Sylva Koscina, l'attrice che sa piangere

Sylva-Koscina

Silva Koshina è per ora una ragazza che dice di voler fare del cinema seriamente. Non è stata ancora contagiata dall'ambizione di accumulare milioni e si vanta della modestia dei propri guadagni.

Roma, ottobre

In questi giorni Silva Koshina ha terminato il suo quarto film, quarto della sua carriera e quarto nello spazio di un anno; i primi tre rientravano nel contratto e non hanno modificato i suoi guadagni, con l’ultimo invece ha maturato il diritto ad un premio supplementare, e il suo produttore le ha regalato infatti una "utilitaria”. Questa macchina è il primo frutto appariscente del suo lavoro; l’altro è costituito da un piccolo appartamento ai Parioli, dove l’attrice si è trasferita da poco separandosi dalla sorella con la quale ha vissuto dall’età di nove anni, e cioè dal giorno in cui abbandonarono insieme la Jugoslavia. Fu un bombardamento a tappeto a decidere della vita di Silva; da Spalato, dove viveva con i genitori, si era recata a Zara, a trovare la sorella, quando la città fu semidistrutta dalle bombe.

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La sorella e il marito, un ingegnere italiano, decisero allora di rientrare in Italia e portarono con sè la piccola. Il suo breve viaggio da Spalato a Zara si trasformò così in un lunghissimo viaggio: cambiò patria, abitudini, vita. Della sua origine, Silva conservò certe caratteristiche del fisico e del carattere: è alta, slanciata, bionda con gli occhi allungati, ed è d'umore estremamente contrariaddittorio: se è triste, lo è fino alla disperazione, se è allegra lo è in modo sfrenato. Italiani invece sono divenuti i suoi modi, la lingua, la foga con la quale parla. CIò che non è italiano nè slavo, ma probabilmente è soltanto suo, è la forza di volontà: Silva Koshina appartiene infatti al tipo di donna "tutta volontà" e chiarezza di scopi. Quando decise che la sua strada era quella del cinema, stabilì anche il tempo, il modo, e che sarebbe diventata attrice, senza passare attraverso i concorsi di bellezza, senza imboccare le solite facili scorciatoie.

Fu aiutata, senza dubbio, da un pizzico di fortuna. Vi sono molte ragazze, le quali sognano di fare del cinema, che si consumano in un passo preliminare: quello necessario ad arrivare e resistere a Roma. Silva Koshina vi arrivò molto agevolmente agli inizi del ’55, quando suo cognato fu trasferito da Napoli a Roma.

1956 11 01 Tempo Sylva Koscina f2SILVA KOSHINA ha i capelli biondo-dorati; ma se li è dovuti tingere di nero per interpretare la parte di una zingara in "Michele Strogoff”: il film tratto dall’omonimo romanzo di Giulio Verne, che Carmine Gallone ha girato in Jugoslavia

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Silva si cercò un lavoro, divenne segretaria in una ditta di elettrodomestici; poi si presentò ad una Casa di mode; fece la mannequin volante, posando gratis per fotografie di moda; si affidò, invano, ad alcune agenzie d’attori; finalmente alcune sue fotografie comparvero su un giornale di cinema e il giornale capitò nelle mani di Pietro Germi, che preparava Il ferroviere. Quando Germi la vide di persona, rimase perplesso: egli cercava una gazza molto semplice, che potesse indossare con disinvoltura vestiti da quattro soldi. Silva era invece una ragazza spigliata, moderna, elegante. I vestiti tagliati bene sono il suo debole: nel suo ultimo film, disperata perchè la sarta non ha saputo accontentarla, ha sacrificato tre vestiti suoi. Ma dopo il provino, le perplessità di Germi caddero. Silva doveva recitare una scena drammatica in cui rinfaccia al padre le sue colpe, e poi se ne va di casa: ed essa, che aveva atteso a lungo quel momento, che sentiva la fortuna sfiorarla e la sapeva labile, prestò al personaggio quel miscuglio di ansia, di esasperazione, di risentimenti che erano dentro di lei, e fu efficacissima, pianse lacrime vere.

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IL QUARTO FILM di Silva Koshina, dopo ”Il ferroviere”, "Michele Strogoff’ e "Guendalina”, è "I fidanzati della morte”: un film girato, per buona parte, sul circuito di Monza. In questi giorni, che sono i primi di ripose dopo un anno di lavoro, Silva sta prendendo lezioni accelerate di guida e cambia i mobili del suo appartamento. « Quando sarò ricca » dice «non mi comprerò gioielli ma metterò su una grande casa». E’ stata iscritta alla Facoltà di fisica e chimica, poi a quella di legge; questa non implicava la frequenza ed ella era libera di lavorare e di cercare di fare del cinema. Non ha amici fra i suoi coetanei, ma fra persone più anziane di lei: dice che è più vecchia della sua età (ha ventidue anni) e che cominciò a diventar grande da dieci anni in poi. Ha un contratto di sei anni, che la impegna a tre film l’anno, con un mensile. Nella foto qui a sinistra, l’attrice è nel suo ultimo film: "I fidanzati della morte”.

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Ebbe la parte, e si sa come vanno queste cose, un buon film chiama un altro film. Così, dopo II ferroviere. Gallone la invitò per fare la zingara in Michele Strogoff, un film di co-produzione italo-jugoslava. La sua parte, prima di lei. era stata offerta a Kerima; ma l’attrice non si mise d’accordo, e Silva ne prese il posto. Qualcosa di simile è accaduto nel film successivo, Guendalirux, nel quale la Koshina ha preso il posto della Rossi Drago, cui non andava a genio di dover fare la madre di una ragazzina di 15 anni.

Anche in questo film, malgrado il divario dell’età, se l’è cavata bene; e il regista, Alberto Lattuada, è rimasto soddisfatto soprattutto della sua interpretazione in una scena difficile, un confronto fra madre e figlia. Silva ha dovuto nuovamente piangere, e l’ha fatto con efficacia. Quando un’attrice sa piangere bene, si dice, negli ambienti del cinema italiano, che è ”un’attrice drammatica”. Forse si dirà presto anche di lei. Ma non è questo il punto. Silva Koshina è per ora una ragazza che dice di voler fare del cinema seriamente; legata ad un contratto, non è stata ancora contagiata dall’ambizione di accumulare milioni e discute a viso aperto con i tappezzieri che le arredano la casa vantando la modestia dei propri guadagni; il suo tipo è quello di una donna sensibile ai sentimenti e ai pensieri con traditori del mondo di oggi. Fra tante finte pastorelle essa si distingue per dei modi che sono propri di una donna di un certo stile: sarà probabilmente colpa o merito del cinema italiano quello che, come attrice, diventerà.

Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.44, 1 novembre 1956 - Fotografie di Paolo Costa


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Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.44, 1 novembre 1956 - Fotografie di Paolo Costa