Dorian Gray ha dimenticato la rivista

Dorian-Gray

Abbandonata definitivamente la passerella per il cinema e stabilitasi a Roma, Dorian Gray ha cominciato a demolire il suo personaggio: quello della soubrette "lunare". Sembra che abbia finalmente trovato la sua strada giusta

Roma, aprile

Nei giorni scorsi, negli studi pressoché deserti di Cinecittà, è terminata la lavorazione di un film al quale hanno partecipato fra gli altri Mike Bongiorno, nelle vesti del suo personaggio abituale, Totò, nei panni di un nobile decaduto, e due ragazze, che si trovavano perfettamente a loro agio nelle parti di vamp. Si direbbe che il cinema, nei momenti di crisi, tenti di riavvicinarsi alla verità. La primi di queste ragazze ha sedici anni, è bruna di carnagione e di capelli, ha una figura imponente ed estremamente fiorente. Si chiama Rosanna Schiaffino ed è al suo debutto nel cinema; di lei, considerarti i connotati, i competenti pronosticano meraviglie. L’altra ragazza ha qualche anno di più, è biondissima e di pelle chiara, misura un metro e 74 di altezza, è sottile e serpentina. Il suo nome è Dorian Gray: un nome noto, non solo nel mondo della rivista, da cui proviene, ma ormai anche in quello del cinema: questo infatti è il suo terzo film. Nel primo interpretò, qualche anno fa, la parte di una schiava egizia; nel secondo il ruolo di una donna fatale; nel terzo le è toccata ancora la medesima parte, ma con il vantaggio di poter dar prova anche di sentimenti generosi. Il titolo del film è ”Totò lascia o raddoppia". Lo ha diretto Camillo Mastrocinque, sulla scia della fortunatissima rubrica televisiva.

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Per quanto non ci sia di che rallegrarsi eccessivamente. Dorian Gray si dichiara soddisfatta di questi suoi primi passi nel cinema e proclama con spiccata enfasi, spalancando i grandi occhi neri fra le parentesi strette dei lunghi capelli spioventi, che essa non ha nessuna intenzione di "sedersi sugli allori del passato". La sua decisione di abbandonare il teatro di rivista è cioè totale, definitiva. Di proposito ha rotto i ponti con questo mondo, ha rifiutato le proposte che anche quest’anno le sarebbero state fatte, e la Dorian Gray ballerina è per lei un personaggio lontanissimo, della cui vita non ricorda quasi più nulla e della quale comunque non ama parlare.

Ricorda soltanto che quando cominciò aveva sedici anni e pesava sessantotto chili. Viveva, aggiungiamo, a Milano e studiava danza da tre anni circa con Aurei Millos, alla Scala. Un giorno il maestro Millos organizzò un balletto che avrebbe dato degli spettacoli classici nei tabarin: nonostante l’opposizione dei genitori, Dorian, che allora si chiamava Marisa, volle farne parte. Un mese dopo, a Trieste, il balletto si sciolse: Dorian rimase sola, senza mezzi, ma non volle darsi per vinta e cercò di resistere; poi tornò a Milano. Non passò molto tempo ed eccola imbarcata per un’altra avventura di breve durata. Si trattava questa volta di una piccola Compagnia di avanspettacolo, capitanata da un capocomico romano, la quale si proponeva di battere le città di provincia; e infatti diede alcuni spettacoli a Parma, ne diede uno anche a Modena, e poi si sfasciò.

DAL "NIGHT CLUB”, Dorian passò all’avanspettacolo compiendo una tournée in provincia che ebbe termine a Parma. Successivamente venne scritturata da Pina Renzi, che aveva allestito una Compagnia estiva di rivista. Dorian, diciottenne, riscosse un successo personale.

Il ritorno a Milano, dopo questa seconda sconfitta, fu per Dorian la sintesi di tutte le delusioni, le amarezze, gli sbagli, accumulati nello spazio di due anni. C'era con lei un’ amica, un’altra ballerina, e fra tutte e due sommando gli spiccioli non riuscivano a raggiungere 200 lire; nelle loro valigie l’oggetto di maggior valore era una vecchia, sbrindellata vestaglia rosa. Si misero sulla strada di Milano e finalmente un traballante "Ro” carico di cemento si fermò e le raccolse. Era il mese di maggio e il sole cominciava a scottare; dopo una quarantina di chilometri il camionista era divenuto così allegro e intraprendente che le ragazze dovettero abbandonare il camion, in piena campagna.

