Alberto Sordi il solitario

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Egli probabilmente paga il prezzo delle straordinarie energie che profonde nel lavoro. Sempre il primo ad arrivare nel teatro di posa è l’ultimo ad andarsene: i suoi risultati eccezionali sullo schermo sono dovuti ad altrettanto eccezionali applicazioni di serietà

Alberto Sordi, l'attore più ricercato ed applaudito d’Italia, è in realtà l’uomo più solo che io conosca. E, come tutti gli uomini soli, ha una paura terribile della solitudine: al punto di rinunciare a leggere se questo vuol dire restar solo in camera. Per avvicinarlo ai libri, bisogna che ci sia qualcuno che gli legga ad alta voce.

L’ultima volta che l’ho visto, pochi giorni fa, è stato durante un ricevimento in casa di un’attrice. Come al solito Sordi s’è mostrato un ospite esemplare; verso la fine della serata, ha perfino cantato cinque o sei canzoni, o meglio parodie di canzoni, con brio e scioltezza. Eppure mi è sembrato che la sua solitudine diventi, col passare degli anni, più appariscente e drammatica, fino a rendere talvolta perplessi. Nella vita quotidiana l’atteggiamento di Sordi è ormai spesso guardingo e sospettoso; il suo volto, chiaramente incredulo: come se dovesse badare continuamente a difendersi, come se gli altri gli tendessero continuamente delle trappole. No, Sordi non è di quelli che lasciano la propria tensione a casa o al guardaroba.

L’attore ha una spiegazione per questo lato del suo carattere. Si tratta di un episodio, avvenuto molti anni fa. «Una volta — racconta Sordi — quando ero giovane e poverissimo, mi imbattei, dalle parti di Piazza Colonna, in una vecchietta dall’aria patita che, con un fil di voce, chiedeva la carità. Io avevo in tasca soltanto due lire. Che dovevo fare? Finalmente le sue insistenze mi decisero, e le diedi una lira. Ma la vecchietta non mollò e mi disse che si sentiva sfinita e mi pregò di offrirle un Fernet. Ormai ero sulla strada della generosità e le pagai il Fernet: quaranta centesimi. Ero dunque rimasto con soli sessanta centesimi in tasca, ma, trascinato dall’entusiasmo per la mia stessa buona azione, pensai bene d’aiutare ancora la vecchietta e magari d’accompagnarla dove si stava recando. Glielo dissi e lei rispose con un secco "Vattene”. Credevo di non aver capito bene e le dissi di ripetere. "Vattene” disse quella ”Vai via, non mi servi più”. Proprio così, senza alzare la voce, fredda come un sasso. Cominciai a balbettare, non sapevo che dire. Ma come: mi caccia via? Di colpo capii: ero stato fregato. Eh no, vecchietta, non puoi mica passarla liscia! Così corro a cercare una guardia, saluto romanamente, era il tempo fascista, e dico: "Sono stato derubato. Da quella vecchietta. Mi ha portato via una lira”. La guardia mi accompagna, raggiungiamo la vecchietta e finisce che mi faccio restituire la lira. Be’, da quel giorno non credo più a nessuno. Possono raccontarmi quel che gli pare: Alberto non ci casca più».

Un soldo in quattro

Così Sordi illustra la nascita di quella sua forma di difesa che molti scambiano per avarizia. In un mondo dove perfino le innocue vecchiette sono ingrate e nascondono abissi di spietatezza cosa puoi aspettarti dalla gente? Sordi risponde da molti anni a questa domanda col proprio atteggiamento di uomo che non dà niente in cambio di niente, che non regala nulla. La sua è una disciplina ferrea. Pochi anni fa, quando già aveva raggiunto il tetto della fama, mentre girava un film, aveva l’abitudine di prendere a mezzogiorno un caffè e una coca-cola. Glieli portava un ragazzo del bar vicino. Un giorno, però, Sordi non aveva sete e, bevuto il caffè, si rivolse all’attore Luigi Tosi, un altro interprete del film, dicendogli: «A Gigi, vuoi sta coca-cola?». Tosi ringrazio e accettò. La sera, però, quando il ragazzino del bar venne a fare i conti con i membri della troupe per quello che avevano consumato durante il giorno, anche Tosi fu apostrofato: «Lei ha una coca-cola da pagare». Era quella che Sordi gli aveva passata a mezzogiorno e che poi aveva cancellato dal proprio conto.

