Sua Altezza Imperiale Antonio de Curtis
Maestro Venerabile 30° nella Fulgor Artis di Roma all’Obbedienza della Federazione Massonica Universale del Rito Scozzese Antico ed Accettato
'A Livella del Fr. Antonio de Curtis in arte Totò
Il fratello massone Totò, al secolo Antonio De Curtis, è stato iniziato nel 1944, all’età di 46 anni, nella Loggia Palingenesi di Napoli. In seguito è stato anche fondatore della Loggia “Ars et Labor”, divenendone Maestro Venerabile. Aderì anche al Rito Scozzese Antico ed Accettato raggiungendo il 30simo grado. Solo gli impegni di lavoro, e soprattutto i problemi di salute nell’ultima parte della sua vita, gli impedirono di raggiungere il 33simo e massimo grado del rito scozzese. L’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani, Fr. Virgilio Gaito, ritiene che Totò abbia espresso, proprio nella poesia “ ‘A Livella”, “i reali sentimenti della sua appartenenza massonica”. In questa poesia infatti, sempre a detta del Fr. Virgilio Gaito, “sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte da sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini”.
Sua Altezza Massonica: Totò tra squadre, compassi e livelle
Il 21 aprile del 1967, mentre in Grecia prendeva il potere una giunta militare e il mondo girava come al solito nel caos, la Loggia Fulgor Artis decide di accendere i riflettori – rigorosamente simbolici – su una figura che pare uscita da un incubo kafkiano scritto da Eduardo De Filippo: Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe dei Focas Angelo Flavio Ducas Comneno Bisanzio… al secolo, Totò. Sì, proprio lui. Il principe Antonio de Curtis. L’attore. Il comico. Il poeta. Il simbolo di Napoli. Il figlio di N.N. E, a quanto pare, anche massone.
In quella data, il quotidiano romano Il Tempo pubblica un necrologio che è più un trattato araldico, firmato dalla misteriosa Loggia Fulgor Artis. Già il nome fa venire in mente una fusione tra un villaggio Jedi e un atelier rinascimentale. Ma che faceva lì Totò? E perché nessuno ne aveva mai parlato prima? Semplice: perché era un segreto, e nella Massoneria, si sa, i segreti piacciono più del brodo caldo.
Totò, Fratello e Principe (ma anche Maestro Venerabile)
Se credete che Totò fosse solo un attore comico, vi sbagliate. Era anche un Massone di 30° grado, cosa che, nella gerarchia del Rito Scozzese Antico ed Accettato, è praticamente come essere a un passo dal bottone rosso che apre la cassaforte dell’Universo (o quasi). La sua carriera “massonica” comincia nel 1945, in una Loggia napoletana chiamata “Fulgor”. Pochi mesi dopo, il Nostro appare come Maestro Venerabile nella Loggia Fulgor Artis di Roma, affiliata a una federazione dal nome che suona come il titolo di un romanzo fantasy: la Federazione Massonica Universale del Rito Scozzese Antico ed Accettato. Chiaro, no?
Ma come ogni storia italiana che si rispetti, c’è subito confusione. Alcuni (come un certo Giordano Gamberini) parlano anche di una loggia chiamata Ars et Labor, fondata forse da Totò, forse da qualcun altro, forse da tutti e da nessuno. In quegli anni del dopoguerra, le logge spuntavano come funghi e si fondevano, confondevano, si scioglievano e poi si riformavano, in un clima di libertà un po’ anarchica ma molto esoterica.
Quel che è certo è che Totò fondò la Fulgor Artis a Roma e che attorno a lui ruotavano attori di teatro e cinema, ovvero il gotha dell’arte drammatica italiana. Dunque non solo era un attore, ma anche un regista rituale, un leader simbolico, un gran cerimoniere della fratellanza muratoria.
33°? No, grazie. Io mi fermo al 30°
Totò avrebbe potuto ottenere il famigerato 33° grado, cioè entrare nel sancta sanctorum della Massoneria, nel Supremo Consiglio. Ma niente da fare. Come un Diogene napoletano, preferì restare ai margini dell’olimpo massonico. Forse per modestia, forse per coerenza, forse perché lì si mangiava peggio. O forse, semplicemente, perché Totò non aveva bisogno di titoli: era già Principe, dentro e fuori il Tempio.
1998: lo scandalo del grembiulino
Nel 1998, in occasione del centenario della nascita di Totò, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Virgilio Gaito, propone al Sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, di celebrare non solo l’attore ma anche il Fratello Massone. Apriti cielo. Luciano De Crescenzo grida allo scandalo: Totò? In grembiule? A fare rituali con la squadra e il compasso? “Ma per carità!”, avrebbe detto lui.
Per fortuna arriva il sempre lucido Renzo Arbore, che smorza le polemiche e riporta la palla al centro: Totò era profondamente solidale, amava l’elevazione spirituale, e in fondo la Massoneria era solo un modo per cercare di essere migliore, un club dove si parlava di giustizia, fratellanza e altre parole oggi in disuso.
Il segreto che tutti sapevano (ma facevano finta di niente)
Totò non ha mai parlato pubblicamente della sua affiliazione massonica. Eppure, da buon Fratello, rispettò il segreto come si deve. Anzi, in una delle risposte rituali più emblematiche della Massoneria si cela tutto il mistero:
"V’è qualche cosa di comune fra voi e me?"
"Sì, Venerabile Maestro",
"E che cosa è, fratello mio?",
"Un segreto",
"E quale è?",
"La Massoneria".
Fine. Applausi. Sipario. Ma attenzione: il segreto, in realtà, era lì sotto gli occhi di tutti, in forma poetica.
