Anche Silvana Pampanini diventa misteriosa
Scintillante di gioielli così discussi in questi giorni. Moris Ergas sostiene che comprò all'attrice preziosi e pellicce per oltre 31 milioni perché, essendole fidanzato, pensava che tutto sarebbe rimasto in famiglia. Lei invece afferma di non aver mai promesso di sposarlo
Roma, gennaio
Mercoledì scorso, qualche minuto prima di salire sull’aereo per Parigi, Silvana Pampanini posò per l’ennesima fotografia. Forse per richiamarsi in qualche modo alle dichiarazioni che aveva fatto ventiquattr'ore prima (cioè alla sua intenzione di «difendersi fino in fondo» nella vertenza col produttore Moris Ergas), l’attrice, ad un certo momento, afferrò un piccolo tagliacarte che era posato sul banco di una agenzia aerea. Lo agitò nell’aria; fece l’atto di colpire un nemico immaginario. Nell’eseguire quel gesto di vaga minaccia, ad uso esclusivo del fotografo, mantenne però il suo sorriso un po’ stereotipato, ma schiettamente sincero. Era evidente il tono scherzoso della «posa». Tuttavia, nel rimettere a posto il tagliacarte, Silvana disse press’a poco: «Cosa mi fate fare! Proprio a me, che, nella realtà, sono tanto inoffensiva e tranquilla, tanto portata alla pace e all’accordo con tutti...». Con una punta di amarezza nella voce, volle però ripetere di essere stata la vittima di una «ingiustizia morale e materiale». «Da anni, ormai», soggiunse, «tutti voi conoscete il mio temperamento, il mio carattere, le mie abitudini: siete in grado di giudicarmi. E, quindi, di giudicare anche da quale parte sia la ragione in questa vicenda».
Roma, 1953. Moris Krgas e Silvana Pampanini quando festeggiavano insieme il carnevale Il produttore greco domanda ora la restituzione dei milioni anticipati: esattamente 31
In realtà, Silvana Pampanini, prescindendo dai suoi indiscutibili meriti e dal suo valore artistico, è sempre stata considerata una «attrice tranquilla». 0, meglio, «la prima della classe» del cinema italiano. Pur essendo portata, come tutte le sue colleghe, alle inevitabili concessioni verso la pubblicità personale, ha sempre respinto i toni troppo forzati e talvolta volutamente scandalistici della propaganda; si è mantenuta costantemente estranea alle polemiche o alle manifestazioni di gelosia o di rivalità professionale; ha sempre tenuto, insomma, a dare di sé un concetto di «moralità e di diligenza», tanto sul piano professionale che su quello della vita privata. Ha accettato talvolta, a malincuore, che per il lancio di un film le venisse attribuito «un fidanzato»; a proposito delle sue faccende sentimentali, però, ha ripetuto ogni volta: «Il giorno che mi innamorerò, non ne farò misteri. Sarò io stessa a darne l’annuncio a gran voce...».
Nel mondo del cinema, dove in materia di pettegolezzi generalmente non si va troppo per il sottile, Silvana Pampanini era finora rimasta immune dalle voci maligne. Qualche critica, naturalmente, non le era mancata. Ma aveva sempre riguardato alcuni «motivi minori». Qualcuno aveva discusso la sua «ostentazione di moralità», il cui aspetto più evidente era costituito dall’abitudine di portare sempre il padre con sé; qualcuno (o, meglio, qualcuna) aveva trovato da ridire sulla sua singolare «abilità» nel destreggiarsi con gli ammiratori e i corteggiatori; altri, infine, non trovando altri appigli, avevano cercato di presentare come «avarizia» la indubbia saggezza con cui Silvana, abilmente guidata dal padre Francesco Pampanini (già apprezzato tecnico in un grande stabilimento tipografico), curava i propri interessi e incrementava il patrimonio realizzato nel corso della sua rapida e brillante carriera. Venivano rilevati, a questo proposito, il rigoroso autocontrollo dell’attrice nelle spese personali e la prontezza con cui suo padre investiva immediatamente ogni incasso.
