Totò cerca casa

1950 Toto cerca casa

Un posto da guardiano del cimitero non si rifiuta: a cimitero donato non si guarda in bocca. E poi in casa c'è un silenzio di tomba.

Beniamino Lomacchio

Inizio riprese: settembre 1949, Stabilimenti Titanus, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 5 dicembre 1949 - Incasso lire 515.000.000 - Spettatori 5.364.584



Titolo originale Totò cerca casa
Paese Italia - Anno 1949 - Durata 90 min - B/N - Audio sonoro - Genere Comico / Commedia - Regia (Stefano Vanzina) Steno, Mario Monicelli - Soggetto Alfredo Moscariello, Steno, Mario Monicelli, Vittorio Metz - Sceneggiatura Age (Agenore Incrocci), Steno, Mario Monicelli, Scarpelli - Produttore Ata, Roma - Fotografia Giuseppe Caracciolo - Montaggio Otello Colangeli, Renato Cinquini - Musiche Carlo Rustichelli, Amedeo Escobar Scenografia Carlo Egidi Costumi Anna Maria Feo - Trucco Giuseppe Annunziata


Totò: Beniamino Lomacchio - Alda Mangini: Amalia, la moglie - Mario Gattari: Otello, il figlio - Lia Molfesi: la figlia Aida - Alfredo Ragusa: il bidello - Mario Castellani: l'imbroglione - Pietro De Vico: il cinese - Flavio Forin: il vedovo - Giacomo Furia: Pasquale Saluto - Folco Lulli: l'ambasciatore - Marisa Merlini: la patronessa - Aroldo Tieri: Checchino, fidanzato di Aida - Luigi Pavese: il capoufficio - Enzo Biliotti: il sindaco - Cesare Polacco: il vicecustode - Lilo Weibel: la turca - Mario Riva: il proprietario dell'agenzia - Liana Del Balzo: la contessa - Nino Marchetti: il professore - Gino Scotti: il dinamitardo - Ina la Jana - Mario Molfesi - Luigi A. Garrone - Eugenio Galadini - Attilio Torelli - Claudio Melini - Bruno Cantalamasso


Soggetto

Roma, seconda metà degli anni quaranta. Beniamino Lomacchio, impiegato del Comune con moglie e due figli a carico, dopo aver perso la casa a seguito di un bombardamento avvenuto durante la Seconda guerra mondiale decide di trasferirsi momentaneamente in un'aula scolastica. Tutto fila liscio fino a quando il Comune decide di sgomberare gli sfollati per riaprire la scuola.

Il simpatico Lomacchio comincia così una spasmodica ricerca della casa che lo porterà ad abitare in un cimitero (che abbandona sovrastato dalla paura), nello studio di un pittore e direttamente dentro il Colosseo. Dopo varie peripezie Beniamino riesce a prendere possesso di un lussuoso appartamento, ma in seguito scoprirà che un immobiliarista imbroglione lo ha affittato contemporaneamente a vari inquilini.

Critica e curiosità

Totò cerca casa, un film che si potrebbe definire epico se solo non fosse così ironicamente, disperatamente comico, nasce da un'idea di Steno e Monicelli, che dopo aver visto l'Italia distrutta dalla guerra, avevano bisogno di una cosa che oggi chiameremmo un po' di realismo sociale, ma condito con un po' di comicità surreale. In un periodo in cui non solo il paese era ridotto a un campo di macerie, ma anche le speranze di tanti italiani erano praticamente seppellite sotto il peso delle difficoltà quotidiane, i due registi pensano di distaccarsi dai soliti cinepanettoni del tempo, quei film incentrati sul sempreverde, ormai stantio, genere del cinema-rivista. È chiaro: si vuole qualcosa di più fresco, di più legato all'attualità, ma senza dimenticare che siamo pur sempre in Italia e un po' di follia, anche tragica, ci va.

Ed ecco che Steno e Monicelli pensano bene di trarre ispirazione da un fumetto di Attalo, La famiglia Sfollatini, che raccontava le disavventure di una famiglia in cerca di una casa, tema tanto attuale quanto imbarazzante, visto che l’Italia, cinque anni dopo la fine della guerra, era ancora in balia della ricostruzione. Quasi come se il Paese avesse bisogno di un documentario e non di una commedia, tanto la tragedia era palpabile. Ma no, i nostri eroi decidono di alzare il tiro, dicono “facciamola ancora più divertente”, e nasce la storia di Beniamino Lomacchio, un impiegato anagrafico che sembra più un simbolo della disperazione del paese che un vero personaggio comico. Non è solo la sua inabilità a trovare una casa che lo rende divertente, ma la sua esistenza è un'ironia in sé, una parodia del quotidiano che si mescola con il dramma sociale dell'epoca.

Il film si distacca subito dai toni leggeri di altre produzioni dell'epoca, toccando temi forti come la miseria post-bellica e la crescente disillusione verso la politica e le promesse di ricostruzione. Il comico, quindi, non è più solo uno strumento di intrattenimento, ma una critica, una risata amara che scivola via facilmente, ma che lascia un retrogusto amaro. Totò, che nel film interpreta il povero Beniamino, si ritrova a fare da sponda per un’intera Italia che non ha più fiducia nelle istituzioni, nella politica, nel futuro. Eppure, la sua espressione di frustrazione, come quella che lo porta a dire “Anche le lumache hanno una casa, e non debbo averla io?”, è un mix perfetto di tragicità e comicità. Ed è proprio questo il cuore di Totò: il suo essere, da una parte, un "uomo qualunque" che si fa beffe delle ingiustizie, e dall'altra, il suo essere un simbolo di una nazione che si fa beffe di se stessa.

Ma il film non è solo una critica sociale mascherata da commedia: è anche una sorta di omaggio al cinema muto, che Steno e Monicelli amavano profondamente. Non solo un atto d'amore verso il cinema comico delle origini, ma anche una testimonianza del fatto che, nel contesto di grande miseria e disillusione, l’umorismo assurdo può essere un’arma affilata quanto una spada. Le citazioni a Buster Keaton e Mack Sennett sono evidenti: dalle corse surreali alla scena del cimitero, dove Totò si trova coinvolto in una serie di eventi grotteschi che sembrano provenire da un altro tempo, eppure sono dannatamente reali.

A proposito della scena al cimitero, il protagonista si ritrova a timbrare una marea di documenti, in una scena che ricorda i vecchi sketch del teatro napoletano comico, ma con una verve completamente nuova. Qui, la comicità sembra scaturire dal ridicolo quotidiano, dalle cose che accadono a chi vive una vita normale, nonostante le difficoltà. E sì, ovviamente, in questo film c’è ancora una certa dose di rivista che non può mancare. Ecco il classico sketch del sedere del sindaco timbrato come se fosse una pratica burocratica qualunque, in un gesto che sa di beffa e di denuncia sociale.

Nel cast, oltre al solito, straordinario Totò, appare anche Marisa Merlini, che, pur non interpretando la lugubre baronessa di L’imperatore di Capri, dà comunque una performance che aiuta a cementare il tono del film. Merlini ricorderà sempre Steno come l’unico regista che capiva veramente Totò: una sorta di "padrino" cinematografico che, a suo modo, sapeva come trattare l'attore, mescolando risate e profonde riflessioni in maniera naturale.

Il successo del film, che arriva prima di L’imperatore di Capri, è clamoroso. Con la sua capacità di parlare alla gente, di mostrare che anche un grande comico come Totò condivide le stesse difficoltà quotidiane del popolo, il film tocca un nervo scoperto. Le cartoline pubblicitarie di Ponti, che intasano l’Italia con il messaggio di Totò “Sto cercando casa, aiutatemi a trovarla!”, diventano parte del folklore cinematografico e simbolo di una comunicazione empatica tra artista e pubblico. Il popolo si riconosce nel suo Totò che, come loro, vive in una situazione precaria, ma ha la forza di ridere di essa.

In conclusione, Totò cerca casa non è solo una commedia di grande successo, ma è anche un microcosmo dell'Italia che si risolleva dopo la guerra, cercando disperatamente una casa, ma anche una nuova identità, un futuro. E il fatto che lo faccia ridendo di se stessa è forse la lezione più profonda di tutte. Totò, l'uomo che rappresenta le difficoltà di milioni di italiani, è in grado di farli ridere, ma anche di farli riflettere, in un gioco di luci e ombre che racconta meglio di qualsiasi altro documento la realtà del paese in quel momento storico.


🎭 La scena al cimitero: la commedia del macabro

Una delle scene più memorabili e iconiche di Totò cerca casa è senza dubbio quella ambientata al cimitero. Questo è un momento in cui il comico si mescola in maniera straordinaria con il grottesco, creando un ibrido che fa ridere e, allo stesso tempo, inquieta. Totò, nel suo ruolo di impiegato anagrafico, si trova coinvolto in una serie di eventi assurdi e imbarazzanti, tipici di quella che possiamo chiamare la "farsa del quotidiano". La scena inizia con Totò che, dopo essere stato incaricato di espletare una pratica, si trova a dover interagire con una "vedova" in un contesto surreale e spaventoso. Il personaggio di Flavio Forin, che interpreta la parte della vedova, è un omaggio alle vecchie tradizioni del cinema muto, in particolare a quel tipo di commedia visiva in cui l’assurdo regna sovrano.

L’elemento più significativo di questa scena è il modo in cui Totò riesce a fondere la sua comicità fisica con una situazione che dovrebbe essere tutto fuorché comica: un cimitero, un luogo tradizionalmente associato alla morte e al dolore. Ma, come solo Totò sa fare, la sua interpretazione riesce a rovesciare il senso di quel contesto, trasformandolo in una farsa travolgente, piena di gesti e battute veloci che rivelano la tragicommedia dell'esistenza. In questo frangente, Steno e Monicelli fanno una citazione esplicita ai maestri del muto, come Buster Keaton e Mack Sennett, con un tocco moderno che dona un ritmo incredibile alla scena, in cui ogni singolo movimento di Totò sembra essere una risposta esilarante al surreale e al macabro.

🚪 L'appartamento a tre: la tradizione napoletana rivisitata

Un’altra scena che risalta per la sua forza comica è quella dell’appartamento affittato a tre. Questo episodio si inserisce pienamente nel tradizionale genere delle farse napoletane, ma è declinato in modo brillante attraverso la lente dell'umorismo surreale che caratterizza l'intero film. Il tema dell'affitto e della ricerca di un'abitazione è un motivo centrale in Totò cerca casa, ma in questa scena prende una piega comica che trasforma un conflitto quotidiano in un vero e proprio "caos organizzato". Totò, insieme alla sua famiglia, si trova a condividere uno spazio con altre persone in una situazione grottesca, quasi da clown. L’interazione tra i personaggi si svolge in un mix perfetto di battute rapide, scambi di sguardi e mosse di improvvisazione che richiamano la tradizione teatrale, ma anche quella comica dei fratelli Marx. L’ironia sta nel fatto che una delle problematiche più comuni – la ricerca di una casa – viene trattata in modo assurdo, come se fosse una delle situazioni più buffe e surreali della vita quotidiana.

⚡ La corsa finale: un’auto che diventa una bomba

Un’altra scena indimenticabile, che gioca su un mix di tensione e comicità tipicamente americana, è quella della corsa finale di Totò. In una situazione che ricorda in modo impressionante il thriller Speed (1994), l’auto di Totò è legata a una bomba: se si ferma, esploderà. La scena, pur nel suo contenuto drammatico, riesce a mantenere un tono esilarante grazie all’interpretazione unica di Totò e alla situazione di tensione che si trasforma in un assolo comico di movimento e fisicità. La gag si sviluppa con un ritmo serrato, quasi come se Totò fosse consapevole che, in un mondo che gli è completamente ostile, l'unica soluzione per scampare al pericolo è... semplicemente continuare a correre. La metafora della corsa senza fine e senza senso è un altro modo in cui il film riesce a commentare la condizione di un’Italia che corre, senza sapere esattamente dove andare, ma facendo comunque il massimo per sopravvivere.

🌆 La frenesia della burocrazia: la timbratura selvaggia

Una scena che non può passare inosservata è quella in cui Totò si ritrova a timbrare qualsiasi cosa gli capiti sotto mano, compreso il sedere del sindaco. Questo momento è un esempio lampante di come la burocrazia venga ridicolizzata attraverso il personaggio di Totò. La scena richiama la rivista, un elemento che pervade il film, ma con un'inclinazione tutta napoletana. L'idea di timbrare tutto senza criterio, in modo disordinato e caotico, rappresenta simbolicamente il disordine sociale e amministrativo che l’Italia stava vivendo nel dopoguerra. La comicità si fa pungente e politica, mettendo in luce la distanza tra l'apparato burocratico e le necessità reali della gente. In questa sequenza, non si tratta solo di ridere della burocrazia, ma anche di esprimere il disprezzo nei confronti di un sistema che sembra non funzionare mai e non dare risposte a chi ne ha più bisogno.