"‘A livella": la poesia, il messaggio, l'iniziazione
Nel 1953, in appendice al suo libro “Siamo uomini o caporali?”, Totò pubblica “’A livella”, una poesia che è molto più di un semplice componimento malinconico: è una vera e propria allegoria massonica. Lì dentro c’è tutto: l’eguaglianza, la morte come passaggio, la livella come simbolo di giustizia cosmica. La storia è nota: un marchese schifiltoso e un netturbino puzzolente sono sepolti l’uno accanto all’altro. Il nobile si indigna, ma lo scopatore lo rimette in riga, letteralmente:
"Ccà dinto, ‘o vvuò capì, ca simmo eguale?
Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io."
La livella è, nel simbolismo massonico, l’attributo dei Sorveglianti, ma anche la rappresentazione dell’uguaglianza totale, non solo sociale ma spirituale. La morte, come insegnano anche i rituali, non è la fine, ma un passaggio, un momento di trasformazione. Putrescat ut resurgat: bisogna marcire per rinascere, anche artisticamente.
E chi meglio di Totò, l’uomo dalle mille anime, poteva incarnare questo concetto? Nato povero, diventato principe, disprezzato dai critici ma adorato dal popolo, umile e nobile insieme, Totò era la sintesi perfetta del Compagno in cammino verso la Maestria.
Conclusione: Totò, Massone della Commedia Umana
Alla fine della giostra, cosa ci resta? Un’immagine paradossale ma coerente: Totò col cilindro e il grembiulino, mentre declama versi ai Fratelli tra una battuta e un simbolo. La sua arte era fatta di doppiezza, mistero, umanità profonda, proprio come la Massoneria. Totò non apparteneva solo al palcoscenico, ma anche a un mondo esoterico e nascosto, dove ogni risata è un rituale, ogni gesto un simbolo, ogni parola una chiave.
In fondo, Totò non ci ha mai mentito. Ci ha sempre detto che apparteniamo tutti alla Morte, e quindi alla verità. E forse, anche un po’ alla Massoneria.
🛠️ Totò Massone
🗓️ 1944 (forse)
📍 Loggia Palingenesi (Napoli)
👉 Prima affiliazione alla Massoneria, in piena clandestinità post-fascista.
🔍 Periodo torbido e pieno di logge “fai-da-te”. Totò potrebbe aver fatto il primo passo qui… ma i registri, si sa, sono più misteriosi dei finali di Nolan.
🗓️ Metà 1945
📍 Loggia Fulgor (Napoli)
🧑🔧 Totò compare come Fratello di 18° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato.
🪄 È già avanti nella scala massonica. Il nostro principe non parte proprio da zero: ha già fatto un bel po’ di “lavori” muratori.
🗓️ Ottobre 1945
📍 Loggia Fulgor Artis (Roma)
🎩 Totò è ora Maestro Venerabile e raggiunge il 30° grado.
📚 La Loggia è sotto l’Obbedienza della Federazione Massonica Universale – nome che sembra uscito da Star Wars.
🗓️ Anni ‘40–‘60
📍 Loggia Fulgor Artis (Roma)
🎭 Totò presiede la Loggia (probabilmente ininterrottamente), frequentata da attori, teatranti e artisti.
🏛️ La Loggia sembra un misto tra un palcoscenico e un tempio: il teatro incontra il Tempio di Salomone.
❌ Mai raggiunto il 33° grado
😇 Nonostante potesse ottenere il massimo grado massonico (33°), Totò si ferma al 30°.
💭 Forse per modestia. Forse per scelta. Forse perché oltre al 30° c’era solo noia e cene formali.
📚 1953 – Pubblica “’A Livella”
✍️ In appendice al libro Siamo uomini o caporali?, esce la poesia massonica per eccellenza, travestita da satira cimiteriale.
⚖️ Simboli esoterici ovunque: livella, uguaglianza, morte iniziatica.
👉 Una catechesi muratoria in rima napoletana.
🪦 1967 – 21 Aprile
📜 Il necrologio su Il Tempo di Roma lo ricorda con tutti i titoli imperiali e massonici.
⚰️ È morto Totò, ma resta vivo il Principe Massone, celebrato dalla sua Loggia come un Fratello di gran rango e spirito.
🎉 1998 – Centenario della nascita
📍 Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Virgilio Gaito propone di celebrare anche il Totò Massone.
🔥 Polemiche: De Crescenzo scandalizzato, Arbore placido.
🧠 Intanto, la Livella diventa testo ufficiale da antologia muratoria (e da recita scolastica).
Così la stampa dell'epoca
"Totò fu un maestro anche come massone"
Il Grande Oriente: "fondò una loggia"
Napoli, lettera-appello al sindaco per il centenario. De Crescenzo: “Non ci credo. Lui avrebbe detto: ma mi faccia il piacere”
NAPOLI
Totò è stato massone, fu anche fondatore, diventandone Maestro venerabile, della Loggia «Ars et Labor». Lo afferma, in una lettera aperta al sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, il Gran maestro del Grande oriente d’Italia, Virgilio Gaito. In occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita dell’attore napoletano, in programma per oggi, da palazzo Giustiniani arriva l'appello: «Eviti, signor sindaco, che anche la memoria di Totò sia colpita dall' opera di rimozione della sua appartenenza alla Massoneria, che troppe volte fa cadere nell' oblio l’esperienza massonica di tanti illustri italiani». Gaito dice di scrivere anche a nome «del Fratello Totò, passato all’Oriente Eterno. Questo le chiedo di ricordare, domenica quando si troverà sulla tomba del grande Artista, principe Antonio De Curtis, al Cimitero del Pianto».
