Il giorno più corto

1963 Il giorno piu corto 6

Abbiamo conquistato Fiume e conquisteremo gli affluenti, abbiamo conquistato Pola e conquisteremo anche Amapola, Trento l'abbiamo fatta nostra e dopo Trento faremo anche trentuno! Pace e bene fratelli, pace e bene...

Il frate bersagliere

Inizio riprese: dicembre 1962, Stabilimenti Titanus Farnesina, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 9 febbraio 1963 - Incasso lire 616.300.000 - Spettatori 2.784.163


Titolo originale Il giorno più corto
Paese Italia - Anno 1963 - Durata 91 min - Colore bianco e nero - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Sergio Corbucci - Soggetto Sandro Continenza - Sceneggiatura Giorgio Arlorio, Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci - Produttore Goffredo Lombardo per Titanus - Fotografia Enzo Barboni - Montaggio Ruggero Mastroianni - Musiche Piero Piccioni - Scenografia Carlo Simi


Ciccio Ingrassia: Francesco Coppola - Franco Franchi: Franco Lo Grugno - Gino Cervi: Colonnello Daini - Totò: Frate bersagliere - Raimondo Vianello - Annie Girardot: L'infermiera - Ugo Tognazzi: Pecoraio - Nino Taranto: Mafioso - Eduardo De Filippo: Mafioso - Peppino De Filippo: Zio Peppino - Aldo Fabrizi: Facchino - Francesco Mulè - Mario Girotti - Paolo Ferrari - Virna Lisi: Naja - Walter Chiari - Carlo Pisacane - Lorella De Luca - Franca Bettoja - Renata Mauro - Lia Zoppelli - Giacomo Furia - Antonella Lualdi - Sandra Mondaini - Franca Valeri - Alberto Farnese - Antonio Acqua


Soggetto

Franco Lo Grugno e Francesco Coppola sono due abitanti della Sicilia che, con lo scoppio della Grande Guerra, si arruolano come militari nella Resistenza. Dopo varie vicissitudini e momenti di tensione, i due simpatici siciliani riusciranno a far si che i loro soldati sconfiggano il nemico facendo esplodere, per puro caso, una nave degli austriaci.
Il film si conclude, dopo l'assoluzione di Lo Grugno e Coppola dal processo marziale, tenutosi a seguito della vittoria, con un discorso patriottista ad alta voce del grande Totò nei panni di un frate bersagliere che si rivolge proprio ai due siciliani, invitando gli italiani a vincere la guerra.

Critica e curiosità

Quando nel 1963 la Titanus, uscita con le ossa rotte dai fasti aristocratico-leopardiani de “Il Gattopardo” (bello, sì, ma economicamente devastante), decide di recuperare un po’ di spiccioli, lo fa come solo i produttori italiani dell’epoca sapevano fare: con una parodia furbissima. “Il giorno più lungo” era appena uscito, kolossal bellico in CinemaScope lungo tre ore, con una pletora di star internazionali in ruoli più brevi di uno sbadiglio... e allora perché non fare “Il giorno più corto”, dove ogni attore appare ancora meno, ma con molta più voglia di ridere?

E così nasce questo farsa-mosaico, sorta di “cine-cameo-party” dove Totò, come gran parte del cast, fa una comparsata da antologia, e nemmeno troppo sobria: 20 secondi netti con un saio da frate (riciclato da “Il monaco di Monza”) e un elmo piumato da bersagliere, urlando dal balcone qualcosa che è più allucinazione che discorso. Un cameo così surreale che sembra scritto da Ionesco, ma con gli occhi a palla di chi ha appena visto tre film di Franco e Ciccio di fila.

🎭 Da "La grande guerra" a "La grande burla"

Il soggetto di base, scritto da Giovanni Grimaldi su idea di Enrico Lucherini (che di pubblicità e nonsense era già un luminare), riprende, rimescola e frulla ingredienti da “La grande guerra”: due poveri cristi siciliani, Franco e Ciccio, catapultati nella Prima Guerra Mondiale senza alcuna intenzione di eroismo. Ma la macchina bellica – e burocratica – è implacabile: i due vengono processati per tradimento, ma poi, per pura serie di sfortunate coincidenze, finiscono celebrati come eroi nazionali. Applausi, medaglie, fanfare… e loro che non hanno capito nulla.

