May Britt attende un uomo nervoso

May Britt

La fotografa di Stoccolma diventata attrice in Italia protesta di avere un temperamento da donna del sud; ma perchè si desti ha bisogno di un regista dal carattere particolare

Dopo quattro anni che vive in Italia e dopo interpretato undici film, May Britt non riesce ancora bene a rendersi conto di quello che le è capitato, tutto le sembra proprio sbalorditivo, l’aver abbandonato la Svezia, la famiglia, un lavoro, un fidanzato e soprattutto l’essere diventata attrice, e da un momento all’altro. E se è vero che adesso il cinema è divenuto per lei tutto [...] lavoro fidanzato, c’è stato un periodo in cui non riusciva ad uscir da sè stessa e prendere sul serio i personaggi che doveva interpretare, o li prendeva troppo sul serio, come fossero veri, e la intimorivano, e ogni volta che stava per incominciare un film entrava in un orgasmo incredibile.

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Fra pochi giorni May Britt compirà ventidue anni, per ora ne ha soltanto ventuno e quando cominciò non ne aveva ancora diciotto. Ogni volta che, a Natale, ritorna a Stoccolma i suoi genitori sperano sempre che sia tornata per rimanere, che tutto possa cominciare daccapo come una volta e che questa avventura del cinema basti una parola di May perchè divenga di colpo uno strano, incredibile, ricordo. May li lascia sfogare, li abbraccia, ma tutto ciò che promette è che la prossima volta non aspetterà Natale per ritornare.

Il suo destino fu deciso dal caso. Allora si chiamava Maj, con l'i lungo, possedeva anche un cognome, Wilkens, lavorava come ritoccatrice nello studio d'arte di un grande fotografo di Stoccolma: la sua aspirazione massima era quella di diventare una buona fotografa. E probabilmente ci sarebbe riuscita se un giorno, nello studio dove lavorava, non fossero entrati un regista e un produttore italiani, Mario Soldati e Carlo Ponti, venuti a Stoccolma pér cercare un volto nuovo, una ragazza cui affidare la parte di protagonista nel film Jolanda, la figlia del Corsaro Nero.

MAY BRITT ha conservato, della sua origine nordica, certe passioni: la zoofilia, per esempio, ha una parte importante nella sua vita. May Britt ricorda sovente con nostalgia un grande parco di Stoccolma nel quale scoiattoli e orsi vivono in libertà.

Dopo aver messo un avviso sullo Svenska Dagbladet, uno dei principali quotidiani della capitale svedese, e avere esaminato qualche centinaio di ragazze, dopo aver cercato nei teatri, per la strada, nei filobus, Soldati e Ponti erano quasi rassegnati a tornarsene in Italia a mani vuote, quando, come ultima carta, decisero di recarsi nello studio di Ugla, a Kungsgatan. Il fotografo fu lieto di mettere a loro disposizione i suoi album e incaricò una ragazza di aiutarli. Ma la ricerca durò poco: fra le fotografie degli album e la ragazza, la scelta di Soldati cadde subito sulla ragazza. E per quanto May ripetesse, mentre indossava gli stivaloni alla corsara per il provino, «non ho mai fatto tutto questo, io. Io non sono capace a fare questo», fra quaranta provini il suo fu giudicato il migliore.

Cominciò così. May voleva accettare ed era intimidita. Salì su un aereo e si ritrovò in Italia. I primi momenti furono i più difficili. Non soltanto per via del cinema ma perchè si sentiva spaesata e sopratutto perchè non conosceva la lingua. Oggi May Britt parla abbastanza bene l’italiano ma recentemente, intervistata alla radio, invece di cugina le è scappato detto cucina. «Il mio personaggio in Guerra e pace», ha detto, c'è quello della cucina Sonja». L’attrice ne ride. Allora era molto peggio; conosceva due parole soltanto, ciao e maccheroni; e poiché non era affatto sicura di sè credeva che tutti davanti a lei e alle sue spalle parlassero male di lei, la prendessero in giro ed essa si sentiva irritata e avvilita, ma soprattutto avvilita e sola.

UN PO’ ITALIANA si considera ormai May Britt, la quale probabilmente non lascerà più il nostro paese, anche se per il momento non sembra probabile l’acquisto della nazionalità col sistema più semplice per una donna: il matrimonio. Recentemente era stato annunciato il suo fidanzamento con un giovane tecnico cinematografico romano, ma attende una smentita dell’attrice.

