Walter Chiari e Lelio Luttazzi, sul successo un po' di "polvere"
E’ quella bianca, proibita e costosissima che risponde al nome di cocaina. Ed ecco due beniamini del pubblico che colgono tutti di sorpresa: «Ma come, proprio loro? Gli eterni ragazzacci, così semplici e simpatici...»
Roma, maggio
La raccontano in una casa-bene che si affaccia su piazza di Spagna. Ha il sapore di una favoletta e sembra tratta di peso da un copione di "musical" tant’è perfetta nei suoi ingranaggi e nelle trovate sceniche. Il guaio, però, è che a recitare la parte del protagonista, in questa storia fantastica, è stato chiamato un attore comico di grande prestigio; al musicista di talento l’inventore della favola ha attribuito il ruolo del comprimario che recita poche battute e scompare in fretta fra le quinte.
Ma sfogliamo il copione ed esaminiamo l’intreccio nei particolari: un giorno un attore famoso del teatro di rivista, che da anni si sostiene come può per far fronte ai suoi numerosi impegni scenici, ha la possibilità di acquistare un chilo di polvere. Si tratta di un affare, prendere tutto o lasciar perdere. I tempi sono tristi: chi vende cede a buon prezzo e ha una fretta maledetta di disfarsi della roba. Che fare? Il personaggio è perplesso, vorrebbe acquistare perchè ha bisogno di rifornirsi e perchè è terrorizzato dall’idea che le recenti "retate” possano mettere in crisi il mercato per un po’ di tempo.
STESSA ETA’. Luttazzi ha 47 anni, Chiari 46: «Siamo fratelli perchè nascemmo musicalmente insieme», dicono. Anche la carriera, iniziata nel 1945, è corsa su binari paralleli: dall'avanspettacolo, alla rivista elegante, alla televisione. I prossimi impegni, però, pare siano stati subito annullati dai dirigenti TV dopo l'arresto e lo scandalo inaspettato.
Fatte queste riflessioni, si decide: acquisterà e provvederà poi a cedere parte della merce agli amici del giro. Si attacca al telefono e chiama la cantante famosa. Dice: la roba c’è, ce n’è per tutti. Se vuoi, la tua parte è assicurata. Come spesa, verrà sul milione. Ci stai? Lei ci sta. Anche gli altri ci stanno. L’uomo riceve la polvere, paga in contanti e trattiene la merce in casa.
Ma un improvviso impegno di lavoro lo chiama fuori. Deve partire subito. L’inventore della favola a questo punto ha previsto nel suo scadente copione un'altra telefonata: quella fra l’attore e il musicista amico. Sarebbe disposto a fare un favore. a trattenere la merce per un po’ di tempo? Il musicista, per quanto bravo e stimato, non sarebbe in floride condizioni economiche, anzi sarebbe addirittura obbligato nei confronti dell’attore che chiede. A denti stretti, accetta il pacco che scotta, lo prende e lo tiene in casa per un po’ di giorni. Ma più passa il tempo, più cresce la paura. Sarà vero, come si dice, che i telefoni sono controllati? Sarà vero che quindicimila nominativi sono nelle mani degli uomini della legge?
Qui l’intrigo scenico è sapientemente dosato dall’inventore della favoletta da teatro leggero. Il musicista tenta di disfarsi della roba, affidandola in custodia ad altri. Ma chi può fare un favore del genere se non un uomo privo di scrupoli, già pregiudicato? D’altra parte, non ci sono alternative e tanto vale rischiare, pur sapendo che l’uomo chiederà la sua parte di introiti. Il pacco fatale passa così di mano in mano, fino ad arrivare all’uomo designato.
Ma vuole il caso che quest'uomo sia da tempo pedinato dagli uomini della legge perchè ha avuto da fare con la giustizia sin dai tempi dell’arresto di un "ispettore miliardo”, funzionario corrotto ma dal cuore d’oro, specie con le signore. Il sorvegliato (e la giustizia lo sa) ha cambiato casa, ha una villa, una macchina nuova. Come ha fatto, dove ha "lucrato” tanto danaro, in qual modo ha invertito il corso di tendenza della sorte? Ci vuol poco a saperlo; l’uomo traffica. La Guardia di Finanza lo lascia fare finchè non lo coglie con le mani nel sacco.