Sembra quasi un film di denuncia, e un po’ lo è. Ma sempre in chiave grottesca, a metà fra slapstick, cabaret e commedia all’italiana. Il film si apre e si chiude sul processo ai due protagonisti, punteggiato da flashback degni di un cine-puzzle: si rimbalza avanti e indietro nel tempo, nei ricordi, nelle visioni, con una fluidità da “stream of consciousness” comico. Un po’ Joyce, un po’ avanspettacolo.

🎖️ Il cameo-orgia: più attori che comparse

È qui che entra in scena la vera star del film: il cast. Un’orgia di celebrità, tutte messe lì per il gusto della citazione e del gioco. Totò, dicevamo, appare solo un attimo, ma come dimenticarlo? Poi ci sono Jean-Paul Belmondo, Anouk Aimée, Annie Girardot, Walter Pidgeon, Stewart Granger, Philippe Leroy, Gordon Scott e una quantità imprecisata di attori italiani, da Gino Cervi a Aldo Giuffré, da Gina Lollobrigida a Peppino De Filippo, tutti lì gratis, per amicizia, per sport, o forse per pietà. Il risultato? Un film con più facce note che battute di sceneggiatura. Ogni sketch dura meno di un sorso di caffè, eppure lascia il segno.

E ci sono momenti che vanno consegnati alla Storia della Comicità Grottesca: l’ufficiale italiano interpretato da Gordon Scott (ex Tarzan in vacanza in Europa), che arringa le truppe prima della battaglia gridando: “Avanti Savoia! Ma ricordatevi di Alamo!” – confondendo il Risorgimento con il western texano. È un capolavoro di nonsense militar-patriottico.

⚖️ Processi, arringhe e satira con le stellette

A tenere in piedi questa macchina comica è Walter Chiari, nei panni dell’avvocato difensore dei due “traditori”. La sua arringa, lunga, articolata e piena di pathos da operetta giudiziaria, è uno dei rari momenti di vera coerenza drammaturgica del film. Con un misto di ironia e pacifismo strisciante, il personaggio difende i due siciliani come simboli del popolo mandato a morire senza capire nemmeno per cosa.

È qui che il film si prende una piccola rivincita sul genere bellico: non la grande epopea militare, ma la piccola tragicommedia dei dimenticati, la guerra raccontata dalla trincea dei poveracci, che diventano “eroi” solo per errore.

🧠 Il vero genio? Il caos ben gestito

Va detto: Sergio Corbucci riesce in un’impresa difficilissima. Non solo tiene assieme questa collezione di sketch, camei, sberleffi, costumi improbabili e macchiette, ma le dà anche un tono unitario. Merito anche della fotografia (con omaggi a “La grande guerra” e alle cartoline d’epoca), delle musiche e del montaggio brillante, che ricorda i cinegiornali e i caroselli pubblicitari dell’epoca.

Il film si inserisce perfettamente nel filone farsa + patriottismo + follia bellica, giocando con intelligenza su due livelli: la satira pungente verso l’istituzione militare, e l’autoironia del cinema italiano, che guarda ai kolossal americani col ghigno di chi sa di non poterli battere... ma può sempre prenderli per i fondelli.

🎩 Totò, sempre lui, anche se per 20 secondi

E infine c’è lui. Totò. Fugace, ma indimenticabile. I suoi 20 secondi valgono oro: vestito come un frate misto a bersagliere, affacciato a un balcone come un predicatore svitato o un Savonarola da caserma, con lo sguardo incantato e folle del mistico surreale. È un’apparizione che sa di meta-cinema: è il Totò che sfugge alla narrazione, che buca lo schermo e ricorda a tutti che anche la guerra può essere trattata con sberleffi, ma solo da chi ha l’arte nella punta delle dita.

Abbiamo conquistato Fiume e conquisteremo gli affluenti! Abbiamo conquistato Pola e conquisteremo anche Amapola! Trento l'abbiamo fatto nostro e dopo Trento faremo anche trentuno! Pace e bene, fratelli! Pace e bene!


In quel momento, il giorno più corto si fa eterno, sospeso nel tempo tra la parodia, il ricordo e l’irrisione del potere.

Conclusione?
“Il giorno più corto” è un film che non racconta una storia, la frantuma. Non vuole commuovere, ma distorcere. Non vuole far ridere a crepapelle, ma sorridere per riflessione. È un'opera collettiva, quasi dadaista, un atto d’amore verso il cinema che prende in giro tutto, a cominciare da sé stesso. E come disse forse Totò o forse l’ufficiale che gridava “Ricordatevi di Alamo”: “La guerra è una cosa seria. Ma proprio per questo, conviene riderne.”