La sua decisione di piantare tutto e di tornarsene in Svezia maturò attraverso questo stato d’animo e scoppiò la sera in cui per la prima volta si vide sullo schermo; May non aspettò nemmeno che il film fosse terminato, uscì dalla sala, e corse a casa a far le valigie. Toccò al produttore Ponti, che le aveva fatto un contratto di sette anni, convincerla a rimanere. E per darle la prova che egli credeva in lei, le affidò una parte impegnativa in un altro film: Le infedeli. Fu la sua prima vera affermazione come attrice; tutto il resto venne un po’ come la logica conseguenza dell’impegno che essa mise in quel film.

Un critico ha definito le svedesi e degli «animali cinematografici», intendendo dire che recitano spontaneamente, senza sforzo. Può darsi che ciò sia vero, ma non per May Britt, che soltanto ora comincia a sentirsi sicura di sè come attrice e imparare le è costato fatica, patemi d’animo, emozioni di tutti i generi. Fu proprio girando Le infedeli che le accadde, ad esempio, un singolare incidente. May, faceva la parte di Lady Liliana, una ventottenne signora: tradita dall’amante, costei in una scena lo attendeva al varco armata di revolver e quando compariva gli sparava addosso: fingendosi colpito a morte, l’attore, che era Pierre Cressoy, cadeva a terra.

Già nel suo film precedente May Britt aveva avuto a che fare con le armi, ma si trattava di armi antiche, di tre secoli fa, usate dai corsari; questa volta invece essa doveva impugnare una pistola moderna, vera, caricata a salve. Tutto andò liscio fino a quando l’attrice alzò il braccio per sparare, ma più in là di tanto non andò; scoppiò in un pianto dirotto e confessò, fra le lacrime, che la rivoltella le faceva paura e le sembrava che se avesse sparato avrebbe ucciso veramente Pierre Cressoy.

Proprio il contrario le capitò invece nel film La lupa. Questa volta doveva piangere ma le lacrime r on le venivano. Era la scena in cui Maricchia, che rappresentava Sant’Agata, viene trasportata in giro per il paese, ritta in cima al tabernacolo. May Britt era Maricchia e Sant’Agata, sotto di sè aveva la folla ondeggiante dei fedeli, penava a tenersi ferma a cinque metri da terra: le lacrime non le venivano. Allora Lattuada ricorse ad un sistema classico. Salì sulla piattaforma che reggeva la macchina da presa e cominciò a lanciarle i più aspri rimproveri, misti a parolacce: in capo a qualche secondo le guance di May furono un fiume di calde e autentiche lacrime.

La sua interpretazione del film ”Le infedeli”, probabilmente la migliore, di lei in una carriera che è già ricca di molti lavori ma non di molte parti realmente impegnative. L’attrice ha 22 anni. May Britt trascorre spesso lunghi pomeriggi nella campagna romana. Attualmente non è impegnata in alcun film: ha sciolto il suo contratto col produttore Ponti che la "scoprì” nello studio di un fotografo di Stoccolma, insieme al regista Soldati, e aspetta che la cinematografia italiana riprenda il suo ritmo normale dopo il letargo dovuto all’Inverno e alla crisi.

Il personaggio di Maricchia risultò tuttavia uno dei più convincenti del film. Lo sguardo sognante, intenso, lontano, di May Britt diedero alla figlia adolescente della Lupa, e tanto più per il contrasto con la natura sensuale e perversa della madre, una azzeccata caratterizzazione; certi scatti improvvisi e certo modo di guardare ambiguo, incerto fra la bontà e la cattiveria, rivelarono che May possedeva anche una personalità complessa e un temperamento vivo. Sono qualità, non appariscenti, che dopo Monicelli e Lattuada nessun altro regista ha saputo apprezzare in lei e mettere convenientemente in risalto; mentre May Britt — il che è superficiale e ingiusto — si è guadagnata la fama di attrice dal carattere freddo, nordico, poco espansivo. E’ vero che essa è timida, e perciò un poco chiusa, controllata; ma quanto a temperamento essa protesta che ne ha da vendere, che è gelosissima, che quando viene il momento, e le capita almeno una volta ogni tre mesi, il sangue le sale alla testa, non ci vede più, e allora si salvi chi può: vasi, bicchieri, porcellane volano in frantumi.

Ammette solo una cosa: che fra un regista calmo e pacioccone e uno nervoso e autoritario essa preferisce quest’ ultimo perchè il primo la lascia indifferente e svogliata mentre il secondo stuzzica le sue reazioni e le dà l’impressione che si fa sul serio. Diremo dunque che May Britt, la quale da poco tempo si è sciolta dal contratto che la legava al produttore Ponti, aspetta adesso il suo regista: un regista nervoso e intelligente.

Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.10, 8 marzo 1956


Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.10, 8 marzo 1956