Sembra difficile immaginare, almeno fuori dalla scena dei suoi film, Totò «muratore» nel Tempio, con indosso il grembiulino, a compiere rituali sotto l’egida di squadra e compasso e dell'occhio «che tutto vede». Incredula, innanzitutto, la figlia Liliana che replica: «In famiglia non ne ha mai parlato». Eppure il Gran maestro della Loggia, nata in Italia dal 1805, sembra saperne moltissimo sul «principe della risata».
«Totò - scrive ancora nella lettera al sindaco Bassolino - fu iniziato alla Massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi, dunque all'età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista: una scelta che ha segnato profondamente tutto il resto della sua vita». E precisa anche: «Totò fu anche fondatore - diventandone poi Maestro venerabile - della Loggia “Ars et Labor’’».
L’avvocato Virgilio Gaito si dice convinto di reclamare il riconoscimento di una «verità storica su un grande napoletano, un grande italiano e - ma questo pochi lo sanno e molti se ne meravi-glieranno - un grande Massone». E chiama in causa una delle più celebri poesie dell’attore: «Ha espresso i sentimenti propri della sua appartenenza attraverso la poesia A livella, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte da sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».
Totò massone? Luciano De Crescenzo non ci crede. «Non può essere vero - sbotta lo scrittore - io che l’ho conosciuto, lo posso dire: tutto poteva essere tranne che un massone». De Crescenzo aggiunge: «Io parlerei di un'incompatibilità di tipo caratteriale. Perché ci si iscrive ad un’associazione più o meno segreta? Per ricavarne dei vantaggi, per contare di più. Ma a che tipo di vantaggi poteva aspirare uno come Totò, che nel suo campo era il massimo, e che ovunque andava era conosciuto ed amato da tutti?».
«La verità è un'altra - prosegue lo scrittore - è destino comune a molti personaggi famosi finire senza saperlo inliste massoniche o, peggio, in elenchi di affiliati ad associazioni di criminalità organizzata. Ricordate Franco Franchi, sospettato di essere mafioso? E Claudio Villa, anche lui accusato di essere massone? In entrambi i casi, non era vero niente. Anche a me una volta, a Napoli, è capitato di essere trascinato ad una festa che - per fortuna me ne accorsi in tempo - era una specie di riunione della camorra. Ma da qui a dire che ero un camorrista ce ne corre».
Domani, nel rione Sanità di Napoli, dove Totò nacque, inizieranno i lavori di ristrutturazione e di sistemazione dei locali di Palazzo dello Spagnuolo, in via Vergini, destinati ad ospitare il museo a lui dedicato. Il restauro, per cui è stato stanziato oltre un miliardo, durerà un anno. Il museo sarà gestito dall'associazione presieduta da Liliana De Curtis. L'iniziativa rientra nel progetto di riqualificazione dei Quartieri Spagnoli finanziato dall’Unione europea. E Rifondazione comunista pensa di intitolare una piazza o un largo del centro storico di Napoli all’illustre concittadino.
Franco Di Mauro, capogruppo consiliare di Rifondazione proporrà alle forze politiche del Consiglio comunale di sottoscrivere l’ordine del giorno per «Antonio De Curtis, in arte Totò. Principe della risata».
Il sindaco Bassolino, almeno ieri, non ha commentato ìa lettera arrivata da Palazzo Giustiniani. Era a Firenze, molto più interessato alle conclusioni ai D’Alema sulla Cosa 2. Ci pensa De Crescenzo a tagliare corto: «Totò massone, fondatore di una loggia? Lui avrebbe risposto: “Ma mi faccia il piacere...”».
Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
"Ma non pensate subito alla P2"
L'intervista. Renzo Arbore: “Non sempre si tratta di clan di mutuo interesse” “Ai suoi tempi era un’ altra cosa. Lui aveva forte il sentimento della solidarietà”
NAPOLI
Risponde al telefono cellulare alquanto trafelato, Renzo Arbore. L artista si trova a Napoli, in uno studio di registrazione «sotto il Vesuvio» dice con tono un po' misterioso, e sta lavorando a un nuovo disco con «Orchestra Italiana». Ha appreso della lettera del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia a Bassolino da un’agenzia di stampa. E confessa di non aver saputo che rispondere «così su due piedi».
Arbore, le sembra verosimile una storia del genere su Totò?
«Beh, prima di tutto la parola massoneria nel ricordo italiano evoca la P2. Una massoneria negativa come clan di mutui interessi...».
Ma non è solo quello
«Sì, la massoneria ai tempi di Totò mi pare fosse tutt’altra cosa, ma non sono un grande esperto».
Sta dicendo che potrebbe non essere una boutade quella di Virgilio Gaito, Gran Maestro di Palazzo Giustiniani?
«Probabilmente è vero che ha fatto parte di questa loggia. Credo che Totò avesse molto forte il sentimento della solidarietà ed era in questo senso massone. Perché del resto non sono disposto a condannarla tutta quanta in blocco. So che la massoneria per il nostro paese durante la lotta partigiana e poi nel dopoguerra svolse un ruolo positivo».
E ce lo vede, il principe della risata, mettersi il grembiulino, nei panni del Muratore, farsi chiamare Fratello, parlare di dogmi, di squadra e compasso?
«No, non ce lo vedo affatto, però potrebbe averlo fatto con la sua proverbiale ironia... Per quanto è una cosa delicata, non sta a me giudicare».
