LA VERGINE DI BUDDHA

(1932)

Scheda dell'opera

Titolo originale La vergine di Buddah (primo avanspettacolo scritto da Antonio de Curtis)

Testo: Antonio de Curtis
Compagnia: Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò


Sketch, quadri e notizie

È il primo lavoro presentato da Totò nelle vesti di capocomico, per la sua Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche. Probabilmente questa decisione fu dovuta alla necessità di approfondire le sue discendenze nobili in modo da disporre di più risorse economiche. Dopo l'importante scuola dei lavori con Aulicino e Maresca, il bagaglio artistico di Totò è pronto per affrontare questa sfida, anche a livello organizzativo e pratico. Da questo momento i suoi lavori avranno la sua firma, da solo o con altri.

Gli sketch:

Il filo conduttore della rivista da cui sono tratti questi due brani, "Era lui, sì... sì..., Era lei, no... no..., Era lei che lo voleva", firmata da Totò, Fiorita e Carbone (1932) è lo stesso di "La Vergine di Budda", firmata da Totò (1932), di "II Vergine folle" (richiesta per il visto censura col titolo Tric-Trac nel dicembre 1931, richiesto il cambio titolo in Il vergine folle nell'ottobre 1932), firmata da Ripp e Bel Ami per la Compagnia Maresca con Totò (ancora 1932) e infine di "Accadde una notte che..." firmata da Totò nel 1938. Il personaggio di Totò si chiama volta a volta Serafino, Gelsomino, o più direttamente Totò, ed è quello di un giovine di buona famiglia sedotto e abbandonato nottetempo da una sconosciuta il cui bacio sa di fragola (o di cedro menta e fico secco). Cacciato di casa Totò vaga alla sua ricerca, baciando le ragazze che incontra per individuare la seduttrice, e finisce in India (o in Africa, o in Arabia) per trovarla nella persona di una Regina dei selvaggi. Ne "Il vergine folle" la ragazza è negra e si chiama Antracite.

Gelsomino incontra un arabo - ma si tratta di un napoletano - che lo porta da una strega che tra giochi di linguaggio imbastiti sui termini esotici (Salam, Tukul, Ma-cacco, Budda/budello/buddana) lo indirizza dai buddisti. Si intrattiene amorosamente con una donna e, sorpreso dal sacerdote, viene aggredito dalle sue contumelie: «Vile meningitico automedontico...». Quando entra la Vergine Regina, Gelsomino la riconosce e viene incoronato Tric Trac dal popolo acclamante, a cui risponde con la nota scena del Nerone di Perolini (appena diventato film).

Totò, alla fine di un gran ballo selvaggio, «planando lentamente calerà in scena su un aeroplano»: sta inseguendo la sua seduttrice che ha smarrito in un «crocicielo». Lascia alla propria spalla lo sproloquio contro di lui e si riserva controscene a soggetto, soprattutto gestuali. Modifica la scena della Traviata e, al momento del ritrovamento, si mette a cantare «Or tutti a me, questa donna conoscete» per concludere poi con la scena degli applausi nel Nerone di Petrolini.


Lo sketch viene presentato dalla Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò - che compare per la prima volta come soggetto richiedente in questa stagione - per l’autorizzazione della censura il 15 febbraio 1932, subito dopo Tric Trac, per il Teatro Morgana. Totò fa riferimento alla “rivista madre” nel filo conduttore, che racconta entrando in scena, e amplia invece il quadro nel villaggio africano. Le scenografie e le coreografie sono abbastanza articolate.


La vergine di Budda, in cui Totò interpreta Gelsomino (o Serafino, a seconda delle versioni), un giovane ingenuo a caccia della maliarda che l’ha sedotto, unico indizio un bacio che profuma di fragola (o di cedro-menta e fico secco, a seconda delle versioni); il viaggio lo porta in un luogo remoto vagamente arabo, dove rintraccia la donna che, essendo una sacerdote di Budda, finisce per essere appellata come una “buddana”.

E' il primo lavoro che Antonio de Curtis presenta anche nelle vesti di capocomico, per la Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò, ed è perciò un passo importante nella vita artistica dell’attore. Può darsi che la decisione di mettersi in proprio sia dovuta alle nuove necessità araldiche, alla speranza che non dovendo dividere con altri gli incassi della compagnia, l’attore si ritrovi più guadagni da spendere in ricerche storiche. D’altra parte, dopo una gavetta di quattro anni nel giro di Maresca e Aulicino, de Curtis si è ormai impadronito dei meccanismi pratici e organizzativi della macchina, dal rapporto con gli esercenti alle responsabilità del capocomico, dalla scrittura dei testi alla loro presentazione in censura.

Parecchi dei testi che di qui in avanti Totò mette in scena portano la sua firma, da solo o con altri. Il che non significa automaticamente che siano del tutto originali: come si è accennato, La vergine di Budda è l’ampliamento di uno sketch già presente nella rivista Tric Trac di Ripp e Bel Ami. Molti canovacci erano in realtà scritti da Mario Mangini e altri amici napoletani di Totò che preferivano non firmarsi, considerando l’avanspettacolo il parente povero della rivista.


Galleria fotografica

1932 La vergine di Budda 000 L


Così la stampa dell'epoca

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«Il Messaggero», 13 marzo 1932


Ricostruzione delle rappresentazioni della rivista nelle varie città italiane


TITOLO DELL'OPERATAPPE

La vergine di Buddah

Rivista di Antonio de Curtis

Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò

Roma, Teatro Morgana, febbraio 1932

Roma, Teatro La Fenice, 13 marzo 1932


Riferimenti e bibliografie:

  • "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976
  • "Tutto Totò" (Ruggero Guarini) - Gremese, 1991
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò, principe del sorriso" (Vittorio Paliotti) - Fausto Fiorentino Ed., 1977
  • "Totò partenopeo e parte napoletano", (Associazione Antonio de Curtis), Marsilio Editore 1999
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Il Messaggero», 13 marzo 1932