Nel mondo del cinema molti considerano la parsimonia di Sordi come un’affermazione di personalità che va rispettata. Altri la guardano addirittura con indulgenza e tenerezza. Fra questi è imo sceneggiatore che, mentre era a casa di Sordi con due suoi colleghi, vide che l’attore, frugando in un cassetto, aveva estratto una stecca di sigarette americane. Sentendosi osservato l’attore si voltò e sorprese lo sguardo degli altri: senza esitare regalò allora un pacchetto di sigarette ad ognuno degli ospiti. Più tardi, però, Sordi sembrò stranamente pensieroso. Lo sceneggiatore, allora, al momento d’andar via "dimenticò”, il suo pacchetto di sigarette. E appena fuori dalla porta scoprì che anche i suoi colleghi avevano fatto, ognuno per conto suo, lo stesso gesto. Tutti e tre, insomma, s'erano comportati così per non far più rimpiangere a Sordi il proprio attimo di debolezza. Forse Sordi era preoccupato per altre ragioni, ma è significativo che i suoi tre ospiti abbiano attribuito il suo abbattimento all’episodio del regalo.

In fondo la vittima peggiore delle economie di Sordi è proprio Sordi stesso. L’attore, che è un ottimo guidatore, usa assai raramente le proprie automobili e preferisce farsi trasportare in quelle, più scassate e scomode, della produzione del film in cui sta lavorando. Una forma di risparmio, questa, che Sordi paga di persona. Così come l’attore sente il disagio d’avvertire: «Facciamo alla romana» quando è a cena con amici, ma lo affronta con coraggio. Una volta, durante una festa, Sordi restò di malumore, inspiegabilmente, per l’intera serata. Finalmente gli amici ne scoprirono il perchè: l’attore s’e-ra versato un po’ di caffè sul vestito, una macchiolina infinitesimale. Gli spiegarono che si poteva togliere con facilità. «Eh già — sbottò l’attore — ma intanto il vestito non è più nuovo!».

Fino a quando mi confessò che non gli piacevano, io avevo considerato Sordi il più formidabile mangiatore di pizze napoletane che avessi mai visto. «Ma com’è mai possibile — domandai allora — se al ristorante ordini sempre la pizza». «Sì — rispose lui — e che ci vado solo al ristorante? No, ci vado con una ragazza. E allora, prima che lei ordini, la blocco chiedendo: ”due pizze”. Così la pizza, che è densa e pesante, le rimane sullo stomaco e lei non ordina più niente. Capito la tecnica?».

1962 03 17 Tempo Alberto Sordi f1Alberto Sordi è ora il numero uno del cinema italiano nel campo degli attori: impegnato attualmente nel film "Il commissario" diretto da Luigi Comencini, Sordi si prepara a partire per l'America, dove girerà un film con la regia di Monicelli.

E’ tuttavia da notare che, nonostante queste complicazioni alimentari, Sordi ha sempre un grosso successo con le ragazze che avvicina. Se poi molti suoi successi restano tali soltanto a metà, l’unico responsabile è lui stesso. «Ma come — gli domandano gli amici — ti sei ritirato proprio al momento buono?». «Per forza — risponde l’attore con aria furba. E aggiunge:

— Quella mi voleva incastrare». Frase che non allude tanto al matrimonio (Sordi si considera sufficientemente corazzato contro ima simile catastrofe) quanto alle cause d’un amore vero.

Più che un problema la donna, per Sordi, è una minaccia. Almeno lui la considera tale. Un giorno Sordi arriva a Cinecittà bianco in volto e con l’aria di chi ha passato una notte insonne. Il regista, preoccupato, gli domanda che cosa gli sia successo. «Un fatto terribile» ammette Sordi con voce atona.

«E quale?». L’attore racconta: «Ieri sera una zingara m’ha letto la mano e mi ha predetto che mi sposerò entro l’anno». E poi tace, attendendosi la comprensione degli altri: perchè, per lui, ima profezia del genere è terrorizzante come un’apparizione spettrale.

Sono forme d’ingenuità queste? In un certo senso, esistono dei lati del carattere di Sordi apertamente ingenui. Il suo atteggiamento religioso, per esempio. L’attore mantiene buoni rapporti con reverendi e monsignori e, a suo modo, è un buon credente e un discreto osservante. A suo modo: perchè, come dice lui stesso, il suo cattolicesimo è basato sulla paura dell’inferno. Sordi crede al paradiso, crede al purgatorio, ma crede soprattutto all’inferno. La prospettiva di finire fra fiamme e diavoli lo rende pensoso, lo fa assiduo dei riti.