La figlia dell’attore, Liliana, dice che se fosse vero, potrebbe aver fatto questa scelta in nome della sua indole altruista, della generosità verso gli altri.
«In fin dei conti non ci trovo molto di strano. Totò aveva queste due anime. Una voleva elevarsi, affrancarsi dal personaggio. Potrebbe aver visto questa strada, entrare a far parte di un club di persone rette e giuste, un modo, appunto, di esprimere la sua voglia di andare incontro al prossimo».
Esclude un obiettivo diverso, meno nobile, ossia utilizzare l’adesione alla massoneria come una scorciatoia per ottenere più presto e meglio la fama e la celerità attraverso il suo lavoro di artista?
«Non credo ad una motivazione speculativa. Non sarebbe in sintonia con la grande umanità di Totò. E poi non ne aveva alcun bisogno. Però, ripeto, non sono molto preparato sull’argomento e su questa materia mi sembra utile e opportuno fare dei distinguo... Sbagliare può essere molto facile».
Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
La figlia: "quel segreto avrebbe avuto vita breve"
NAPOLI
«È una cosa vecchia come il cucco. Molto tempo fa, papà era già morto, qualcuno mi na scritto ma non vi ho dato alcun peso. Ho vissuto con mio padre fino a quando avevo 18 anni e di questa cosa con noi non ha mai parlato». Liliana De Curtis, figlia di Totò, non conferma ma neanche smentisce. «Forse la teneva nascosta come la trombetta, nella scena dell’onorevole nel vagone letto... E un mondo che non conosco, rispetto qualsiasi cosa, per abitudine non giudico mai, non saprei dire».
La signora De Curtis ieri sera è arrivata a Napoli per partecipare alla commemorazione per il centenario della nascita di suo padre. «Se loro hanno le prove... Che dobbiamo fare, metterci il grembiule anche noi? Non ho cultura sulla massoneria e questo può darsi sia un mio difetto e non conoscendo la vera attività di questo gruppo... Se era una cosa per aiutare le persone, allora mi sembra possibile.
Mio padre era onesto, perbene, altruista, può darsi che lui abbia trovato in queste persone qualcosa che l’accomunava, per poter esprimere i suoi sentimenti».
Liliana De Curtis sembra riflettere ad alta voce, quasi parlasse con se stessa. «Non è che sia scettica. Ammesso pure che fosse una cosa che lui ha fatto io non ne so niente, la teneva per sé, ma prima o poi si sarebbe saputo. Un personaggio tanto celebre come lo era mio padre non avrebbe potuto tenere segreta più di tanto una cosa del genere. Come la storia delle tre canzoni inedite. Io non ne ho memoria, non me ne sono accorta per tanti anni, può essere stata una mia distrazione, ma lui non ne parlava». Liliana De Curtis non a mai conosciuto il Gran Maestro Virgilio Gaito. «Probabilmente questo signore sarà una persona come si deve. Ma io dico questo: ti pare che Bassolino si mette a parlare di massoneria? Ma come si fa a pensare una cosa così?».
Vantaggi? «Non credo proprio, papà si è avvantaggiato da solo. Forse è una cosa durata un periodo molto breve. Altrimenti prima o poi se ne sarebbe fatto un vanto».
Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
Fratello pinzellacchera. Totò iscritto alla massoneria?
NAPOLI
Il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, Virgilio Gaito, ha reso noto di aver inviato una lettera aperta al sindaco di Napoli Antonio Bassolino per invitarlo a ricordare, in occasione delle commemorazione del centenario della nascita in programma oggi, che il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, oltre che «grande napoletano» e «grande italiano», è stato «anche un grande massone». «Totò - sostiene Gaito nella lettera a Bassolino, di cui ha diffuso il testo - fu iniziato alla massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi, dunque all'età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista». «Totò - aggiunge il Gran
Maestro del Grande Oriente d'Italia - fu anche fondatore, diventandone poi Maestro Venerabile, della Loggia Ars et Labor ed ha espresso i sentimenti della sua appartenenza alla Massoneria attraverso la poesia "a livella", nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte contro l'ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».
Scettico su un Totò incappucciato è lo scrittore Luciano De Crescenzo. «Io che l'ho conosciuto, posso dire: Totò tutto poteva essere tranne che un massone», dichiara. E liquida come «inverosimile» la notizia.
Resta perplesso un napoletano «d'adozione», ma ugualmente «doc», come Renzo Arbore. «A me personalmente - dice - non risulta... ma se anche fosse non ci troverei niente di male. La massoneria non è una sola, ce n'è una cattiva, ma anche una buona».
«Non ricordo, non lo nego perché non mi risulta». Così Liliana de Curtis, figlia del grande attore napoletano, commenta a caldo la notizia che il padre possa essere stato massone, dicendosi anche divertita perché «come sempre nelle grandi occasioni, come i centenari, c'è qualcuno che sa sempre tutto di tutti». «Ho vissuto con papà fino a quando avevo 18 anni - aggiunge - e di questa cosa con noi non ne ha mai parlato. Non so se lo faceva con gli amici. Io non so nemmeno esattamente cosa sia la massoneria» e «non capisco cosa centri la livella con questa associazione. E tra le sue carte non ho trovato altro che un codice penale, molti documenti araldici, santini e cose varie, ma niente di questo».
«L'Unità», 15 febbraio 1998
Il Gran Maestro rivela: «era massone dal '44»
Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Virgilio Gaito sostiene in una lettera al sindaco di Napoli Antonio Bassolino che Totò era massone. «Fu iniziato alla massonerìa nel '44. Fu inoltre fondatore della loggia Ars et Labon una testimonianza del suo essere massone si trova nella poesia "’A livella"». La figlia di Totò, Liliana, commenta: «Non lo ricordo, non lo nego però non mi risulta».
