Claudia Cardinale a Hollywood combatte per rimanere europea
Claudia Cardinale, allo “star-system” del cinema americano che vuole trasformarla in una dira levigata ed impersonale, oppone il suo temperamento tranquillo ma tenace. Il primo “round” si è concluso a suo favore
Roma, aprile
Mai vista una Cardinale così magra, frettolosa, indaffarata, così sicura di sè. Magra per la feroce dieta che le hanno imposto in America: quattro uova e due piatti d’insalata al giorno, senza un goccio di liquido, per la prima settimana; i piatti suddetti più dodici gamberetti, e una tazza di caffè americano, per la seconda. Sicura di sè, ciononostante, per il successo riportato nel primo round del suo match con lo "star-system” hollywoodiano. Frettolosa e agitata, perchè il suo soggiorno romano è stato pieno di rapide emozioni, di lavoro a spron battuto, di appuntamenti misurati col cronometro.
Per cinque giorni, l’attrice non ha fatto altro che schizzare da un punto all’altro della città. Dalla sala-doppiaggio del film di Visconti (dove Luchino si era intestardito a levarle il vizio delle ”e" strette e delle ”u” francesi), agli uffici della Vides, dalla sua (ancora per poco) casa sulla Salarla, agli studi della TV. Il "carnet” di Claudia straripava di impegni: "Nastri d’argento", sarta, vedere l’architetto che sta arredando la nuova villa, incontrare Marck Robson (il regista del suo prossimo film americano), e poi i fotografi, i giornalisti. Per la prima volta da quando ha cominciato a fare l’attrice, Claudia ha lesinato i minuti a questi suoi fidati collaboratori. «Di quanto tempo hai bisogno?», chiedeva ancora prima di rispondere sì o no. E allo scadere dell’orario stabilito (un quarto d’ora, venti minuti al massimo), si alzava in piedi, cordiale come sempre ma inflessibile.
Soggiorno frettoloso, però utile e rassicurante. Per lei una boccata d’aria di casa (e la gloria del "Nastro d’argento”), dopo i precipitosi sbalzi di temperatura, dopo le reiterate immersioni nell’acqua gelida e fangosa del lago di Ocala, in Florida, «Credevo che la Florida fosse il paradiso dei miliardari, ma nell’interno c’è ben altro: una natura selvaggia e un clima infernale...». Rassicurante soprattutto per i suoi ”fans”, per chi si è intenerito sulla sua sorte, ora che anche lei è arrivata ad Hollywood.
Ero andato all’appuntamento, un po’ contagiato da questo sentimento. L’idea che gli americani possano "rapirci” la nostra C.C., cioè trasformarla, omogeneizzarla, fame una delle loro dive laccate — e magari, ohibò!, cercarle un fidanzato e darle marito — può intenerire anche un padre di famiglia; anzi, soprattutto un padre di famiglia. Se ci pensate: di tutte le attrici allevate dal nostro cinema, la mite, affettuosa, obbediente, rispettosa Claudia è quella che più di tutte eccita nel pubblico un sentimento paterno. E’ venuta da lontano, non voleva fare l’attrice, l’hanno costretta a diventarlo; nel corso della sua carriera, ha sempre seguito i precetti del suo produttore, e oggi è ancora legata a lui da un contratto rinnovato due anni fa, quando valeva 80 milioni a film.
Vale 120 milioni
Ora ne vale 120, ma non si sogna di mettersi in proprio: «Che farei da sola? — dice. — Io non m’intendo di affari. Loro sono bravi, pensano a tutto...». E’ evidente che ama sentirsi protetta, nè se ne vergogna; anzi. Neppure la recente assunzione di Stefania Sandrelli nella famiglia ”Vides” l’ha turbata. E perchè avrebbe dovuto? «Innanzi tutto, — dice. — io lo sapevo già, e poi la Sandrelli è l’unica giovane su cui oggi vale la pena di puntare... La "Vides” ha sempre fatto la politica degli attori, e quindi ha fatto bene ad assicurarsela...».
Nella voce dell’attrice, oltreché nelle sue parole, vibrava una determinazione ferma, serena. Quel suo modo tipico, spiegato e un po’ infantile, di ridere (una forma di timidezza che aveva in comune con la sorella Bianche), scomparso; o, meglio, rinfoderato, sostituito da concisi sorrisi, subito spenti dall'incalzare della frase successiva. Dopo cinque minuti, non potei fare a meno di dirglielo, e lei, quasi addolorata: «Ma no, guarda, — si preoccupò di rassicurami, — non sono affatto cambiata...». E’ lo slogan che ha ripetuto in tutte le sue dichiarazioni: lo slogan della "figlia devota”. Ed esso è vero, verissimo, per il semplice fatto che questa (ora palese) determinazione, fermezza, sicurezza di sè sono sempre esistite dentro di lei.
Solo che prima erano nascoste, non c’era bisogno che le mostrasse: s’intuivano appena dietro il suo sguardo vivo, sempre un po’ stupito, riconoscente; mentre ora, di fronte alle più dure difficoltà, è venuto il momento in cui «la splendida gatta sdraiata sul divano del salotto buono» (secondo l’immagine di Visconti) «ha cominciato a tirar fuori le unghie...». Immagine daveroniana, ma intuizione giusta. Dopo circa un mese di Hollywood, essa ha ricevuto una netta conferma: i battaglioni di sarti, truccatori, parrucchieri partiti all’assalto del suo sex-appeal europeo, sono stati messi in fuga; ed in più è diventato palese che Claudia è andata incontro al lupo tutt’altro che disarmata. Anzi, armatissima. Protetta da un contratto di ferro, dalla sua notorietà, e soprattutto da un personale, studiatissimo "piano di lancio".
