto, in quell’istante, sia appunto di serietà; qualcosa di necessario e d: non differibile. Dirò di più: il giornalista, anzi che imbarazzato o dispiaciuto, formula volentieri una domanda del genere, specialmente se conosce e stima la persona interrogata; e questa risponde volentieri, forse addirittura con un senso di liberazione, anzi che di fastidio o di pena. Credo che fosse il caso nostro (anche se non giurerei di aver formulato la domanda esattamente in quel modo).
«No, non è vero», disse Silvana Mangano; e il discorso era finito. Ecco, quel che proprio non è lecito chiedere a una donna, è di dare le prove della propria virtù. Ma a questo punto sarebbe stato più difficile cambiar discorso che avviarlo.
«Se ho qualcosa — disse corrugando la fronte — se ho combinato qualcosa nella vita, è tutto qui. mio marito, i miei figli».
Che strana donna è Silvana Mangano: si fa voler bene proprio per questo suo non voler bene a se stessa. Il problema è capirlo; poi tutto diventa più facile. Ma è un difetto, un grosso difetto; se non altro, perchè le procura grandi inconvenienti. La fa apparire aspra nei modi, dura di carattere, talora inesplicabilmente ostile, talora superba, poco comunicativa sempre; non timida, anzi aggressiva, ma di una aggressività stonata, irreale; non infelice, ma soltanto scontenta — e perciò antipaticissima, che cos’altro vuole dalla vita, uno si dice, costei che ha tutto, affetti successo amicizia denaro? — Ma poi si crede di capire che la chiave è semplice: una rarissima specie di disamore di sè (potete anche chiamarla ”una superba umiltà”). Proprio a Cannes, nei giorni in cui a sua insaputa si stava diffondendo la notizia dello "scandalo”, la incontrai. Aveva i capelli rossi. «Come le sembrano?». «Sta bene». Replicò: «Sono volgari». Era allegra, e le dissi che ne ero contento, anche se sorpreso. «Si — disse — rido sempre. Guardi, mi si è allargata la bocca». E’ incapace di non vedersi critica-mente, o con ironia o con senso del grottesco. E’ l’unica diva del cinema che non chiede mai una opinione su una sua interpretazione, che non parla mai di una sua interpretazione. Il che non significa affatto che sia indifferente ai film che fa: l’insuccesso parziale di "Jovanka” in Italia l’ha addolorata, il successo del film in America la rende felice.
E’ probabile che proprio questa sua natura difficile l’abbia cacciata nel guaio di questi giorni. I fatti sono già abbastanza noti. La Mangano, il marito e Sordi si erano recati a Parigi, prima dell’inaugurazione del Festival di Cannes, per presentare ”La grande guerra”. Da Parigi, per soddisfare il desiderio del distributore del film in Francia, si erano spostati a Cannes. «Non andavo per presentare un mio film — dice Silvana — non avevo alcun impegno ufficiale, avrei potuto divertirmi». Mentiva a se stessa, è evidente: un tipo cosi fatto non si è mai divertito a un Festival (ci fu un anno, a Venezia, in cui la osservavo giocare al Casinò, a ”chemin de fer”; e pensavo che in quel suo giocare e perdere somme ingenti ci fosse proprio il piacere dell’autodistruzione). Ma mentiva volenterosamente, un po' per il gusto di contraddirsi. un po’ per far piacere ad altri, principalmente al marito. Era fatale che in quello stato d’animo fosse portata ad esagerare. Ecco perchè le si "allargava la bocca” a forza di ridere, ecco perchè accettava di recitare con Sordi una buffonesca pantomima galante. Interpretava se stessa, diva, in chiave caricaturale.
Il nostro giornale pubblicò allora una foto dei due con la testa rovesciata all’indietro. Era stata scattata, insieme a centinaia d’altre, durante il ricevimento offerto dalla Begun nella sua villa, c Si ricorda quella fotografia? Bene. Sa perchè ridevo? Perchè Sordi stava facendo la parodia delle mie dichiarazioni in francese alla TV francese. Ridevo e avevo una gran voglia di piangere».
«Perchè piangere?».
«Perchè quando parlo in francese parlò come la Lollobrigida».