Gaetano Alefra, «Corriere della Sera», 15 febbraio 1998
«Vi ricordo che fu massone» dice il gran maestro Gaito
NAPOLI
II gran maestro del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, Virgilio Gaito, ha reso noto di aver inviato una lettera aperta al sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, per invitarlo a ricordare che il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, è stato «anche un grande massone».
«Totò - sostiene Gaito nella lettera a Bassolino, di cui ha diffuso il testo - fu iniziato alla massoneria nel 1944 dalla loggia Palingenesi, dunque all’età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista. Fu anche fondatore, diventandone poi maestro venerabile, della loggia Ars et Labor ed ha espresso i sentimenti della sua appartenenza alla massoneria attraverso la poesia ”A livella”, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera massoneria, che si batte sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».
Gaito esorta il sindaco a evitare che «anche la memoria di Totò sia colpita da quell’opera di rimozione della sua appartenenza alla massoneria».
«Il Piccolo», 15 febbraio 1998
Ma Totò era massone o cattolico?
Il genio immenso e multiforme di Totò siglò così il suo lungo poema dedicato alla Morte, la Grande Eguagliatrice: “Nuje simmo serie, appartenimmo a morte”. Dal napoletano: “Noi siamo seri, apparteniamo alla morte”. La composizione s'intitola 'A livella e i suoi versi, declamati dall'attore Patrizio Rispo, volto di Un posto al sole, sono risuonati l'altro giorno, di venerdì, al palacongressi di Rimini in apertura del raduno annuale del Grande Oriente d'Italia, la maggiore obbedienza del Paese con 22.703 fratelli, guidata da Stefano Bisi, giornalista senese. La Gran Loggia 2016, questo il titolo, è stata inaugurata infatti con La perfetta uguaglianza, omaggio a Totò libero muratore.
La Livella, testamento di Totò massone
Il suo poema ’A livella riporta al simbolismo lato mistico tipico dei massoni, in cui il filo a piombo e la livella costituiscono gli attributi dei due Sorveglianti, dignitari di loggia, in corrispondenza di un’altra dualità, quella delle due colonne del tempio massonico. In pratica, l’opera di Totò ridimensiona la morte a rito di passaggio all’Oriente Eterno, in cui si esprime un’orizzontalità perfetta (la livella, appunto). Simboli a parte, il mistero di Totò massone è antico. Sin da quando, sul Tempo di Roma, uscì il necrologio della massoneria dell’Alam di Piazza del Gesù, la Gran Loggia degli Antichi Liberi Accettati Massoni, nata nel 1908 da una scissione del Goi di Palazzo Giustiniani: “All’alba del 15 aprile 1967 è passato all’Oriente Eterno l’Illustre Fr. Antonio de Curtis 30°. Venerabile della R. L. Fulgor Artis dell’Oriente di Roma. Il titolo distintivo che Egli scelse per la Sua bella Officina significò per Lui incitamento e passione per quell’arte incomparabile di cui attinse con indeclinabile fede le più incantevoli cime. La Massoneria abbruna i suoi Labari con infinita tristezza.
IL PRINCIPE Antonio Gagliardi de Curtis - figlio naturale del marchese Giuseppe de Curtis, poi adottato da un altro marchese, Francesco Maria Gagliardi Focas - venne iniziato, secondo gli archivi della massoneria del Goi, il 9 aprile 1945 nella loggia Fulgor di Napoli, affiliata ai fratelli di Piazza del Gesù di Roma. Nello stesso anno, Totò diventa Venerabile della loggia Fulgor Artis nella Capitale. Raggiunse il 30° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, sui 33 previsti per lina piena conoscenza dei segreti massonici. In uno dei suoi film più belli, ovviamente con Peppino De Filippo, e intitolato Letto a tre piazze, il principe della comicità fece capire, sempre secondo gli orgogliosi fratelli, la sua appartenenza massonica. Nella scena in cui i due scalano una parete montagnosa, Totò dice: “Professò la lego a un masso, ne ho trovato uno magnifico, questo resiste è un bel massone, un massone”. Poi l'attore lega una corda attorno al grande masso, che è uno dei riti dell’iniziazione massonica, quando la fune viene passata al collo dell’aspirante fratello.
A RIMINI, il Goi ha mostrato anche il testamento massonico di Totò, intestato al marchese, non ancora principe, “De Curtis Gagliardi Antonio”, in cui risponde a tre domande: “Che cosa dovete all’umanità? Amare il prossimo come se stessi: aiutarlo, fare del bene, senza limiti di sorta. Che cosa dovete alla Patria? Tutto, anche il sacrifìcio supremo. Che cosa dovete a voi stesso? Niente all’infuori del miglioramento spirituale”, il primo interrogativo rimanda, per la risposta, al comandamento di Gesù nell’Ultima Cena e riportato dal Vangelo di Giovanni, considerato di alto valore esoterico dai massoni.
In ogni caso, i funerali di Totò, nella chiesa del Carmine a Napoli, laddove fu decapitato Masaniello capopopolo, furono all’insegna della liturgia cattolica. Non solo. Un altro mistero sono le ultime parole pronunciate dall’attore prima di morire, il 15 aprile 1967. Per alcuni disse alla sua ultima compagna Franca Faldini: “l’aggio voluto bene Franca, proprio assai”. Ma la figlia Liiana de Curtis smentì. Secondo lei, il padre disse: “Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano”. Non proprio una frase da massone.
