Vittorio Gassman, Adelchi al circo

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Vittorio Gassman ha realizzato il suo sogno di attore e di regista presentando gli eroi delia tragedia manzoniana a migliaia di spettatori. 28 attori, 34 comparse, 5 cavalli per il primo esperimento di un teatro a scena panoramica

A diciotto mesi da quando se ne sentì parlare la prima volta, a un anno dall’inizio dei primi esperimenti, a sei mesi dalla presentazione di un modellino in miniatura, la sera del 3 marzo Vittorio Gassman ha inaurato con l'Adelchi di Alessandro Manzoni quello che in principio fu detto Teatro Circo e oggi si chiama TPI, Teatro Popolare Italiano. L'incasso è stato di 4.800.000 lire, nonostante i molti biglietti d’invito (critici, personalità). I prezzi erano eccezionalmente alti : andavano da un massimo di 5.000 lire a un minimo di 1.500. E già il teatro era esaurito per i primi giorni, con prezzi di due categorie : 1.500 lire per le poltroncine, 500 lire per le gradinate. Considerando che mille sono le poltroncine e duemila i posti di gradinata, l’incasso giornaliero del «tutto esaurito» dovrebbe essere di 2.500.000 lire. Teoricamente, dunque, duecento recite sarebbero sufficienti a coprire il costo dell’immenso «cuppolone» - il secondo «cuppolone» di Roma dopo quello della Chiesa di San Pietro - alto quanto un palazzo di cinque piani, sorto sulla spianata del Parco dei Danni a Villa Borghese. Diciamo tutto ciò al condizionale perché il costo esatto di questa enorme costruzione non è ancora noto. Si sa soltanto che esso ha notevolmente superato i duecentosessanta milioni preventivati, senza contare le spese dell’allestimento dell'Adelchi, circa cinquanta milioni.

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A parte i circhi, che rispondono ad altri criteri, non esiste nel mondo niente di paragonabile a questo teatro di acciaio e di tela. Su quattro cerniere, due per parte, si aprono a ventaglio, per formare Tenorme cupola, strutture tubolari del peso di ottanta tonnellate. Il diametro di base è di 48 metri e l'area utile di 1800 metri quadrati. Il palcoscenico ha una struttura a sé stante, con un boccascena di 46 metri : nell'Adelchi, Gassman, interprete e regista dello spettacolo, ha saputo approfittarne a dovere, suddividendo i cinque atti della tragedia in due tempi, tre nel primo e due nel secondo.

Tutto questo complesso e le attrezzature collaterali - dalle poltroncine di settecento metri quadrati di stuoia di cocco, dai novanta lampadari d’ottone che illuminano la sala ai 1260 metri quadrati di popeline che servono a correggere l'acustica - dovrebbe potersi trasportare con dodici autotreni. Ma si è scoperto che la mobilità del teatro è più teorica che pratica e che troppi giorni occorrono per smontarlo e rimontarlo.

Ma Gassman non è uomo da perdersi d’animo. Impegnato finanziariamente anche di persona, stipulati precisi contratti con un’azienda pubblicitaria che ha anticipato una notevole somma per vedere viaggiare la pubblicità, tra un paio di mesi egli potrà contare su di un più piccolo e più maneggevole Teatro Circo che è già stato commissionato. Per il «cuppolone» si vedrà. Anzi, a Via Veneto si dice che esso interessi Dino De Laurentiis il quale intenderebbe servirsene come teatro di posa cinematografico.

Come nei circhi, dietro il tendone, sono schierati otto carrozzoni che saranno soprattutto utili durante gli spostamenti. Due di essi sono adibiti a camerini per gli attori, uno a camerino per le comparse, uno serve da saloncino per Gassman e ospita la direzione. Gli altri quattro sono così destinati: sartoria e trovarobe, cabina elettrica, impianto di riscaldamento, servizi. Gli otto carrozzoni costituiscono quindi la base del funzionamento del TPI che comprende stabilmente una trentina di attori, altrettanti impiegati con diverse mansioni, una decina di capitecnici, i quali hanno tutti, per comune divisa, una tuta azzurra che porta sul petto la sigla del teatro. Gli attori sono scritturati per due anni, ma l’impegno è rinnovabile o meno al termine del primo anno. In seno al TPI funziona anche, diretto da Luciano Lucignani, un «Teatro studio», che intende essere uno strumento di ricerca e di critica oltre che una palestra di allenamento per attori e registi.