💔 Il grido di Totò: “Anche le lumache hanno una casa”

Infine, il grido di Totò che esclamando "Anche le lumache hanno una casa e non debbo averla io?" è uno dei momenti più intensi del film. In una frase che diventa quasi un manifesto della sua condizione di emarginato, Totò riesce a condensare il dramma sociale dell'Italia del dopoguerra in una battuta che, seppur comica, tocca un nervo scoperto. La sua disperazione si fa comica, ma mai priva di significato. È un grido di rabbia, ma anche di speranza, un'ulteriore prova che il film, pur nel suo abito da farsa, racconta una realtà che non può essere ignorata. La verità è che, nonostante le sue disavventure, Totò è un uomo che sogna una vita dignitosa, come quella che anche le lumache riescono a ottenere, seppur in un modo più lento e forse più umile.

In sintesi, le scene memorabili di Totò cerca casa non sono solo momenti di comicità brillante, ma anche potenti strumenti di critica sociale. La risata, per quanto fragorosa, nasconde sempre una riflessione, e attraverso i gesti esagerati e le battute di Totò, il film riesce a raccontare la lotta di una nazione che cerca di risollevarsi dalle macerie del passato. Un capolavoro di comicità e realtà, che non ha mai smesso di colpire il cuore degli spettatori.


Così la stampa dell'epoca

📽️ L'accoglienza della critica: tra apprezzamenti e riserve

Quando Totò cerca casa uscì nel 1949, la critica cinematografica dell'epoca si trovò di fronte a un film che, pur nel suo spirito comico e paradossale, toccava temi sociali di grande rilevanza. La critica, però, era divisa: da un lato c'era chi apprezzava la capacità del film di mescolare risate e riflessioni sulla miseria post-bellica, dall'altro c'era chi trovava il tono troppo irriverente e poco incline alla "serietà" che si aspettavano da una produzione italiana del dopoguerra. La grande novità era il modo in cui Steno e Monicelli, pur mantenendo il linguaggio della farsa, avevano incorporato una critica sociale che non poteva passare inosservata.

Molti critici riconobbero il valore del film nel rappresentare un'Italia che stava cercando di rialzarsi dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale. Totò, come protagonista, veniva visto non solo come una figura comica, ma come una sorta di simbolo della lotta quotidiana degli italiani più umili. Nonostante la comicità esuberante e l'apparente leggerezza, Totò cerca casa era un film che non evitava la denuncia delle ingiustizie sociali, proponendo uno spunto di riflessione sullo stato della nazione.

Tuttavia, alcuni puristi del cinema si lamentarono della mancanza di profondità nelle tematiche trattate, accusando il film di essere troppo superficiale, quasi "troppo comico", per essere preso sul serio. La scelta di non trattare la realtà in maniera drammatica, ma di trasporla attraverso una lente surreale e grottesca, non fu apprezzata da tutti.

🌍 Il pubblico: un successo che parla alla gente

Dal punto di vista del pubblico, Totò cerca casa ebbe un'accoglienza trionfale. Il film divenne rapidamente un grande successo di incassi, un fenomeno che colpì direttamente il cuore degli italiani, che si ritrovarono nella condizione di Totò, un uomo comune alle prese con le difficoltà di ogni giorno. L'umorismo di Totò, che mischiava disperazione e risate, trovò un ampio consenso tra i contadini, gli operai e la gente più povera, che si sentivano finalmente rappresentati sul grande schermo. La battuta "Anche le lumache hanno una casa e non debbo averla io?" divenne un simbolo di quella generazione che lottava per una vita più dignitosa.

Le carte postali pubblicitarie inviate da Ponti, che annunciavano il film con il messaggio "Sto cercando casa, aiutatemi a trovarla!" firmato da Totò, contribuirono a creare un legame emotivo tra l'attore e il pubblico, facendo sentire tutti parte della stessa "ricerca" di un futuro migliore. La forza di Totò come simbolo popolare di un'Italia povera, ma non rassegnata, era evidente in questo periodo di grande incertezza.

In questo contesto, Totò cerca casa non era solo un film da guardare, ma un modo per sentire una connessione profonda con le esperienze quotidiane, una sorta di consolazione per una nazione che stava cercando di risollevarsi. Il film riuscì a strappare sorrisi e anche lacrime, facendo sì che anche le difficoltà più gravi venissero affrontate con una risata, un po' come succedeva nella vita reale: tra le macerie, l'umorismo rimaneva una delle poche armi per andare avanti.

In definitiva, mentre la critica cinematografica di allora rimase cauta e un po' titubante nel dare un giudizio totalmente positivo, il pubblico rispose in maniera entusiastica, confermando il film come uno dei più grandi successi di Totò, non solo sul piano commerciale, ma anche sul piano emotivo e culturale.


Un film comico dovrebbe costare almeno quanto un altro qualsiasi film di normale impegno», aveva dichiarato Comencini prima di iniziare L'imperatore di Capri. «Basta considerare che per un film comico bisogna girare, grosso modo, il doppio di inquadrature di un film drammatico se si vogliono ottenere e sfruttare effetti, movimento, eccetera. Naturalmente, queste osservazioni sono di carattere generale poiché, per mia fortuna, la Casa produttrice de L'imperatore di Capri, non vuol fare la politica della lesina ad ogni costo». [...]

Alberto Anile


Il Principe Antonio de Curtis, o meglio Totò, è oggi l'attore più pagato. E’ diventato il principe degli schermi e delle scene. Ben tre film da lui interpretati si sono proiettati e continuano a proiettarsi contemporaneamente sugli schermi romani, mentre egli stesso calca le tavole del palcoscenico del «palazzo Sistina» nella rivista «Bada che ti mangio», ritoccata in molti punti perché già presentata l'anno scorso.

Le avventure di Totò, sia alla ricerca di una casa, sia alla presa con i banditi della kasbah, sia imperatore delle gang capresi sono bene accette al pubblico che accorre di buon grado a vederle.

Ma fino a quando durerà questo fenomeno? Il repertorio di Totò è ormai completamente conosciuto, Eppure il multiforme principe napoletano sta girando attualmente «Napoli milionaria» dall'omonima commedia di Eduardo De Filippo che oltre ad esserne l'autore e anche il regista e interprete. Ha, inoltre, firmato quattro contratti per altrettanti film rifiutandone ben 15.

Prevedere fin da oggi se questi film riusciranno a far ridere è avventato per non dire difficile. Il pubblico ha imparato a conoscere al primo accenno di ormai visti motivi comici di Totò. I soliti lazi e sberleffi che hanno tipizzato il mimo napoletano, come comico a tutti i costi, sono ormai superati. Le torte in faccia e le battute in vernacolo hanno fatto la loro epoca. Si deve cercare di sviluppare le vere doti cinematografiche di Totò le cui risorse sono state finora solo in parte valorizzate come, ad esempio, in «Yvonne la nuit».

Batteranno questa strada le nuove produzioni? Speriamo di sì, in modo da poterci augurare un aumentato livello artistico di questi film punto in ogni caso, Totò continua a mietere milioni. Ventitre si dice per «Napoli milionaria» e 200 in totale per i prossimi quattro film. Noi ci accontentiamo di poter ridere, senza però ancora sentire «siamo uomini o caporali?»…

«Cine Sport», 14 febbraio 1949


"Otto" vi invita ad aiutare Totò che cerca casa

Molte donnine è riuscito a trovare, ma non due camere e cucina

Se ricevete una cartolina così concepita: «Sto cercando casa, aiutatemi », una cartolina che reca in calce la firma autografa di Totò, non vi preoccupate. Sua Altezza Antonio De Curtis, l’uomo dalla doppia personalità, il distinto signore in abito grigio che avete osservato più volte nella « hall » di un grande albergo o in un lussuoso bar alla moda di Roma o di Torino, non è sul lastrico. Chi cerca casa è il suo doppione; è Totò. Voi sapete già che Totò si sdoppia: è una specie del dottor Jekyll e del signor Hyde del teatro e del cinema. Il dottor Jekyll è l’uomo distinto che avete visto a bordo della sua macchina di lusso, e Sua Altezza De Curtis: ed egli non ha bisogno delle vostre modeste due camere e cucina. Ha un appartamento principesco ai Parìoli; un appartamento con i quadri degli antenati in giustacuore o in toga appesi alle pareti della biblioteca, con oggetti d’arte di un gusto squisito sui mobili, con una collezione di libri rari che farebbe girar la tetta al più difficile dei bibliofili. Ma il dottor Jekyll, cioè Sua Altezza De Curtis, cova dentro di sè un dramma: cioè tutte le sere, alle nove, diventa il signor Hyde. Da venti anni è così: ogni sera, ad eccezione del periodo estivo, quando diventa il signor Hyde ad ogni ora del giorno per la macchina da presa. Ed il signor Hyde, cioè Totò, cioè il comico travolgente che tutti avrete applaudito, indossa una vecchia «sciassa», caccia sulla testa una bombetta, infila intorno al colletto floscio della camicia un cravattino nero che è poco più di un laccio da scarpe e sale sul palcoscenico, o si avvia verso i teatri di posa.

E' questo l'uomo che cerca casa, non l'altro, non il suo doppione. Quale sia la vera personalità di quest'uomo davvero non so; perchè egli sostiene da maestro l'una e l'altra parte; è impeccabile come Sua Altezza De Curtis, è irresistibile come Totò. Forse ha due nature: e l’una ignora l'altra. Forse quando strabuzza gli occhi fa viaggiare con la velocità di un ascensore lampo il suo pomo d’Adamo, ignora di essere anche Sua Altezza De Curtis; e quando riceve ospiti nel suo appartamento ai Parioli forse non sa che la sera, per uno strano malefìcio, diventerà Totò. E per uno strano maleficio questo divertentissimo signor Hyde un bel giorno si è trovato senza casa. In questa situazione irresistibile l'han messo Steno, Monicelli e Metz che hanno scritto il soggetto del film «Totò cerca casa»; Steno e Monicelli che ne hanno curato la regia. Fracassi che ha diretto la produzione, l' «A.T.A.» che ha prodotto il film.

E da questa collaborazione è nata una vicenda divertentissima, paradossale, irresistibile: «Totò cerca casa».E' un modesto impiegato comunale, Totò, in questo film: si chiama Beniamino Lomacchio e vive accampato in una scuola assieme alla moglie Amalia (Alda Mangini) ed alla figlia Aida (Lia Molfesi). La signora Amalia però non vuol restare accampata: ed il povero Lomacchio cerca un appartamento: trova qualche posto in cui dormire un cimitero, lo studio dì un pittore, un manicomio — ma trova soprattutto donne, ovunque donne, donne per ogni gusto, lui che per le donne ha un debole. Trova donne come Marisa Merlini, come Lilo Weibel, la turca seducentissima, come Alda Mangini, e tante altre belle figliole. Assieme a Totò vi sono Enzo Biliotti, l'immancabile Mario Castellani, Luigi Pavese, Aroldo Tieri e Folco Lulli. Ma non sono loro ad attrarre Totò: sono le donne, la sua eterna ossessione. Perciò, come vi dicevo, se riceverete quella cartolina non preoccupatevi ; e lasciate che Totò cerchi casa. Gli fa piacere, in fondo: è il suo destino di «signor Hyde» del cinema.

«8Otto» 8 dicembre 1949


Totò cerca casa è una farsa che ha il coraggio delle sue azioni: impegna teschi e fantasmi, vedove coi baffi e il vocione, automobili impazzite, patronesse in ispezione scolastica, sonnambule, mogli gelose e diplomatici in mutande. Totò vi sta in scena dal principio alla fine con tutti i suoi lazzi di repertorio e qualche altro d'occasione. [...] un iradiddio di equivoci e di scambi, una comicità sbracata s'impossessa dello schermo, scatenando ondate d'ilarità. Non c'è ombra di pretesa, la cretineria è venduta sopra banco, onestamente. Con lo spassosissimo Totò, sono il Tieri, la Mangini, e altri noti caratteristi.

l.p. (Leo Pestelli), «La Nuova Stampa Sera», 10 dicembre 1949


Che Totò sia il miglior comico italiano ed uno dei maggiori oggi esistenti in Europa, non c’è, credo, chi voglia mettere in dubbio. La sua vena è irresistibile e nessuno gli resiste, disarmato da un gioco mimico che non è parodia o nemmeno buffoneria, ma che dell’una e dell’altra ha il mordente ora burlesco, ora caustico, ora salace. Accende l'Ilarità con lepidi lazzi, la eccita con sortite clownesche, la scatena con improvvise girandole mimiche che scompongono il suo corpo nelle grottesche figurazioni di un'assurda pantomima arieggiando perfino le deformazioni di certa arte contemporanea. Ne risulta una comicità elementare e viscerale: si ride senza riflettere, trascinati da convulsi irresistibili e questo oblio totale della coscienza è forse il dono migliore che sa dare al suo pubblico.

Il carattere irrazionale del suo estro è un ostacolo pressoché insormontabile all'adattamento cinematografico; e per quanto abbia tentato il cinema non aveva saputo, fino ad oggi, utilizzare convenientemente li buffoneria metafìsica e surrealistica di questo popolare «farceur» che è tanto eccellente come mimo, quanto modesto come attore. «Totò cerca casa» è il più riuscito esperimento del genere: per la prima volta Totò dà allo schermo da che può e ciò che sa, Steno e Monicelli si sono opportunamente rifatti al modelli classici di Mak Sennet, di Cretinetti e di Ridolini [...] Non tutto è di buona lega nel film. Una minore facilità di invenzione, una più avvertita scelta di ingredienti, un gusto maggiore del particolare, avrebbero giovato all'insieme; ma l'incalzare degli sviluppi che si accavallano senza dare respiro, trascina infantilmente alla risata traverso effetti di schietta natura cinematografica. [...]