Fabrizio D'Esposito, «Il Fatto Quotidiano», 3 aprile 2016
Si dice che...
Dopo un articolo di Repubblica (15 febbraio 1998) sull'appartenenza di Totò alla Massoneria Luciano De Crescenzo gridò allo scandalo. Renzo Arbore, invece, giustamente replicò: "Credo che Totò avesse molto forte il sentimento della solidarietà ed era in questo senso massone."
Chi lo ha conosciuto (Franca Faldini, n.d.r.) ricorda che: "Non era stato un uomo particolarmente religioso, ma a modo suo credente lo era. Credeva senza mezze misure nell'Artefice di questo Creato che non si stancava di ammirare e su di Lui non ammetteva lazzi o linguaggi irriguardosi. Non credeva in quell'Aldilà prospettato già dalla prima preghiera che ti infilano in bocca e anzi, a questo proposito affermava che l'inferno e il paradiso sono entrambi qua, in questo mondo, da quell'altro nessuno era mai tornato a descriverglieli".
A cui aggiungiamo un piccolo fatto: nel 1951 in una biografia di Totò scritta dal giornalista Alessandro Ferraù che fu sicuramente letta e apprezzata da Totò stesso che infatti gli regalò, in segno di stima, una sua foto con dedica; dedica che sarà ripetuta in occasione di un regalo successivo (1967) con il libro "A livella" ma con una piccola ma significativa variazione: nella seconda dedica "aveva inserito al posto di 'carissimo Direttore', la frase 'al mio carissimo e fraterno amico'"
Serie di piccoli episodi di vita quotidiana a cui aggiungiamo che comunque è nota la presenza di famosi artisti in Massoneria infatti fra i suoi associati, limitandoci all'Italia, abbiamo personaggi celebri quali il fumettista Hugo Pratt, il musicista Gorni Kramer , gli attori Gino Cervi, Carlo Dapporto, Paolo Stoppa, Aldo Fabrizi e tra i poeti e scrittori Gabriele D’Annunzio, Salvatore Quasimodo e numerosi altri. Il 18 aprile 1967 la Loggia Fulgor Artis annunciava dalle pagine del "Tempo" di Roma la scomparsa di Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe dei Focas Angelo Flavio Ducas Comneno Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo, in arte Totò."Il necrologio apparso sui giornali del 18 aprile 1967 col quale la massoneria italiana partecipava la scomparsa di "Fr. Antonio de Curtis 30" non mi colse di sorpresa. Sapevo che Antonio era massone. Lo avevo appreso per caso verso la fine degli anni Cinquanta. Fu a Napoli, al bar dell'Hotel Excelsior, dove lo vidi scambiare strani segni con un tale seduto al bancone e gliene chiesi il motivo. Mi disse che quella era la gestualità convenuta, appunto, fra i massoni per riconoscersi ovunque. [...]" Tratto da "Roma Hollywood Roma- Totò ma non solo" di Franca Faldini edito da Baldini e Castoldi nel 1997.Quindi oltre a quanto già citato in merito all'appartenenza di Totò alla Massoneria lasciamo la parola a un interessante articolo riguardante la questione.
Totò fu un maestro anche come massone.
(Archivio de La Repubblica dal 1984 15 febbraio 1998 - pagina 23 - cronaca)
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Totò, ’A Livella e la maestosa (e Tragicomica) caduta degli ideali
Livella: [livella - dal lat. libella, bilancia]. Strumento passivo, munito di capacità di impiego orizzontale e verticale, più completo quindi della perpendicolare. simboleggia l'uguaglianza sociale, base del diritto naturale, l'equità nella valutazione de- gli uomini, delle cose e degli eventi, che debbono essere considerati e meditati nella loro sostanza e mai secondo le loro forme ed apparenze. la livella insegna che la conoscenza deve essere rapportata al piano terrestre, il cui livello è unico, che interessa direttamente l'uomo, e rappresenta il corretto impiego delle conoscenze acquisite. quando l'Apprendista viene elevato a Compagno d'arte si dice che passa dalla perpendicolare alla livella il che significa che egli, dopo aver approfondito gli elementi della conoscenza, diventa capace di considerarli nelle loro molteplici relazioni con l'universo.
Se pensavate che 'A livella di Totò fosse solo una simpatica poesia in dialetto napoletano da declamare il 2 novembre tra una risata e una lacrima, preparatevi: dietro quei versi si nasconde un dramma umano, massonico e perfino cosmico.
Totò – ovvero Antonio De Curtis, che di suo cercava da una vita di dimostrare sangue blu anche solo con il pensiero – non scrisse ’A livella tanto per farci riflettere su quanto siamo tutti uguali davanti alla morte. No, amici miei: la poesia è il suo addio dolente (e ironico) a una realtà che lo aveva profondamente deluso.
La Livella: Strumento di Equilibrio... e di Vendetta Poetica
Totò prende spunto da uno strumento edile antichissimo, già usato dagli Egizi (e no, non sto parlando di piramidi mal calcolate), per descrivere il grande concetto massonico dell'equilibrio universale.
La livella – la famosa A maiuscola con il filo a piombo – diventa quindi il simbolo della Volontà Celeste che incontra la Terra.
Che poetico, vero? Peccato che, nella realtà, la livella servisse più a calcolare le pendenze nei cantieri che a livellare le anime.
Eppure, Totò usa questo attrezzo apparentemente banale per colpire dritto al cuore: la morte, dice, ci rende tutti uguali. Non importa quanto ti gonfi di medaglie, gradi o nastri colorati: sotto terra sei marcio come tutti gli altri. Fine della storia.
