Mike Bongiorno si confessa

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Il popolarissimo presentatore dei quiz di "Lascia o raddoppia" rivela in questo articolo alcuni retroscena della sua professione e rievoca episodi drammatici o romantici della sua vita

Se, oggi, a me che sono ormai considerato il «presentatore di domande» per eccellenza, venisse posta la seguente domanda: «Qual è stato il momento più emozionante della tua carriera?», risponderei senza pensarci neppure un attimo: «Quello in cui Paola Bolognani è stata sul punto di vincere i cinque milioni». Ho detto "quello in cui è stata sul punto” perchè nell'ormai famosa serata del 23 marzo, se alla prima domanda la ragazza ha risposto con baldanzosa sicurezza, la seconda e la terza, invece, balbettate con voce malsicura, hanno fatto correre un brivido nel cuore di tutti gli spettatori.

L’emozione di Paola si era comunicata a tutti, io «sentivo» la simpatia del pubblico per questa ragazza coraggiosa e intelligente. Anch’io, come tutti, volevo che vincesse perchè la sua preparazione lo meritava e perchè era giusto che la sua grazia semplice e disinvolta fosse premiata col massimo premio. La vita di Paola potrà cambiare con la vincita dei cinque milioni ed io, come tutti, mi rallegro che
essa abbia potuto guadagnarli. Il pubblico le ha tributato un vero trionfo: sul palcoscenico invaso di fiori, tra i lampi dei flash, tra i baci e gli abbracci e gli applausi entusiasti, non si capiva più nulla.

Anch’io, ho detto, ero contentissimo, ma, vi assicuro, letteralmente esausto.

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IL TRUCCO SI SCIOGLIE

Io cominciai a parlare con il pubblico undici anni or sono, quando rientrai negli Stati Uniti dopo la prigionia in Europa. Era il 1945 ed avevo appena ventun anni, essendo nato a
New York il 26 maggio 1924 da un avvocato siciliano e da una signora torinese. Dopo di allora, soprattutto in Italia, presi parte ad innumerevoli trasmissioni radiofoniche e televisive dei più disparati generi, da Parliamo dal vostro paese a Motivo in maschera, da Fortunatissimo ad Arrivi e partenze, e a Motivo senza maschera. Ebbene, confesso che Lascia o raddoppia è la trasmissione più pesante, più estenuante, quella che al suo termine mi trova veramente esausto. Può sembrare una cosa da nulla, ma in realtà il rimanere per

circa cinquanta minuti in video, con il necessario trucco che lentamente si scioglie sotto la luce dei riflettori, senza mai un attimo di sosta, dovendomi preoccupare che i concorrenti rimangano nella giusta posizione (nel cosiddetto "quadrato magico"), affinchè non escano dal campo, dovendo fa. re attenzione che la voce giunga ai microfoni, tentando di avere sempre qualche cosa di nuovo da dire e magari, se mi riesce, di essere anche spiritoso, mi costringe ad un complesso di azioni che diventa alla fine massacrante.

Ebbene, nonostante tutto ciò, Lascia o raddoppia è la trasmissione che più mi piace perchè è sempre diversa, perchè mi permette di conoscere e di conversare con molte persone, ognuna delle quali ha una propria' personalità, ognuna delle quali, per le sue risposte, per i suoi atteggiamenti, mi procura differenti emozioni, quando addirittura non mi riporta alla memoria episodi della mia vita.

E’ SOLO UN GIOCO

Ad esempio, quando il dottor Giulio Prezioso, il torinese esperto in storia risorgimentale, entrò per la prima volta nella cabina di vetro per rispondere al quiz da 640.000 lire, alla mia domanda: «Come si sente nella cabina?», rispose: «Come un martire del risorgimento». Replicai allora con una frase che sarà stata considerata un tentativo di umorismo, e cioè: «Non esageriamo, dottor Prezioso, i martiri del risorgimento non andavano verso un premio». In verità quella battuta del dottor Prezioso, pur essendo egli uno dei personaggi che più mi siano riusciti simpatici, non mi era piaciuta. Mi era sembrato che paragonare il panico che si può provare durante un gioco (Lascia o raddoppia, teniamo sempre presente, non è niente più di un gioco) con la paura che può provare uno che va verso la morte, fosse eccessivo e anche un po' di cattivo gusto. In confidenza, poi, dirò che con quella frase il dottor Prezioso mi aveva fatto tornare alla mente un episodio da me vissuto e durante il quale, non lo nascondo, conobbi la vera paura.