E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 15 dicembre 1949


Il pubblico ride, gli incassi saranno rilevanti e il produttore accarezzerà la cassetta, pronto a porre in cantiere un nuovo film del genere. Un film creato per un attore comico (Totò) ed affidato alle cure di uno stuolo — dal registi, Steno e Monicelli, agli sceneggiatori tutti — di tecnici del « genere ».Al riguardo, però, sia al produttore che allo stuolo del « tecnici » vorremmo consigliare di passare, a propria istruzione, più volte questo film onde rivederlo a mente fredda per rintracciarne i molti errori e le troppe situazioni comuni nonché le tante banali — e forse anche volute — volgarità che hanno impedito il successo pieno del film stesso e costretto ancora una volta Totò a non possedere una maschera personale e viva.

Vice, «Il Popolo», 15 dicembre 1949


Opera di due soggettisti passati alla regia, Steno e Monicelli, è una specie di storia illustrata del cinematografo comico: un'antologia del principali stili alimentata da frequentl richiami alla farsa teatrale. Comincia come un film del secondo dopoguerra, applicando la comicità al neorealismo: prosegue con la rarefazione dell'assurdo, accentuando la caricatura sino alle esasperazioni surrealistiche: e conclude come un film del Primo dopoguerra, alla maniera di Ridolini. [...]  Totò e i suoi compagni (la Mangini, la Merlinli, Lulli, Tieri, Billotti) si agitano da indemoniati correndo su strade che molti avevano percorso prima di loro. Ma riescono a far ridere; ci mancherebbe altro che non riuscissero a far ridere, con tutto il loro indemoniato sbracciarsi.

lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 15 dicembre 1949


1949 12 16 Giornale d Italia Toto cerca casa R L intro

«Il Giornale d'Italia», 16 dicembre 1949


L’attore più “antico” del mondo è l’interprete ideale della eterna tragicommedia del povero diavolo che cerca una casa

La leggenda vuole che Totò, fuori di scena, sia un uomo molto stanco: di quella stanchezza aulica e distratta che affligge i re costituzionali e i loro ministri. Ma la leggenda, se pur si addice alla posizione sociale di Totò, è evidentemente falsa: non si comprende altrimenti come egli abbia potuto sopportare, e uscirne vivo, le fatiche cinematografiche che da qualche tempo gli vanno infliggendo alcuni produttori.

Tre anni fa Totò ci parlava dei propri rapporti col cinema come d'un amore mal corrisposto. Aveva l’aria di domandarsi accoratamente per quale misteriosa ragione nessun produttore o regista fosse mai riuscito a trasformare la sua grande maschera teatrale in una altrettanto grande maschera cinematografica. Forse pensava segretamente che, in queste cose, chi ha potuto ha sempre fatto, a un certo momento, da sè; oppure che, tutto considerato, non valesse la pena di staccarsi dalla polvere dei palcoscenici, dal calore della ribalta, da tutto ciò che ama, lui, ultimo erede dei Petito e degli Scarpetta, ultima maschera della Commedia dell’Arte.

Sono passate poche stagioni e ci accade di ritrovare Totò, inequivocabilmente, star. Lo ò nel significato internazionale della parola, per i suoi primati di popolarità, di produzione, di incassi. Nella sola estate del 1949 ha girato quattro film. I produttori giustamente se lo contendono. L’antico innamorato deluso è ora un ricco ereditiere. I suoi film costano poco, di tempo e di denaro: un mesetto, generalmente, e una, cinquantina di milioni; e rendono enormemente, perchè il pubblico lo ama e lo segue ogni giorno di più. E tuttavia sembra un po' buffo pensarlo star: come Esther Williams, Isa Barzizza e Gregory Peck. Lui stesso, immagino, si sente un po’ buffo in quei panni. Probabilmente per questo se ne scappa, quando può, rifugiandosi sul palcoscenico: è il suo modo di consolarsi per non aver trovato mai, nonostante tutto, quel certo produttore o quel certo regista; il suo modo di essere genuinamente se stesso.
Ma queste son malinconie critiche. La grande stagione di Totò è in pieno svolgimento. Non ancora spenti i clamori di Fifa e arena, non ancora accesi quelli dell' Imperatore di Capri, ecco due nuovi film in visione contemporanea nelle grandi città: Yvonne la nuit e Totò cerca casa, che presentiamo su queste pagine. E' l’eterna tragicommedia del povere diavolo che cerca casa. L’ha cercata sempre: era l’uomo delle caverne inseguito dal dinosauro, era l’uomo delle palafitte scacciato dall’alluvione, era Diogene, era l'Ebreo errante, era Robinson Crosué. Casa, dolce casa. Mito di oggi e di sempre. Chi dunque poteva meglio interpretarlo di questo attore che è il più antico del mondo?

Il soggetto e la regia sono di Steno e Monicelli: due noti soggettisti e sceneggiatori, qui per la prima volta in veste di registi. Essi hanno congegnato una trama arruffata e spiritosa, immaginando un piccolo impiegato municipale, con moglie e due figli, il quale alloggia nell’aula di fisica di ima scuola. Una casa è il miraggio di tutta la sua famigliola. Un giorno il poveretto crede di aver finalmente trovato un posto di custode che gli garantirà una abitazione: ma è il posto di custode di un cimitero. E’ facile intuire ciò che accadrà a Totò nella casa di un cimitero. Non gli resta altro scampo che la fuga. La famigliola in rotta ritorna alla scuola. Altri guai, altra fuga, altro alloggio. Questa volta è lo studio di un pittore ed è sufficiente una modella in frenesie nudiste per far sì che la famigliola si volga a precipitosa ritirata. Resta il Colosseo, quand’ecco apparire la fortuna, in forma di premio d’un concorso: un milione. E’ sufficiente un milione per trovare finalmente una casa? Ahimè no. E’ sufficiente soltanto per procurare altri ameni dolori, per far girare pazzamente la macchina degli equivoci e delle disavventure. Sicché, finalmente, alla sventurata famiglia non rimane che un solo alloggio: questo sicuro, comodo, ben riscaldato. Peccato che sul portone sia scritto: Manicomio.

Vittorio Bonicelli, «Tempo», n.51, Milano, 24 dicembre 1949


Due comici

Parecchi anni fa, quando cominciava a formarsi quel suo pubblico che non l'ha più abbandonato, l'attore Totò subiva un'intervista dell'«Italia letteraria», che scrisse di lui cose molto « intelligenti », nel tono messo di moda da Cocteau per trattare dei clowns e dei circhi equestri. Vi si accennava a Charlot e alla Commedia dell’Arte, al fumismo e al funambolismo. Altri articoli seguirono in altri giornali; in uno si lanciava l’ipotesi, sempre a proposito di Totò, di «un matrimonio tra Aristofane e Pierrot . Probabilmente Totò non legge quello che si stampa sul suo conto, lo ha dimostrato restando insensibile ai cambiamenti, restando fedele al suo istinto comico, anzi alle sue vecchie battute, che ogni tanto ancora oggi ripete, come se il tempo non fosse nemmeno trascorso da quando caracollava sulle tavole del teatro Principe. In un mondo teatrale cosi sconnesso, Totò rimane un punto fermo. E’ certo un attore inimitabile, che non è mai volgare, perchè i suoi gesti più volgari diventano arabeschi da contorsionista e le sue battute hanno la forza delle domande stupide.

Oggi Totò è talmente definito che si è messo a fare un film dietro l'altro, non avendo nemmeno bisogno di una trama ma di una situazione. I titoli dei suo film recenti (Fifa e arena, Totò le moko, Totò cerca casa) fanno pensare che il suo pubblico non sia di eccessive pretese per quanto riguarda le storie, che vada al cinema per veder muovere, scattare, ridere Totò, come gli ha visto fare in teatro: libero dall'osservanza di un testo, padrone di fare e di dire ciò che vuole. Perlomeno, sullo schermo Totò dà questa piacevole sensazione, di inventarsi la parte man mano che il film procede. Come per la serie infantile di Pinocchietto, arriveremo a un Totò al Polo Nord, a un Totò garibaldino, a un Totò nel serraglio. I suoi incontri sono ormai fissati dalla pratica, e anche i personaggi .di contorno: una bella ragazza, un rivale, un amico (o «spalle»), che gli prepara le battute e sopporta ogni guaio. Totò si veste da donna, da bandito, da artista, da torero. Non ci sono limiti ai suoi travestimenti, e nemmeno ai suoi film, che ripropongono la vecchia «comica finale». Se il progresso cinematografico supererò alcune difficoltà pratiche, Totò potrà darci un film nuovo ogni sera.

Ennio Flaiano, «Il Mondo», 31 dicembre 1949


Il lavoro comprende numerosi motivi comici, che Totò sfrutta con abilità; ma si tratta, in complesso, d'un lavoro scadente. La comicità del film cade spesso nel volgare e nel pornografico; il lavoro contiene episodi molto salaci e battute scabrose, che ne fanno uno spettacolo moralmente censurabile. La visione è esclusa per tutti.

"Segnalazioni cinematografiche", «Rivista del cinematografo», gennaio 1950


Totò cerca casa e trova mezzo miliardo

L'ultimo film interpretato da Totò ovvero dal comico napoletano principe Antonio De Curtis, ha assunto questo titolo: «Totò sordomuto». La serie, comunque, continua e continuerà. Dopo «Totò certa casa», seguito da altri tre film interpretati sempre dallo stesso attore, la collana ha subito denunciato una stanchezza di fattura e di inventiva.

Che il pubblico, è bene rivelare, ha concretamente avvertito: infatti gli spettatori sono progressivamente diminuiti. I produttori, tuttavia, fanno orecchie di mercante; i profitti sono tutt'ora ragguardevoli, giacché il costo di un film interpretato da Totò si può contenere in una cifra che è circa la meta di un film di normale produzione. In seconda visione, in ogni caso, «Totò cerca casa» ha incassato, a Roma, in contemporanea in due o tre sale, quanto di solito incassa un film di prima visione.

Così, conti alla mano, uno dei proprietari più solidi delle sale cinematografiche romane, possessore di un discreto circuito da considerarsi un vero e proprio «trust», inizierà ora una produzione di film con Totò che ha scritturato — stando ai «si dice» — per cinque anni per la notevole somma di mezzo miliardo; vale a dire 100 milioni all'anno. L'ingaggio si riferisce anche a Totò attore di varietà e alle sue tornées sui palcoscenici d'Italia, ma questo non diminuisce la portata del mezzo miliardo.

«Milano Sera», 21 marzo 1950


Shakespeare come Totò

Il pubblico italiano si orienta, verso i film italiani, a quanto risulta da una statistica effettuata sul primo semestre delia stagione cinematografica in corso. Il gettito delle prime visioni del semestre ha raggiunto i quattro miliardi e 600 milioni di cui 3 miliardi 616 milioni spettano a film americani; 713 milioni circa spettano a film italiani, e 226 spettano a film inglesi. Il migliorato favore coi quale il pubblico accoglie la produzione italiana è documentato dal confronto tra il semestre preso ora in considerazione e il corrispondente semestre della stagione '48-49. La percentuale dei gettiti dovuti ai film americani in questo inizio di stagione è del 78,88 per cento (mentre nell'altra stagione era dell'84,30 per cento) ; la percentuale dovuta ai film italiani è del 15.48 per cento (mentre prima era solo del 10-01 per cento). I film stranieri che hanno raggiunto maggiori incassi sono «Cucciolo» con 131 milioni 272 mila lire e «Giovanna d’Arco» con poco meno. Il film italiano che ha incassato di più è «Totò cerca casa» con 80 milioni 317 mila lire. Il film d'arte di Lawrence Olivier, «Enrico V», ha incassato quasi la stessa cifra: 80 milioni sessanta mila lire. Shakespeare è dunque sullo stesso piano di Totò.

«La Settimana Incom Illustrata», 10 giugno 1950


Questi i film preferiti dal pubblico

In base agli incassi, hanno trionfato Totò, "Il cucciolo" ed "Enrico V"

Il cinema, oltre che un fatto artistico, è un fatto industriale e commerciale, e di questo suo secondo aspetto giova ogni tanto tener conto. È il pubblico (in Italia quasi 15 milioni di spettatori per settimana) che fornisce al cinema i giganteschi mezzi di cui ha bisogno: e sono i gusti del pubblico che, determinando l’indirizzo della produzione, influenzano in ultima analisi l'andamento stesso del film come arte. In America i gusti del pubblico sono severamente controllati attraverso il "Box Office”: in Italia, mancando un’organizzazione analoga, si ricorre a varie forme di sondaggio e ad altri mezzi statistici. Peraltro il migliore e più esatto sistema per conoscere le reazioni dello spettatore rimane quello basato sugli incassi: un interessante studio su tale delicato argomento è stato fatto, per l’Italia, nell'ultimo numero di "Cinespettacolo”, rivista tecnica dell’industria cinematografica.