Considerata nel suo complesso la posizione di Silvana Pampanini, risulta evidente come la richiesta «giudiziale» avanzata dal produttore Moris Ergas, pur mantenendosi nell’ambito di una pura e semplice controversia civile, abbia potuto assumere un carattere tanto clamoroso. Improvvisamente, a torto o a ragione (e questo soltanto il magistrato potrà stabilirlo), la bella Silvana è stata presentata in una luce del tutto inedita ed inattesa. Ergas, infatti, l’ha collocata nel ruolo della donna abituata a far sostenere agli altri le proprie spese personali, dimenticandosi, poi, di provvedere ai relativi rimborsi. A confermarla in questo antipatico ruolo è subito venuto fuori il precedente: quello del produttore cinematografico milanese Giuseppe Grassi. Nel campo cinematografico, sempre pronto a raccogliere le notizie * piccanti», ai nomi di Ergas e di Grassi se ne sono immediatamente aggiunti altri due: quelli del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, e del regista F. X. La situazione si è ingarbugliata, destando in tutti una accentuata perplessità. Almeno fino a contraria dimostrazione, nessuno vuol mettere in dubbio l’attendibilità o la buona fede di Silvana Pampanini, la quale, per tramite dei suoi legali, ha definito «temerarie» le richieste di Moris Ergas. Ma, nello stesso tempo, non c’è alcun motivo per negare altrettanto credito alle affermazioni del produttore. Di lui si è dato, nei giorni scorsi, qualche rapido cenno. Tuttavia, prima di illustrare i termini inediti delle sue richieste, è necessaria una presentazione più completa.
Roma. Moris Ergas e Silvana Pampanini L’attrice ha minacciato querele a ripetizione al suo ex-produttore. L’Ergas è pronto a riceverle e a discuterle davanti ai giudici.
Moris Ergas ha trentatrè anni, è nato a Salonicco, appartiene ad una ricca famiglia ebraica, cittadino greco. Da sedici anni circa vive in Italia e, nonostante la sua età, si è da tempo nettamente affermato nel mondo degli affari. Ha commerciato in oggetti preziosi e in antichità; è attualmente comproprietario di un grande laboratorio milanese per biancheria maschile. Due anni e mezzo fa, venne coinvolto nella laboriosa istruttoria del dottor Raffaele Sepe per il cosiddetto «processo dei miliardi». In sede di dibattito, però, riuscì ad affermare chiaramente la sua assoluta mancanza di responsabilità nei fatti in esame e venne assolto con formula ampia, su conforme richiesta del dottor Salvatore Giallombardo. (Come si vede, sia pure indirettamente, anche in questo caso ricorrono nomi di magistrati che hanno avuto a che fare con scandali antichi e recenti). Sposatosi nel 1946, all’età di ventitré anni, con la milanese Giannina Cittone, ha ora in corso la pratica per l’annullamento del matrimonio. Nel campo del cinema, Moris Ergas può durante la lavorazione della pellicola, che venne realizzata a Civitavecchia. Nell’agosto dello stesso 1953, quella che Silvana definisce «una amicizia d’obbligo verso il produttore» aveva già assunto per Moris Ergas (sia pure per decisione unilaterale) la piega d’un vero e proprio rapporto sentimentale. Ultimata la lavorazione del film, Silvana Pampanini, nei suoi viaggi e nel corso di molte manifestazioni mondane, continuò a far coppia con Moris Ergas.
Roma. Moris Ergas ha citato ventidue testimoni nella causa contro l'attrice, «In tutto il denaro che le ho richiesto», ha detto, «non figura una sola lira di regali».
L’assiduità del produttore nei riguardi dell’attrice, i loro rapporti di cordialissima amicizia, almeno apparente, risultano evidenti da un documento redatto dal-l’Ergas, che verrà presentato al magistrato nei prossimi giorni. Si tratta dello stesso elenco di «acquisti» già reso noto, ma completato da date, circostanze e nomi di testimoni. In venti quesiti che il produttore pone all’attrice e che cominciano tutti con la formula: «Vero che...» Moris Ergas riassume l’aspetto finanziario dei suoi rapporti con la Pampanini in questi termini: in un imprecisato giorno dell’agosto 1953 (ma la data esatta potrà essere rilevata dai registri del gioielliere) Ergas accompagnò Silvana nella gioielleria Faraone di Milano. L’attrice trattò l’acquisto di un bracciale, il cui prezzo si avvicinava ai tre milioni di lire, mentre Silvana non intendeva spendere più di due milioni e mezzo. Rientrata la coppia a Roma e dovendo il produttore recarsi di nuovo a Milano, secondo le sue affermazioni, egli ricevette dalla Pampanini l’incarico di insistere ancora col gioielliere Faraone per ridurre il prezzo del gioiello a due milioni e mezzo. Ergas provvide subito, riuscì nell’intento e recò il bracciale a Roma, dopo averlo regolarmente pagato. Su questo punto, oltre alla testimonianza del gioielliere Faraone, il produttore cita anche quella dei signori Adelina ed Ettore Finzi, che ebbero una certa parte nelle trattative.
Nello stesso agosto, Ergas presentò all’attrice un altro gioielliere milanese: Martino Pavone. Questi offrì la Silvana una collana di brillanti, che l’attrice acquistò per 3 milioni e 300 mila lire. Sempre secondo quanto sostiene il produttore, anche questa seconda cifra fu da lui pagata; come la prima, tuttavia, non gli fu mai restituita.
