Silvana Mangano ritorna al cinema per accontentare il marito

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Sebbene decina ad abbandonare il cinematografo, Silvana Mangano ha accettato di prendere parte a un film di Camerini, ispirato alla vita di Masolino. Per la parte della protagonista è stata cercata invano una nuova attrice

Sebbene fosse fermamente deliberata ad abbandonare il cinematografo, Silvana Mitigano si è risolta a girare un film. La decisione è stata presa con molta riluttanza e solo per togliere al marito, il produttore Dino De Laurentis, l’imbarazzo di una spiacevole alternativa: ripiegare su di un’attrice inadatta o rinunciare a un progetto intorno al quale lavorava da diversi mesi. Se fosse dipeso da lei avrebbe preferito rimanere a casa, col suo piccino, e passare un’estate tranquilla; ma una buona moglie non può evitare di partecipare alle preoccupazioni del marito e. se possibile, di collaborare a risolverle.

Dino De Laurentis aveva fatto di tutto per evitarle questo sacrificio; aveva perfino organizzato un concorso durante il quale Amedeo Nazzari e la stessa Mangano lo avevano accompagnato nelle principali città per esaminare centinaia ai candidate; ma la ricerca non aveva dato risultati soddisfacenti. S’erano trovate soltanto due ragazze la cui utilizzazione sarebbe stata possibile per parti secondarie, non per quella della protagonista: una ardente contadina calabrese legata alle avventure e al destino del brigante Musolino. Quando fu chiaro che la mancanza di un’interprete avrebbe potuto compromettere la riuscita del film , Silvana capitolò. E alla fine del mese partirà per la Piccola Sila dove diario Camerini si prepara a girare gli esterni del «Brigante Musolino».

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Recitare per necessità è, del resto, il destino di Silvana Mangano, sorda alle lusinghe del successo e della celebrità, insensibile alle attrai tn e di un’arte per la quale la natura l’ha provvista di straordinarie doti e di un'evidente inclinazione. La sua storia si potrebbe intitolare «Attrice suo malgrado». Nata da una modesta famiglia romana, si trovò alla fine della guerra odia necessità di contribuire al sostentamento dei suoi e, appena uscita dall'Accademia di Danza di Jia Ruskaia, invece di cercare un'occupazione in teatro, si impiegò come indossatrice in una casa di mode. Mario Costa la notò durante un’esposizione di modelli e, colpito dal carattere della sua bellezza, dalla prepotente forza plastica del suo viso e della sua figura, la convinse ad accettare una parte nell’«Elisir d’amore».

Per quanto quel primo esperimento fosse riuscito lusinghiero, Silvana non ne rimase entusiasta. Inoltre la molle pigrizia e la fatalistica indifferenza così tipiche dell'indole rimana, qud misto di fierezza e di indolenza che traspare dalla sua espressione, la rendevano inadatta al traffico delle sollecitazioni. ai piccoli intrighi cui è quasi sempre legata la fortuna dei principianti. Così, pur continuando a lavorare od cinema quando se ne presentava l’occasione, Silvana invece di andare avanti, andò indietro e finì generica, una delle tante, anonime generiche che partecipano alle scene d’insieme. Se non fosse stato per arrotondare i guadagni avrebbe rinunciato anche a quale brevi figurazioni preferendo la vita quieta del magazzino, le inconseguenti esibizioni davanti alle clienti, i non impegnativi interventi alle manifestazioni mondane indossando per conto ddla ditta le ultime novità della moda.

Entrata negli schedari delle case di produzione, Silvana Mangano venne un giorno chiamata per un provino: Peppe De Santzs cercava un viso nuovo per la protagonista di «Riso amaro» e voleva vedere anche lei. Si presentò senza fiducia, tanto per contentare la mamma, già vestita da sera, truccata c parata per andare ad un ballo al quale era comandata dalla sartoria. Era troppo raffinatamente agghindata per un ruolo di mondina e fu bocciata. Venne scelta invece Lucia Bosé; ma quando arrivò il giorno di firmare il contratto, la bella milanese si tirò indietro per ragioni familiari. Bisognò, dunque, ricominciare da capo.

De Santis era disperato; e lo era anche Dino De Laurentis, produttore del film. Vennero iniziate nuove, affannose ricerche fino a che il regista incontrò per via la Mangano. Stentò quasi a riconoscerla: pioveva, e per tornare a casa, dopo il lavoro, «era messa un impermeabile e un cappuccio di feltro assai modesti che davano al suo volto stanco un aspetto quasi selvaggio. La fermò, la trascinò controvoglia allo stabilimento e le fece lì per li un altro provino che dette risultati superiori ad ogni aspettativa.

De Santis e De Laurentis credettero di toccare il rido cielo un dito; ma non ostante le cospicue offerte. Silvana Mangano non voleva saperne nemmeno lei di acca-tare la scrittura. Per convincerla fu necessario l'intervento della famiglia. rinunciare ad una simile occasione sarebbe stata una pazzia, come mutare in faccia alla fortuna. E Silvana si piegò a malincuore ad accettare quella fortuna. Dentro di sé era già decisa a scrollarsela di dosso non appena sarebbe stato passibile.

Quando due anni dopo sposò De Laurentis mise come condizione alle bozze di poter ritirarsi a vita privata e. non ostante dovesse interpretare «Non c'è pace sotto gli ulivi». riuscì con la tenace volontà dei pigri, a liberarsi di ogni impegno cedendo la sua parte a Lucia Bosé: restituiva in tal modo la fortuna a chi glie l'aveva data. Il successo folgorante che aveva accolto la sua apparizione sugli schermi. le offerte aie piovevano dall’estero e perfino dall'America, le lodi dei critici che le riconoscevano un interessante e insolito temperamento di attrice, le grandi possibilità che le si schiudevano davanti, non contavano nulla per lei: desiderava starsene tranquilla, lontano dai teatri di posa, badare alla casa, pensare ai figli, avere una vita sua come una qualsiasi madre di famiglia. Il cinematografo la interessava soltanto come spettatrice; e come la più appassionata delle spettatrici non manca infatti di vedere un solo film.

A chi le domanda se questo ritorno può proludere ad una stabile ripresa dell'attività cinematografica, la Mangano risponde con fermezza: ha fatto i patti ben chiari col marito e non vorrà mai più sentir parlare di soggetti, di parti, di teatri. «Ho detto di si, questa volta, anche perchè girando nella Sila potrò portare con me mio figlio. E' un posto magnifico e al Villaggio Maticuso si possono trovare quelle comodità che sono indispensabili al benessere di un bambino». Il film che l'affiancherà nuovamente ad Amedeo Nazzari (gli altri attori saranno scelti quasi tutti fra la gente del luogo) non vuol essere un documentario romanzato sulla vita di Musolino come quello che De Sica cominciò a girare qualche anno fa nel manicomio criminale di Reggio Emilia con lo stesso brigante. Sarà un film fortemente drammatico, liberamente ispirato alla fosca e tragica storia del famoso bandito: vi si narra di un innocente evaso e datosi alla macchia per punire chi, accusandolo di un delitto commesso da altri, aveva provocato un iniquo verdetto di condanna a dodici anni di galera. E’ una storia amara ed umana, sviluppata sulla tesi sostenuta dalla difesa, e che la violenza delle passioni e il romanzesco dell’intrigo rendono particolarmente adatta ad un racconto cinematografico.

Ermanno Contini, «Settimana Incom Illustrata», 8 luglio 1950


La Settimana Incom Illustrata
Ermanno Contini, «Settimana Incom Illustrata», 8 luglio 1950