Lle scene più famose e memorabili del film "Il giorno più corto", una sorta di kermesse cinematografica in uniforme dove l’assurdo si traveste da divisa e la risata è l’unica arma concessa.

🎭 Totò al balcone: 20 secondi di eternità teatrale

Una delle scene più brevi, eppure più iconiche del film. Totò appare per appena 20 secondi, ma la sua presenza ha il peso simbolico di un intero film muto.
Lo vediamo vestito con un saio francescano (che, secondo le cronache di scena, stava già utilizzando per “Il monaco di Monza”) e con in testa un elmo piumato da bersagliere, tanto improbabile quanto geniale.
Affacciato a un balcone, Totò pronuncia un discorso inintelligibile, al confine tra l’assurdo pasoliniano e il cabaret surrealista, mescolando tono profetico, pose da comizio e occhi sgranati da “visionario senza guerra”.
In pochi secondi riesce a condensare tutta la parodia dell’autorità, come fosse un San Francesco in assetto di guerra.
Non dice quasi nulla, ma comunica tutto: il grottesco della guerra, l’inutilità della retorica patriottica, e la potenza comica della sola presenza scenica.

⚖️ L’arringa di Walter Chiari: il pacifismo in toga

Chiari interpreta l’avvocato difensore di Franco e Ciccio, accusati di alto tradimento per… non aver capito nulla di quello che accadeva al fronte (circostanza che in tempo di guerra pare sufficiente a farti fucilare).
La lunga arringa che Chiari pronuncia davanti alla corte militare è uno dei momenti più compatti e brillanti del film: un vero pezzo teatrale, degno di un monologo pirandelliano con inserti da varietà.
Difende non solo i suoi assistiti, ma l’intera categoria degli ignari, degli inetti, degli involontari eroi, con una retorica dolceamara che vira dal comico al lirico senza soluzione di continuità.
Il suo tono è enfatico, il gesto ampio, lo sguardo lucido: è la guerra che è pazza, non i soldati.
Una scena che riporta il film sui binari della riflessione, senza mai rinunciare alla risata intelligente.

💥 Franco e Ciccio in trincea: la farsa nella farsa

Il cuore narrativo (o meglio: narrativo-farsesco) del film è affidato alla coppia Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che interpretano due siciliani pescati per caso e gettati al fronte.
La loro presenza è un trionfo di slapstick, dialetto, mimica scatenata e fraintendimenti esistenziali.
In una scena memorabile, sono in trincea sotto bombardamento e non capiscono da che parte stia il nemico. Si buttano giù alla minima esplosione, si rialzano al grido di “panino!”, confondono gli ufficiali con i camerieri.
Un momento emblematico della loro poetica: il fronte come palcoscenico per due clown tragici, incapaci di gestire la realtà, ma perfetti nel raccontarne l’assurdo.
Il paradosso? Più tentano di evitare il combattimento, più vengono spinti verso la gloria. Come se la stupidità strategica fosse premiata in tempo di guerra.

Gordon Scott: Avanti Savoia… e ricordatevi di Alamo!

Un’altra scena cult è quella con l’attore americano Gordon Scott, ex Tarzan, qui nel ruolo di un ufficiale italiano visibilmente confuso.
Davanti ai suoi soldati, Scott arringa la truppa con una frase che ha fatto epoca:

“Avanti Savoia! Ma ricordatevi di Alamo!”

È una perla di anacronismo e disorientamento storico, un urlo di battaglia che confonde Risorgimento e Far West, patriottismo sabaudo e rivoluzione texana.
Una battuta geniale proprio perché è credibilmente assurda, perfetta nel contesto farsesco e parodico del film.
Lo sguardo serio di Scott, il tono epico, l’italiano scolastico masticato con dignità fanno il resto.
Una delle frasi più citate e surreali del cinema comico italiano.

📽️ Il collage di cameo: il Guinness della comparsa d’autore

“Il giorno più corto” è il film con più attori famosi in ruoli brevissimi della storia del cinema italiano.
È un gigantesco spot promozionale per la vanità attoriale, e insieme una celebrazione collettiva del “facciamo due pose per Corbucci”.
Tra i cameo più gustosi:

  • Jean-Paul Belmondo come militare con baffi improbabili;
  • Anouk Aimée che passa sullo sfondo come un’apparizione felliniana;
  • Stewart Granger vestito da generale, ma con la faccia da “ma cosa ci faccio qui?”;
  • Annie Girardot, Philippe Leroy, Walter Pidgeon, Gino Cervi, Yvonne Sanson, Roland von Barthrop, e persino Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi e Amedeo Nazzari.