Le cifre riportate si riferiscono ai dati della sola annata 1949-50 (1° settembre-30 giugno) e non sono definitive perché riguardano i locali di prima visione delle dieci città "sensibili”, cioè capo-zona, che sono Padova, Bari, Bologna, Catania, Firenze, Napoli, Roma, Milano, Torino e Genova. Ogni altro sistema rende impossibile un quadro esatto, se non a distanza di qualche anno, poiché un film posto in distribuzione ha durata diversa, che varia in genere tra i due e i cinque anni. Tuttavia, se pur relativi, i dati offrono un interessante panorama della situazione.

Oltre ai film italiani, sono stati proiettati in questo periodo 450 film americani, 21 inglesi, 16 francesi, 12 messicani, 3 spagnoli, 2 argentini, uno svedese, uno cecoslovacco e uno russo. Le cifre degli incassi sono distribuite lungo un gigantesco arco che va dalle centinaia di milioni per alcuni film americani alle 70 mila lire del film svedese Sangue ribelle. Per ciò che riguarda i film italiani, c'è da notare anzitutto l’incontrastato dominio di Totò: con cinque film (Totò cerca casa. L’imperatore di Capri, Totò cerca moglie, Yvonne la Nuit, Totò le Mokò), il popolare comico napoletano ha fatto incassare 284 milioni. Inoltre uno dei suoi film (Totò cerca casa) è il primo film italiano che, con 80 milioni e 300 mila lire d’incasso, s’incontra nella classifica assoluta, dopo sei film americani. Non dappertutto, però, Totò fa furore: se a Roma, a Padova, a Bologna, a Genova, a Firenze, a Napoli è in testa o con l’uno o con l’altro dei suoi film, a Milano gli hanno preferito la Silvana Mangano di Riso amaro e de II lupo della Sila e il Macario di Adamo ed Èva. Dal punto di vista della raffinatezza di gusti, né il pubblico di Milano né quello di Roma presenta comunque elementi confortanti: la città più evoluta appare invece Torino, che a tutti i film italiani ha preferito l’ottimo Domenica d'agosto di Emmer. Una buona affermazione in tutti i centri considerati ha avuto poi II mulino del Po. di Lattuada. che è secondo in graduatoria a Genova e a Bologna e complessivamente ha raggiunto i 30 milioni. Le cifre relative ad alcuni film considerati "molto popolari”, come Catene e Il bacio di una morta, sono invece piuttosto mediocri: in particolare, quest’ultimo non ha incassato che un terzo del Mulino del Po, testimoniando che. nonostante tutto, i gusti del pubblico delle grandi città non scendono oltre un certo livello.

Circa i film americani c’è da notare per prima cosa che il pubblico ha preferito dovunque il technicolor al bianco e nero: su 23 film che hanno ottenuto incassi di un certo rilievo, ben 13 sono in technicolor e sei di essi capeggiano la classifica. A parte Via col vento, che nel 1949-50 era stato proiettato in sole quattro città (ottenendovi comunque un fortissimo incasso), il film che ha nel complesso avuto i più alti Introiti è stato II cucciolo, che in nove città ha incassato 131 milioni. Seguono Giovanna dArco con 128 milioni nelle dieci città. Gli amori di Carmen (114 milioni), Il cielo può attendere (92 milioni), Il capitano di Castiglia (90 milioni), Il grande peccatore (82 milioni), ecc. Come si vede, tra questi colossi dello spettacolo uno solo è stato riconosciuto dalla critica come autentica espressione d’arte: Il cielo può attendere di Lubitsch. Scendendo all’esame città per città, si può osservare che Milano ha dato la preferenza al Cucciolo (44 milioni), seguito da II cielo può attendere (34 milioni), mentre Giovanna d’Arco è solo al sesto posto (22 milioni); Roma ha preferito Giovanna d’Arco (30 milioni), e Gli amori di Carmen. Giovanna dArco ha ottenuto il primo posto a Padova, Bari, Bologna, Catania, Torino; Firenze e Genova, come Milano, hanno dato la palma al Cucciolo; Napoli agli Amori di Carmen.

Anche tra i rimanenti film americani che hanno procurato buoni guadagni ai produttori, ben pochi hanno reale importanza artistica; forse soltanto La fossa dei serpenti (che ha avuto a Genova una ragguardevole affermazione) e II cielo di fuoco. Per il resto s’incontrano film spettacolari o decisamente commerciali come Ambra, Le avventure di Don Giovanni, La matadora. Il principe delle volpi, Giubbe rosse. Ero uno sposo di guerra. Il peccato, di Lady Considine, ecc. In due città (Catania e Firenze), ha avuto un discreto successo l'infelice Fonte meravigliosa di King Vidor.

Il fenomeno più notevole che si incontra analizzando i film di altre nazionalità, riguarda l'Enrico V di Laurence Olivier: quest’opera di alto e indiscusso valore, certamente uno dei capolavori del cinema sonoro, non pareva destinata a un successo di pubblico, sia per l’ardua materia trattata, sia per la forma poetica che necessariamente l'aderenza al testo shakespeariano richiedeva. Invece (e questa è certo la sorpresa più inaspettata e più gradita di questa arida statistica), ha conquistato clamorosamente il favore degli spettatori ed ha ottenuto un incasso (80 milioni) che la pone in testa a tutti i film di questo gruppo, rimanendo soccombente, in linea assoluta, soltanto ai sei maggiori film americani e, per pochissimo, a Totò cerca casa. Hanno probabilmente contribuito all’affermazione, il mezzo tecnico impiegato (colore) e il soggetto (storico-avventuroso), oltre alla popolarità di sir Laurence come attore.

Si rileva infatti, dalla semplice enunciazione dei titoli delle opere sinora esaminate, che in genere il pubblico preferisce il film storico-avventuroso e comunque il film in costume: seguono il genere drammatico-passionale, quello patetico, la commedia e il film musicale. Il film comico, a parte l’eccezione di Totò, non riscuote più grande successo, mentre il film psicologico lascia generalmente indifferente la gran massa degli spettatori. Anche per quest’ultimo genere esiste tuttavia una significativa eccezione, data da Le diable au corps di Autant-Lara, che, nonostante sia stato proiettato in sole cinque città e durante brevissimi periodi (per le note vicende di censura), ha incassato più di dieci milioni e mezzo, consentendo di pronosticare, in circostanze normali, un successo forse non inferiore a quello dell'Enrico V. E anche questo è un altro elemento di conforto circa i gusti del pubblico.

Tra gli altri film, Il terzo uomo (55 milioni), non ha ottenuto quella affermazione di cassetta che i primi entusiasmi del pubblico facevano presagire: neppure Manon, proiettato però in sole otto città, è andato più in là di una buona media (47 milioni). Quest’ultimo è stato, comunque, il film francese preferito dagli spettatori, seguito a grande distanza da Nel regno dei cieli di Duvivier e da Le minorenni di Becker.

Quali conclusioni si possono trarre da questa rapida rassegna? In generale le abbiamo già anticipate: va sottolineato che dove maggiormente i gusti del pubblico contrastano con quelli della critica è nel settore del film italiano. Tuttavia, rispetto agli anni passati, c’è un graduale e continuo miglioramento: quando un’opera come l'Enrico V avrà superato anche Totò, Il capitano di Castiglia o gli Amori di Carmen, potremo dire che la maturità degli spettatori cinematografici avrà compiuto un passo avanti decisivo.

Angelo Solmi, «Oggi», 7 giugno 1951


Monicelli - La sera cantavamo con Totò

Steno ed io diventammo registi per caso quando inventammo «Totò cerca casa». Per «Risate di gioia» la Magnani non lo voleva: «Abbassa il tono del film»

«Ok, parliamo dell'estate 1949. Allora girai il mio primo film, in collaborazione con Steno: Totò cerca casa». Mario Monicelli, con quel suo modo un po' brusco un po' sincopato di parlare, accetta finalmente di ripercorrere un pezzetto della sua lunga carriera. Non voleva farlo. «Non mi piace guardarmi indietro - aveva detto -. Il passato è passato. E, poi, non ho il gusto dell'aneddoto. Figuriamoci del pettegolezzo retrospettivo. Posso parlare solo del mio lavoro, del cinema. E' l'unica cosa che ho fatto nella vita».

Di cose, nella sua vita, veramente ne ha fatte moltissime. Ha 77 anni e fa cinema da quando era diciottenne. Ha girato una settantina di film e nella storia del cinema è entrato come uno dei maestri della commedia all'italiana. Ha lavorato con grandi attori e suoi sono alcuni capolavori come La grande guerra, I compagni, L'armata Brancalcone. Ma nel mondo dei ricordi s'inoltra malvolentieri. Mentre si muove con serena sicurezza fra gli interessi e gli affetti del presente. Eccolo sorridere - neanche tanto spesso - nella piccola casa dove è andato ad abitare con la sua nuova famiglia. Mostrare i quadri dipinti dalla giovane moglie. Raccogliere il pupazzo di peluche che la sua ultima figlia - Rosa, di 4 anni - ha piazzato sul più bel divano della stanza. E soffermarsi sul film cui sta lavorando, insieme con Suso Cecchi D'Amico e due esordienti.

«Vorrei fame - dice - una sorta di continuazione e controcanto di Speriamo che sia femmina. Lì raccontavo il rapporto fallimentare fra uomo e donna, la speranza per il mondo nelle relazioni nuove che le donne sanno instaurare fra loro. Adesso vorrei raccontare quanto le donne - passate attraverso l'esperienza del femminismo - hanno spaventato gli uomini, li hanno intimiditi, messi in fuga. lnsomma vorrei che le donne si prendessero un po' la responsabilità del fatto che i sessi non riescono più a trovare un'intesa fra di loro».

E Totò? Il regista fruga fra buste ingiallite mescolate a libri e dischi. Fatica a mettere ordine fra le foto di film disparati. Si diverte, qualche volta, nel rivedere una faccia. S'imbroncia, più spesso, davanti a visi di gente scomparsa, ragazze sparito dopo la breve parentesi in celluloide. Finalmente ecco una piccola antologica di Totò. Totò che ammicca, strabuzza gli occhi, avanza sghembo come solo lui sapeva fare. Monicelli riflette e dice: «Lui era speciale».

Racconta: «L'ho conosciuto nel '49, anche se - prima - l'avevo spesso incontrato. Insieme con Steno avevo scritto le sceneggiature di tanti suoi film di successo. Io e Steno eravamo una coppia molto richiesta quando noi dopoguerra ci fu quell'imprevedibile boom del cinema italiano. Tutti credevamo che - aperte le porte alle pellicole americane, finita la protezione che il regime aveva assicurato al nostro cinema - non ci sarebbe stato un futuro per noi. Molti si erano dirottati verso attività alternative: giornalismo, fumetti. Invece scoppiò il neorealismo. Nacquero - nonostante i pochi soldi, i mezzi tecnici scadenti - quei capolavori e tante pellicole di cassetta. I film costavano poco e rendevano. La gente faceva la coda davanti ai cinema. I produttori investivano e ci guadagnavano. Stimolavano anzi gli autori a sperimentare nuovo strade Insomma, fu un boom.

«Steno ed io diventammo registi per caso. Carlo Ponti aveva sotto contratto Totò per due mesi. Doveva fare un film per la Lux di Alfredo Guarini. Pensò di fame due di film, invece di uno. Allora si girava alla buona, senza la prosopopea di oggi. Ponti ci disse: inventatevi un soggetto, presto! E ci venne l'idea di Totò cerca casa. Il problema degli alloggi era drammatico. Le città erano semidistrutte. Quella storia teneva d'occhio l'attualità e - come si faceva alloro saccheggiava anche le idee di altri, gli spunti che venivano da una conversazione, il teatro napoletano tradizionale. L'episodio dell'alloggio nel cimitero, ad esempio, è preso di sana pianta da un alto unico - anonimo - del repertorio napoletano. Il clima era quello del tempo dell'opera buffa, di Cimarosa e Paisiello, quando un'aria si trasferiva da un'opera all'altra, e cosi una situazione, un personaggio. Le cose nascevano cosi, con grande felicità, in una maniera che poi si è perduta e che rimpiango molto. Si stava insieme, allora, registi, scrittori e attori. A Roma ogni sera sul palcoscenico di un piccolo teatro, l'Arlecchino, saliva a cantare o recitare chi voleva: Aldo Fabrizi come Ennio Flaiano, Ciarletta. Brancati, Mazzarella, la Valeri.

«Ponti interpellò un paio di registi, poi ci disse: Ma, scusate, perché il film non lo dirigete voi? E cosi finimmo dietro la macchina da presa. Era estate, naturalmente, perché allora si girava solo nei mesi estivi quando il bel tempo era sicuro. Non come oggi che, con le pellicole e i mezzi tecnici a disposizione, si può lavorare sempre e, anzi, la luce invernale, di taglio, è preferita. Le ragioni artistiche allora non potevamo neppure permettercele. Mentre oggi - ironia della storia! - film non se fanno quasi più. Arrivammo sul set col copione completo. Non si usava cambiare, avere ripensamenti. Non c'era il tempo per rifare una scena. Totò aveva approvato la sceneggiatura. Lui veramente non discuteva mai. Gli andava sempre bene tutto. Non contestava mai una situazione, una psicologia. All’inìzio aveva tentato di dare qualche suggerimento, per portare avanti una comicità più surreale, più lieve. Ma non fu capito. E la smise di insistere.