E qui l’autore della commediola immagina che sia proprio quell’involto dell’attore e del musicista a trovarsi nella macchina del pregiudicato. Non ci vuole molto per mettere insieme i tasselli del "puzzle” e risalire al comico di successo che, alia fine della "pièce”, viene a trovarsi nei pasticci più neri.
Naturalmente, per il fatto stesso che la storiella è nata in un salotto ed è stata proposta in termini di favola, ciascuno poi si è sentito autorizzato ad apportare libere variazioni al testo originale.
Dato che la favoletta è chiara, diventa facile aggiungere i nomi e i cognomi. Ma sorge un dubbio legittimo: non sarà una favola fatta "filare” per forza, "scritta” dopo l’arresto di Walter Chiari e Lelio Luttazzi? A negare ogni addebito (come si dice in gergo) non sono soltanto i due carcerati, i loro legali, le loro donne: sono gli amici, la gente che li conosce bene, che lavora con loro. Allora com’è possibile che uno si trovi invischiato in una brutta storia del genere? Colpa del telefono, come si vedrà.
Nel mondo dello spettacolo, la droga corre da sempre. E lo si è visto di recente con l'arresto di Michelangelo Antonioni (marijuana, a Londra) e con l'arresto di Tony Curtis (marijuana, a Londra anche lui). E lo si era visto l’estate scorsa con Margaret Lee (I chilo di hascisc alla dogana di Madrid). Tanti anni fa. quando si mormorò che Lucy d’Albert era stata pizzicata in "odor di polvere”, il pubblico del Teatro Nuovo di Napoli, feudo indiscusso della moglie del leggendario Attila Sallustro (centravanti eccelso, rivale di Peppino Meazza) non si scandalizzò. Lydia Johnson, la bellissima mamma di Lucy, si limitò a dichiarare con disinvoltura: «Povera stella, si annoiava». Il barone Scala, impresario del Nuovo, amico del principe Umberto, spese un bon mot e prese il wagon lit per Parigi.
Ma erano altri tempi, meno arcigni o forse semplicemente diversi dai nostri. Allora, gli ”artisti" erano collocati in un'altra dimensione, nel giudizio comune. Guadagnavano tanto in un Paese più misero ma erano meno numerosi e avevano più classe. Oggi basta una canzone azzeccata, uno show televisivo, un film, per trasformare la vita di un’ex-sartina della Bassa o di un ex-parrucchiere del Sud. E insieme con i soldi arriva, immancabile, la paura che si trasforma ben presto in nevrosi. Tutto è provvisorio e può finire così com’è cominciato: il pubblico è volubile, l'industria dei consumi propone e impone ogni giorno nuovi idoli; gli applausi di oggi, possono trasformarsi in fischi tra una settimana. E allora non c’è che una strada: la "polvere”, la "paglia”, la "pasticca”. Il mercato è tra i più floridi, corrono i soldi e trottano i "corrieri”; volano di mano in mano le bustine. Quanti ragazzi troverebbero il coraggio di saltare davanti a un microfono e di contorcersi al cospetto di uno stadio affollato. senza la bustina?
Andrà in Australia
In questo complicato gioco, poliziotti, guardie di finanza c carabinieri non hanno vita facile. Come si dice nel gergo, hanno troppo addosso "odor di caserma" per non essere "sniffati” a prima vista nonostante gli ”abili travestimenti” (e gli "abiti simulati” di cui parlano spesso i giornali) . E poi, il "giro” è abbastanza chiuso: poche persone, fidate, guardinghe, sospettose. Quanto ai clienti, si sa sempre l’ultima mai la prima mano: cioè si conosce chi "allunga” non chi "porta la roba”. E la roba spesso arriva in valigie sicure, al di sopra di ogni sospetto, che mai nessun doganiere si sognerebbe di aprire. La sorpresa è rara: e quando per caso arriva, com’è successo in un grande albergo di Roma ai primi di maggio, c’è l’immunità diplomatica che costringe l’ambasciatore di un Paese orientale, regolarmente accreditato presso il Governo spagnolo e in transito per la capitale italiana, a sloggiare in fretta ma senza manette ai polsi.