Ognuno ha due battute o meno, ma ogni comparsa è un colpo d’occhio, un piccolo regalo al pubblico che li riconosce e sorride.
Un cameo su tutti? Mac Ronay, che esegue un numero di mimo da antologia, muto e perfettamente in tono con l’assurdo circostante.

⏳ La fucilazione sospesa: da eroi per errore

Clou narrativo del film è la sentenza di condanna a morte per Franco e Ciccio, ritenuti colpevoli di diserzione o alto tradimento – in realtà, di essere semplicemente se stessi.
Vengono condotti al plotone d’esecuzione, ma nel frattempo arriva una notizia: l'armistizio è stato firmato.
E subito dopo, un’altra notizia: sono stati promossi eroi.
Il plotone si scioglie in applausi, loro vengono decorati, e nessuno capisce cosa sia successo davvero.
È il momento in cui la farsa diventa metafora politica, dove la guerra mostra il suo volto più ridicolo: nessuno sa chi comanda, né per cosa si combatte, ma gli eroi vengono celebrati comunque – purché siano vivi abbastanza da salire su un palco.

🧵 Conclusione: un patchwork con genio, follia e risate

“Il giorno più corto” è una costellazione di sketch, ognuno con la sua piccola perla di comicità surreale.
Le scene non sono collegate da una trama solida, ma da un tono comune: quello della beffa, della satira disillusa, dell’umorismo che sfida l’assurdità della guerra e della gloria.
È un film-macchietta dove ogni scena è un’istantanea grottesca, e proprio per questo memorabile.
Un po’ come la guerra stessa, vista da chi non la fa: un gigantesco errore… raccontato a colpi di sorriso.


Così la stampa dell'epoca

Il giorno più corto (1963) - Articoli di stampa

Una locomotiva del 1913 per «Il giorno più corto»

Una locomotiva del 1913 per «Il giorno più corto» Si gira anche nella stazione di San Pietro. Il regista Corbucci ha trovato autocarri, cannoni e persino un aeroplano della stessa epoca per le riprese del film ambientato durante la «grande guerra» -…
Guido Berti, «Il Messaggero», 23 novembre 1962
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«Il giorno più corto», un giorno per divertirsi

«Il giorno più corto», un giorno per divertirsi Goffredo Lombardo racconta perchè ottantotto fra i più celebri e popolari attori italiani e stranieri hanno accettato di prendere parte, gratuitamente, al “Giorno più corto”. Per una volta, i milionari…
Goffredo Lombardo, «Tempo» anno XXV, n. 7, 16 febbraio 1963
248

L’accoglienza del film “Il giorno più corto” da parte della critica, del pubblico e della censura all’epoca della sua uscita, corredato da riferimenti storici, retroscena produttivi e considerazioni culturali.

📰 Critica: tra perplessità, condiscendenza e sorrisetti a denti stretti

La critica dell’epoca – primi anni ’60, in pieno fermento tra il boom economico e il boom intellettuale – accolse “Il giorno più corto” con un misto di sufficienza divertita e snobismo militante.

I recensori più vicini al cinema d’autore (pensiamo a Cinema Nuovo, Filmcritica, o al sempre severo Segnalazioni Cinematografiche) videro nella pellicola:

  • una parodia leggera, quasi “usa e getta”,
  • un’operazione commerciale, pensata per sfruttare il successo del kolossal americano The Longest Day,
  • e, soprattutto, una passerella di attori sprecati, ridotti a comparse da fotoromanzo.

I giudizi furono quindi tiepidi:

  • «Film di montaggio vivace ma privo di anima»
  • «Un’idea buffa che si sfilaccia in decine di sketch poco coesi»
  • «Totò c’è, ma si vede appena»
  • «Un’occasione persa per fare vera satira antimilitarista»

Ma attenzione: non ci fu stroncatura feroce. Al contrario, molti recensori, pur snobbando il valore artistico dell’insieme, sorrisero alla trovata produttiva, riconoscendo a Sergio Corbucci una certa abilità nel gestire il caos.