«Anch'io l'avevo contrastato. Avevo voluto, semmai, umanizzare il personaggio, portarlo fuori dal cliché della macchietta. Ho fatto un errore. E me ne dispiaccio, tanto più che, poi, mi ha sempre divertito molto rovesciare i ruoli, inventare attori. Sono stato io - in La ragazza con la pistola - a fare di Monica Vitti, l'interprete dell'incomunicabilità e dell'alienazione, un'attrice comica. E nei Soliti ignoti ho avuto l'idea di trasformare in attore comico Gassman, che fino ad allora il cinema aveva voluto nei ruoli del latin lover o del cattivo o dell'antipatico. Sempre in quel film feci saltare fuori Marcello Mastroianni comico, la Cardinale che era una ragazzetta appena venuta da Tunisi e che non sapeva neppure parlare l'Italiano. Tiberio Murgia che faceva Io sguattero in un ristorante... Stessa operazione, ma in senso inverso, nella Grande guerra, dove affidai a Sordi un ruolo drammatico...

«Già allora, nel '49, Totò era fragile, di salute delicata. Era un vero uomo di teatro, abituato a orari diversi, spazi ristretti. Si sentiva a disagio all'aperto dove si girava. Si stancava e infastidiva per le lunghe pause, sotto il sole o la pioggia, nelle attese che il cinema comporta. In realtà amava il teatro e riteneva che quello fosse il luogo in cui valeva la pena esprimersi. Del cinema non gliene importava molto. Era gentile, un signore. Lui era il cast, per questo gli si mettevano accanto anche attori non professionisti che facevano ripetere una scena magari tante volte: Totò non si spazientiva. Con le sue partner, le bellone del tempo, aveva un modo distaccato di comportarsi: era come su un palcoscenico d'avanspettacolo, quando le luci si spegnevano tutto finiva lì. Certo, era un divo. Ma, insieme con Aldo Fabrizi mi diede la prima grande lezione di uomo di spettacolo. Li volli per Guardie e ladri, nel '51. Erano due mostri sacri. Fabrizi aveva fatto il regista, aveva lavorato con la Magnani, era un uomo scontroso e irritabile. Sembrava un'impresa impossibile farli lavorare insieme. Tutti erano preoccupati. Invece mi rivelarono che - quando più divi lavorano insieme - ciascuno vuole mostrare quanto è disponibile: arriva in orario, non pretende il camerino migliore, non si presenta al trucco per ultimo per guadagnare mezzora di sonno. Andò tutto benissimo.

«In quell'estate del '49 due cose mi colpirono di Totò. Una sorta di sdoppiamento fra l'attore e il principe. Sul set recitava, era scurrile, farsesco, comico. Poi diventava il principe De Curtis e la sua fedeltà alla figura del blasonato era totale. Amava stare a casa. Aveva una saletta di proiezione dove si vedeva - anche do solo - i film. Ascoltava musica e ne componeva. Quando riceveva, la sera, ci faceva sentire le sue canzoni, raccontava aneddoti. Era un uomo molto simpatico, ma non faceva il comico, non si esibiva. Sapeva ascoltare. Si facevano le due, le tre...

«Le volte che andava a vedersi - e non lo faceva neanche sempre - assisteva al film come se quello sullo schermo fosse un altro: rideva di gusto oppure non si divertiva per niente, ma non entrava mai nel merito dicendo questo si poteva fare così questo è andato male perché... Era come se la cosa non lo riguardasse: un atteggiamento che non ho mai trovato in nessun altro attore. Era davvero così diviso? Era una corazza che si era costruito? Non l'ho mai capito. Ho capito poi, invece, quanto grande fosse il mito - mania, debolezza, fissazione? - per quel suo titolo nobiliare. Una volta, nel '51, mentre giravamo Guardie e ladri al Palatino, lui puntò il dito verso l'Arco di Costantino. ‘ Sai che quello è mio?", disse. Io non capii. “Certo, certo”, risposi con ironia. Lui, serissimo, insistè: "E' mio perché Costantino era un imperatore romano. Mentre io discendo direttamente da antenati greco-bizantini”.

«La sua notorietà era senza confronti. Con lui girai il primo film che firmavo da solo, nel '55, Totò e Carolina (film che mi diede un sacco di guai con la censura, perché Totò era un poliziotto diciamo umano, vessato dai suoi superiori, sostenuto da un groppo di persone che cantavano L'Internazionale e sventolavano la bandiera rossa: dovetti fare un sacco di tagli, l’identità di quelle persone fu cancellata e il film uscì con mesi di ritardo!).

«Le nostre strade si separarono per anni. L'ultima volta che lavorai con lui fu nel '60. in Risate di gioia, con Anna Magnani. La Magnani la conoscevo bene. Andavo spesso alle serate in casa sua, serate molto divertenti: lei recitava sketches, cantava, faceva terribili scherzi col telefono svegliando la gente, spacciandosi per altri... Per quel film ci scontrammo: lei non voleva Totò. Tira giù il tono del film! diceva. Io però mi impuntai o Totò fu nel cast. La macchina da presa - vidi - gli era diventata più familiare. Il pubblico cinematografico, per lui abituato al rapporto platea-palcoscenico, non era più qualcosa di astratto. Alla fine di ogni scena la troupe - 20-30 persone - si raccoglieva insieme e lo applaudiva. Questo lo riscaldava, gli piaceva. Un'idea geniale. Che però non avevo avuto io...»

Liliana Madeo, «La Stampa», 15 luglio 1992


E Totò era antigovernativo

[...] In Cerca casa, Totò senzatetto di guerra, impiegato statale, vive prima in un'aula scolastica, poi al cimitero, nello studio d'un pittore, al Colosseo. La eccellente sceneggiatura (di Age, Scarpelli, Metz, Marchesi) sostiene un Totò grandioso, rissosamente antigovernativo, affamato di cibo e di giustizia, che rispecchia le ansie di milioni di italiani che la guerra aveva privato d'ogni cosa. Come capitava sempre nei film di Totò, al suo fianco figuravano un gruppo di caratteristi usuali e preziosi: Alda Mangini, Aroldo Tieri, Mario Riva, Luigi Pavese, Mario Castellani, Folco Lulli, Marisa Merlini. Sono queste le ragioni per cui Cerca casa è uno dei film migliori di Totò.

In genere, bisogna dirlo, i film di Totò, con il loro protagonista straordinario, erano davvero brutti, tirati via, mal fatti, realizzati cialtronescamente con pochi soldi: i critici di professione. che non hanno mai sottovalutato il talento di Totò, hanno sempre (giustamente) notato la bruttezza dei suoi film. Se Totò non fosse stato risucchiato da un ambito di sfruttamento e autosfruttamento, se non avesse avuto un certo disprezzo per il cinema insieme a una appassionata ammirazione per il teatro, se non avesse perduto così presto e quasi completamente la vista, costringendosi a ripetere le mimiche, i lazzi che conosceva a memoria, tutto sarebbe andato meglio per l'attore bravissimo, senz'altro degno di una notorietà internazionale.

Lietta Tornabuoni, «La Stampa», 21 maggio 2005


🎞️ Flani pubblicitari: Totò al cinema, a caratteri di piombo 🎞️

I flani pubblicitari erano piccoli annunci a pagamento, pubblicati su quotidiani e riviste specializzate, che anticipavano l’uscita del film. Alcuni recavano titoli alternativi, errori di stampa, o locandine diverse da quelle ufficiali. In questa galleria abbiamo raccolto le versioni più rare e curiose riguardanti Totò.


La censura

Viene espresso parere favorevole alla concessione del nulla osta, a condizione che la visione venga vietata ai minori di 16 anni e che sia soppressa la scena del nudo di donna in silhouette. Respinto anche un foglio della foto-busta, contenete 16 soggetti, relativo al materiale pubblicitario del film.


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio Centrale per la cinematografia

Revisionato il film il giorno 5 dicembre 1949, si esprime parere favorevole per la proiezione in pubblico, a condizione che sia soppressa la scena del nudo di Anna in silhouette (3° rullo) e sia vietata la visione ai minori ai anni 16.

Roma, 5 dicembre 1949

Giudizio:

E' uno dei migliori film di Totò realizzato con intelligenza e con particolare cura Qualche sequenza risulta lunga più del necessario (sequenza della nuova casa con la sonnambula - sequenza della scuola con Totò tra i piccoli allievi), ma per il resto il ritmo del film è perfettamente appropriato alla materia comica. La Commissione ha espresso parere favorevole per la proiezione in pubblico suggerendo solo il taglio di una scena (la modella vista in silohuette) e il divieto ai minori degli anni sedici.

Roma, 7 dicembre 1949

f.to IL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio Centrale per la cinematografia

A Tutti i Prefetti

Comunicasi che per film "Totò cerca casa" è stato revocato divieto visione minori anni sedici.

f.to SOTTOSEGRETARIO DI STATO - Andreotti


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Servizi della cinematografia

Duplicato del nulla osta del 5 dicembre 1949.

N.O. alla proiezione in pubblico con la prescrizione: "che sia soppressa la scena del nudo di donna in silohuette"

f.to IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO - De Pirro

Roma, lì 23 aprile 1955


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Servizi della cinematografia

Duplicato del nulla osta del 5 dicembre 1949.

N.O. alla proiezione in pubblico con la prescrizione: "sopprimere la scena del nudo di donna in silohuette"

f.to IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO - De Pirro

Roma, lì 20 giugno 1961


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Servizi dello spettacolo

Duplicato del nulla osta del 5 dicembre 1949.

N.O. alla proiezione in pubblico in quanto è stata eliminata la scena del nudo di donna in silohuette

f.to IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO - De Pirro

Roma, lì 19 novembre 1971


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Servizi dello spettacolo

Duplicato del nulla osta del 5 dicembre 1949.

N.O. alla proiezione in pubblico in quanto è stata eliminata la scena del nudo di donna in silohuette

f.to IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

Roma, lì 21 dicembre 1977


Ministero dell'Interno - Direzione Generale P.S. - Divisione Polizia - Sezione Terza

OGGETTO: Affissione manifesto.

ALLA PRESlDENZA DEL CONSIGLIO SEI MINISTRI -Direzione Generale Spettacolo - ROMA

La Questura di Roma ha riferito che non é stato concesso il visto di affissione per una serie fotografica di 16 soggetti, relativa alla pubblicità della pellicola " Totò cerca casa" della società cinematografica "Artisti Tecnici Associati", di cui si allega un esemplare.

Si prega codesta Presidenza di compiacersi far conoscere se sia stato sottoposto al preventivo parere della commissione di cui alla circolare . 10.12167/12975 del 18.04.1949.

f.to IL MINISTRO


Fascicolo documenti censura del film Totò cerca casa, 1949 (cinecensura.com)
(Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema)

I documenti

Il film Totò cerca casa (1949) è stato distribuito in diverse edizioni home video nel corso degli anni, sia in formato VHS che DVD. Ecco un riepilogo delle principali uscite:

📼 Edizioni VHS

  • Fabbri Editori – Collana "Il Grande Cinema di Totò"
    • Anno di uscita: Anni '90 (data precisa non disponibile)
    • Caratteristiche: Versione standard del film, in bianco e nero, senza contenuti speciali.
  • CVR – Collana "Cine Video Ricordi"
    • Anno di uscita: Anni '90 (data precisa non disponibile)
    • Caratteristiche: Edizione da edicola, con copertina illustrata e nessun extra noto.

💿 Edizioni DVD

  • Surf Video – Edizione da edicola
    • Anno di uscita: Novembre 2008
    • EAN: 8017229465215
    • Caratteristiche:
      • Formato video 1.33:1 anamorfico
      • Audio italiano mono
      • Sottotitoli in italiano per non udenti
      • Contenuti extra:
        • Aneddoti e curiosità
        • Credits
        • Filmografia/Biografia
        • Photogallery
  • LaFeltrinelli – Edizione DVD
    • Anno di uscita: Data non specificata
    • EAN: 8017229465215
    • Caratteristiche: Versione standard del film in italiano, senza indicazioni su contenuti extra.

Attualmente, non risultano edizioni in formato Blu-ray o versioni restaurate in alta definizione. Le edizioni disponibili sono principalmente in DVD, con alcune offerte che includono contenuti extra come aneddoti e photogallery.


Nella foto sopra, conservata nel baule di scena, la camicia di Beniamino Lomacchio nel film "Totò cerca casa". Sotto, la giacca indossata da Totò nei film 'Totò le Mokò' e 'Totò cerca casa', anch'essa conservata nel suo baule di scena.


