I papaveri non hanno fatto in tempo ad appassire

1964 07 11 Tempo Evi Marandi f0

A tempo di record Metz e Marchesi hanno trasferito sullo schermo la canzone di Mascheroni premiata a San Remo

Non c’è borsa-valori più fluttuante e incontrollabile di quella che stabilisce le quotazioni delle canzonette. Ci sono, è vero, autori che assicurano d'avere nella manica la formula, la ricetta infallibile, ma son gli stessi che, se vanno a Monte Carlo, si indebitano fino al collo nell’assurda presunzione di piegare la volubilità della roulette alle strettoie d’un «sistema». In effetti, un autore di canzonette, a parte la qualità delle sue composizioni, è un musicista che gioca al lotto del successo ogni volta che vara un motivo nuovo.

Il maestro Vittorio Mascheroni è un uomo dall’aspetto serio, abbastanza contegnoso; nessuno comunque sospetterebbe, incontrandolo per la strada, ch’egli ha passato ore di forsennato lavoro alla ricerca d’un motivo che si adattasse ieri alle parole di «Bombolo» e di «Ludovico», e oggi a quelle di «Papaveri e papere». Il fatto è che signori dall’aspetto ancora più serio e contegnoso del suo ora non si fanno scrupolo di riecheggiare tra i denti, ad ogni occasione e ad ogni angolo di strada, quelle parole e quei motivi. «Più cretina di cosi si muore», diceva Petrolini alla fine d’ogni «scemenzuola» : ma le sue scemenzuole venivano poi ripetute e imitate da tutti i dilettanti e, ahimè, da tutti i professionisti, dell’umorismo in pillole. «Più cretina di così si muore» non ha difficoltà ad ammettere adesso anche Mascheroni. Anzi, l’altro giorno, da quegli stessi microfoni della RAI che sono stati gli amplificatori del suo successo, egli è arrivato a chiedere scusa a tutto il mondo della sua fortuna così repentina, così dilagante, cosi irritante per i suoi nemici e soprattutto per i suoi amici. Un atto di contrizione, o di civetteria, come di chi si schermisca : si, sono stato io, ma non l’ho fatto apposta.

1952 05 07 Settimo Giorno aV n52 Metz Marchesi f1Walter Chiari e Bella Tildy in una scena del film «Lo sai che i papaveri...» diretto da Metz e Marchesi. Traendo lo spunto dalla popolare canzone del maestro Vittorio Mascheroni, i due estrosi cineasti hanno dato vita ad un piacevole «divertimento» cinematoarafico.

No, Mascheroni non l’ha fatto apposta e nemmeno gli autori delle parole Pastelli e Panzeri : probabilmente «Papaveri e papere» era nata per essere cantata a conclusione li scampagnate fuori porta, da comitive che rientravano sottobraccio in città, e che attraverso una cantilena di parole poco impegnative, sul filo d’un motivo estremamente orecchiabile, impastati l’una e l’altro ancora di flora e fauna agresti, volevano ritardare per quanto possibile l’incubo della settimana lavorativa che riprendeva di lì a poche ore. Senonchè ormai il guaio è fatto, gli italiani si sono impadroniti di questa specie di rapsodia dopolavoristica che serve loro a perpetuare la vacanza campestre anche nei giorni feriali, e alla festa partecipano anche i non iscritti allo ENAL, anche coloro che vanno a ballare in abito da sera.

Giunti a questo punto, era inevitabile che anche il cinema partecipasse alla euforia generale; il cinema, che non può rimanere insensibile ad occasioni del genere. Di solito, è un film che fa la fortuna di una canzone; le discoteche sono piene di titoli, voci e musiche che si sono letti per la prima volta sullo schermo, si sono ascoltati per la prima volta attraverso la colonna sonora. Stavolta, la situazione s'è rovesciata. E’ una canzone a servire da pista di lancio ad un film. Metz e Marchesi hanno inventato una storia su misura, l’hanno sceneggiata e poi diretta: se alla canzone eran bastati due o tre mesi per imporsi (il Festival di San Remo, dove venne presentata per la prima volta, si svolse in febbraio), ad essi non c'è voluto di più per realizzare «Lo sai che i papaveri...».

1952 05 07 Settimo Giorno aV n52 Metz Marchesi f2Annamaria Ferrero è la protagonista femminile di «Lo sai che i papaveri...». La Ferrero, che recentemente aveva dato apprezzabili prove in ruoli drammatici, questa volta appare nelle vesti di una studentessa liceale che suscita le «diavolerie» comiche di Walter Chiari.