Questo è il complesso col quale Gassman lotterà per avvicinare al teatro vaste masse di pubblico, incominciando col togliere dalla polvere l'Adelchi e dargli l’onore d’una sesta rappresentazione in centotrentotto anni di vita.

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f2CORRE l’anno 772 dopo Cristo. Alla Corte longobarda di Pavia, Vermondo (l’attore Orazio Orlando), fedele scudiero di Desiderio, re dei Longobardi, il quale ha associato al regno il suo valoroso figlio Adelchi (Vittorio Gassman), porta l’annunzio che Ermengarda, sorella di Adelchi, è stata ripudiata dal suo sposo, .Carlo re dei Franchi. E' la fine della politica di Desiderio che, con questo matrimonio, aveva sperato di tenere i Franchi estranei alla sua contesa col papa Adriano. Il papa reclamava la restituzione delle terre della Chiesa occupate dai Longobardi. Grave è l'offesa per Desiderio (Andrea Bosic). Adelchi vorrebbe andare incontro alla sorella e confortarla, ma Desiderio ordina a Vermondo di farla entrare segreta-mente nel castello per evitare che il popolo e i suoi nemici, che continuano a tramare segretamente contro di lui, godano della sua umiliazione. L'insulto di Carlo sarà lavato con le armi.

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f3ADELCHI è contrario all'avventura di una guerra, contrario al disegno del padre che vorrebbe contrapporre a Carlo, come a un usurpatore, i figli di Carlomanno, fratello di Carlo, e farli ungere re dal papa. Se il papa si opporrà, dice Desiderio, ci impadroniremo di Roma. Adelchi, non accecalo dall'orgoglio, non può fare a meno di considerare i non piccoli rischi dell’impresa e il padre allora lo accusa di mancare di coraggio. Toccato vivamente nel suo onore, Adelchi lotta brevemente con Desiderio: ciò che egli ambisce ardentemente è affrontare Carlo da solo, affidare, nel giudizio di Dio, la vendetta dell'oltraggio alla sua spada. Scortala da Vermondo e dalle ancelle, arriva Ermengarda (Valentina Fortunato). Adelchi le corre incontro, la stringe a sé affettuosamente: Sei nelle braccia del fratei tuo, dinanzi al padre, in mezzo ai fidi antichi tuoi; sei nel palagio de' re, nel tuo, più riverita e cara d'allor che ne partisti».

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f4DESIDERIO rinnova i suoi fieri propositi di vendetta, ma Ermengarda lo implora di non spargere sangue e di evitare che la sventura porti con sé altre sventure. Carlo l'ha ripudiala, lei soffre, ma non desidera vendetta, vuole solo oblio. Il Cielo non aveva voluto che ella fosse pegno e simbolo di pace e di amicizia? «Non si dica almeno ch'io recai la discordia e il pianto dovunque apparvi.» Ermengarda che parla. Sarebbe, dunque, ancora innamorata di Carlo? A questa domanda Ermengarda china il capo, non risponde. Supplica il padre di non indagare nel fondo del suo cuore. La stessa Ermengarda ha paura di leggere nel suo cuore, di interrogarsi. Ha un solo desiderio: rinchiudersi nel monastero di Brescia che à stato fondato da sua madre ed à retto da sua sorella Ansberga. Per il matrimonio che ha contratto non potrà più prendere i voti, ma almeno, in quel tranquillo monastero, le sarà consentito di attendere in pace, finalmente, la fine dei suoi giorni. Desiderio acconsente ed Ermengarda, una delle più trepide creature manzoniane, entra in convento.