Steno ed io facevamo gli sceneggiatori, specialmente di film comici e umoristici: avevamo sceneggiato per Macario e Rascel insieme a Metz, Marchesi e altri. Avevamo conosciuto Totò perché avevamo sceneggiato anche per lui, lo incontravamo sui set dove qualche volta i registi ci chiamavano per modificare qualche cosa. Poi è capitata quest’occasione: Ponti aveva un contratto con Totò di sette settimane, mi pare, per fare come produttore esecutivo della Lux "L'imperatore di Capri", solo che spinse Comencini a fare il film in poco tempo. Gli rimanevano quindi tre settimane di Totò pagate. Allora fece un altro film, non con la Lux ma per conto suo; si rivolse a noi e ci disse: “Ho bisogno di un’idea per Totò, fatevi venire in mente qualche cosa, scrivetela alla svelta. Intanto io cerco un regista e vedo di mettere in piedi il film”.

Mario Monicelli


In quell'epoca c’era il problema degli alloggi, perché si era subito dopo la guerra, c’era un’Italia semidistrutta, non si trovava casa e compagnia bella. Ci venne in mente di inventare l’idea di una famigliola che cerca un riparo e tutte le vicende che le sarebbero capitate, e la scrivemmo rapidissimamente. Ponti intanto non trovò il regista. Non so perché, forse erano occupati o non volevano farlo perché allora girare con Totò o chi per lui era considerato un abbassarsi. E allora ci disse: “Ma sentite, l’avete scritto voi, perché non lo fate voi? Fatelo svelti, in quattro o cinque settimane...”. Eravamo un po’ titubanti, poi alla fine dicemmo “Vabbe’, facciamolo noi”, senza con questo voler fare chissà che, né voler iniziare una carriera di registi. Dato che dovevamo fare in fretta, prendemmo almeno un paio di idee da altre fonti. Per esempio la scena il cimitero era una farsa che il teatro napoletano comico faceva spesso... e la scena dell’appartamento affittato a tre faiceva parte anche quello della vecchia tradizione delle farse napoletane. La fretta ha avuto la sua parte, ma anche i suoi vantaggi.

Mario Monicelli


Ho lavorato un giorno solo ma lo ricordo perchè ho avuto il piacere di conoscere Totò. Ero stato chiamato per dire proprio due battutine, dovevo andare soltanto all'anagrafe e denunciare la nascita di mio figlio. Invece venne fuori una cosa molto carina sulla difficoltà di trovare il nome giusto perchè il personaggio di Totò bocciava ogni nome che proponevo. Capii che Totò andava cercando da me dei nomi che potessero dare dell'imbarazzo... Chiamandosi Palmiro, per esempio, poteva essere solo di sinistra per via di Togliatto, e roba del genere. Totò rispondeva "No, no, no, per carità..." e così andammo avanti un bel po'. Fu fatto tutto "a soggetto", non era scritto sulla sceneggiatura.

Giacomo Furia


Ci davano gli scarti degli altri film, pellicole attaccate con l’acetone. I film di Totò erano davvero molto poveri: allora bisognava accontentarsi di quello che ci dava la produzione e girare ogni film in ventotto giorni, facendo dalle trenta alle quaranta inquadrature al giorno. Lavoravamo dodici ore al giorno, senza i sindacati, e lui si portava appresso sempre gli stessi attori perché conoscevano i suoi lazzi, le sue battute, sapevano andargli appresso e non fermavano il film. In "Totò cerca casa", cinquant’anni fa, facevo la maestra, oggi dicono che ero bellissima. Totò non stuzzicava mai le attrici e aveva un gran cuore: ricordo che il primo giorno di riprese arrivava un gioielliere e lui comprava un braccialetto a tutti quanti. [...] Steno era l’unico regista che stimava e apprezzava Totò, il più intelligente, il più umano, il più arguto, quello che lo ha capito prima del grande Pasolini.

Marisa Merlini


Ho abbandonato la regia del film "Totò cerca casa" perché Totò dice: ‘La macchina qui, la macchina là’. Due registi per un film andranno bene, ma tre sono decisamente troppi!

Mario Monicelli


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • ½Solitamente stimato (*** pure per Morandini), mi ha deluso. Pare più raffazzonato che datato. Certo è che Totò ha guizzi memorabili e che l'episodio cimiteriale ha qualche tocco notevole (c'è pure il grande Cesare Polacco), ma nella seconda parte il film si fa stucchevole con l'appartamento pluri-abitato e antiquatissimo con l'automobile impazzita del finale, interminabile alla ricerca del metraggio. Il personaggio di Folco Lulli può richiamare Re Faruq, ma si tratta solo di un caso, perché il film è antecedente al suo esilio romano.
  • Codiretta da Steno e Monicelli, è decisamente una delle migliori pellicole intepretate da Totò. Il merito è della buona sceneggiatura e della capacità degli autori di scrivere un copione che da un lato riflette bene il clima difficile dell'Italia del dopoguerra ma è nello stesso tempo una raffinata parodia del cinema neorealista. Ovviamente l'intepretazione dell'attore napoletano è un grande valore aggiunto e funziona ancora di più in un valido contesto come questo.
  • Derivata dalla commedia teatrale Il Custode (Moscariello), la sceneggiatura si sviluppa compiutamente -facendo leva sul lato misero/comico- attorno alle disavventure d'un impiegato statale, scontato dell'abitazione in tempo di guerra. Beniamino Lomacchio (Totò) vagabondando da un'aula scolastica al cimitero (sequenza macabro/ironica indimenticabile) finirà per approdare al Colosseo. Gli ottimi dialoghi vengono -spesso- surclassati dalla capacità mimica e dal senso innato d'improvvisazione cui il grande attore fa ricorso in più contesti.
  • Certo minore e datato, e non il miglior Totò di Steno e Monicelli, ma comunque meritevole, con spunti felici (in particolare l'episodio cimiteriale con fantastico, ancorchè spartano, dècor e atmosfera pre-Addams, con tanto di gufo-cucù!), guizzi surreali (il cinese nel bagno, la scena dei timbri che spalanca un improvviso, folle squarcio chapliniano) e scarti (il dialogo sul pudore con la donna velata ma nuda). Ah, e una nemmeno tanto sottile vena anarchica, di cui fa le spese lo stronfiante sindaco.
  • Sfollati alla ricerca di una casa, dal cimitero all'attico di un pittore, dal Colosseo a un appartamento venduto da truffatori: umorismo leggero, con qualche idea gustosa (soprattutto negli incastri della sceneggiatura a episodi con personaggi ricorrenti), ondeggiante fra i classici sketch di varietà e l'altrettanto classica commedia degli equivoci. Film macedonia, insomma, in cui pure l'insieme del cast è ben assortito e di qualità, anche se la parte del leone la fa ovviamente un Totò in gran forma. Molto ingenuo, ma anche piacevole.
  • Da un tema su cui ci sarebbe ben poco da ridere - la perdita della propria abitazione dopo la fine della guerra -, Steno e Monicelli traggono una parodia del neorealismo dalla sceneggiatura discontinua, che tuttavia si compatta intorno alle strabilianti doti comiche di Totò. Ci sono episodi alquanto riusciti (il cimitero), altri che riparano nel paradosso (l'equivoco in classe), altri ancora soffocati da situazioni risapute (la truffa dell'appartamento).MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che timbra tutto come un forsennato; Le informazioni del vice custode (un grandissimo Cesare Polacco) a Totò.
  • Il Totò più macchiettistico del primo periodo impiegato in una divertente commedia che ironizza sulla penuria di alloggi nel dopoguerra. La girandola di equivoci che si crea in alcuni casi è davvero irresistibile, come nel caso dell'appartamento venduto a più inquilini con il nostro che si crede in preda ad allucinazioni. La verve del grande attore si palesa anche quando può improvvisare con la sua inconfondibile mimica, come nello sketch al cimitero. Notevole cast folto di caratteristi di spessore. Da vedere.
  • Un impareggiabile Totò regala mimiche e battute fulminanti in questa breve pellicola che vede una famiglia all'annosa ricerca di un alloggio dove poter vivere. Il ritmo è sempre elevato e tra le vicende cimiteriali e quelle relative all'abitazione occupata da più inquilini si sorride con piacere. Per essere un film dell'immediato dopoguerra appaiono abbastanza spinte alcune battute del principe della risata.
  • Vale per la verità più per il fatto di essere il primo Totò diretto da Steno/Monicelli e per inserirsi in un ottima annata (Totò Le mokò, Fifa e arena) che per la sostanza che gli vien invece solitamente attribuita. Caratteristico il suo procedere per scenette (diremmo quasi per "stripes") e la evidente spregiudicata volontà di omaggiare e canzonare il neorealismo. I due registi però (come gli sceneggiatori Age/Scarpelli) sembrano ancora dover studiare il Principe. Resta un film spedito e indispensabile. Memorabili i copricapo di Polacco, Lulli e Merlini.MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò scolaretto alle prese con la "patronessa" Marisa; Il manicomio come "casa" sicura (idea ripresa in Totò Peppino e le fanatiche.
  • La crisi degli alloggi nel secondo dopoguerra italiano viene per un attimo stemperata dalla verve comica di Totò che impersona un povero disgraziato in cerca di sistemazione per sé e la sua famiglia. Nonostante siano passati diversi anni, resta piacevole e divertente, soprattutto nella prima parte. Gli equivoci su cui improvvisare non mancano e Totò non perde occasione di sfruttare la mimica e la dialettica che lo hanno reso famoso. Si tratta di situazioni in grado di far esprimere l’attore più che di un scritto vero e proprio.MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Lei vuole sposare mia figlia? No, non se ne fa niente: a me i generi non interessano, a meno che non siano alimentari!".
  • Un Totò incontenibile e divertente è il protagonista di questa scatenata commedia diretta a quattro mani da Mario Monicelli e Steno. I vari sketch che si susseguono sono ricchi di verve e nonsense anche grazie alle improvvisazioni dello stesso Totò. A fare da cornice alla storia ci sono dei buoni caratteristi.
  • Film molto invecchiato e sopravvalutato. Fu, all'epoca, un grande successo commerciale per il produttore Ponti, ma dopo più di sessant'anni dà l'impressione di essere una farsa neorealistica mal riuscita, squilibrata e, addirittura, raffazzonata. L'intento meritevole di affrontare il problema della scarsità di alloggi viene continuamente contraddetto da un umorismo burattinesco e surreale da comica del cinema muto se non, persino, da cartone animato. Qualche gag da umorismo nero andata a segno non salva il film.MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena dei timbri, uno dei topoi più travolgenti e funambolici del repertorio teatrale e cinematografico di Totò.
  • Pellicola un po’ discontinua cui Totò dà una certa omogeneità e il cui motivo d’interesse è lo sguardo ironico sui problemi degli sfollati nel dopoguerra e sul malcostume, purtroppo sempre di moda, delle truffe ai danni dei bisognosi. Steno e Monicelli, come spesso accade, “stanno sul pezzo”. Pur in mancanza di battute e situazioni davvero memorabili, la prova di Totò è come sempre godibile e gli attori di contorno danno un buon apporto.

