Vittorio Gassman: teatro circo subaffittasi

Gassman penserebbe di rifarsi delle spese cedendo di tanto in tanto il tendone a compagnie di spettacoli lirici, di riviste o a organizzazioni sportive: nei giorni di cattivo tempo vi si potrebbero anche svolgere gare olimpiche.
Roma, marzo
Nel pomeriggio di giovedì 17 marzo, Vittorio Gassman ha dato l'Adelchi di Manzoni per le Forze Armate. Il Comando territoriale ha fatto affluire al tendone blu che sorge nel Parco dei Daini a Villa Borghese tremila soldati. La prima compagnia era del genio. Subito qualcuno disse che Gassman era ricorso ai militari per smontare il suo Circo. Il calcolo in linea teorica non è sbagliato. Per smontare e rimontare in poche ore il Circo del Teatro Popolare Italiano occorrerebbe almeno un battaglione con scale mobili, ponti volanti e gru, tutti attrezzi in dotazione al genio pontieri. Non si sa invece quanto tempo ci voglia al personale normale del Circo, che secondo i progettisti dovrebbe compiere il lavoro in ventiquattro ore, con sei specialisti e una quarantina di manovali generici. Un mese, due mesi. Il Circo di Gassman resterà quindi al Parco dei Daini almeno fino all’autunno inoltrato, sempre che il Comune rinnovi il permesso di occupazione del suolo pubblico. La compagnia si trasferirà in Sicilia al principio dell’estate, poi si prenderà due mesi di vacanza, per tornare sotto il tendone in autunno. Nei progetti di Gassman non c’è quindi l’abbandono del Circo, sebbene l’immobilità del suo teatro mobile rischi di far fallire un sogno che l'attore ha accarezzato per quindici anni.

Da quando si è licenziato dall’Accademia Drammatica Vittorio Gassman sogna di costruire un circo e di girale l’Italia, l’Europa, il mondo, dandovi spettacoli teatrali. Troviamo il progetto in un suo libro scritto con Luciano Salce sull’educazione teatrale. Negli ultimi tre capitoli, intitolati «La compagnia, la festa, il circo», Gassman si immaginava così celebre da non poter accontentare un vasto pubblico con un teatro normale. Il circo avrebbe consentito a lui e ai suoi compagni d’arte, tra i quali annoverava Luigi Squarzina e il telecronista Carlo Mazzarella, di accogliere un’autentica folla ogni sera e di rinnovarla di città in città. Il libro parla di una grandiosa festa in onore degli artisti che hanno raggiunto l’apice della fortuna e della gloria, con invitati che arrivano da tutto il mondo, su aerei personali dell’attore, e poi, forse per eccesso di modestia, si conclude con una specie di disfatta: Gassman e i suoi compagni recitano nel Circo perché i teatri normali li rifiutano.