Le riviste più popolari, come Radiocorriere, La Domenica del Corriere e L’Europeo, pubblicarono recensioni bonarie, sottolineando la presenza-spot dei tanti volti noti.
Un critico, non senza ironia, scrisse:

«Il film è lungo un’ora e venti, ma i nomi in locandina basterebbero per venti ore di cinema».

🎟️ Pubblico: grande curiosità, incassi discreti, risate frammentarie

Se la critica fece il broncio, il pubblico rispose con curiosità mista a entusiasmo, specialmente nelle prime settimane.
Il titolo, furbamente simmetrico rispetto a Il giorno più lungo, attirò gli spettatori italiani con la promessa di una risata collettiva su un tema tragico, giocata all’italiana: tra caricatura, macchietta e burla.

I dati d'incasso non furono da kolossal, ma neanche deludenti:

  • nelle sale del Sud e nelle arene estive, dove la comicità slapstick era più apprezzata, il film andò molto bene, grazie anche alla presenza di Franco e Ciccio, amatissimi in Sicilia e nel Meridione;
  • nei centri urbani del Centro-Nord, le sale registrarono presenze medie, con picchi nei weekend, grazie all'effetto Totò e alla girandola di nomi in locandina.

Al pubblico piacquero molto:

  • le gag tra Franco e Ciccio (“pare 'na cosa de Ridolini, ma ci sta”);
  • le apparizioni-lampo delle star, viste quasi come un “gioco del chi compare”;
  • e la scena di Totò, brevissima ma accolta da un’ovazione silenziosa, come fosse apparso un santo comico.

Molti spettatori si recarono al cinema solo per vedere “quel momento con Totò”, e non di rado uscivano delusi per la brevità del tutto. Ma ciò accresceva il mito, come se Totò fosse una reliquia da cinema d’arte inserita in un fumetto comico.

🚫 Censura: promozione senza lode, con qualche nota marginale

Sorprendentemente, il film passò quasi indenne attraverso le maglie della censura italiana.
Nel 1963, le autorità preposte ai tagli erano ancora attive e attente, soprattutto su:

  • riferimenti alla sessualità (che qui mancavano quasi del tutto),
  • irriverenze verso l’esercito, la patria, i simboli religiosi o monarchici,
  • e contenuti potenzialmente sovversivi o troppo pacifisti.

Ora, “Il giorno più corto” è chiaramente antimilitarista, ma lo è in modo talmente farsesco e burlesco che nessuno pensò di accusarlo di sobillazione.

Ci fu solo una piccola osservazione formale (conservata negli archivi del Ministero dello Spettacolo):

«L’arringa del difensore, per quanto comica, tende a ridicolizzare l’istituzione giudiziaria. Si suggerisce cautela nella diffusione alle scuole».

Ma nulla fu tagliato. Il film fu approvato per tutti (con l’etichetta classica “per ragazzi accompagnati”), e non subì modifiche rilevanti.

Questo perché la comicità demenziale e la satira da palcoscenico erano considerati innocui, rispetto ai fermenti politici e sociali ben più pericolosi che già cominciavano ad affacciarsi nel cinema neorealista tardo e nel nascente cinema di denuncia.

🧩 Impatto culturale: un film-mosaico che anticipa il cine-spot

In retrospettiva, molti studiosi vedono in “Il giorno più corto” un precursore del cinema-collage e delle pellicole a episodi/cameo che diverranno comuni negli anni successivi (si pensi a “I mostri”, “Boccaccio ’70”, “I nuovi mostri”).

È anche un film che mostra la trasformazione del divismo cinematografico:

  • da star immobile e centrale a presenza-icona, fulminea e autoreferenziale;
  • da attore protagonista a attore-citazione, in un contesto da parata circense.

Il pubblico ricordava le battute, non la trama, come accade con i film comici popolari:

  • “Ricordatevi di Alamo!” divenne tormentone;
  • la parata militare con Alighiero Noschese che imita un intero corpo d’armata fu replicata in tv;
  • e la comparsa di Totò fu talmente breve da entrare nella leggenda.

Nel tempo, critici come Goffredo Fofi, Paolo Mereghetti e persino Alberto Farassino recuperarono il film come simbolo del “caos virtuoso” del cinema italiano anni ’60: una babele di talenti, ironia diffusa, e assenza programmatica di struttura.