Le incongruenze

  1. Beniamino (Totò) appena alzato cerca la sua scarpa sinistra ed accusa suo figlio di avergliela rubata. Alla fine proprio il bambino aveva preso la calzatura, adattandola a mo' di barca a vela. In realtà quando si vede bene la scarpa si vede che è una destra e non sinistra, come prima aveva detto il padre.
  2. Checchino (Tieri), il fidanzato della figlia di Beniamino, si rivolge al futuro suocero dandogli del "tu". Il film è stato girato nel 1949 e tutta questa confidenza tra futuri genero e suocero non c'era, magari c'era - fuori dal film - tra gli attori Tieri e De Curtis, che non hanno cambiato il loro rapporto nel film, calandosi bene nella parte.
  3. Al cimitero Checchino inciampa all'improvviso nel filo della campanella. Essa dovrebbe far rumore solo per un attimo, invece continua a suonare per molti secondi, risultato non di un inciampo, ma di una vera e propria tirata continuata.
  4. Quando Beniamino va a portare le due candele al defunto, accende una candela per ben due volte in due sequenze distinte, che probabilmente è sempre la stessa ripetuta.
  5. Beniamino viene scambiato per un alunno dalle autorità della scuola e viene fatto andare alla lavagna per risolver un problema. Esso consiste in una moltiplicazione: 365 X 45,80. Dopo vari calcoli Beniamino scrive 745 e ¼. Tutti sono soddisfatti della giusta risoluzione del problema, peccato che il risultato dovrebbe essere 16717.
  6. Beniamino sta spolverando uno specchio nella casa del pittore e rimprovera i due fidanzati, che smettono subito di baciarsi, ma nella scena successiva nello specchio continua a vedersi il bacio tra i due, quando in realtà i due hanno smesso e non hanno neanche ricominciato.
  7. Beniamino vede "l'allucinazione" delle valigie, poi per opera del montaggio (fatto pessimamente) il discorso con la moglie inspiegabilmente va a finire su una questione di donne.
  8. Beniamino beve un drink che si era preparato l'ambasciatore. Questi quando si alza e si accorge che il bicchiere è vuoto ha le mani sulla bottiglia vuota, nell'inquadratura successiva le mani non impugnano più la bottiglia.
  9. Beniamino guida l'auto dell'ambasciatore ed arriva al Foro Italico, ma si vede lo scoppio dell'auto prima che questa sbatta sulla statua, appena inaugurata. E' poco probabile che abbia frenato, facendo scoppiare la bomba, visto che non aveva frenato mai durante la corsa, eppure nel frattempo aveva sfasciato di tutto: muri, bancarelle...
  10. Beniamino è nella stanza da letto, dove si trova la fidanzata dell'ambasciatore. Ha la camicia da notte, e non porta nessun cappello. Dopo che sono entrati l'ambasciatrore e la moglie, Beniamino fugge dalla finestra, ed ha in testa il cappello.
  11. Beniamino fugge con l'auto dell'ambasciatore, e non può frenare poichè, al pedale del freno, è collegata una bomba che era destinata proprio all'uomo politico. Sfonda il muro di una fabbrica di ceramiche e la macchina si riempie di vasi da notte ma, nella scena successiva, nell'auto non c'è più nemmeno un vaso...
  12. Il muro contro il quale si sta dirigendo Totò con l'auto nella fuga finale è simile ma diverso rispetto a quello che, pochi secondi dopo, l'auto sfonda infilandosi nel palazzo. Il primo è un muro reale, il secondo è finto ed stato ricostruito in studio quasi fedelmente all'originale, anche se qualche piccola differenza c'è (per esempio, il muro dello studio non reca i segni del tempo del muro reale, visibili sotto la finestra posta a sinistra del punto d'impatto)
  13. Quando Totò sta per sfondare il muro del palazzo e si copre la faccia per riparsarsi, a bordo dell'auto, alla destra di Totò, già si vedono dei pezzi di muro, nonostante questo non sia ancora stato sfondato.
  14. Il letto che viene trascinato dall'auto guidata da Totò, dopo che questa si è infilata in un appartamento sfondando il muro, era dotato di quattro rotelle che ne agevolassero il trascinamento e che si vedono benissimo quando il letto si ferma nel bel mezzo della strada e gli "inquilini" si svegliano.
  15. Verso la fine, quando Toto' aggancia il letto con l'auto-bomba e successivamente lo lascia andare, i due scendono dal letto con le scarpe.
  16. Quando Totò, esasperato dal ritmo frenetico degli impiegati comunali che timbrano carte, afferra dei timbri e "bolla" l'abito dell'ispettore scolastico, questi inveisce contro di lui con delle frasi sconnesse, ma la bocca è chiusa.

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo

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La quarta casa nella quale si trasferisce Beniamino Lomacchio (Totò) con la famiglia è il Colosseo a Roma. Grazie alle immagini aeree di Google Maps ed al servizio di Street View, che eccezionalmente si addentra nell'anfiteatro, siamo in grado di individuare la posizione esatta dell'appartamento.

L’appartamento ricavato da Beniamino si trova in corrispondenza della balconata segnalata con A, dalla quale la moglie Amalia (Mangini), esultando per la vincita di un milione di lire, rovescerà una secchiata d’acqua sulla testa d’una principessa in visita al monumento.

Cominciamo con l’individuare la visuale che si ha dalla balconata A che non è quella che si vede qui sopra poiché si trova ad un piano superiore del Colosseo.

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Questa è la terrazza sottostante (B), sulla quale staziona la principessa quando riceverà la secchiata d’acqua. Da notare che il cancelletto alle spalle del gruppo di comparse, nel secondo fotogramma, oggi è stato coronato da uno stipite che all’epoca si trovava altrove. Dall'alto una panoramica che ci mostra bene il punto esatto.

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Il manicomio dove Beniamino Lomacchio (Totò) e la moglie Amalia (Mangini) “trovano casa” alla fine del film, dopo l'incidente della statua, è in realtà Villa Sciarra, situata in Via Calandrelli 23 a Roma, che Bava utilizzerà in Sei donne per l'assassino. Dopo una ricerca sulle fontane di Roma, ho notato che l'unica che assomigliasse a quella visibile nei fotogrammi era proprio la Fontana delle Sfingi della villa.


LA FUGA DI BENIAMINO LOMACCHIO – 1a parte

Ricostruzione della fuga lungo le strade di Roma di Beniamino Lomacchio (Totò), che scappava dall’ambasciatore del Kubistan (Lulli), uno dei tre acquirenti ai quali era stato venduto l’ultimo appartamento, che credeva che Beniamino avesse una relazione con sua moglie (Rocca). L’auto sulla quale viaggiava alla fine esploderà perché un attentatore, che pure si trova a bordo della vettura, aveva collegato una bomba del freno con l’intenzione di uccidere l’ambasciatore, al quale era destinato l'automezzo. Le scene sono in tutto 23 (due dalla doppia natura).

1) Subito dopo aver lasciato il palazzo, si vede l’auto attraversare Piazza Gentile da Fabriano.

1949-Toto cerca casa 13

2) Ritroviamo ora l’auto in Corso d’Italia (1° fotogramma), mentre procede in direzione di Piazza Fiume, dove, venuto a sapere della presenza della bomba sotto il freno, Beniamino si spaventa e perde il controllo dell’auto, che prende a piroettare vorticosamente nella piazza (2° fotogramma). Se rifacessero il film oggi negli stessi luoghi dove fu girato, vedremmo l'auto infilarsi nella Sottovia Ignazio Guidi

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Mentre Piazza Fiume non sembra aver subito grandi stravolgimenti...

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...almeno sin quando non inquadrano il punto dove oggi c'è l'edificio della Rinascente.

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Durante la piroetta dell'auto in Piazza Fiume vengono mostrati scorci non appartenenti a questa piazza: tra gli altri si riconosce Corso Pannonia

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Nella medesima scena della piroetta compaiono Piazza Epiro...

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...e poi Via Numidia

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3) Ancora spaventato dalla notizia della bomba, Beniamino procede a zig-zag lungo Via Flaminia, dove lo vediamo transitare all’altezza dell’incrocio con Via Rabirio. Da notare che oggi le rotaie del tram seguono un percorso differente e che l’edificio posto all’estrema destra è stato prolungato verso Via Rabirio, che si è quindi ristretta.

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4) Rischia quindi un frontale con un tram, che gli taglia la strada in Piazzale delle Belle Arti.

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LA FUGA DI BENIAMINO LOMACCHIO – Parte 2

5) Evitato il tram e imboccato il Lungotevere Flaminio (che inizia proprio dal Piazzale delle Belle Arti), Beniamino in questo punto rischia un secondo frontale dopo aver tolto le mani dal volante per minacciare uno schiaffone all’attentatore, che lo aveva offeso dandogli dello stupido.La visione ravvicinata dell’edificio sullo sfondo permette di riconoscere anche le finestre indicate con B

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6) Provenendo da Via Salaria, l'auto di Beniamino svolta a destra imboccando Via Po. Da notare che è rimasta l'edicola religiosa posta all'angolo sinistro dell'incrocio, mentre il giardino sulla sinistra è scomparso e oggi al suo posto c'è un negozio.

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L’auto-bomba fa quindi ritorno in Piazza Gentile da Fabriano.

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Altro zig-zag sul Lungotevere Flaminio, poco prima di giungere al bivio con Via Antonio Allegri da Correggio

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9) Lasciamo il quartiere Flaminio (per ritornavi subito dopo) e l’auto guidata da Totò fa la sua comparsa nel bel mezzo di Piazza di San Bernardo, la stessa dove sarà girata una delle più famose scene di Angeli e demoni.

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LA FUGA DI BENIAMINO LOMACCHIO – Parte 3

10) La strada dove l’auto investe la bancarella di un venditore di pesci rossi, impatto dal quale Beniamino ne esce con un bel casco in testa (un boccione con tanto di pesciolini a nuoto) è Via Guido Reni, oggi riconoscibile un po' a fatica perchè gli edifici che si vedono a sinistra nel fotogramma sono stati demoliti e sostituiti da altri.

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Il controcampo della strada dove avviene l’investimento con il banchetto del venditore di pesci non appartiene a Via Guido Reni, come ci si attenderebbe, bensì a Via Pannonia, già utilizzata nel corso di questa fuga. Il panificio che si vede al centro dell’inquadratura non esiste più perché nel 1953, 4 anni dopo le riprese, è stato trasformato nella trattoria Romolo e Remo.

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11) Uscita dalla casa, trascinando con sé il letto sul quale dormono i proprietari), l’auto percorre Via Virginio Vespignani...

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...in direzione del Lungotevere Flaminio, imboccandolo svoltando a destra

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12) Percorrendo Viale Pinturicchio, come ha scoperto Roger, Beniamino approfitta della “decapottazione” dell’auto, provocata dall’impatto con il muro della casa, per alzarsi in piedi e sincerarsi dello stato dei “dormienti”. A 63 anni di distanza l'aspetto della strada è cambiato. In particolare, dietro l'edificio A ne è stato costruito uno che cela quello che, nel fotogramma, gli compariva alle spalle (tuttora esistenza ma invisibile dal luogo dove, nel 1949, furono effettuate le riprese). La prova definitiva ce la fornisce l'edificio che si vede dietro A nel terzo fotogramma e che oggi è nascosto alla vista da un edificio costruito dopo il 1949: situato all'altezza dell'intersezione con Via Ferdinando Fuga, se ne riconoscono la fila di finestrelle centrali tonde e quelle sul lato destro, leggermente arretrate.

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LA FUGA DI BENIAMINO LOMACCHIO – Parte 4

13) Siamo ancora sul Lungotevere Flaminio, praticamente di fronte alla casa di Pierina in Quella peste di Pierina, ma in un tratto che precede l’immissione di Via Virginio Vespignani (a rigor di logica l’auto avrebbe dovuto trovarsi oltre quel punto, non prima).

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14) Beniamino torna ad alzarsi per controllare i “dormienti”: siamo sul Ponte Duca d’Aosta, mentre sullo sfondo si riconosce la palazzata che si affaccia su Piazza Mancini. Nel terzo fotogramma la palazzata di Piazza Mancini vista da vicino

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15) Mentre i “dormienti” concludono il loro viaggio, Beniamino insegue un ciclista: siamo tornati in dietro, prima del ponte, perché quella che si vede sullo sfondo è ancora la palazzata di Piazza Mancini, del quale viene inquadrata in pieno sole la facciata aperta su Via Luigi Poletti (che è anche la strada dalla quale proveniva ora l’auto di Beniamino).

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16) Avete avuto una sensazione di déjà vu? Esatto. Infatti, dopo l’inseguimento al ciclista di Piazza Mancini, ritroviamo Beniamino all’incrocio tra Via Flaminia e Via Rabirio dove in precedenza (scena 4) era andato dritto per la Flaminia mentre ora prende a destra (guardando) per Via Rabirio. Da questo fotogramma si intuisce ancora meglio come l’edificio B un tempo fosse più corto e, di conseguenza, come oggi Via Rabirio sia più stretta

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LA FUGA DI BENIAMINO LOMACCHIO - Parte 5

17) L’auto-bomba arriva a tutta velocità dal Lungotevere Thaon di Revel...

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...e svolta a sinistra, imboccando il Ponte Duca d’Aosta e puntando dritta verso il Foro Italico, che all’epoca non era ancora dotato di uno stadio (i lavori di costruzione, interrotti dallo scoppio della guerra, ripresero nel 1950).

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18) La fuga di Bernardino Lomacchio ha termine nel Piazzale del Foro Italico dove l’auto, oramai fuori controllo, si schianta contro una statua, inaugurata proprio quel giorno, che crolla perché l’impatto causa l’azionamento del freno e della bomba ad esso collegata. La statua (ovviamente posticcia) appena inaugurata e demolita dopo neanche 5 minuti. Il pallino rosso segna il luogo dell’impatto.


LA FUGA DI BENIAMINO LOMACCHIO - La deviazione dei dormienti

1) La strada nella quale il letto si sgancia dall’auto e prende a destra, mentre Beniamino continua diritto, è, come scoperto da Roger, Viale Bruno Buozzi. Il letto si infila in Via Gramsci mentre sullo sfondo si riconoscono gli edifici affacciati su Piazzale Don Giovanni Minzoni. Qui vediamo gli stessi edifici:

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Qui invece vediamo dov'era la svolta. Ecco gli edifici affacciati su Piazzale Don Minzoni e la svolta visibile nel fotogramma

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2) La strada dove il letto si ferma e ne scendono i due “inquilini”, che poi, un po’ frastornati, se ne vanno a braccetto è Piazza Epiro a Roma. Si noti la scuola, allora in fase di costruzione ma già riconoscibile.