Gli scherzi al guerriero

Un altro aspetto fanciullesco di Sordi sta nel suo comportamento con i vecchietti. Con loro l’attore è spietato come solo i bambini sanno esserlo. Li tratta tutti come se fossero parenti stretti della vecchietta del Fernet. Li prende in giro, cioè, e siccome non è soltanto un grande attore ma anche un improvvisatore geniale al punto che molte fra le migliori battute dei suoi film dovrebbero portare la sua firma, le sue frecciate e i suoi scherzi diventano veramente feroci. Quando era a Madrid per girare un film, Sordi scoperse che l’imbonitore, l’uomo-pubblicità, d’ima sala di giochi era un vecchietto vestito da guerriero antico. Da quel momento il suo divertimento diventò, ogni sera, quello di raggiungere l’imbonitore e dargli un colpo sulla celata per fargliela ricadere sugli occhi. L’uomo era così completamente cieco. Sordi lo prendeva allora per mano e mormorando: «Vie’ bello; su’, vie’ co’ zio», se lo trascinava dietro per qualche passo e poi lo lasciava solo. Il vecchietto, con le mani guantate di ferro, non riusciva a tirar su la celata e cominciava a brancolare penosamente. Sordi lo guardava, gongolando e attendendo il momento in cui il vecchietto perdeva l’equilibrio e cadeva a terra con fracasso.

La forza di attore di Sordi si manifesta, nella vita quotidiana, in mille modi diversi, tuttavia straordinaria mi sembra la sua capacità di rendere comiche situazioni che comiche non sono. Una sera, al ristorante, per esempio, Sordi e i suoi amici si trovarono accanto dei bersaglieri, o ex-bersaglieri, che cantavano senza tregua inni del loro corpo. Improvvisamente Sordi, che allora era ancora sconosciuto, s’alzò dalla sedia e, serissimo in viso, s’avvicinò al gruppo di veterani e si rivolse loro gridando: «E l’alpino? Ve lo dimenticate l’alpino?». Quei bravi bersaglieri lo accolsero immediatamente fra loro e Sordi, che alpino non è mai stato, assunse immediatamente il comando delle operazioni. «Allora, partiamo con ”La montanara”. Lei, col pizzetto, mi faccia un po’ il basso per favore. Ecco, così, bravo. Lei, invece, mi faccia plon plon, no, non pon pon, deve dire plon plon, l’accompagnamento capisce...». E li obbligò tutti a cantare nenie alpine ai suoi ordini.

Un’altra volta, a un incrocio, una macchina proveniente da sinistra volle la precedenza e Sordi lanciò un ”FigLio di...” L’altra macchina, però, invertì direzione, lo inseguì, lo raggiunse, l’obbligò a fermare. Ne scesero due giovani decisi che s’appoggiarono al finestrino dell’automobile dell’attore chiedendo: «Che cosa hai detto?» Sordi non sapeva cosa rispondere quando la signora che era al suo fianco obbedì all’ingiunzione e ripetè la frase: "Figlio di...”. Di colpo Sordi si voltò verso di lei rimproverandola: «Ah, no, signora. Queste frasi non si dicono. Lei forse non lo sa perchè non è di Roma, ma da noi questa è una ingiuria grave. Pensi che magari lei la può rivolgere a qualcuno che magari è orfano soltanto da tre giorni. Mi meraviglio che lei non si renda conto».

Sordi, uomo solitario, paga probabilmente il prezzo delle straordinarie energie che profonde nel lavoro. In teatro di posa è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene: mai è svogliato o stanco o distratto. I suoi risultati eccezionali sullo schermo sono il prodotto di altrettanto eccezionali applicazioni di serietà. Forse l’attore Sordi succhia le energie migliori dell’uomo Sordi, a cui non rimane altro che una vita priva di grandi emozioni e di grandi melanconie. I momenti d’amore, i momenti d’abbandono sembrano negati alla cronaca quotidiana d’Alberto Sordi, a quei ritagli di tempo, cioè, che restano fra un impegno e l’altro. Non so se Sordi si sente felice. E’ certo però che difende la propria solitudine da ogni intrusione affettiva e se ne fa difendere dal suo segretario Bettanini con tale foga che i più vicini all’attore spesso dicono: «Se in Sordi ci fosse uno spiraglio d’umanità, Bettanini lo tapperebbe». Forse dobbiamo essere grati a Sordi anche per la sua vita difficile, piena di sospetti e di diffidenze. Dobbiamo essergliene grati se questo è lo scotto che Sordi deve pagare per restare quel grande, eccezionale attore che conosciamo.

Mino Guerrini, «Tempo», anno XXIV, n.11, 17 marzo 1962


Tempo
Mino Guerrini, «Tempo», anno XXIV, n.11, 17 marzo 1962