Operati questi due primi acquisti, negli ultimi giorni di quel denso agosto del 1953, Silvana ed Ergas si recarono a Nizza. Nella città francese, l’attrice acquistò dal gioielliere Alessandro Rezza un portacipria di oro per 350 mila franchi. Passati da Nizza a Venezia, per assistere al Festival del Cinema, Silvana scelse per sé, in un negozio di piazza San Marco, una spilla del /alore di 520 mila lire. Seguendo sempre le affermazioni del produttore, Ergas continuò in queste circostanze, ed in quelle che seguirono, a sostenere il ruolo di ufficiale pagatore.
I viaggi e gli acquisti operati dalla coppia si susse-jpiirono a ritmo serrato. Nel settembre del 1953 Silvana Pampanini volle farsi visitare dall’internista ivizzero professor Hoffman, residente a Ginevra, per tlcuni lievi disturbi. Moris l’accompagnò e la seguì, luccessivamente, in una breve permanenza alle terne di Abano. A Ginevra, tuttavia, l’attrice, visitando 'orologeria «Patek, Philip», si innamorò di un oro-pgio di platino con bracciale. Poiché la ditta non poteva effettuare vendite a privati, Ergas sostiene di ssere stato incaricato di effettuare l’acquisto, attraverso un suo amico francese (Havdo Romic, citato tra i testimoni). Aggiunge, naturalmente, di avere anche pagato e di non avere mai avuto il rimborso del elativo importo: un milione e 400 mila lire italiane.
A parte i gioielli, Ergas afferma di aver pagato al pellicciaio Schettini di Milano tre milioni e 150 mila lire per una cappa di visone ed una pelliccia di lontra (le relative pelli, il produttore le aveva fatte venire dagli Stati Uniti); di avere anticipato 700 mila lire in contanti a Silvana, 500 mila delle quali furono dall’attrice versate ad una nota sarta milanese (anch’essa citata fra i testimoni); di aver pagato, sempre «su richiesta», 840 mila lire di valigie in un negozio della galleria di Milano e 470 mila lire di biancheria in un negozio fiorentino. A Firenze il produttore versava anche un milione e mezzo ad una gioielleria di Ponte Vecchio, per un paio di orecchini scelti ed acquistati da Silvana.
I venti quesiti redatti da Moris Ergas continuano nella elencazione densa di cifre e di nomi relativi ad acquisti effettuati dall’attrice tra il dicembre del 1953 e il novembre del 1954, restando immutato per lui il ruolo di ufficiale pagatore non rimborsato. Ergas afferma che, conoscendo il gioielliere Bulgari, fu incaricato da Silvana di comperarle da lui (a prezzo di favore) alcuni gioielli che l’attrice aveva visto nelle vetrine di quel negozio. Nel marzo del 1954, Ergas annotò meticolosamente nei suoi taccuini la somma di un milione e centomila lire spese per un portacipria ed un accendisigari e, qualche mese dopo, quella di tre milioni, per una borsetta da sera in oro e pietre, scelta da Silvana sempre da Bulgari.
Tra l’accendisigari e la borsetta, Ergas annotò anche due altri pagamenti ingenti: quello di 4.800.000 lire versate nell’aprile del 1954 al gioielliere parigino Rezza per un bracciale di brillanti e quello di 2.700.000 lire per una spilla di brillanti. L’ultima cifra ingente del lungo elenco consegnato al magistrato dal produttore greco è quella di 3.250.000 lire pagate al pellicciaio Schettini per un’altra pelliccia di visone. Il totale delle spese, tra le quali figurano anche somme di modesta portata, è quello già noto: 31 milioni e 630 mila lire.
A differenza di quel che fece il produttore Giuseppe Grassi nell’istanza rivolta al tribunale civile di Roma, Ergas non ha elencato nel conto di cui pretende il saldo da parte di Silvana Pampanini le somme spese per l’attrice nei vari viaggi fatti con lei (l’ultimo dei quali, nel Natale del 1954, venne effettuato in Terra Santa). Il Grassi, come è noto, presentò una lista per l’importo di 16 milioni e 421 mila lire; ma compose la vertenza in via amichevole, accontentandosi di una cifra inferiore alla metà di quella richiesta. Ergas, viceversa, non accenna a compromessi, né pensa, neanche lontanamente, di recuperare almeno gli oggetti acquistati. Silvana sostiene di non aver avuto da lui alcun regalo ed in questo le parti sono perfettamente d’accordo: anche Ergas, nell’effettuare i pagamenti elencati, non fu mai mosso da «animus donandi». Fece delle anticipazioni pure e semplici.