A volte, però, basta una sfumatura, un particolare insignificante per aprire una buona breccia nella "cortina bianca”. Il mondo della "polvere” (può anche accadere) non sa resistere alle tentazioni della sfacciata ostentazione: macchina nuova e costosa ogni sei mesi, appartamento da faraoni senza un preciso reddito di lavoro che giustifichi il lusso, viaggi dispendiosi c frequenti. E allora, con pazienza caparbia, la Guardia di Finanza comincia a tessere la sua tela di ragno.
MA SE E' UN IGIENISTA... Walter Chiari con Gino Santercole dopo un incontro di tennis. Ha detto Modogno: «Mi sembra assurdo che uno che fa ginnastica, uno che pratica tanti sport, come Walter, si possa drogare con la cocaina». Sono molti gli innocentisti per Walter e anche per Luttazzi (sotto è con Anna Saia). Ma il mondo dello spettacolo è uno di quelli che si lasciano sedurre più facilmente dai paradisi artificiali: è altrettanto facile, quindi, venire coinvolti in traffici del genere
Senza fretta, con lentezza da plantigrado, la macchina dell’apparato si muove e, quando i coniugi meno se lo aspettano, "becca” Guido Malmignati e la sua signora che scorrazza -f no sul litorale di Torvajanica a bordo di una macchina confortevole. E’ una innocente passeggiata di una romantica coppia di sposi? Può darsi, ma come spiegare la presenza di quei due barattoli di vetro da un chilo i pieni di cocaina pura? I due non spiegano, "cantano”, addirittura sostengono di aver ricevuto la roba da Walter e da Lelio. Possibile? Walter Chiari e Lelio Luttazzi? Malmignati e Silvana Maiuri insistono; si diffonde il terrore. I telefoni squillano, le voci sono alterate, le frasi convenzionali ricevute e rilanciate in pochi minuti. Ma i telefoni sono già sotto controllo.
E ora? Ora i telefoni tacciono. Anche gli amici che non hanno mai fumato una "paglia" durante un party o che hanno avuto timore di "annusare", hanno paura di formare il numero indiziato. Nemmeno una parola di conforto per Alida Chelli che si è sentita male mentre portavano via l’uomo che l’ha fatta attendere dieci anni prima di sposarla. Qualche amica spregiudicata si è provata a telefonare ad Anna Saia, la danzatrice di 22 anni, diplomata all’Accademia d’arte drammatica, che avrebbe dovuto sposare Lelio Luttazzi. Ma dall’attico che s’affaccia su piazza di Trevi, nessuna risposta.
Nessuno sa niente, nessuno vuol dire niente. Le dichiarazioni di solidarietà sono generiche e persino affannose. Ma perchè, se in casa di Luttazzi è stato trovato solo un medicinale innocuo e nelle tre abitazioni di Walter nemmeno un’oncia di "roba”? La prudenza non è mai troppa e spesso è madre di sicurezza, tant'è che a Roma, nei giorni scorsi, era più facile avere un appuntamento con un ministro che con un attore; chi non rispondeva o era impegnato o aveva già fatto i bagagli.
Gli unici che in tanta babele hanno avuto il merito di non perdere la calma e il buonumore, sono proprio loro, i due indiziati. Davanti allo sbalordito secondino del carcere romano di Regina Coeli, Walter ha lasciato le impronte digitali, la cravatta, l’orologio, la cintura e un paio di smorfie. Poi, prima d'entrare in cella d’isolamento, ha chiesto di parlare con la moglie: «Tesoro, sono Walter... Sì, sì lo so, ma ti prego, non piangere.