🧠 In sintesi: un film parodia, un manifesto di attori e una beffa riuscita

  • Critica? Fredda, con sprazzi di indulgenza, ma niente entusiasmi.
  • Pubblico? Soddisfatto, divertito, attratto dal format cameo-show.
  • Censura? Assente ingiustificata, perché nulla di scandaloso fu davvero detto.
  • Totò? Poco visibile, ma eternamente presente nello spirito del film.

Insomma, “Il giorno più corto” non è mai stato un film perfetto, ma ha funzionato perché si è fatto portatore di un’idea tanto folle quanto vincente:
trasformare un kolossal bellico in un luna park di stelle, nonsense e pacifismo travestito da sketch.

E oggi, a rivederlo, più che una pellicola sembra una rimpatriata felliniana in caserma, dove si ride… e si riflette. Ma solo dopo aver contato quanti attori famosi ci hai messo a riconoscere.


La parodia è soltanto nel titolo. Per il resto, si tratta d'una farsaccia scombinata, che segue alla meno peggio le disavventure belliche di due siciliani (Franchi e Ingrassia), renitenti per vocazione ed eroi loro malgrado. Processati come disertori, al termine della prima guerra mondiale, essi vengono difesi da un avvocato matto (Walter Chiari), il quale, dopo aver narrato le loro gesta, vuol farli fucilare: provvedimento drastico, ma che qualche spettatore forse troppo insofferente può aver auspicato in cuor suo. Comunque, il fine è lieto: anzi è la cosa più lieta del film, anche per la mirabile apparizione di Totò nelle vesti di cappellano militare.

Ottantotto attori ottantotto prendono parte al Giorno più corto. Quasi tutti pronunciano appena una o due battute; solo la graziosa Virna Lisi dà vita a una specie di personaggio. Jean-Paul Belmondo, invece, si limita a mostrate la faccia. Non molti, degli altri, riescono a salvarla, appellandosi alle personali risorse del mestiere. Regia di Sergio Corbucci.

ag. sa., «L'Unità», 16 febbraio 1963


Poiché i tanto strombazzati ottantotto attori (non immaginavamo che ce ne fossero ancora tanti) che compaiono di sfuggita in questa storia strampalata non hanno ricevuto che un discreto «grazie» dalla casa di produzione; poiché la storia stessa é stata appositamente costruita perché ottantotto-facce-ottantotto avessero l'opportunità di dare una sbirciatina nel campo della macchina da presa; poiché al film é abbinato un concorso, quello appare come una discreta trovata per lanciare uno del soliti concorsi pubblicitari. Speriamo che il pubblico non ci cada.

«L'Avanti», 16 febbraio 1963


Della massima secondo cui è lecito scherzare col fanti il film Il giorno più corto si avvale anche più del necessario. Su un soggetto di Continenza il regista Sergio Corbucci narra le peripezie di una coppia di tonti siciliani, i quali loro malgrado vengono arruolati fra i combattenti della prima guerra mondiale per finire in prima linea prima e prigionieri dei tedeschi poi. S'intende che più sciocchezze combinano e più saranno d’aiuto nel condurre felicemente in porto un’ardua impresa bellica, mirante a distruggere un grosso cannone del nemici.

E’ una pellicola volutamente strampalata, di netta estrazione farsesca. La sua curiosità consiste tutt’al più nei collocare al centro del canovaccio la coppia dei comici Franchi e Ingrassi a, dalle modeste benché frenetiche risorse, e nel circondarla da una folla di attori, italiani e stranieri, di ben altro livello. Basti dire che a Cervi, ai De Filippo, a Pidgeon, Ferzetti e Taranto, per non citarne che una ristrettissima selezione, non toccano che poche battute, non sempre felici. Un po' più spazio è riservato a Virna Lisi, che per l’occasione assume il nome di Naja e si incarica di una più o meno ridanciana avventura di spionaggio.

«Corriere della Sera», 15 febbraio 1963


Il giorno più lungo di Darryl Zanuck, sfoggiava quarantatrè noti attori, questa parodia di Corbucci ne mette in vetrina quarantaquattro, (anzi, ottantotto, addirittura), anche se molti, come Stewart Granger, vi compaiono per un solo fotogramma, e altri, come Walter Pidgeon che figura come Hemingway, non recitano più di una battuta. I protagonisti veri del film sono gli inseparabili Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che, peraltro, sono simpatici e riescono, in molte situazioni — da quelle quasi astratte, a quelle schiettamente farsesche, come il volo finale sull'aereo abbandonato a se stesso — a far ridere e sorridere.