Totò cerca casa (1949) - Biografie e articoli correlati

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9522
30 Lug 2019

Continenza Alessandro (Sandro)

Continenza Alessandro (Sandro) (Roma, 13 luglio 1920 – Roma, 21 novembre 1996) è stato uno sceneggiatore e autore televisivo italiano. Biografia Esordì come sceneggiatore cinematografico…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
1640
17 Nov 2015

De Vico Pietro

De Vico Pietro Quella piccola scenetta che ho fatto in Totò diabolicus, io stavo a casa mi mandarono a chiamare "Vieni, vieni che ti vuole Totò". Io vado alla Titanus e c'era già la scena…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6703
23 Nov 2015

Del Balzo Liana (Eliana)

Del Balzo Liana (Eliana) Pseudonimo di Eliana Del Balzo (Buenos Aires, 4 marzo 1899 – Roma, 26 marzo 1982), è stata un'attrice italiana. Biografia Nacque in Argentina da due immigrati…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3088
31 Dic 2019

Fraticelli Franco

Fraticelli Franco (Roma, 30 agosto 1928 – Roma, 26 aprile 2012) è stato un montatore cinematografico italiano. Nipote del montatore Mario Bonotti, è stato uno dei principali promotori…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
2294
14 Nov 2015

Furia Giacomo (Giacomo Matteo)

Furia Giacomo (Giacomo Matteo) Giacomo Matteo Furia (Arienzo, 2 gennaio 1925 – Roma, 5 giugno 2015) è stato un attore italiano. Biografia Furia nacque ad Arienzo, in provincia di Terra di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
4464
23 Nov 2015

Galadini Eugenio

Galadini Eugenio Biografia È stato un attore caratterista o di secondo piano in moltissimi film a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta. A teatro debutta con Segnale di sangue…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3385
18 Set 2018

Garrone Luigi Antonio

Garrone Luigi Antonio Luigi Antonio Garrone (Torino, 26 gennaio 1886 – Roma, 26 aprile 1950) è stato un attore italiano. Il primo a menzionarne il nome risulta essere stato Orio Caldiron…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
2153
17 Ott 2018

Gattari Mario

Gattari Mario Unico film nella sua brevissima carriera di attore, è nel film Totò cerca casa, 1949, nel ruolo di Otello Lomacchio, figlio di Beniamino (Totò)
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
2666
22 Ott 2018

Holt Laura

Holt Laura Vero nome, Laura Saporetti (da verificare). Ballerina del "Trio Holt" (esclusa dai titoli) TOTO' CERCA CASA, 1949 : pare abbia polemizzato in seguito a foto di scena di codesto…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
1583
23 Lug 2019

Incrocci Agenore (Age)

Incrocci Agenore (Age) (Brescia, 4 luglio 1919 – Roma, 15 novembre 2005), è stato uno sceneggiatore italiano. Biografia Fratello minore dell'attrice Zoe Incrocci, trascorre l'infanzia…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2446
23 Nov 2015

Lulli Folco

Lulli Folco (Firenze, 3 luglio 1912 – Roma, 23 maggio 1970) è stato un attore, regista e partigiano italiano. Biografia Figlio del baritono Gino Lulli, fratello dell'attore Piero, compagno…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
4470
13 Nov 2015

Mangini Alda

Mangini Alda (Milano, 13 luglio 1914 – Roma, 19 luglio 1954) è stata un'attrice e cantante italiana. Biografia Nata a Milano nel 1914, già da adolescente inseguì il suo sogno di lavorare…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5154
13 Nov 2015

Marchetti Giulio (Ascoli-Marchetti Giulio)

Marchetti Giulio (Ascoli-Marchetti Giulio) Giulio Ascoli-Marchetti (Barcellona, 9 giugno 1911 – Terracina, 1º dicembre 1993) è stato un attore italiano di teatro e cinema, nonché conduttore…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3704
13 Nov 2015

Marchetti Nino (Giovan Battista - Giobatta)

Marchetti Nino (Giovan Battista - Giobatta) Pseudonimo di Giovan Battista Marchetti, a volte accreditato come Giobatta Marchetti (Codroipo, 21 febbraio 1909 – Roma, 2 settembre 1983), è…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2727
13 Nov 2015

Merlini Marisa (Merlin Marisa)

Merlini Marisa (Merlin Marisa) (Roma, 6 agosto 1923 – Roma, 27 luglio 2008) è stata un'attrice italiana, attiva nel teatro, al cinema e in televisione. Biografia Nata Merlin[1], da una…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8631
17 Nov 2015

Metz Vittorio

Metz Vittorio (Roma, 18 luglio 1904 – Roma, 1º marzo 1984) è stato uno scrittore, umorista e sceneggiatore italiano, autore di programmi televisivi e regista cinematografico. Biografia La…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3282
23 Nov 2015

Molfesi Mario

Molfesi Mario (Napoli, 25 Maggio 1907 – ...) è stato un attore italiano. Biografia È stato un attore caratterista e di secondo piano in molti film a partire dalla fine degli anni trenta.…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
1866
09 Apr 2014

Monicelli Mario

Monicelli Mario Le origini (Roma, 16 maggio 1915 – Roma, 29 novembre 2010) è stato un regista, sceneggiatore e scrittore italiano. Negli anni Cinquanta abbiamo sbagliato tutto nei confronti…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5775

Monicelli: la sera cantavamo con Totò

Monicelli: la sera cantavamo con Totò Steno ed io diventammo registi per caso quando inventammo «Totò cerca casa». Per «Risate di gioia» la Magnani non lo voleva: «Abbassa il tono del film»…
Liliana Madeo, «La Stampa», 15 luglio 1992
1502
09 Apr 2014

Pavese Luigi

Pavese Luigi (Asti, 25 ottobre 1897 – Roma, 13 dicembre 1969) è stato un attore e doppiatore italiano. Biografia Fratello maggiore di Nino Pavese, esordì al cinema giovanissimo,…
Daniele Palmesi, Valentina Pattavina
8625
11 Nov 2015

Polacco Cesare

Polacco Cesare (Venezia, 14 maggio 1900 – Roma, 2 marzo 1986) è stato un attore e doppiatore italiano. Nacque da una famiglia ebraica. Esordisce nel 1920 nella compagnia teatrale di Emilio…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
16348
17 Giu 2019

Ponti Carlo (Fortunato Pietro)

Ponti Carlo (Fortunato Pietro) Carlo Fortunato Pietro Ponti (Magenta, 11 dicembre 1912 – Ginevra, 9 gennaio 2007[1]) è stato un produttore cinematografico italiano. Biografia Famiglia Nato…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5578
13 Nov 2015

Riva Mario (Bonavolontà Mario)

Riva Mario (Bonavolontà Mario) Pseudonimo di Mario Bonavolontà (Roma, 26 gennaio 1913 – Verona, 1º settembre 1960), è stato un conduttore televisivo e attore italiano, che raggiunse vasta…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8145
02 Lug 2022

Rustichelli Carlo

Rustichelli Carlo (Carpi, 25 dicembre 1916 – Roma, 13 novembre 2004) è stato un compositore italiano. Biografia Diplomato in pianoforte e composizione, dopo una breve parentesi teatrale…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
512
23 Lug 2019

Scarpelli Furio

Scarpelli Furio (Roma, 16 dicembre 1919 – Roma, 28 aprile 2010) è stato uno sceneggiatore, giornalista, disegnatore, scrittore, scenografo e pittore italiano. Biografia Figlio di Filiberto…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2170
14 Nov 2015

Scotti Gino

Scotti Gino (4 maggio 1914 – 6 agosto 2004) è stato un attore italiano. Biografia È stato un prolifico attore caratterista o di secondo piano dai primi anni quaranta. Galleria fotografica e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
11370
09 Apr 2014

Steno (Vanzina Stefano)

Steno (Vanzina Stefano) Roma, 19 gennaio 1915 – Roma, 13 marzo 1988 Quando con Monicelli abbiamo fatto Totò cerca casa abbiamo trovato la stessa troupe che aveva lavorato ne L'imperatore di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6775
18 Set 2018

Tedeschi Alessandro

Tedeschi Alessandro Viso "da germanico", fratello di Maria. Nell'Annuario del Cinema Italiano 1950-1951 è elencato come GENERICO EXTRA. Presente in diversi films sia come semplice tedesco…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
2746
09 Apr 2014

Tieri Aroldo

Tieri Aroldo L'incontro con Totò è avvenuto quando la mia posizione cinematografica era già avanzata. Qualche volta ho fatto delle partecipazioni anche minime perché mi voleva molto bene e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8271
23 Nov 2015

Torelli Attilio

Torelli Attilio (Roma, 8 giugno 1897 – Chiavari, 28 febbraio 1968) è stato un attore italiano. Esordisce nel film Fiamme sul mare di Michał Waszyński del 1947. Fino al 1963 è attore di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3506
10 Mag 2016

Totò e... Age

Totò e... Age La parodia era la sua forza Agenore Incrocci: l’arte della penna affilata nascosta dietro la maschera dell’ironiaovvero, come un signore di Brescia diventò il cervello segreto…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3752
19 Nov 2016

Totò e... Aroldo Tieri

Totò e... Aroldo Tieri Ero il fidanzato geloso L'incontro con Totò è avvenuto quando la mia posizione cinematografica era già avanzata. Qualche volta ho fatto delle partecipazioni anche…
Daniele Palmesi, Orio Caldiron
5644
04 Giu 2016

Totò e... Furio Scarpelli

Totò e... Furio Scarpelli Eravamo totoizzati Quelli della mia età, avevano in Totò un riferimento ironico, buffonesco, furbesco al quale si ispiravano per parlare fra di loro. I ragazzi…
Orio Caldiron, Franca Faldini, Goffredo Fofi
3061
17 Ago 2016

Totò e... Giacomo Furia

Totò e... Giacomo Furia Si divertiva sul set Quando ero nella compagnia di Eduardo, alla fine del nostro spettacolo noi giovani ci struccavamo e scappavamo per andare a vedere Totò che…
Daniele Palmesi, Orio Caldiron
6351
10 Gen 2017

Totò e... Luigi Pavese

Totò e... Luigi Pavese Luigi Pavese: la voce profonda del cinema che non voleva protagonismi C'era una volta, in quell’Italia dai toni seppia e dai film in bianco e nero, un uomo che sapeva…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6281
07 Giu 2016

Totò e... Mario Castellani

Totò e... Mario Castellani Un improvvisatore nato Per quarant’anni gli sono stato vicino nella vita e sul palcoscenico. Ho avuto l’onore di essere la sua « spalla » prediletta. Ci…
Orio Caldiron, Davide Morganti, repubblica.it, Alessandro Nocera, Giuseppe Grieco
12228
19 Nov 2016

Totò e... Mario Monicelli

Totò e... Mario Monicelli Negli anni Cinquanta abbiamo sbagliato tutto nei confronti di Totò. Abbiamo sbagliato a renderlo più umano, castrandogli la fantasia e portandolo dalle parti di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5292
28 Mag 2016

Totò e... Steno

Totò e... Steno Fatti su misura Totò aveva una personalità talmente strana e talmente personale che qualsiasi regista doveva per forza subirne i limiti nel senso che era un grande attore:…
Orio Caldiron, Enrico Vanzina, cinematografo.it, Franca Faldini, Goffredo Fofi
5852

Totò trenta anni dopo: la rassegna stampa

Totò trenta anni dopo: la rassegna stampa Il settimanale specializzato «Film TV» nel numero 17 pubblicato nell'aprile 1997, in occasione del 30° anniversario della morte di Totò ripercorre…
«Film TV», anno V, n.17, 20-26 aprile 1997-Giuseppina Manin, Pasquale Elia, «Corriere della Sera», aprile 1997-R. Ch., Giancarlo Governi, Gabriella Gallozzi, «L'Unità», aprile 1997
2131
08 Gen 2018

Totò, l'invenzione e l'improvvisazione

Totò, l'invenzione e l'improvvisazione 📚 Indice degli Argomenti 🎭 I lazzi sulle tavole del palcoscenico 🎬 Il cinema: la troupe e gli attrezzisti come pubblico Totò teatrale e Totò…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8148
10 Apr 2014

Totò, une anthologie (1978)

TOTÒ, UNE ANTHOLOGIE (1978) Titolo originale Totò, une antologie - Anthologie de Totò Lingua originale Italiano - Paese di produzione Italia, Francia - Anno 1978 - Durata 112' - B/N, colore…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
4900
24 Giu 2017

Totò: perché mai proprio la bombetta?

Totò: perché mai proprio la bombetta? Non credo che dopo la morte avrò mai un monumento e neanche un monumentino. Io lo farei alla mia bombetta che ha tanto contribuito al mio successo.…
Pablo Escobar, Daniele Palmesi, Federico Clemente
4755


Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998 (interviste e Marisa Merlini, Giacomo Furia, Mario Monicelli)
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005
  • Documenti censura Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - www.cinecensura.com
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Cine Sport», 14 febbraio 1949
  • «8Otto» 8 dicembre 1949
  • l.p. (Leo Pestelli), «La Nuova Stampa Sera», 10 dicembre 1949
  • E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 15 dicembre 1949
  • Vice, «Il Popolo», 15 dicembre 1949
  • lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 15 dicembre 1949
  • Vittorio Bonicelli, «Tempo», n.51, Milano, 24 dicembre 1949
  • Ennio Flaiano, «Il Mondo», 31 dicembre 1949
  • "Segnalazioni cinematografiche", «Rivista del cinematografo», gennaio 1950
  • «Milano Sera», 21 marzo 1950
  • «La Settimana Incom Illustrata», 10 giugno 1950
  • Angelo Solmi, «Oggi», 7 giugno 1951
  • Liliana Madeo, «La Stampa», 15 luglio 1992
  • Lietta Tornabuoni, «La Stampa», 21 maggio 2005

I temi principali del mondo di Totò

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