Il Contesto: Massoneria e Tradimenti da Commedia Triste
Correva l'anno 1952. Totò era nel pieno della sua militanza massonica, iniziata con grandi ideali e terminata in un disastro di lotte intestine, sgambetti più o meno fraterni, gare di vanità e corruzione in salsa tricolore. Se pensavi che la politica fosse sporca, Totò ti avrebbe riso in faccia: "Vieni a vedere i miei fratelli massoni".
Vito Signorelli, un altro che non le mandava a dire, descriveva una Libera Muratoria infestata da vanità e menzogne – praticamente una Facebook ante litteram, senza bisogno di connessione internet.
Le scissioni interne, tipo quella dell'ottobre ’52 (grazie Altomare) o quella del dicembre ’53 (ciao secessione Moroli), fecero il resto: Totò, nauseato, getta la spugna. O meglio, il maglietto da Maestro Venerabile.
Un Addio Travestito da Necrologio Umoristico
E allora, che fa il Principe della Risata? Scrive ’A livella e la pubblica in fondo a Siamo uomini o caporali?, altro titolo che grida vendetta (o almeno, sarcasmo cosmico).
Non è solo un’amara riflessione sulla morte: è una bordata diretta a tutti quei “fratelli” che si credevano migliori degli altri grazie a nastrini e galloni, dimenticando che davanti alla livella della Morte valgono come un paio di scarpe rotte.
Un'autoironia feroce, da parte di uno che nella vita cercava ossessivamente una genealogia nobiliare immaginaria. Altro che ascensore sociale: Totò finì per prendere l'ascensore... per la cripta.
La Malattia: La Candela che Si Spegne
Come ciliegina sulla torta (o se preferite, come chiodo sulla bara), a peggiorare le cose ci si mette pure la salute: gli occhi di Totò cominciarono a tradirlo, rendendogli impossibile anche leggere rituali massonici a lume di candela. Provateci voi a guidare una loggia mezza ciechi, mentre tutti pensano solo a fregarsi titoli l’un l’altro.
E così Totò lascia il gioco. Ma non senza prima lasciare anche una poesia, che ancora oggi vibra come uno schiaffo elegante: tanto in vita vi potete arrampicare sui vetri, ma alla fine saremo tutti polvere... e uguali come una livella impone.
In sintesi:
’A livella è il requiem poetico di Totò per un ideale infranto. È il suo modo di dire: "Ho creduto nell'uguaglianza, ho trovato solo arrampicatori sociali. Vabbè, tanto mo' morite pure voi."
Totò massone, la Gran Loggia d'Italia lo commemora
Filo a piombo e livella: il filo a piombo è l'elemento dell'equilibrio interiore e suggerisce l'idea dell'ascesa stabile, lineare, disegnando una linea verticale idealmente infinita - in quanto conduce alla perfezione. Allude alla ricerca del trascendente ma anche all'elevazione indispensabili per una costruzione che si innalzi per quanto possibile verso la dimensione superiore.
La livella, strumento destinato alla designazione della perpendicolarità, dell'orizzontale rispetto al verticale, significa la capacità di costruirsi un sistema di riferimento, e perciò l'arricchimento spirituale, mentre per altri versi simboleggia il comune destino della Morte, ed ammonisce gli uomini a prepararsi alla Grande Livellatrice
La Gran Loggia d'Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori, Obbedienza di Piazza del Gesu' Palazzo Vitelleschi, ha ricordato, con una solenne Tornata Funebre officiata dal Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro, Franco Franchi, la figura di Antonio De Curtis, in arte Toto'. La cerimonia, svoltasi mercoledì scorso presso il Tempio Nazionale, a Roma, ha visto la partecipazione dei parenti più stretti di Toto', tra cui la figlia Liliana, ammessi eccezionalmente ad assistere ad una Tornata Massonica la cui orazione funebre e' stata pronunciata dall'avvocato Paolo Ciannella, Delegato Magistrale della Regione Campania.
Toto', iniziato alla Massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi dell'Obbedienza di Piazza del Gesu', fu egli stesso Fondatore e Maestro Venerabile della Loggia 'Ars et labor', arrivando a conseguire nel Rito Scozzese il 30esimo grado (il massimo e' il 33esimo). La Gran Loggia d'Italia ha inoltre deciso di donare al museo che Napoli ha intitolato a Toto' una targa in ottone che ricordi la sua appartenenza alla Massoneria. Come altri attori, riuniti nella Loggia Gustavo Modena (dl nome di un attore dell'800), Toto' aveva aderito alla Massoneria e partecipava attivamente alle riunioni impegnandosi soprattutto in attivita' di beneficenza e di aiuto a persone dello spettacolo cadute in disgrazia. Tra gli altri iscritti alla Massoneria, Gino Cervi, Paolo Stoppa, Checco Durante, Carlo Dapporto, Tito Schipa e Ettore Petrolini.
ADN Kronos
La massoneria nascosta di Totò: un viaggio tra 'A livella e l'aldilà in squadratura perfetta
Premessa:
Chiunque pensi che Totò, alias Antonio de Curtis, sia stato solo il principe della risata, ignora un dettaglio tanto piccolo quanto una squadra da muratore: il nostro amato comico napoletano era anche un Massone bello incardinato. E non di quelli "spiluccatori di tartine ai cocktail segreti", no: lui faceva parte della vera Massoneria, quella seria, scozzese, rituale e verticale. Roba da ascensione dell'anima, mica networking per parcheggiare meglio in centro.
Primo colpo di scena: "Totò massone? Ma figurati!"
