Il cuore di Annarella è sempre in Italia

1955 Tempo Anna Magnani f0

Anna Magnani, che sta girando un film a Hollywood, ha detto al giornalisti che è entusiasta dell’America, non potrebbe vivere lontana da Roma

Parlare di Anna Magnani, di "Nannarella”, la più brava, la più intelligente, la più sensibile delle nostre attrici, mi dà un senso di profonda commozione. La conobbi tanti anni fa, una mattina di luglio, nel trenino che ci conduceva ad Ostia. Viaggiava con Egle Monti, sua inseparabile amica e fu lei che ci presentò. A Caste! Fusano trovammo mare agitato e tempo minaccioso. Rinunciammo perciò all’idea di prendere un bagno. Facemmo colazione tutte e tre insieme e trascorremmo il tempo conversando "tranquillamente”. "Tranquillamente”, ho detto, ma è una parola poco appropriata quando si parla di "Nannarella”. Tutta imprevisti, Anna scoppiettava di frizzi, di motti, di frasi audaci. Ebbe perfino uno scontro con il cameriere che ci serviva, perchè, a un tavolo poco discosto da noi, c’erano le nuore di Mussolini. Gli rimproverava con frasi argute il servilismo con cui circondava le ospiti gerarche, mentre trascurava tutti gli altri. Sprezzante e coraggiosa (se si pensa cosa significava a quell’epoca far parte della famiglia del dittatore) parlava ad alta voce, noncurante dei guai che avrebbe potuto attirarsi. A tratti appariva dolcissima, poi subito aspra, come se volesse riprendersi. La sua fìsonomia mobilissima seguiva i moti dei suoi pensieri. Gii occhi neri, scavati, inconfondibili e bellissimi, si corrucciavano di lampi per poi distendersi in una morbida luce, quasi velandosi.

1955 Tempo Anna Magnani f1Anna Magnani e Marisa Pavan in una scena del film «La rosa tatuata». Un piccolo scandalo ha suscitato uno schiaffo che ha dato con troppo verismo alla Pavan. Ma Nannarella dice che l’interpretazione lo esigeva.

La incontrai altre volte, per un certo periodo di tempo, all'uscita dell’Albergo Savoia a via Ludovisi, dove abitava, con la balia e il piccolo florido bimbo che aveva avuto da Massimo Serato. Anna era uscita dall’Accademia d’Arte Drammatica a sedici anni, chiamata da Dario Niccodemi. Romana di nascita, di padre egiziano, di madre romagnola, aveva ereditato da quest’ultima il sangue caldo e veemente. Ma la sua patria era Roma. Il suo linguaggio volutamente romanesco. Era un personaggio vivo della nostra grande città, un personaggio indimenticabile. come Trilussa, come Petrolini. Quando si trovava sulla : scena, Nannarella la riempiva tutta e sapeva suscitare il riso o strappare le lacrime, quando, vestita da fioraia, cantava: «Quanto sei bella Roma».

Aveva sposato giovanissima il regista Goffredo Alessandrini. Per lei quello era un grande amore, violento, appassionato. Gelosa, diffidente, troppo sensibile. Coffredo si stancò di lei. Le preferì un porto più tranquillo, anche se più insipido. Quando Alessandrini ebbe due figli dalla donna che aveva preso il posto di Anna nel suo cuore, lei capì che dovevano lasciarsi per sempre. La maternità che le era stata negata con il marito, arrivò più tardi, impensata. Quel bimbo che era tutta la sua vita, a due anni e mezzo si ammalò. Da una settimana la Magnani stava girando c Roma città aperta». In un primo momento si pensò a una febbre qualunque. Ma quando le gambine del piccino giacquero inerti sulle lenzuola, i medici costernati dovettero dirle la verità: non avrebbe camminato mai più. La paralisi infantile lo aveva inchiodato. Quello che accadde nel suo cuore di madre, è intuibile. Non voleva più recitare. I produttori, il regista, gli amici ne erano disperati: sin dalle prime sequenze era apparsa brava come non mai.

Fu ancora una volta la sua amica Egle che la persuase a continuare il lavoro: «Devi lavorare adesso, più di prima. Perchè occorreranno tanti danari per il tuo bambino». Questo pensiero le diede la forza di proseguire il film. E fu il suo capolavoro. Forse perchè la vita cerca di dare un compenso in qualche modo quando c’è stato un destino troppo crudele. Da allora tutto il danaro che ha guadagnato è servito sempre e unicamente per il figlio. Lo portò in Austria. in Svizzera, nei primi Istituti per la cura della paralisi infantile. Mi accadde spesso di vederla, d’estate, a Fregene di sera, quando tra un teatro di posa e l'altro veniva accanto al suo ragazzo. Nell’ora di coricarlo, Nannarella si alzava e lo prendeva tra le braccia. I miei occhi rattristati scendevano sulle gambine ingabbiate negli apparecchi che le strisciavano il grembo che gli aveva dato la vita.

I successi si susseguirono e ormai Nannarella era celebre in tutto il mondo. Un altro grande amore si insinuò a poco a poco nell’animo di lei, (una speranza forse), per il suo regista: Roberto Rossellini. E ancora una volta se lo vide portar via da un’altra donna, in una storia assai clamorosa. Era destinata a rimanere sola, a essere infelice. Eppure era stata la donna più appassionata, più fedele, più tenera. Ma Nannarella aveva il suo carattere e non poteva mutarlo. Forse cercava semplicemente nel suo subcosciente qualcosa di perfetto, qualcosa d’introvabile negli uomini. Era vittima di quello stesso temperamento che la rendeva superba e magnifica sulle scene. Ora, (per questo ne parlo nella mia rubrica) Anna è a Hollywood. Ha quasi finito di girare c La rosa tatuata». Ancora una volta pare che il film non sia stato girato in modo troppo tranquillo. Sembra che durante la lavorazione abbia litigato spesso, che fosse di pessimo umore e che abbia dato uno schiaffo a Marisa Pavan, durante una scena del film, forse con un eccessivo verismo.

Un giornalista americano è accorso per intervistarla: l’ha trovata seduta su un poltrona intenta a un lavoro di cucito. Era dolce e calma e il giornalista ne è rimasto sconcertato. Anna gli ha detto di essere entusiasta dell’America e di Hollywood, ma che non potrebbe mai viverci per sempre, perchè il suo cuore è in Italia, e sopratutto è a Roma, nella sua Roma che adora, accanto al suo ragazzo.

Giorgia, «Tempo», 1955


Giorgia, «Tempo», 1955