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ORE DRAMMATICHE

Fu il 19 aprile del 1944, presso il confine svizzero, vicino al passo S. Giacomo in Val Formazza, dalle parti di Domodossola: stavo per lasciare l'Italia e rifugiarmi in Svizzera, perchè ormai la mia posizione di partigiano (per la resistenza ero un elemento prezioso in quanto, data la mia conoscenza dell’inglese, servivo come interprete) era diventata insostenibile, quando fui fatto prigioniero. durante la notte, nella capanna in cui mi ero rifugiato, da una pattuglia di militari tedeschi. Appena catturato, assieme ad altre quattro persone, una ragazza e tre partigiani, fui «messo al muro» con gli altri. Quel momento fu certamente il più drammatico della mia vita. Ormai sotto la minaccia dei mitra, avevo dato mentalmente addio a tutto. Solo l’intervento di un ufficiale tedesco tramutò la pena di morte in quella del carcere. Fui portato a Milano e successivamente in Germania, in campo di concentramento, dove rimasi sino al marzo del 1945.

Ma se il dottor Prezioso, con quella sua frase, mi aveva fatto rivivere questo episodio, che fu senza dubbio il più terribile che io abbia vissuto, "Lascia o raddoppia", con i suoi personaggi, mi procura qualche volta anche delle esperienze gradevoli. La prima volta, infatti, che Paola Bolognani, la celebre ragazza di Pordenone, la bionda della T.V., la «leonessa». di Lascia o raddoppia, si presentò per essere interrogata, la mia mente riandò subito ai tempi durante i quali anch'io frequentavo il liceo, negli anni che. vanno dal 1940 al 1943, a Torino.

IL SORRISO DI PAOLA

I miei genitori infatti, mi avevano mandato in Italia, presso alcuni parenti torinesi, perchè volevano che, pur essendo cittadino americano, diventassi uomo con cultura italiana e perfettamente padrone della lingua madre. Allora i miei compagni di scuola mi chiamavano «Mike, l’americanino» e malgrado la miopia che mi costringeva, fin da allora, a portare grossi occhiali montati in tartaruga, avevo un certo successo con le ragazze. E Paola Bolognani mi ricordava, con quel suo modo di sorridere, la unica ragazza che allora mi aveva veramente amato. Non farò il suo nome per nessuna ragione, mi sembrerebbe di tradirne la memoria. Le ho voluto veramente bene e credo d’averla tuttora nel cuore. Con lei facevo lunghe passeggiate al Valentino, con lei mi confidavo, parlavo dei miei progetti per l'avvenire: allora sognavo di diventare un grande avvocato a New York nello studio di mio padre (e credo che questo fosse anche il sogno di papà), con lei trepidavo per un nonnulla. Era una meravigliosa ragazza. Volle seguirmi sul finire del '43. quando, nella mia qualità di cittadino americano dovetti lasciare Torino e mi rifugiai in montagna tra i partigiani. Volle seguirmi in quel tentativo di espatrio che provocò la mia cattura. Il destino mi permise di vederla un’ultima volta in Germania tra i reticolati del campo di concentramento confinante col mio. Fu una visione rapidissima, indimenticabile: da quel momento non ne seppi più nulla, malgrado abbia sempre continuato a ricercarla. Tuttavia ho sempre respinto il pensiero di non poterla rivedere più e continuo a sperare, forse anche ad aspettarla. E Paola Bolognani con la sua freschezza di ’ diciottenne, con quel suo atteggiamento che è di tutte le liceali, la prima volta che mi apparve davanti, mi riportò alla mente il periodo più felice della mia vita, quello degli entusiasmi, delle grandi aspirazioni, dei castelli in aria. E’ logico, quindi, che il mio atteggiamento verso Paola Bolognani sia stato influenzato da questi ricordi, ma niente altro: tra noi due, nessun flirt, nessun fidanzamento. Anzi, proprio qui voglio dire che il mio lavoro mi dà la possibilità di vedere e conoscere e anche ammirare moltissime ragazze: ma fino ad oggi non ho ancora fatto la mia scelta.

