La carriera di Scilla Gabel è guidata dai miracoli

1964 04 25 Tempo Scilla Gabel f0

“Non tutti sono positivi, però” spiega Scilla Gabel con spirito. “Spesso mi sono sentita dire che una parte alla quale tenevo moltissimo non mi è stata assegnata solo per un miracolo: a questi miracoli rinuncerò volentieri”

Roma, aprile

«Facciamo un’intervista metafisica?» mi provoca Scilla Gabel fissandomi con i suoi occhi puntuti e dolci. «Per esempio — precisa — invece delle solite cose, lei mi chiede: "Signorina Gabel, lei crede ai miracoli?”». Come una bambina accompagna la sua proposta con un lieve cenno del capo, come per dire: ”Ci stai a questo gioco?". A una bambina vuoi dire di no? «D'accordo — le rispondo — facciamo pure un'intervista metafisica, e tanto per cominciare mi dica: Signorina Gabel. lei crede ai miracoli?».

Soddisfatta, un mezzo sorriso di trionfo sulle labbra. Scilla alza di scatto la testa, e con aria quasi sentenziosa, precisa, netta romagnola: «Sì — ride. — Io credo ai miracoli. Le dirò, per me sarebbe difficile non crederci. Perchè? Tutte le cose mi succedono o non mi succedono sempre per miracolo... E per miracolo, ad esempio...». e qui Scilla elenca una serie di cose, di fatti, di cui la più importante è tuttavia quella che mi immaginavo. «Per esempio: un regista cerca una ragazza bionda, occhi celesti, alta 1.65. me insomma. per una parte importante? Ebbene, succede quasi sempre che invece di me prendono un’altra, e c’è sempre qualcuno che poi mi dice: "Sai. per miracolo non hanno scelto te...’'».

1964 04 25 Tempo Scilla Gabel f1

Dunque tutta la premessa sull’intervista "metafisica” per andare a parare qui? Oh no. questo è soltanto il proemio. «E poi — aggiunge pensierosa Scilla — mi potrebbe chiedere: "La morte, pensa mai alla morte?”. Molti non ci pensano, io si, qualche volta, quando sono molto felice. In quei rari momenti di felicità struggente, incommensurabile, ecco, mi dico, questa è la morte...». E’ lo scotto (le dico) del nostro tempo; la nostra vita ci nega a tal punto la possibilità di un'autentica felicità... «Già — conclude Scilla — ce la nega a tal punto che quando la proviamo ci sembra la negazione della vita...». L’attrice resta un po’ silenziosa, e poi: «Infine, mi potrebbe domandare: "Lei è sul punto di morire. quali sono le cose che sceglierebbe per portare con sè nell’Aldilà?”». Sempre per gioco, naturalmente. «Certo, per gioco». sorride Scilla. E va bene. «Innanzitutto — comincia Scilla — devo spiegarle come io vedo l’Aldilà...». E mentre me lo spiega, lo vede, dice, come una grande spiaggia. all’alba, col mare calmissimo. Io penso: questa spiaggia è Rimini, la sua città, questa spiaggia è un po’ come i palmizi della negra di Baudelaire che sognava la sua Africa nei budelli della nebbiosa Parigi; che strana ragazza questa Scilla Gabel che il pubblico, a causa del suo fisico, scambia... «Si — ride Scilla, — per un’immagine di perdizione».