Comunque le foto furono scattate e, isolando le due figure dell'ambiente (t Ero sempre presente anch’io — dice De Laurentiis — perchè dunque le fotografie sono sempre state tagliate in modo da fare apparire che non ci fossi?»), per chi ignorasse le circostanze, il luogo, l’ora, potevano far nascere qualche pettegolezzo. Io stesso, arrivando a Cannes un paio di giorni dopo, ne fui informato; ma i Festival son sempre pieni di pettegolezzi e nessuno di noi "vecchi” dette alla cosa alcuna importanza. Poi vi fu l’episodio del night-club. C'era in quei giorni a Cannes uno spettacolo, in un locale chiamato ”Moulin Rou-ge”, di rara oscenità: uno spogliarello, per la precisione, eseguito da una italiana che si fa chiamare Duna. E’ consuetudine di tutti i Festival chiudere la serata, dopo il film, in un locale notturno, sicché al ”Moulin Rouge” ci capitammo, prima o poi, quasi tutti; rimanendo o scandalizzati o agghiacciati dall’inverecondia di quel "numero”. I fotografi lo sapevano e si appostavano per cogliere le celebrità, nel momento, diciamo, della vergogna. «Quella sera ci capitammo con molta altra gente — racconta De Laurentiis. — Nel nostro gruppo c’erano, con Silvana e me. l’operatore Tonti, il barone Avanzo, Sordi, una attrice giapponese, ed altri amici. Quando mi accorsi che un fotografo cercava di inquadrare la ragazza in modo che nella foto apparissimo anche noi, andai a dirgli (era appostato vicino al bar), che la piantasse, altrimenti gli avrei sfasciato la macchina in testa». La mattina dopo la notizia era la seguente: De Laurentiis aveva fatto offrire 600 mila lire a un fotografo per una negativa.
La brigata De Laurentiis ripartì da Cannes domenica 8 maggio, allegra e tranquilla. Il produttore e la moglie si recarono a Pompei, e soltanto al rientro a Roma lessero le prime notizie dello "scandalo”. Il che non impedì a Silvana Mangano di tornare sulla Costa Azzurra. col figlio minore; era stata invitata a trascorrere qualche giorno nella villa di Jeanne Moreau a St. Tropez. Un invito qualsiasi, una amicizia qualsiasi (anche se rinsaldata da una circostanza patetica: la Moreau era a St. Tropez per il figlio di dieci anni, convalescente delle terribili ferite riportate nel noto recente incidente automobilistico). Eppure il secondo viaggio fece parlare di divorzio.
E adesso, davvero, non c’è più gran che da aggiungere.
«Le è dispiaciuto molto?».
«Le mie bambine sono già grandi. Veronica ha dieci anni, Raffaella ormai otto. Leggono i giornali, vanno a scuola, qualcuno gliene parlerà di sicuro, e io che gli dico, che la mamma s’è fidanzata con Alberto Sordi?». Aveva cominciato a rispondere calma, un po’ stanca; ma subito la sua voce aveva preso un’intonazione aspra, sovracuta. Mi andavo dicendo: se si preoccupasse un po’ più di se stessa saprebbe da molto tempo che le emozioni la imbruttiscono, la bocca le si affila obliqua, gli occhi si stringono, le esce una voce stridula di gola.
E difatti le autentiche bellezze dello schermo, quelle che sono tali per vocazione, vivono in un Olimpo chiuso alle passioni.
Ma tutto questo fu detto, e concluso, in pochi minuti. La cena fu allegra". De Laurentiis, che si picca d’essere buon cuciniere, aveva personalmente preparato un abbacchio che fece dire a Raul Lévy: «La prossima volta che lo fai vengo apposta da Parigi». «La stagione è finita, disse De Laurentiis. se ne riparla in autunno». «Oh. l’autunno!...», disse Lévy, come se l’autunno dovesse arrivare tra mille anni.
E’ un uomo abbastanza straordinario questo ex-aviatore di 38 anni che ha fatto della Bar-dot una diva internazionale e di se stesso il produttore più brillante e più scettico d’Europa. Qualche ora prima Jeanne Moreau gli aveva detto che in fondo lui non ama il cinema e gli piacque che io arrivassi alla stessa conclusione, dopo un lungo discorso nel quale s’era parlato molto di pittura e un poco del dramma del produttore dotato di sufficiente immaginazione per desiderare di organizzare la propria vita come un film. senza riuscirci mai. Insomma somiglia al produttore di Fitzgerald di ”Gli ultimi fuochi”: molto meno patetico, molto più cinico, almeno per il momento (in futuro, non so).
Sordi aveva una certa voglia di parlare dell’incidente e cominciò, molto serio, ricordando la vecchia amicizia che lo lega alla famiglia De Laurentiis e il dispiacere sofferto. «Se avessi tempo — disse — vorrei preparare uno spettacolo televisivo per spiegare alla gente come si fabbrica uno scandalo». Irresistibilmente, insensibilmente, cominciò a scivolare nel tono semiserio. «Io, per esempio, sono rovinato: facciamo conto che mi voglia sposare; come posso avvicinare una ragazza per bene, una ragazza giusta, senza il. terrore di vederla sui giornali?».
«Ma lei si vorrebbe davvero sposare?».
«E perchè no?».
Sul tardi qualcuno propose un gioco: bendare una persona e farle riconoscere, al tatto, il volto di un amico. Vi si provarono in molti e il gioco risultò più difficile del previsto. Dino De Laurentiis riconobbe tre persone, e sbagliò la quarta. Era sua moglie. Silvana Mangano landò un grido fingendo indignazione; ma la confusione di De Laurentiis era così sincera che lei smise subito di scherzare e pareva perfino commossa.
Vittorio Bonicelli, «Tempo», anno XXII, n.24, 11 giugno 1960
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Vittorio Bonicelli, «Tempo», anno XXII, n.24, 11 giugno 1960 |