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ACCUSE PER IL «NABUCCO»

Naturalmente non tutti i personaggi che si avvicendano sul palcoscenico di Lascia o raddoppia risvegliano in me ricordi o malinconie. E dico per fortuna, perchè altrimenti il mio mestiere di presentatore diventerebbe impossibile.

Non so se il pubblico che segue Lascia o raddoppia si è mai posto l’interrogativo: «Ma Mike si appassiona?». Ebbene si, anch’io mi appassiono, ...faccio il tifo per uno o per l’altro. Nelle innumerevoli lettere che ricevo mi si accusa indifferentemente di cinismo, di eccessiva bontà, di impulsività, di freddezza. Questa accusa, velatamente fattami anche attraverso le colonne di alcuni quotidiani, mi è stata rivolta in occasione della domanda posta al signor Pierluigi Pellegrini sull'opera Nabucodonosor di Verdi. Come si ricorderà, io non accettai la risposta Nabucco e attesi finché il Pellegrini non mi sillabò l’esatto titolo. Vorrei ora chiarire che la accusa di ignoranza mi sembra, almeno a questo riguardo, ingenerosa ed inesatta. Senza pretendere d’avere una cultura enciclopedica, oltre ad essere figlio di italiani io ho anche frequentato scuole italiane, quindi di americano mi resta poco: la cittadinanza, la prima infanzia e alcuni anni dell’immediato dopoguerra. Mi sento molto italiano e perciò sfido chiunque a trovarmi un italiano medio che non sappia che Nabucco e Nabucodonosor sono la stessa identica cosa. Ma è appunto in casi come questi che il presentatore deve ricordarsi di essere tale, cioè una persona che non può indiscriminatamente ergersi a giudice o ad arrangiatore. Lascia o raddoppia è un gioco con le sue regole e io ho il dovere di farle rispettare. Dò un esempio: se durante la trasmissione rivolgo all'esperto di ciclismo la seguente domanda: Chi vinse il Tour del 1948? e quello mi risponde: «Il Ginettaccio», io pur sapendo che con quel nome si intende Gino Bartali sono costretto a bocciarlo. E questo, per rispetto del regolamento non per ignoranza.

ANCH'IO HO LA LUNA

A chi mi accusa invece di ingenerosità, di cinismo eccetera, vorrei rammentare che Mike Bongiorno, oltre ad essere il presentatore di Lascia o raddoppia, è un uomo. Un uomo con i suoi problemi, con le sue abitudini, con i suoi momenti di buono o di cattivo umore, con le sue simpatie e antipatie. Tutti i concorrenti di Lascia o raddoppia sono per me eguali, d'accordo, ma qualcuno può far scattare più di un altro la molla della simpatia o dell’interesse per il gioco. E questo il pubblico lo capirà benissimo. Ci sono concorrenti che arrivano al traguardo dei 5 milioni e lasciano il tempo che trovano e ci sono concorrenti che cadono alla prima domanda (come la signora Soffritti che scivolò, ricordate?, sugli gnocchi alla romana) che rimangono personaggi cari al pubblico. Per Emilio Zago, io ho fatto un vero e proprio tifo. Partecipavo anch’io, con l’operaio di Bassano del Grappa, alle emozioni del gioco. Emilio Zago era umano, era un carattere, aveva capito lo spirito del gioco e giocava in letizia dimenticando che le cifre poste in palio rappresentavano per lui, abituato al salario d’operaio, un patrimonio. Il simpatico, umanissimo esperto di teatro di prosa era un ex filodrammatico, sapeva perciò, senza dare la sensazione al pubblico d’aver imparato la parte, recitare con intelligenza e semplicità. Con lui mi trovavo a mio agio, ero sicuro che a qualsiasi osservazione avrebbe risposto a tono, con buon gusto. Cosi, ero arrivato anch’io ad aprire la busta delle domande con vera trepidazione e quando Emilio Zago cadde forse ne fui amareggiato come per una mia sconfitta. E’ logico che con personaggi di questo genere io mi trovi a mio agio. Può darsi che tale atteggiamento possa far pensare ad una preferenza, ad una certa tendenza ad avere la manica larga. Quanto assurda sia però questa accusa lo dimostra il fatto che proprio il personaggio .. preferito non arrivò al traguardo dei 5 milioni...

Mike Bongiorno, «Gioia», anno XIX, n.15, 8 aprile 1956


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Mike Bongiorno, «Gioia», anno XIX, n.15, 8 aprile 1956