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f5ALLA CORTE longobarda arriva intanto Arvino (Carlo Montagna inviato da Carlo. Altero e sprezzante, egli intima a Desiderio abbandonare le terre della Chiesa. In caso contrario sarà la guerra. «Guerra!» rispondono Desiderio e i duchi longobardi. Sebbene avverso a questa estrema soluzione del conflitto, il valoroso Adelchi pone lealmente la sua spada a disposizione del padre. I duchi longobardi Indolfo (Attilio Cucari), Farvaldo (Giamberto Marcolin) e Ildechi (Franco Giacobini) nemici di Desiderio e di Adelchi, si ritrovano segretamente nella casa di Svario (Nino Dal Fabbro), un soldato che, a loro insaputa, nutre proprie ambizioni personali. Dichiarala la guerra, quei duchi vogliono stringere un patto con Carlo, comunicargli i loro propositi di tradimento conoscerne le promesse. Tra i Franchi, intanto, c'à lo sgomento. Il valore di Adelchi e le difficoltà naturali che facilitano la difesa hanno fermato l'esercito di Carlo che vuole ritirarsi. Invano Pietro, legato dal papa, lo incoraggia: i soldati sono stanchi e già troppi sono i morti.

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f8TRA LA GENERALE SORPRESA ecco arrivare al campo il diacono Martino (Mario Erpichini), invialo dal vescovo di Ravenna. Egli racconta a re Carlo (Carlo D'Angelo) come egli abbia trovalo traverso i monti un cammino che evita la strettoia delle Chiuse di Val di Susa. Per quel cammino, i Franchi potranno giungere indisturbati alle spalle dell'esercito longobardo e coglierlo di sorpresa. Cosi Carlo, il quale era convinto che una forza sovrumana lo respingesse dall'Italia e gli impedisse d'essere re nella terra dove nacque Ermengarda, trova nuova fiducia. Chiama a raccolta i suoi capitani e dà gli ordini perché una parte dell'esercito, guidata da Martino, operi l'attacco di sorpresa alle spalle dei Longobardi. «Tutto è per noi, tutto ci aspetta.» Nel campo dei Longobardi, che esultano per la ritirata dei Franchi, Adelchi soffre di non aver potuto misurarsi con Carlo. Il nemico parte impunito e a lui non resta che seguire, malvolentieri ma obbediente, Desiderio contro papa Adriano. «A quale tu vogli impresa, il tuo guerriero, o padre, ubbidiente seguiratti.»

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f9MA ECCO, quando gli animi sembrano placarsi, la guerra già ta, il nemico sconfitto, improvviso si scatena l'assalto dei Franchi. «Tutto à perduto» si grida. «Siamo traditi.» Invano Adelchi animosamente, con la spada in pugno, raccoglie un gruppo di soldati fedeli e si lancia contro i Franchi che attaccano alle spalle, invano Desiderio cerca di far fronte a Carlo che attacca con le sue truppe per forzare la resistenza alle Chiuse. I Longobardi sono in rotta e anche Adelchi e Desiderio debbono cercare scampo nella fuga. Con l'aiuto dei Duchi traditori, Carlo ottiene piena vittoria quasi senza battaglia. I Duchi traditori, presentati da Svario che Carlo nomina Conte di Susa, vengono a porgere omaggio al re: «Nella tua man vittoriosa accogli la nostra man devota». Carlo promette loro la giusta ricompensa e li sollecita a tornare nelle loro città per dire che nulla sarà mutato e che il suo unico scopo è quello di togliere dal trono una famiglia che ne era del tutto indegna. Li chiama «prodi» ma più tardi egli se ne dispiace: «Errato ha il labbro del re»

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f6I LONGOBARDI sono in fuga, la fortuna arride ai Franchi, anche Desiderio e Adelchi sono fuggiti, solo e irriducibile, lo scudiero e amico di Adelchi, Anfrido (Antonio Salines) ha continualo a combattere suscitando l'ammirazione dei Franchi. Ferito a morte, egli viene portalo in presenza di Carlo il quale si rammarica che un tal valoroso soldato abbia volute gettare inutilmente la sua vita. «Tu porli teco la nostra stima. E' il re dei Franchi che ti stringe la man, d'onore in segno e d'amistà. Nel suol de' prodi, o prode, il tuo nome vivrà.» Prosegue, intanto, la ritirala dei Longobardi dopo la disfatta. Triste e stanco, Desiderio maledice il giorno che Alboino guidò i suoi Longobardi alla conquista della penisola italica, il giorno in cui disse: «Questa terra à mia». Il tradimento lo ha accasciato, per la prima volta sente il peso degli anni e degli stenti. Aveva crealo un regno e ora non riesce a vedere intomo a sé altro che rovine. Dovunque aleggiano la morte e il tradimento.