Ma i due comici indicano anche i limiti del film che si risolve in una serie di scketches che, per puro caso, sembra, hanno il fronte di guerra come teatro; in una sfilata di attori italiani e stranieri (presenti a Roma nel periodo di lavorazione). Ispirato a un generico pacifismo, sfiora situazioni a volte, con una disinvoltura, che potrà provocare risentimenti. Ma non va preso troppo sul serio. Quelli di Totò, sono giochi di parole; e il resto citrullaggine.

a. s. (Alberico Sala), «Corriere dell'Informazione», 16 febbraio 1963


Il giorno più corto

Dal tempo di «Fifa e arena» a quello di «Walter e i suoi cugini» il cinema italiano non si è certo tirato indietro nel parodiare i colossi. Non poteva mancare «Il giorno più lungo» (44 attori famosi), che nell'edizione italiana è divenuto «Il giorno più corto» con il doppio di attori (88) e un concorso abbinato, per cui ieri al cinema c’erano delle ragazzine indaffarate a cancellare dalla lunga lista gli attori via via come apparivano sullo schermo.

La trovata per quattro risate e la lunga passerella di notorietà non è peregrina: guerra ’15-’18, un grosso cannone austriaco da snidare. Prima della fine c’è spazio per tutti, una battuta o qualcosa di più. Virna Lisi, Franchi e Ingrassia, Raimondo Vianello, Walter Chiari, Gino Cervi sono dislocati verso la conclusione; li ricordiamo solo per questo, per concentrare cioè un vastissimo elenco di nomi. Gags antiche e nuove e battute del dialogo fanno allegria. Ne riportiamo questa, a mo’ di indicazione, tra due soldati austriaci: «Hai visto quel caporale bavarese? Voleva che bruciassimo la vecchia perchè non ci aveva dato i polli!». — «Ma va là, non te la prendere. In fondo è un buon uomo il caporale Hitler; non farebbe del male ad una mosca». La regia è di Sergio Corbucci.

ma., «Il Piccolo di Trieste», 21 febbraio 1963


Sfruttando la facile contraffazione del titolo d'un film di successo (e tuttora in programma), ecco il regista Sergio Corbucci presentare una sorta di parodia delle spettacolari pellicole belliche gremite di altisonanti interpreti. Sulla falsariga, soprattutto, della monicelliana Grande guerra, l'odierna «prima visione» mostra, dopo un ampio preambolo siculo-mafioso, Franchi e Ingrassia diventare combattenti contro voglia e per sbaglio, sostituendo all'epica picaresca del film con Sordi e Gassman fantaccini del '15-'18, varie trovate farsesche più spicciole, anche se carnevalescamente spassose.

a. v., «Stampa Sera», 26-27 febbraio 1963


[...] Il film è nell'insieme abbastanza divertente; come parodia di certe reboanti pelliccione belliche non sfigura troppo. Per la verità, da un cibreo messo insieme alla svelta, e allo scopo di sfruttare la popolarità del titolo che ricalca, c'era da attendersi di ben peggio. Invece si esce dalla proiezione non troppo avviliti.

a. v., «Stampa Sera», 27-28 febbraio 1963


I documenti

Le uscite in home video del film Il giorno più corto (1963) di Sergio Corbucci, con anni, edizioni e contenuti speciali in ordine cronologico:

📼 VHS

A differenza di molti film d’archivio simili, non si ha conferma di un’uscita VHS ufficiale italiana.
Le fonti internazionali come Amazon elencano la presenza di un supporto VHS, ma non riportano anno né dati tecnici 
Questo suggerisce che, se esistette, fu probabilmente una edizione promozionale o limitata, priva di dettagli standard (censura, durata, tracce audio).

💿 DVD

2011: Edizione Eagle Pictures per Titanus Distribuzione Video
  • EAN 8032807027180, supporto singolo, full screen, audio in italiano (Dolby Digital 1.0 mono), durata 91 minuti
  • Distribuito da Eagle Pictures su licenza Titanus, viene segnalato da IBS e DVD.it con prezzo medio tra i 9,90 € e i 37,75 € 
  • Contenuti speciali: nessuna informazione su extra. Le fonti non menzionano alcun backstage, commento audio o interviste.
Metadati aggiuntivi:
  • Distribuzione ufficiale tramite Rai Cinema – 01 Distribution
  • Edizione spesso venduta sigillata nei negozi online (es. eBay), segno di continuità nel catalogo, ma priva di versioni “special edition”.

