La malattia agli occhi: fra Paone e Totò è scoppiata la guerra
L’impresario e capocomico intende rivalersi sull’attore dei danni provocati dallo scioglimento della compagnia che sarebbe stato deciso arbitrariamente dal principe De Curtis
Roma, 10 maggio
E’ cominciata la guerra della carta bollata per l’improvviso scioglimento della compagnia di Totò. L’impresario catanese Salvatore Mazza ha sequestrato tutto il materiale della rivista « A prescindere » al Politeama Garibaldi di Palermo, ed ha inviato regolare citazione a Remigio Paone, capocomico e quindi responsabile della compagnia, chiedendo il risarcimento di danni per le mancate recite a Catania.
Lo Spettacolo Errepì n. 108 era stato venduto per il giro in Sicilia al catanese Salvatore Mazza e doveva concludere le sue recite a Palermo lunedì scorso, per proseguire poi il giro a Catania, Caltagirone, Messina e Palmi di Calabria. Per favorire la compagnia era stato proposto dall’impresario di saltare lo spettacolo di Caltagirone, quando è scoppiata la bomba della cosiddetta improvvisa cecità di Totò.
Ora il Mazza afferma che, visitato dal prof. Guido Sala, il principe De Curtis non è risultato così gravemente ammalato da dover troncare subito ogni attività scenica, poiché l’occhio destro risultava ancora valido per sei decimi, e un riposo salutare di qualche giorno avrebbe potuto consentire di arrivare, senza danni, all’esaurimento del contratto che scadeva per tutta la compagnia il 20 maggio. Ma Totò non ne ha voluto sapere.
All’osservazione dell’illustre oculista che si trattava di un disturbo che andava, sì, curato, ma che non gli impediva di lavorare. il comico napoletano rispondeva: « Se la sente di mettermi per iscritto tale sua dichiarazione davanti ad un notaio? » il sanitario logicamente rispondeva che tensione era di fare il sua il medico e non il testimone e che la sua diagnosi era ineccepibile. Totò, allora, scioglieva la compagnia, di sua iniziativa: settanta persone restavano improvvisamente senza quel lavoro che il contratto garantiva ancora per quindici giorni.
Vecchia ruggine
Da tempo, fra Remigio Paone e Antonio De Curtis, non correva buon sangue. Gli urti erano stati frequenti, sia durante la preparazione della rivista che dopo il debutto romano; i due non si parlavano più da mesi, poiché l’impresario si era sentito esautorato in troppe occasioni da un certo tono dittatoriale col quale il suo scritturato intendeva dirigere la compagnia, della quale riteneva di essere padrone. Il complesso, tuttavia, aveva continuato il suo giro in Italia e stava per concludere al Politeama di Napoli (ed anche qui salterà fuori della carta bollata), dopo le recite siciliane, la sua semestrale vita.
Totò, invece, senza avvisare il capocomico, con gesto che viene definito arbitrario dalla parte lesa, scioglieva quella compagnia che non era sua e Paone lo veniva a sapere soltanto dall’amministnatore Carlo Saviotti. E’ logico che, di fronte a questa situazione, aggravata dalla sopraggiunta citazione per danni di Salvatore Mazza, Remigio Paone stia per iniziare azione di rivalsa nei confronti di Totò. Domani, intanto, un medico fiscale, un oculista di fiducia di Paone, si recherà a casa del principe De Curtis per quella visita sanitaria che il contratto impone. E poi la lite giudiziaria avrà il suo corso.
Un colpo di testa
Il capocomico lamenta il fatto che Totò, nè nell'aprile del 1956, quando venne firmato il contratto e definiti spettacolo e compagnia, nè al debutto di fine novembre '56, abbia avvisato della possibilità che il male avuto all’occhio sinistro (operato anni or sono) potesse estendersi a quello destro, con conseguenze gravi per il corso degli spettacoli. Quando un mese fa, poi, venne concluso il giro in Sicilia, lamentano sia il Paone che il Mazza, il comico non avvisò che già avvertiva disturbi pericolosi e lasciò concludere gli impegni. Ora, improvvisamente, il male si è fatto così grave, asserisce Totò, da non consentirgli di proseguire le recite. E sostiene la causa di forza maggiore, che invece il prof. Sala esclude. E compie il colpo di testa di sciogliere un complesso che non è suo.
Nulla da obiettare, afferma Remigio Paone, se il male risultasse effettivamente cosi serio; ma ogni decisione sul complesso Errepì n. 108 spettava a chi ne è titolare ed ha carso tutti i rischi sin dalla prima idea di formarlo. Chi ha agito non nell'ambito delle sue funzioni e dei suoi diritti adesso deve pagare le conseguenze.
Salvatore Mazza chiede diciannove milioni di danni (e l’impresario Taurisano di Napoli ne chiederà pure lui un bel mucchio): infatti a Palermo, in quattro recite, egli ha incassato una decina di milioni ed a Catania era garantito per 14 milioni; senza contare le altre piazze. A parte la diagnosi del professore siciliano resta il fatto, asserisce l'impresario catanese, che Totò' non solo ha dichiarato alla radio appena arrivato a Roma di «stare benissimo», ma a Napoli ha anche divertito chi era
andato di buon mattino ad accoglierlo allo sbarco, cantandogli sulla chitarra la sua ultimi canzone.
Sembra che a Totò non andasse a genio di fare quel giro di Sicilia. C’è anche chi asserisce che la preoccupazione di Totò sono gli impegni cinematografici e che l’aver esagerato la gravità del male che l’ha colpito, sia dovuto alla paura di perdere dei contratti: infatti, due film da girare in giugno e in luglio sono già stati rinviati a settembre.
Sembra poi che Totò, per queste interpretazioni, abbia già incassato, come è consuetudine, un forte anticipo, tanto più necessario per i suoi impegni fiscali, poiché, con gli arretrati di tasse affiliatigli, starebbe pagando qualcosa come una quindicina di milioni a bimestre. «Scocciato» domenica da un battibecco col pubblico infastidito da un occhio che non funzionava molto bene preoccupato di danneggiare ulteriormente la vista [...] De Curtis ha agito come se perdere i guadagni dei film, Antonio [...] la compagnia fosse sua e, senza avvisare nessuno, l’ha sciolta.
Che mestieraccio!
Stamane, intanto, le componenti del balletto inglese hanno preteso la paga degli ultimi quindici giorni. Remigio Paone, sin dai giorni scorsi, si era premurato di fornire alle ballerine il biglietto ferroviario per il loro rientro in patria, non provvedendo per ora a pagare il salario perchè ritiene che si tratti di causa di forza maggiore. Remigio Paone è stato sorpreso da questa burrasca a letto, colpito da un doloroso attacco di artrosi cervicale, che solo da oggi comincia a migliorare. Non ha quasi fiato pel parlare, poiché i dolori non gli concedono requie e non riesce a dormire, eppure deve telefonare a mezza Italia, consultarsi con avvocati, litigare con tutti. «Che mestieraccio», continua a ripetere. E si agita nel letto, afflitto non solo dal male, ma dall’idea che gli sia stato usato un torto che non meritava.
Furio Donaggio, «Gazzetta del Popolo», 11 maggio 1957
Furio Donaggio, «Gazzetta del Popolo», 11 maggio 1957 |