Cugat ha trovato l'America in Italia
Dalla crisi che colpi lo scorso anno la televisione italiana cominciò la fortuna per Xavier Cugat e Abbe Lane, contesi a colpi di milioni dalla TV e dal cinema
Roma, gennaio
A distanza di circa quattro mesi dal loro arrivo, i coniugi Cugat si protestano entusiasti dell'Italia, lieti della loro scelta, fermamente decisi a non andarsene tanto presto, «Il popolo è civile», dichiara Cugat convinto di fare un complimento, negli stadi mica si rizza in piedi a tirarci palle di carta, e cuscini come nel Sud America», «Gli uomini». rincara Abbe, «sono gentili, carini con me; mi guardano, mi fanno complimenti, ma mica mi aggrediscono». Cugat ha un leggerissimo moto di stizza, ogni volta che sua moglie è sincera e rischia di dire qualche sciocchezza, e. senza parere, riporta il discorso verso binari più tranquilli; parla del successo di Abbe alla TV, delle migliaia di lettere speditele dai telespettatori, delle proposte di film che le arrivano da tutte le parti, dei suoi progetti per il futuro.
Tutto ciò, tradotto in cifre, equivale a un bel numero di milioni ed è per questo che si dice che Cugat, la cui popolarità in America era ormai scaduta, quasi ridotta a zero, ha trovato l' "America” in Italia. Si possono anche fare dei conti: il contratto con la TV prevedeva un compenso di 1000 dollari (600 mila lire) per sera ed è durato otto sere; Abbe per ogni posa o giornata di lavoro in un film pretende a quanto pare un milione e i film sono stati finora tre con una media di dieci pose ciascuno; in più bisogna contare i guadagni di Cugat per le musiche dei film, e quelli che, per essere non meno prezioso e non meno esotico dei suoi padroni, esige anche il minuscolo Chihuahua, il cagnolino di Abbe, ogni volta che si mostra davanti alla macchina da presa. Per essere nuovi dell’Italia, non c’è mica male; ma ciò dimostra soltanto che, a parte un pizzico di fortuna, i coniugi Cugat sono degli ottimi amministratori, oltreché gli insuperabili agenti pubblicitari di se stessi.
ABBE LANE e Xavier Cugat abitano a Roma in un attico di via Bosio che in passato era stato affittato ad attori del cinema. Tra gli inquilini che li hanno preceduti figurava Erroll Flynn. Abbe è qui fotografata con una tigre di stoffa, per la quale ha una predilezione come per i cagnolini "chihuahua"
I BEGLI ABITI e i gioielli sono per Abbe una continua tentazione. Spesso la signora Cugat va a visitare i gioiellieri di via del Babuino; uno degli ultimi acquisti è stata una trousse d’oro.
Il pizzico di fortuna si è chiamato per essi TV, anzi crisi della TV. Quando, alla fine dell’ ottobre dell’ anno scorso, Abbe e Xavier piovvero a Roma, la televisione italiana attraversava dei giorni grigi, le critiche di scarsa fantasia e di inettitudine nella compilazione dei programmi si accumulavano sui tavoli dei dirigenti e gli studi dì Roma, proprio in quei giorni, avevano dovuto sopprimere una rubrica che aveva raccolto una quantità enorme di insulti, ’Telecipe-de"; su tutta la Televisione gravava poi l’accusa di assomigliare troppo a un convento. In queste circostanze il nome di Abbe Lane risuonò alle crecchie dei dirigenti della TV come una diana di riscossa, diventò r emblema della loro spregiudicatezza: Abbe fu invitata insieme a Cugat.
Le cose andarono bene, "Casa Cugat” ebbe successo, divenne addirittura popolare, provocò un immediato aumento nelle vendite dei televisori; ma proprio questo successo spaventò i responsabili, i quali cominciarono a far marcia indietro. Qualche ritocco alle scollature dei vestiti di Abbe, l’abolizione dei campi lunghi a pro dei primi piani, cosicché da ballerina Abbe si vide trasformata in cantante, qualche scusa da liceali («Mia moglie», diceva Cugat, «quest’oggi si è slogata una caviglia»), sono state le tappe di rebours di questa travagliata trasmissione. Fino a quella dell’ultima sera quando, prima di entrare scena, Abbe ricevette una perentoria intimazione: «Questa sera niente mossa!», ed essa, che non riusciva bene a intendere la natura delle proprie colpe, cantò il Cumbaceiro come non lo aveva mai cantato nella sua vita: con un’aria preoccupata, avvilita, quasi paralizzata dalla paura.