Molti si sono posti la domanda: « Perché, pur non avendo mai avuto il rimborso dei primi acquisti, Moris Ergas continuò a sostenere il ruolo di pagatore? ». Ma la risposta è già pronta. Si tratta di quella stessa che il produttore dà in via ufficiosa, attraverso il proprio legale, avvocato Vincenzo Lupoi: « Essendo convinto di sposare la Pampanini quale ragione poteva muovere Ergas a sollecitare il rimborso delle cifre anticipate? I soldi spesi nel periodo che si può considerare di fidanzamento, attraverso un matrimonio sarebbero comunque rientrati in famiglia ». Un discorso, questo, senza dubbio ragionevole, se Silvana Pampanini, fin dal 15 ottobre scorso, non avesse assunto in sede giudiziaria una posizione perentoriamente negativa sulla faccenda del fidanzamento. Alla prima citazione di Ergas, notificatale il 13 agosto del 1955, l’attrice replicò con una « comparsa » degli avvocati Principato e Tarquini, nella quale si affermava: « Nessun rapporto di natura sentimentale l’ha mai legata a Moris Ergas... Contesta che tra essi vi sia stata qualunque relazione affettiva, come contesta che il medesimo abbia erogato per lei somme o donativi... Si riserva di illustrare con documenti e testimoni l’effettiva portata dei rapporti patrimoniali che si sono concretati tra le parti nel periodo di tempo in cui prestò la sua attività di attrice nelle società controllate dall’Ergas...». Nel secondo atto presentato al magistrato, e letto dai suoi avvocati nel corso della conferenza-stampa che si svolse martedì scorso in casa dell’attrice, Silvana fu ancor più tassativa, non solo nel respingere le richieste, ma anche nello smentire le affermazioni di Moris Ergas, circa la presunta relazione sentimentale.
Essendo la faccenda a questo punto, la prova testimoniale sollecitata dall’Ergas e che la bella Silvana «si riservava» di chiedere a sua volta, appare ragionevolmente l’unica strada idonea per dipanare una matassa così imbrogliata. Ma, come è noto, ritornando sulle decisioni dell’ottobre, l’attrice «per consiglio degli avvocati», ha chiesto ora al magistrato di respingere ogni prova testimoniale. La battaglia tra le parti, quindi, si svolgerà nell’ambito di due articoli del Codice civile. Gli avvocati Tarquini e Principato, rappresentanti legali dell’attrice, si sono trincerati dietro il primo capoverso dell’art. 2721 il quale, in tema di contratti (e gli anticipi di Ergas assumono giuridicamente la veste di contratti di mutuo), stabilisce: «La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede le lire cinquemila». Naturalmente, queste cinquemila lire vanno opportunamente rivalutate. Ma la somma che Ergas chiede in restituzione è circa centocinquanta volte superiore a quella massima prevista dalla legge. In sostanza, i legali della Pampanini dicono: «Prove scritte, documenti: in mancanza di questi il Codice non vi consente possibilità di reclami!». A loro volta, però, gli avvocati Lupoi e Niccolò, rappresentanti di Ergas, replicano col secondo capoverso dello stesso articolo di legge, il quale stabilisce: «Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza». Sostengono inoltre la loro tesi con l’articolo 2724, che consente la prova per testimoni «quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta».
L’avvocato Vincenzo Lupoi disse sabato scorso: «Il Codice parla di "qualità delle parti” e di ”ogni altra circostanza’’: Silvana Pampanini ha una posizione morale e finanziaria tale da indurre chiunque a non sollecitare ricevute o carte scritte nell'anticipare somme anche di una certa entità. Ma lo stesso Codice parla dell’impossibilità morale del contraente a procurarsi la prova scritta: questa impossibilità si determina già col puro e semplice rapporto di amicizia e di stima reciproca. Ergas era convinto, d’altra parte, di sposare l’attrice. Tanto più, quindi, egli si trovava nelle condizioni previste dal Codice, anche se Silvana Pampanini sostiene di non essergli mai stata fidanzata...». Insomma, il quesito che assillerà il magistrato nei prossimi giorni, sarà proprio quello che riguarda l’esatta natura dei rapporti che intercorsero tra Silvana Pampanini e Moris Ergas, ai fini di una giusta applicazione della legge. «Furono o non furono fidanzati?». Questo si chiedono al palazzo di Giustizia, così come continuano a chiederselo negli ambienti del cinema. Intanto, nell’attesa che maturino gli eventi, a Silvana è già stato attribuito un altro fidanzato. Si tratta del dottor G., un giovanotto che mercoledì scorso, a Ciampino, quando vide i fotografi, fece del tutto per mantenersi ad una distanza di «sicurezza» dalla «Bella di Roma».
Renzo Trionfera, «L'Europeo», anno XII, n.4, 22 gennaio 1956
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Renzo Trionfera, «L'Europeo», anno XII, n.4, 22 gennaio 1956 |