La festa in onore di Gassman, abbastanza ricco e abbastanza celebre, si è effettivamente svolta, sia pure in proporzioni più modeste, il 3 marzo scorso, con l’inaugurazione del Circo. C’erano sei ministri e dodici sottosegretari, artisti del mondo internazionale, e i posti erano venduti a borsa nera. Tuttavia fu, dal punto di vista dell’ambizione e delle speranze di Gassman, una serata nera. Il Circo non era un circo, ma solo un tendone enorme, costoso e neppure molto solido. Nel corso della prova, la tenda che ricopre il palcoscenico si era strappata tre volte, e neppure con un vento troppo forte. In fretta, era stata sostituita con un soffitto di legno. I guai però erano cominciati molto tempo prima e resta per molti inspiegabile come Gassman non si sia rivolto ad autentici specialisti invece che a noti architetti. Ma Gassman non voleva un circo normale, anche perché i circhi di solito vengono montati da tutta intera la compagnia, da un personale cioè numeroso e specializzato. Il progetto prescelto fra venti era il più semplice e addirittura elementare nelle sue concezioni. Doveva aprirsi come un ventaglio in poche ore. Il modellino dava tutti gli affidamenti ma nella realtà, quando il materiale fu portato al Parco dei Daini, gli operai non riuscirono neppure a montarne una parte. Gli stessi costruttori affermarono onestamente che il progetto era sbagliato: bello strutturalmente, grandioso e armonico, ma difficile da smontare e rimontare. Insomma, si trattava di una costruzione nuova, un hangar, un maneggio coperto, ma non un circo. Gassman e il suo socio e impresario Giuseppe Erba erano allibiti e spaventati. Avevano sborsato duecentocinquanta milioni di tasca loro, scritturato sin dal settembre scorso settanta persone e da due mesi provavano l'Adelchi, mentre i tecnici del tendone si aggiravano fra i tubi di alluminio con l'aria di ragazzini colti in fallo. Erba avrebbe potuto impugnare il contratto che impegna i costruttori a consegnare un circo smontabile e rimontabile in ventiquattro ore. Ma Gassman non volle. A qualsiasi costo doveva andare in scena con l’Adelchi e in quel circo.
Altre difficoltà sopravvennero con l’acustica che si rivelò insufficiente e con gli sbalzi di temperatura dovuti ad un impianto di riscaldamento difettoso. Tuttavia non si può parlare di stato fallimentare. Gassman intende esporre i libri contabili all’ingresso del circo, tutte le sere per smentire le voci pessimistiche. Le voci cominciarono a diffondersi ancora prima della serata inaugurale. Il circo tocca gli interessi dei proprietari e dei gestori di sale teatrali oltre che degli altri capocomici. Secondo Erba, il fatto di potersi svincolare dal giro dei teatri, di potersi liberare delle pesanti percentuali dovute ai gestori, che si aggirano sul quaranta per cento degli incassi e di poter sfruttare una piazza a fondo senza restare in un teatro quando c’è poco pubblico o doverlo lasciare nel momento buono perché impegnato da altre compagnie, tutto ciò potrebbe costituire un successo economico, un ottimo affare, sempre che il circo, beninteso, sia effettivamente mobile.
Le voci di sconfitta del mattatore del teatro italiano presero consistenza dopo la prima recita. Un teatro così grande sembra semivuoto se non ci sono almeno duemila spettatori. Il tempo ha inoltre congiurato contro Gassman. Non poteva debuttare in ima stagione peggiore. Il Parco dei Daini ha un fondo erboso che con la pioggia diventa acquitrino. Gii attori, per raggiungere il palcoscenico, dai carrozzoni sono costretti a camminare nel fango. Il pubblico romano è d’altra parte noto per non saper sfidare il cattivo tempo, soprattutto quando si tratta di andare ad assistere a una tragedia come l'Adelchi. Ciò nonostante la media degli incassi si mantiene sul milione e duecentomila lire ai giorno, la più alta cioè registrata dai teatri in questi ultimi tempi. Ma non è sufficiente ad ammortizzare il capitale impiegato nel tendone. Per parlare di guadagno è necessario che la compagnia incassi più di un milione e trecentomila lire al giorno. Erba e Gassman pensano comunque di rifarsi delle spese anche in altro modo: affittando il circo a compagnie di spettacoli lirici o di riviste o per incontri sportivi. Il C.O.N.I. stesso sarebbe favorevole ad accaparrarselo per il periodo delle Olimpiadi come riserva se qualche gara sarà impedita dal cattivo tempo.
Gassman intanto continua con una tenacia straordinaria il battage per attirare il pubblico all’Adelchi. Ogni mattina se ne va in giro per le borgate romane ad arringare la gente dei mercati da bordo di un camioncino. Rifà il verso del protagonista dei Soliti ignoti, parla in romanesco, racconta in termini coloriti la trama dell'Adeichi. Questo modo di reclamizzarsi ha accentuato le dicerie che il circo sia sull'orlo del fallimento. In effetti, Gassman aveva ideato tale tipo di pubblicità ancora prima di cominciare gli spettacoli. Indipendentemente dai risultati, l’attore pensa che una propaganda capillare porterà i suoi frutti nel tempo. Gli basta che si parli dell'Adelchi, di lui, del circo anche nei ceti popolari.