Molti — compreso il saggio ma non infallibile Luciano De Crescenzo — trovavano inconcepibile che Totò fosse un Fratello. “Era troppo amato, troppo trasparente, troppo Totò” pensavano. De Crescenzo, come tanti altri, si fermava alla Massoneria da bar sport, quella delle strette di mano bizzarre e degli inviti a cene noiosissime.
E invece, sorpresa! La Massoneria ha due facce come Giano bifronte: una mondana e un po' affaristica, l'altra tutta riti, templi interiori e filosofeggiamenti su morti e rinascite interiori. Totò? Ovviamente nel secondo filone, quello da veri iniziati, altro che.
Totò, principe in scena e Fratello in Loggia
Nel 1941 Totò viene iniziato a Napoli nella Loggia "Fulgor". E qui non stiamo parlando di una passata comparsata: raggiunge rapidamente il 30° grado della Massoneria Scozzese, a Roma nella "Fulgor Artis". Insomma, Totò in Massoneria era un VIP, uno che il 33° se lo sarebbe potuto cucire sulla giacca con nonchalance, se solo avesse voluto.
E no, non era lì per stringere mani sudaticce o farsi amici banchieri; era lì per la versione hardcore della Massoneria: quella che punta a rendere l’individuo migliore, a costruire il famoso “Tempio interiore” mattone dopo mattone. (Ah, e volete sapere? Era pure Venerabile Maestro. Altro che “faccia da scugnizzo”).
Il regolo: emblema della perfezione e dell'ordine che risultano dall'azione giusta ed equilibrata, dai tempi remoti è lo strumento della comparazione tra grandezze e della armonia della proporzione. Citato nella Bibbia, era anche lo strumento con cui l'egizio dio Ptah misurava il crescere della acque del Nilo e significava la legge. Qualunque sia la scala utilizzata, allude alla necessità di impostare confronti costruttivi sulla base di parametri stabili e regole stipulate e condivise. E' anche simbolo delle 24 ore del giorno, una parte delle quali deve essere dedicata al pensiero, mentre un'altra parte deve essere impiegata lavorando, riposando, ed anche aiutando fraternamente chi ne ha bisogno.
La poesia "'A Livella": una dichiarazione esoterica sotto mentite spoglie
Molti la leggono come una dolce favoletta sulla morte che rende tutti uguali. E invece, sotto l'ironia partenopea, Totò ci ficca un trattato massonico intero, senza avvisare.
La Livella, simbolo massonico per eccellenza, rappresenta l'uguaglianza spirituale davanti al Grande Architetto dell’Universo, alias la Morte.
Chiaro, semplice e geniale: la vera Massoneria, quella che si batte contro l'ingiustizia cosmica, non si fa selfie ai rituali, ma si canta sotto la pioggia della precarietà umana, proprio come fa Totò nella sua poesia.
Strumenti simbolici: non sono solo arnesi da muratore
- Il Regolo: Non è la bacchetta per picchiare i bambini cattivi, ma il metro delle proporzioni giuste della vita e della crescita dell’anima. È legge, misura, disciplina. (Insomma, altro che "fai quello che ti pare").
- Il Filo a Piombo: Ti insegna a salire dritto verso l’alto, senza ondeggiare come un ubriaco metafisico. È la verticalità pura, l’aspirazione al trascendente, la scalata dell’essere.
- La Livella: Non è solo lo strumento per mettere dritte le mensole di Ikea, ma la metafora del cammino interiore: equilibrio tra l’alto e il basso, tra spirito e materia. E, diciamocelo, tra l'aristocratico De Curtis e il clown Totò.
Filo a piombo e livella: il filo a piombo è l'elemento dell'equilibrio interiore e suggerisce l'idea dell'ascesa stabile, lineare, disegnando una linea verticale idealmente infinita - in quanto conduce alla perfezione. Allude alla ricerca del trascendente ma anche all'elevazione indispensabili per una costruzione che si innalzi per quanto possibile verso la dimensione superiore. La livella, strumento destinato alla designazione della perpendicolarità, dell'orizzontale rispetto al verticale, significa la capacità di costruirsi un sistema di riferimento, e perciò l'arricchimento spirituale, mentre per altri versi simboleggia il comune destino della Morte, ed ammonisce gli uomini a prepararsi alla Grande Livellatrice
La conclusione che nessuno voleva ammettere
Totò era il perfetto esempio di massone evoluto: uno che ha vissuto in equilibrio precario fra la tragicità esistenziale e la buffoneria sublime. L’aristocratico decaduto che affronta la Morte a schiaffoni di poesia e battute. Altro che "solo comico napoletano": Totò era uno di quei rari esseri che costruiscono il proprio Tempio interiore... ridendo, piangendo e prendendosi mortalmente in giro.
Chiudiamo così:
Totò era Massone.
E pure uno bravo.
E chi ancora si stupisce, probabilmente ha bisogno di ripassare il significato di “livella”.
(Magari usando il filo a piombo per ritrovare il centro, che non guasta mai).
Riferimenti e bibliografie:
- Antonio de Curtis - Il Fratello - http://www.montesion.it - © Rita Polverini
- http://www.trionfoligure.com/
- www.giacintobutindaro.org
- http://www.goilombardia.it/
- ADN Kronos Roma, 22 ott. 1999
- www.progettoitalianews.net
- www.heredom1224.it
- Patrizia Capua in "La Repubblica", 15 febbraio 1998
- Livelle e massoni da "Totò Massone" (Ruggiero Di Castiglione), Poligrafica Laziale srl, 2017
- La Livella - Totò in chiave esoterica - del F.llo Virgilio Gaito - loggia1051.it