Ortelli Vito
(Faenza, 5 luglio 1921 – Faenza, 24 febbraio 2017) è stato un ciclista su strada e pistard italiano. Professionista tra il 1940 ed il 1952, conta una vittoria di tappa al Giro d'Italia e tre titoli italiani, uno su strada e due su pista.
Totò è stato rivalutato dopo, ma io ritengo fosse superiore a Chaplin. All'epoca del film "Totò al Giro d'Italia", noi eravamo i migliori ciclisti rappresentativi, e, per le scene in esterni del film, corremmo con le maglie relative alle squadre alle quali appartenevamo effettivamente. Fino a quel momento, io non avrei mai creduto che Totò, fuori dal set, fosse così squisito, educato, umile, superiore alla media, insomma, "così Principe"; è stato per me un insegnamento di vita!! Per lui, il copione, era solo una guida; Mattòli non lo rimproverava mai, anzi lo lodava con dei "Bene, bravo!", perchè le sue improvvisazioni erano sempre adatte alle situazioni. Noi ciclisti, imparavamo le due o tre parole da dire, volta per volta. Girammo sia di mattina, che di pomeriggio.
Dalla lavorazione io fui assente due o tre giorni, da lunedì a mercoledì, perchè mi sposai; poi, mi cambiai, e li raggiunsi a Roma, in via Tiberio. No, perlomeno quando io presente, non furono girate scene in Toscana! La scena della cena ambientata sulle Dolomiti, era una cena vera, nostra, a Roma: eravamo con le nostre effettive mogli, filmate per l'occasione. Ricordo che mia moglie, Pina Aregnàni, deceduta anni fa, allorchè si vide allo specchio, dopo il trucco, commentò: «Mamma mia, sembro malata!» Infatti, il truccatore, ci dava sul viso dell'"Avorio scuro", altrimenti, nella pellicola, saremmo risultati troppo bianchi. A fare la scena dove Totò Casamandrei fa equilibrismo e scompone la bici, non erano nè Totò, nè la sua controfigura delle altre scene: era un equilibrista tedesco di Monaco... no, non me ne ricordo il nome... o forse non lo ho mai saputo.
Totò era fuori allenamento, non andava in bicicletta perlomeno da trent'anni: pedalando durante una discesa, tentò di frenare, ma cadde per davvero e si arrabbiò. La maggior parte degli esterni fu girata presso Roma. Furono effettuate anche delle riprese durante i Giri dell'Emilia e di Lombardia, poi inseriti nel film. A Lecco girammo la scena della punzonatura; a fine ciak, per tenerci in allenamento, io ed il mio collega Bruno Pasquini, tornammo a casa nostra in bici: io, dopo 330 Km giunsi alla mia Faenza, fra le 15 e le 16; lui, da Bologna, luogo dove ci eravamo separati, andò a Pistoia dove pernottò: il mattino dopo era ripartito per casa sua, sulla riviera Tirrenica. Per una scena Mattòli, mi convinse a spingere il nano, sì Ughetto Bertucci: l'effetto scenico lo aveva soddisfatto, ma, involontariamente, avevo lievemente ferito il Bertucci al capo. Alcune scene le ripetemmo fra le cinque e le dieci volte. Nel tentativo di farsi arrestare Totò, vuole rompere un boccale di birra in testa ad uno; "il boccale di scena" era in realtà di terracotta; la scena fu girata 9 volte: sotto il berretto faceva male, allora aggiunsero invano della bambagia...infine, fra bambagia e berretto una lamiera si rivelò ideale. Tale spreco del numero di scene fece incazzare Totò. Forse la squadra "Wilier Triestina" fu usata in onore di Trieste, che all'epoca non era ancora tornata italiana.
Walter Chiari faceva "gli occhi dolci" a Fulvia Franco, la quale era accompagnata dalla mamma. Totò vedeva da un solo occhio. Quando andai a vedere il film in uscita, mi accorsi che mi avevano doppiato e non solo nella canzoncina finale. Nella canzoncina finale "la maglia rosa..." avevo cantato in presa diretta, facendo anche un acuto, però, devo confessare che non ero stato intonato...
Vito Ortelli
Riferimenti e bibliografie:
Intervista rilasciata a Simone Riberto, alias Tenente Colombo, il 5 giugno 2000