La scarsa affluenza del pubblico si deve certamente oltre che al tempo inclemente, alla scelta del repertorio. L’accostamento con il circo di un Gassman ultima maniera, il caratterista dei Soliti ignoti o della Grande guerra o del Mattatore, non avrebbe dovuto, per il grosso pubblico, far sortire l'Adelchi, ma un grande spettacolo comico o satirico. La gente della Garbatella o del Trionfale e anche parecchi abitanti del ricco quartiere dei Paridi, si chiede perché mai si è costruito il circo. È indubbio che la grande popolarità Gassman l’ha raggiunta come attore comico. Lo stesso De Laurentiis non lo vuole più impegnare come attore drammatico nei film di prossima lavorazione. Quando interpretò parti drammatiche a Hollywood, Gassman subì una serie di delusioni. La vena comica lo ha invece riaccostato al cinema facendo salire le sue quotazioni a cifre notevoli, tali da consentirgli tranquillamente di sopportare eventuali perdite dei cen-toventicinque milioni da parte sua sborsati per l’acquisto del tendone, in parte già compensata da un contratto pubblicitario. Questo è l’aspetto di Gassman che va considerato per spiegare molti suoi atteggiamenti e nei contempo molti suoi errori. Esso deriva dalla determinazione di dedicarsi al vero teatro drammatico interpretando testi di grande impegno. Tutto il resto, interpretazione di film o di commedie brillanti, deve necessariamente, per sua vocazione, ricondurlo allo scopo principale della vita di attore, rappresentare un mezzo per fargli raggiungere un fine ambizioso ma tutt’altro che disprezzabile.
La scelta dell’Adelchi di Manzoni fu dunque una scelta determinata, come fu determinata la scelta del Tieate di Seneca cinque anni or sono e come questa di oggi molto criticata per il vuoto che provocò in teatro dopo tre mesi di esauriti con Amleto, ma che segnò successivamente un autentico successo. Gassman per la verità, non si illude di ripetere la prova ; si contenterebbe di uscirne in pareggio per tener fede allo scopo prefissosi con il suo sfortunato circo, di dare cioè all'Italia, da cittadino privato, senza sovvenzioni speciali, un teatro di Stato. Per portare in tutta Italia le sue rappresentazioni, egli pensa di affittare ora un vero circo, e personale specializzato a smontarlo e rimontarlo dovrà adattare un palcoscenico a semicerchio.
Il circo servirà meglio per la tragedia moderna Un marziano a Roma di Flaiano, lavoro che abbisogna di un ambiente più raccolto. Il programma comprende inoltre le tre tragedie dell’Oreatiade. È un repertorio che l'attore ha scelto per riqualificarsi, per far dimenticare le prove istrioniche date al cinema e alla televisione. SI tratta ovviamente di un’arma a doppio taglio. Il pubblico non reagisce bene a questa nuova trasformazione deil’attore, a questo nuovo travestimento in attore serio. Parliamo di quel pubblico che non conosceva Gassman prima dei Botiti ignoti e la Grande guerra, del Mattatore. Forse è un pubblico che spera che l'hobby di fare tragedie gli duri poco. E forse per questo non vuole ancora mettere piede nel circo nonostante gli allettamenti, le lusinghe, i comizi volanti. È l’aspetto più interessante di questa specie di gioco fra Gassman e i suoi ammiratori. Egli lo ha definito «cattura dello spettatore».
Massimo Rendina, «Epoca», anno XI, n.495, 27 marzo 1960
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| Massimo Rendina, «Epoca», anno XI, n.495, 27 marzo 1960 |