Come Dio volle, a forza di chiedere ’’passaggi", riuscirono a raggiungere Milano e da questo momento, quando ormai Dorian disperava delie sue possibilità di riuscita, la fortuna ie divenne improvvisamente benevola. Pina Renzi stava organizzando proprio in quei giorni la prima Compagnia estiva di riviste e Dorian fu scritturata come soubrettina. Aveva diciotto anni e subito si fece notare. Dopo nemmeno due mesi, infatti, fu chiamata da Macario, con il quale, assieme ad Elena Giusti, rimase circa due anni; poi passò nella Compagnia della Osiris, poi in quella di Chiari; fino a due anni fa, quando toccò il culmine della camera con Ugo Tognazzi: a soli ventidue anni, caso da considerarsi eccezionale, ottenne un contratto di soubrette.

IL NOME D’ARTE le venne suggerito da un coreografo, che forse non era molto al corrente del fatto che si trattasse di un nome maschile. Dopo aver frequentato a Milano ima scuola di danze classiche, Dorian debuttò come ballerina nel 1948, in un ’’night club”, contro i desideri della sua famiglia.

Fino a questo momento si può dire che Dorian Gray si era preoccupata soltanto di far bene il proprio mestiere: d’ora in poi, ciò non le parve più sufficiente e decise di darsi uno stile. Cominciò una rigorosa dieta dimagrante; si schiarì i capelli; assunse modi sofisticati e fataleggianti. In breve tempo, della fiorente ragazza che i goliardi bolognesi avevano invocato al grido ritmato di "la rossa”, non rimase neppure l’ombra. L’ultimo spunto a questa sua trasformazione lo ricavò dal personaggio che doveva interpretare in uno degli sketches della rivista di Tognazzi, Passo doppio: e Dorian, oltreché fatale, elegantissima, superbamente distaccata, divenne una ragazza un po’ svanita, sul tipo di Judy Holliday e del suo personaggio: sul palcoscenico e anche nella vita privata. Se infatti le toilettes da lei indossate sulla scena erano quanto di più pretenzioso si potesse immaginare, quelle personali non dovevano essere da meno. Fu questo il periodo in cui Dorian era solita farsi fotografare aspirando il fumo da lunghi bocchini, il corpo fasciato in attillatissimi vestiti neri, bordati di pelliccia. Diventò sempre più esigente, in questa sua aspirazione al tipo fatale, con se stessa e con gii altri: cominciò a ritardare alle prove, a discutere e a impuntarsi per il carattere del nome sui manifesti, per il tipo dei vestiti, per i "finalissimi". Giunse al punto, durante la tournée di Tognazzi a Parigi, di non presentarsi alla rappresentazione.

NELLA STAGIONE 1948-49, Dorian fu in Compagnia con Macario, lavorando come subrettina in "Votate per Venere”. Due anni dopo entrò nella Compagnia di Walter Chiari, per la rivista ’’Sogno di un Walter”, e successivamente, a fianco di Macario e di Wanda Osiris apparve in ”Made in Italy”. Nel ’54 le venne assegnata la ’’Maschera d’argento” come miglior subrettina della stagione. Oggi vuole dimenticare questo passato, ma ne conserva il guardaroba, a giudicare da alcuni abiti che ha indossato per l'inviato di ’’Tempo”.

Indubbiamente alla sua recente decisione di abbandonare la rivista non sono estranee le burrascose vicende di questa tournée parigina, anche se Dorian Gray tende a sminuirne l’importanza ed a sopprimere tutto il suo passato sotto un verecondo manto di silenzio. E’ inutile del resto insistere con lei su questo tasto: Tunica cosa che ricorda è che al termine del contratto con Tognazzi pesava 50 chili, sicché l’esigenza di cambiar mestiere, considerando la sua altezza, le si imponeva oltretutto per una precauzione di ordine salutare. Naturalmente non è stata questa la ragione determinante: una volta raggiunta la sommità della gerarchia ha compreso, essa dice, che lo spettacolo di rivista le avrebbe potuto riservare tutt’al più la soddisfazione di ripetersi brillantemente, mentre il cinema le offre la possibilità, con i suoi personaggi, di essere sempre diversa. In cambio Dorian offre al cinema la sua esperienza di palcoscenico, tutt’altro che trascurabile, specie in rapporto alle condizioni di totale inesperienza in cui giungono oggi alla macchina da presa quasi tutte le aspiranti "vamps”.

Così, gettato il dado, Dorian Gray si è trasferita da Milano a Roma ed ha cominciato per conto suo a demolire il personaggio "lunare, distaccato, irraggiungibile” della soubrette e a cercare di riacquistare il , massimo della semplicità e della verosimiglianza. Non diremmo che di sia ancora riuscita; è buon segno però che essa abbia compreso che questa è la strada giusta.

Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.16, 19 aprile 1956


Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.16, 19 aprile 1956 (Fotografie di Paolo Costa)