Una ragazza di carattere

Invece, eccola qui, viene a parlarmi dell’Aldilà in una mattina di primavera, tra scrosci di pioggia che tintinnano nel sole, sotto il monumento di Garibaldi, al Gianicolo. Occorre dunque cominciare a mettere in chiaro alcune cose, sotto vari punti di vista. Innanzitutto. perchè mi trovo al Gianicolo; e poi chi è Scilla Gabel. Le due cose hanno forse relazione tra loro. Perchè il Gianicolo me l’ha proposto lei: è un suo pallino questo di dare appuntamenti in luoghi inusitati. Ci senti il desiderio di essere originale. Scilla lo contesta, io lo confermo. In tutta la sua vita non ha fatto altro, infatti, che spendere energie per dimostrare che era un tipo originale: nei primi tempi. partita male, come controfigura della Loren, per far entrare in testa ai produttori che non assomigliava affatto a Sofia. E, tutti lo sanno, a tale scopo si è rifatto anche il naso; e poi per dimostrare, (perbacco, giustissimo) che valeva qualcosa, anzi molto, per se stessa. E’ stato lungo, duro, faticoso, ha fatto tutto da sola, ma ce l’ha fatta: oggi, dovunque lavori, in cinema in teatro alla TV. la gente, i critici dicono: «E’ brava la Gabel». L'ultima cosa che ha fatto in teatro è stata la commedia: Oh papà, povero papà. con tutto quel che segue.

1964 04 25 Tempo Scilla Gabel f3NATA A RIMINI, Scilla Gabel è rimasta legata al mare della sua infanzia: appena le è possibile corre alla spiaggia: magari, ora che è romana per lavoro, quelle di Ostia e Fregene. La Gabel alterna, in questo periodo, il lavoro negli studi cinematografici con quello sui palcoscenici.

«Questa volta — sorride Scilla — i critici si sono dimenticati perfino di scrivere che sono bella».

Ciò ci aiuta a rispondere anche alla seconda domanda: chi è Scilla Gabel? Ecco, innanzitutto non è affatto il tipo che la gente, non conoscendola, s’immagina. Beila lo è, senza dubbio; ma meno glamour nella vita di quanto appare sullo schermo. Più piccola. direi, meno aggressiva. Del resto lo riconosce lei stessa: «La fotogenia mi aiuta». Certo non difetta di attributi fisici, e spesso in certe scene di film li elargisce con prodigalità. Vedi l’ultimo, l fuorilegge del matrimonio, nel quale (adultera coatta perchè il marito è condannato a vita) resta, priva di vestiti, in cima ad una torre, dove il sole la brucia. Ma. a parte che queste performances sono sempre giustificate dalla storia, dal personaggio («Non mi vedrà mai fare queste cose in un filmetto da quattro soldi»), da qui a dedurre ciò che deduce la gente ci corre. C’è un salto, anzi un burrone. E al di là del burrone, c’è proprio l’opposto di ciò che uno s’aspetta. Invece della ragazza, si. insomma ”la ragazza cui si può strizzare l’occhio”, c’è una volontà di ferro. Invece del paradiso degli istinti, dell’attaccapanni per le cariche di malinconia del sabato sera, una mente che ragiona; e come!

Ha il busto eretto, lo sguardo scintilla di fierezza: piuttosto convincente. Ha tanto carattere questa ragazza che fa dimenticare il fisico. Conosco l’obiezione: è la solita storia, l’abbiamo già sentita, del contrasto tra il fisico e il carattere. Invece no. non è la solita storia, è una storia moderna, secondo me un po’ triste, secondo Scilla perfettamente normale. Almeno nel suo ambiente, dove una ragazza per farsi largo deve affrontare un sacco di difficoltà, deve farsi forte e autonoma come un uomo, e per forza abituarsi a difendersi: da tutto; anche dai sentimenti.

«Parliamo dei suoi amori?».