NELLA CASA ROMANA dei coniugi Cugat figurano quadri di Corpora, Guttuso e Vespignani, curiosamente accostati a tele raffiguranti ballerini cubani dipinti da Cugat Xavier vorrebbe organizzare una propria mostra, ma esita perchè - ammette - «tutti mi dicono che sono belli, ma nessuno li compra».
L’impressione che i Cugat siano stati allontanati dalla TV innanzi tempo non risponde a verità: c’era un contratto e questo è scaduto: ma sostanzialmente è vera, nel senso che passerà molto tempo prima che i possano partecipare di nuovo ai programmi televisivi. I più sconcertati naturalmente sono loro: Abbe perchè la censura non rientra nel suo modo di concepire la danza e perchè, ovviamente, «se Abbe non danza non è Abbe Lane»; Cugat perchè questo fatto, oltre a privarlo di una cospicua fonte di guadagno, ha scompaginato un po’ i suoi piani di progressiva conquista delle simpatie del pubblico italiano. Questi piani erano fatti di sorrisi cordiali, di immediato adeguamento al nostro costume di vita — i Cugat hanno partecipato all’udienza concessa dal Papa agli attori italiani, hanno seguito da vicino il campionato di calcio, hanno tentato di farsi ricevere da La Pira recandogli in dono un cartoccio di miglio per i suoi pappagallini — e di slogans pubblicitari sparsi un po’ dappertutto, i più recenti dei quali vantano l’innocuità del prodotto. Diceva Cugat: «Abbe è una brava radazza, non fa male a nessuno», diceva Abbe: «In Italia c’è posto per tutti per la Loren, per la Lollo e per Abbe; ognuna ha la propria specialità».
Malgrado il suo travagliato svolgimento, non c’è dubbio tuttavia che la rubrica "Casa Cugat” ha servito al lancio pubblicitario di Abbe in Italia; e lo si è visto dal modo con il quale i produttori cinematografici, angustiati per conto loro da una profonda crisi, si sono fatti in quattro per distarsela, o inserendola a viva forza in sceneggiature bell’e pronte, o improvvisando lì per lì storie adatte per lei. In un momento di grave disorientamento, in cui tutti prima di azzardare i propri milioni ci riflettono quattro volte. Abbe Lane è apparsa anche nel mondo cinematografico come una ancora di salvezza; dei pochi film girati in questi ultimi mesi, ben quattro recano il suo nome, Lo scapolo, Donatella, Quando tramonta il sole e I girovaghi; in tutti e quattro Abbe vi compare nelle vesti di danzatrice di vamp, americana, sud-americana e spagnola.
IL REGISTA di "Bellezze al bagno”, George Sidney, dovrebbe dirigere un film che Xavier Cugat vorrebbe realizzare in Italia. Dovrebbe essere un grande film musicale e, almeno nelle intenzioni del ”re della samba”, con l’aiuto delle sue musiche e dei suoi ritmi dovrebbe dare ad Abbe la possibilità di cogliere la sua più grande affermazione sullo schermo.
Con una sola differenza apprezzabile: che, eccetto uno, negli altri film Abbe comparirà da sola, cioè senza avere al sue fianco l’inseparabile Xavier. Era una cosa prevedibile, considerando le preferenze del pubblico italiano, ma Cugat vi si è rassegnato di malavoglia e ha già stipulato un contratto con la TV americana impegnandosi a produrre in proprio trentanove documentari di 26 minuti ciascuno, che gli costeranno 10 milioni l'uno e che venderà a ventidue, ventitré milioni. In tutti questi film, Abbe e Xavier si troveranno indispensabilmente uniti.
E’ straordinario come, mosse segretamente dalla gelosia, le idee germoglino nella mente di Cugat trasformandosi subito in affari. Recentemente la celebre coppia ha partecipato a Prato a una festa di beneficenza. A un tavolo sedevano Xavier, Abbe. il console americano, le autorità; agli altri tavoli alcuni giovanotti. Verso la fine del pranzo, avendo una orchestrina intonato una canzone, i giovanotti sono venuti a invitare Abbe. C’è stato un momento di perplessità; poi Cugat è andato al microfono e ha annunciato che avrebbe concesso sua moglie per un quarto d’ora, a cinquemila lire per ballo: il ricavato sarebbe andato a beneficio dell’Ente. E’ stato un successone; ancora gli arrivano da Prato lettere di ringraziamento.
Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.6, 9 febbraio 1956
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Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.6, 9 febbraio 1956 |