E' un'incastrata brutta ma passerà e allora ce ne andremo via per sempre, noi due e il bambino, andremo in Australia, il meraviglioso Paese dove ci siamo sposati». E ha buttato giù.
Tante volte Walter Chiari aveva detto che sarebbe andato via, ogni volta che seguiva una donna, che scopriva un paese della felicità. Poi scompariva l’amore e si dileguava la magica visione della terra promessa. Ma stavolta forse lo farà: la mazzata è stata troppo forte. Il nodo che gli ha stretto la gola quando la porticina della cella d'isolamento s’è chiusa dietro le sue spalle, è cosa ben diversa dalle "lacrime amare” che pianse quando la soubrette Marisa Maresca, il primo amore della sua vita, lo piantò per sposarsi. Diversa anche dalla frenesia che lo colse quando correva su e giù per il mondo dietro Ava Gardncr spendendo una fortuna in biglietti d'aereo. Per venticinque anni Walter Chiari, il nome di maggior classe dello spettacolo leggero italiano, è stato incapace di capitalizzare e di risparmiarsi. Una vita folle, gli impegni uno sull’altro; Lucia Bosè, Elsa Martinelli, Gabriella di Savoia. Mina: le donne come in una girandola, e una vitalità da perenne adolescente. Come faceva a resistere?
Mondi diversi
Ora, però, dopo quest'amara esperienza. qualcosa dell'incantesimo che lo manteneva goliardo di mezz’età si è definitivamente spezzato. Adesso Walter Chiari può «tranquillamente avviarsi a diventare anziano», come lui stesso disse, per celia, nel 1964 quando, sfinito da un'esistenza sregolata lo ricoverarono a Zurigo.
Lo stesso discorso può valere anche per il suo coetaneo Lelio Luttazzi, quarantasette anni e uno spasmodico desiderio di non tramontare. Ma, sotto lo sforzo, la corda troppo tesa si spezza di colpo e la caduta travolge persino uomini di sicuro ingegno come il maestro triestino che aveva sempre mostrato disprezzo e commiserazione per i drogati.
Il guaio è che ci vorrà un po' di tempo prima che l’equivoco si chiarisca. Di "equivoco”, naturalmente, parlano i difensori degli indiziati. «Il particolare clima politico di questi giorni — dice uno degli autorevoli difensori — favorisce le crociate di tipo moralistico. Ovviamente, sono i nomi grossi quelli che fanno maggior effetto. L'opinione pubblica, dapprima sbigottita e incredula, riprende quindi fiducia nella legge e nello Stato. E’ quello che ci vuole per lasciar intendere che tutto va bene, nel migliore degli ordini possibili».
E ora non resta che chiedersi una cosa: ci sono connessioni logiche fra il "droga boat” sul Tevere e l’ "operazione antidroga” del Nucleo investigativo della Guardia di Finanza culminata nei nomi di Luttazzi e Chiari? La fumeria sul Tevere, innanzitutto, è stata scoperta dai carabinieri e su segnalazioni di professori e madri di famiglia. L’altro intervento, invece, risulta più complesso e sembra che abbia richiesto mesi e mesi prima di essere portato a termine. C’è un’altra considerazione da esporre: sono diversi i mondi e diversi i modi di consumare la droga. Sul barcone si "fumava erba", nelle case degli attori si sarebbe consumato coca, alla vecchia maniera, come si usa fare fra persone che possono permettersi un vizio costoso. Una cosa però è certa: dieci arresti sul "droga boat”, la morte di Marie-Hélène Cavaliere suicida con l’ "erba" vicino e un taccuino di nomi, e 13 fermi per il famoso chilo di coca, hanno dato un colpo serio al traffico romano. Per un po’ di tempo, nelle case più "avanzate” si fumerà soltanto tabacco puro.
Gianni Di Giovanni, «Tempo», 6 giugno 1970
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Gianni Di Giovanni, «Tempo», 6 giugno 1970 |