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f7ADELCHI si ricongiunge col padre e lo rincuora. La loro causa non è ancora perduta: «Salviamo per ora la nostra vita, ma per fare in tempo cara costar». Desiderio si rinchiuderà in Pavia, Adelchi in Verona mentre un altro Duca, Baudo, difenderà a Brescia il suo duca ed Ermengarda. Ma Adelchi vuole aspettare Anfrido, rimasto indietro per proteggerlo. E ora un soldato gli dice la triste verità: Anfrido è morto. «Giorno d'infamia e d’ira, tu se' compiuto! O mio fratei, tu sei morto per me! Tu combattesti!... ed io... Crudel! perché volesti ad un periglio solo andar senza me? Non eran questi i nostri patti. Oh Diol... Dio, ci mi serbi in vita ancor, che un gran dover mi lasci, dammi la forza per compirlo.» La disfatta dei Longobardi accende nei Latini nuove speranze. Essi vedono la rovina dei loro oppressori. Ma che cosa han fatto essi per conquistare la libertà? Ad un conquistatore si sostituìrà un altro conquistatore, nuove miserie prendono il posto delle vecchie.

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f10NEL MONASTERO di Brescia di cui è badessa la sorella Ansberga (Carmen Scarpitta), Ermengarda sente la morte avvicinarsi. Ha trovato la pace e il suo cuore è pieno di una grande dolcezza. In questo supremo momento della sua vita in cui si sente più vicina a Dio, affida Ansberga la sua benedizione per il padre e per Adelchi, il suo perdono per Carlo: forse, all'annunzio della sua morte, toccato dal pentimento, egli vorrà la sua spoglia per seppellirla nella tomba reale. Ma Ansberga lascia sfuggire che Carlo si é risposato con Ildegarda e la mente di Ermenengarda vacilla. Essa grida il suo amore per lui, l'amore immenso non gli ha mai svelato. Vaneggiando, si aggrappa alla speranza che ella un sogno da cui si ridesterà per sentire Carlo chiederle la ragione del suo affanno. E finalmente la pace toma in lei, e con la pace la morte. «Sparga le trecce morbide sull'affannoso petto, lenta le palme, e rorida di morte del bianco aspetto, giace la pia, col tremolo sguardo cercando il ciel...»

1960 03 13 Epoca Vittorio Gassman f11NUOVI TRADIMENTI fan cadere nelle mani di Carlo Pavia e Vero-na. Prima che i Franchi entrino in Verona, convinto della impossibi liti di resistere, Adelchi medita di uccidersi per non dare maggior gloria a Carlo con la sua resa. Ma scaccia questa idea e decide di fuggire con i pochi che gli son rimasti fedeli. Intanto, fatto prigioniero a Pavia, Desiderio chiede di parlare con Carlo. Vuole implorare grazia per Adelchi che aveva cercato di opporsi alla sua impresa. Le colpe sono solo sue, Adelchi obbedì al padre e lo difese. Ma Carlo non è disposto a pietà. Nel tentativo di uscire da Verona, Adelchi, ferito a morte, chiede del padre. Egli, che aveva aborrito la violenza ma l'aveva compiuta, si purifica nella morte, pegno di perdono e di speranze future. A Desiderio raccomanda di non dolersi del regno perduto: è una sventura fonie di bene e di pace. Ed è anche l'ora della sua pace: «O re de’ re tradito da un tuo fedel, dagli altri abbandonato!... Vengo alla pace tua: l’anima stanca accoglil».

 Domenico Meccoli, «Epoca», anno XI, n.493, 13 marzo 1960 - Fotografie di Paolo Di Paolo


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Domenico Meccoli, «Epoca», anno XI, n.493, 13 marzo 1960 - Fotografie di Paolo Di Paolo