In realtà non deve essere stato facile neppure per due specialisti del successo a braccio, per due stakanovisti del «momento propizio», quali sono gli affiatatissimi Metz e Marchesi, costruire uno scenario divertente su una materia ch'è appunto inerme e candida come il verso di una papera, leggera come una foglia di papavero. tra l'altro, dal papavero si ricava il più soporifero dei sonniferi. Un sonnifero gioca il suo ruolo anche nel film, ha anzi una funzione risolutrice dell’intricata e movimentata matassa che Metz e Marchesi hanno tessuto intorno alla figura di un certo professore che, per essere figlio d'una castigatissima insegnante e d'un uomo galante e mondano, riunisce in sé le contrastanti attitudini dei suoi genitori, e vive per questo una doppia esistenza. Durante il giorno, egli è un irreprensibile insegnante di latino e greco, fidanzato con un'ipotetica collega in scienze, un po' distratto e un po’ timido come tutti i professori dello schermo; durante la notte, invece, senza che ne abbia poi coscienza, conduce una chiassosa vita di divertimenti nei ritrovi notturni della città, nei quali è conosciuto e apprezzato non già per le sue benemerenze accademiche, ma come il più indiavolato dei «vitaioli». Il sonnifero ristabilisce appunto nel protagonista il ciclo del sonno, che la sua doppia vita aveva interrotto, dando luogo naturalmente a situazioni paradossali.

1952 05 07 Settimo Giorno aV n52 Metz Marchesi f3La parte della «paperina» nel film di Metz e Marchesi è toccata ad Annamaria Ferrero che in questa scena appare accanto al «papaveri alti alti, rappresentati per l'occasione da due aitanti corazzieri. Nel film recitano anche Luisa Rossi, Franca Rame e Bella Tildy.

D'altronde, a cavare veramente d'impaccio l'amenissimo professore, a restituirgli definitivamente l’equilibrio, trasformandolo in un uomo né troppo savio né troppo pazzo che non va a letto né troppo tardi né troppo presto, non sarà nemmeno il sonnifero, ma una Virgili ea e non per questo meno scaltra ed intraprendente studentessa, innamorata di lui : diciamo Pierina, che i compagni di liceo chiamano «Paperina» per la sua statura e per la sua irresistibile attrazione verso gli uomini «alti alti».

Era dunque ovvio, come dicevamo, che il cinema traesse partito dall'euforia popolare che accompagna questa canzone, facendone suoi il motivo, le parole, soprattutto la travolgente presa verso il pubblico. E risulta altrettanto ovvio che la scelta dell'interprete sia caduta su Walter Chiari, la cui comicità e la cui generosa vitalità espressiva aderiscono a meraviglia al trasformismo del personaggio a doublé face ch'è al centro della vicenda.

1952 05 07 Settimo Giorno aV n52 Metz Marchesi f4Walter Chiari e Luisa Rossi, trasformati in due severi professori, sono la coppia del fidanzati-modello. Solo nelle ore diurne, perchè di notte Walter Chiari, senza saperlo, diventa un gaudente. Sarà la candida studentessa Annamaria Ferrero a restituirgli l'equilibrio.

Al suo fianco, due attrici sono state a loro volta trasformate, stavolta d'ufficio, vogliam dire già nel copione ai sceneggiatura : Annamaria Ferrero, che sotto il liceale grembiule di «Paperina» affronta per la prima volta un ruolo non soltanto sentimentale e patetico ma in chiave di commedia comica leggera, e Luisa Rossi coraggiosamente mortificatasi dietro le spesse lenti della disadorna professo-ressa di scienze. In quanto alle altre due interpreti femminili di «Lo sai che i papaveri...» (cui partecipano anche Carlo Campanini e Lauro Gazzolo), trasformarle in tutto o in parte sarebbe stato un vero peccato poiché si tratta di Franca Rame e Bella Tildy, il cui appariscente sex-appeal è in diretto rapporto con il ruolo che devono sostenere (cioè di emblematiche partners della vita notturna del protagonista), esse stanno benissimo come sono.

Mario Ortesi «Settimo Giorno», anno V, n.52, 7 maggio 1952


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Mario Ortesi «Settimo Giorno», anno V, n.52, 7 maggio 1952