Reduce da Hollywood, dove sta interpretando accanto a Rock Hudson il suo primo film americano, "A occhi bendati", Claudia Cardinale ha doppiato, a Roma. "Vaghe stelle dell'Orsa", il film di Luchino Visconti che è stato scelto per rappresentare l’Italia al Festival cinematografico di Cannes.
Con lei i tradizionali termini del confronto, Hollyood-attrice straniera, sono stati capovolti: la Cardinale è l’unica. tra le nostre, che si sia messa nella condizione di trattare da posizioni di forza. Nell’ "avventura” americana della stessa Loren, c’era qualcosa lasciato al caso, qualcosa di avventuroso; e il bilancio fu più negativo che positivo. Quella recente della Lisi si è conclusa (e, probabilmente, dato il tipo di Vima, ciò va benissimo) con la completa assimilazione dell’attrice ai canoni, rosa più biondo, dell’estetica americana. A Claudia questa soluzione non conveniva, «Perchè — si domanda, e subito l’assurdità salta agli occhi — avrei dovuto ossigenarmi?...». Quindi ha preferito aspettare, rifiutare le offerte che da due anni le facevano, e dire di sì «solo quando mi sono sentita abbastanza forte...». Ciò toglie un po’ di fascino romantico alle "battaglie" sostenute per la salvaguardia della sua incolumità fisiognomica. Alla sua lotta per i vestiti: «Sì, è vero, li ho fatti rifare otto volte...»; al suo match contro il pancake e l’uso del rossetto, ingaggiato e vinto in pieno Consiglio d’Amministrazione... Ma depone a favore della sua intelligenza e del suo carattere.
Il pericolo d’essere resa irriconoscibile a Hollywood esiste veramente? «Oh, certo che esiste — esclama. — Tanto è vero che tutte vi sono cadute. Kim Novak vista in fotografia e Kim Novak nella vita, sono due persone completamente diverse...». D’altronde, una cosa è possedere la forza, un’altra saperla usare. Claudia la sa usare. Allo "star System" contrappone un suo "personal System”, anche nella vita privata. A Hollywood abita al 1330 della Schuyler Road, nella villa già abitata da Liz Taylor, prima con Mike Todd poi con Burton, e quindi si è messa su un certo piano. Però, col pretesto del lavoro, evita accuratamente di cadere nella rete degli inviti mondani. A parte gli Oscar, le uniche occasioni mondane cui ha partecipato finora sono state il ricevimento per Lord Mountbatten e un party in suo onore.
L'autista milionario
La forza di Claudia è anche il suo "sense of humour”, questa capacità di guardare le cose con distacco, anche le proprie, come se non la riguardassero, e lei non fosse Claudia Cardinale, cioè una che certe cose è meglio non le noti, e tanto meno le racconti. Questa facoltà, che diverte tanto José de Villalonga (il quale ci ha inventato anche una storiella), a Hollywood ha modo di esercitarsi: le occasioni sono quotidiane. Una delle prime scoperte di Claudia è stata che lei è «più povera del suo autista», il quale possiede una ventina di piccoli ristoranti, «e ora sembra che voglia anche fare il produttore»; poi che, eccetto la Taylor, i divi degli americani sono tutti televisivi. Quindi, oltre che "povera", sconosciuta.
Il "Nastro d'argento" che le è stato attribuito, come migliore attrice protagonista, per la sua interpretazione nella "Ragazza di Bube" rappresenta, per Claudia, una doppia vittoria. Oltre alla soddisfazione per il premio, il più importante del cinema italiano, l'attrice ha dimostrato agli scettici che la sua voce roca è fonogenica.
L’hanno molto divertita, infine, i "drammi” della sua produzione. Una mattina, prima che cominciasse a girare le scene nella palude, se li è visti piombare tutti in camera, una decina, emozionatissimi. Erano venuti a controllare la trasparenza della sua maglietta, una volta immersa nell’acqua. «Hanno voluto una prova sperimentale, ed è stato molto buffo — racconta — perchè ad un certo punto eravamo tutti nel bagno, io mi immergevo ed emergevo, loro in piedi, pigiati, che controllavano, discutevano: si vede, non si vede...». L’attrice sorride. Col suo humour e la sua fermezza, sta combattente ad Hollywood la battaglia per restare europea.
Ed è molte felice, dice, perchè pensa d’esserci riuscita. Le scene della palude, ad esempio, è riuscita a farle in modo realistico, cioè bagnata fradicia, spettinata, coi capelli attaccati alle guance (e la maglietta al torace). Attrice europea, uguale attrice realistica; attrice realistica, uguale erotismo realistico. Come quello di BB., il fascino di C.C. nasce dalla sua accessibilità, dal fatte di sembrare a portata di mano, teoricamente, di tutti. Ma la Bardot è anche un personaggio erotico, mentre Claudia privatamente è una tomba, un’astrazione. Da qui la necessità d’essere ancora più realistica in immagine.
Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.17, 28 aprile 1965
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Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.17, 28 aprile 1965 |