«Certo — sorride Scilla — parliamone pure». Ha un tailleur di renna celeste, molto sobrio, calze di colore opaco, le scarpe a mezzo tacco: niente di vistoso, eccetto gli occhi e un fazzoletto a colori annodato molto semplicemente nei capelli biondi, sciolti sul collo. Non piove più: dietro il parabrezza traslucido dell’automobile di Scilla risplendono gli specchietti arancione delle zinnie comunali. «Che bello — esclama l’attrice — il colore di quei fiori. Magari vado a prenderne uno». Poi, si guarda nello specchietto: «No, avrei troppi colori addosso. Dunque?». Dunque la gente si chiede, come mai la Gabel. bella ragazza, appetitosa, piena di vita, non ha fidanzati, amori, mai una fotografia con un uomo. Perchè? «Innanzitutto — precisa Scilla — non è vero». Di amori (fidanzati) ne ha avuti due: uno è durato cinque anni, l’altro due. Solo che non l'ha fatto sapere a nessuno; così, perchè non è di suo gusto mettere in piazza le cose private. «E poi ne ho avuti altri, come tutte; ancora meno importanti, meno da far sapere». Ma non è questo il punto che le preme. E’ chiara. Scilla, onesta; dice pane al pane: preferisce essere considerata. come dire («dica pure» mi suggerisce), "disumana”, piuttosto che fingere sentimenti che, in questo momento, non prova.

Del resto non è certo la sola. Anzi, sono tantissime le ragazze che, conquistatesi l’indipendenza economica e psicologica. difficilmente riescono a trovare l’uomo adatto per loro. Lo vogliono più forte di loro, ma se poi lo trovano non sopportano uno che le comandi. Cosi anche per Scilla, con la aggravante che lei è attrice. «Quante sono — mi domanda — su, me le enumeri, le attrici di cinema che hanno una vita familiare felice?».

1964 04 25 Tempo Scilla Gabel f2

Le dive sono schiave

«Perchè? Perchè se fai una cosa non fai l’altra; se ti occupi della carriera sei portato inevitabilmente a scartare tutto ciò che con la carriera non ha a che fare, marito, famiglia, figli compresi, anzi, soprattutto questi, che sono troppo importanti per essere presi sottogamba, alla leggera». La carriera dunque innanzitutto? Si. innanzitutto. E le basta per riempirle la vita? «Oh, ma se non mi basta neppure questa di vita per raggiungere tutto ciò che voglio!». Ma che cosa vuole? Niente di eccezionale, vuole, «Per esempio — dice — non voglio diventare la diva del momento: sono troppo schiave le dive...». Ma una come la tale — e cita un’attrice di teatro che riesce anche a fare del buon cinema — si; oppure come quell'altra — e cita una, cosi e così fino a ieri, che un regista e un buon film hanno messo. di colpo, "nella giusta luce" —. Questo vuole, e per questo «ho le qualità e la preparazione». «La cosa strana — dice — è che mi apprezzano di più in teatro dove ne so di meno, che nel cinema dove sono pronta».

Cerca di spiegarle che il cinema premia raramente il merito, è un fatto industriale soggetto a un’infinità d’imponderabili, i miracoli vi avvengono ma quasi sempre alla rovescia. Scilla scuote la testa, tutto ciò lo sa benissimo, ma questo significa soltanto una cosa. «Quale cosa?». L'attrice sorride. «Che si tratta di continuare. So che la strada è ancora lunga. Ma arriverà il giorno in cui un regista mi metterà nella giusta luce». Il busto è eretto, lo sguardo scintillante di fierezza. Si è conquistati dalla sua fiducia. Ha tanto carattere questa ragazza che fa dimenticare il fisico. Questa ragazza che il pubblico scambia. «Si — ride Scilla — per una immagine di perdizione». e che una mattina di primavera mi ha parlato dell'Aldilà.

Dimenticavo di dire le cose che Scilla si porterebbe con sè. Esse sono, ed è giusto: una lunga parrucca bionda, due orchidee. un giornalista e un fotografo, e un po’ di ricordi felici. Tra questi, tutto intero, quel mese che passò in Marocco, lei e un cavallo bianco, quasi da sola, passando da una troupe all'altra d'un film, dormendo nelle casbah. gettandosi la sera supina sulla sabbia tiepida de! deserto a guardare le stelle.

M.S., «Tempo», anno XXVI, n.17, 25 aprile 1964 - Fotografie di Angelo Frontoni


Tempo
M.S., «Tempo», anno XXVI, n.17, 25 aprile 1964 - Fotografie di Angelo Frontoni