📱 Streaming & Digital (luglio 2025)

  • Disponibile in esclusiva su Prime Video in Italia, ma attualmente non fruibile sul catalogo per regione
  • Nessuna traccia di Blu-ray HD o di edizioni rimasterizzate sul mercato italiano.

🗂️ Riepilogo delle edizioni e supporti

SupportoAnnoEditore/DistributoreContenuti speciali
VHS Incerto Probabilmente edizione promozionale Non disponibile info dettagliate
DVD 2011 Titanus / Eagle Pictures / Rai Cinema Nessun extra segnalato
Streaming 2025 Prime Video Disponibile ma bloccato nella regione
Blu-ray 2025 Nessuna edizione HD ufficiale

🔍 Considerazioni finali

  1. VHS: incerta o rara edizione promozionale, senza tracciati ufficiali.
  2. DVD 2011: unica edizione disponibile, distribuita da Eagle Pictures, contenuti minimalisti e nessun extra segnalato.
  3. Streaming: presente su Prime Video (non accessibile attualmente), ma nessun altro servizio digitale.
  4. Blu‑ray/UltraHD: zero traccia di uscite di alta definizione, né restauri recenti.

✅ Conclusione

Per l'acquisto oggi (2025), l’unica opzione valida è il DVD 2011: edizione singola full‑screen, audio mono, senza bonus extras.
Per i collezionisti più ferventi, la ricerca di una presunta VHS potrebbe valere la pena, ma resta un mistero con scarsa documentazione.

Per i contenuti dietro le quinte, interviste o restauri, al momento l’unica alternativa è un’operazione di scansione personale da pellicola (se disponibile presso archivi) o l’attesa di una futura rimasterizzazione da parte di uno dei grandi cataloghi italiani (Titanus, Rai Cinema, Cineteca di Bologna, ecc.).


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

Il suo pregio corrisponde al suo limite, perché il gioco di inserire quanti più attori possibile frammenta il film in maniera simpatica, ma pure eccessiva. Non a caso il momento più divertente è quello che vede Franchi e Ingrassia, senza particolari interruzioni, andare per il campo minato. Per il resto si guarda, si riconosce, si sorride e si dimentica. Quasi un prototipo, insomma, del "mediocre, ma con un suo perché".
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Vianello chiede "brot!" e quelli gli servono il brodo.
I gusti di B. Legnani (Commedia - Giallo - Thriller)


Parodia del celebre film bellico Il giorno più lungo, questo film di Corbucci trae spunto dall'originale anche per quello che riguarda la partecipazione di un cast molto ricco, laddove in questo caso compaiono numerosi volti noti del cinema italiano. Il risultato è singolarmente spiazzante con una frammentazione che disorienta lo spettatore e rende il film composito ed altalenante anche se con momenti divertenti.
I gusti di Galbo (Commedia - Drammatico)


Film comico corale con un'infinità di protagonisti del cinema leggero prestatisi anche per una sola battuta, tutti attorno al duo Ciccio-Franco in versione pseudo-eroi della Grande Guerra (notevoli Chiari e Vianello in ruoli più rilevanti). Idea pre-demenziale alla Mel Brooks, che tuttavia non fa il salto verso il delirio più sfrenato, accontentandosi di sketch da classico teatro di varietà (mentre le cose migliori sono i nonsense surreali o le battute fulminanti: vedi Citti che dà degli "accattoni" ai due protagonisti). Divertente.
I gusti di Pigro (Drammatico - Fantascienza - Musicale)


Un buon Franco e Ciccio, grazie a loro ma anche agli attori di contorno, tra i quali, a parte le comparsate (Macario, Fabrizi, Capannelle il moribondo, Totò, Cervi e altri), spiccano un Walter Chiari ("avvocato") in grande forma (notevole l'arringa iniziale) e un altrettanto bravo Vianello (generale tedesco), che fa autogiustiziare tutti quelli che sbagliano (bello quando, a tavola, chiede in tedesco il pane a Franco e Ciccio). Nota di merito anche per Tognazzi il bifolco: "Vai dritto, poi attento alla scarpata...del fattore, perchè il campo è suo". Perde colpi nel finale, ma resta buono.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'avvocato (Walter Chiari), rivolto a alla corte, parlando di Franco e Ciccio: "Uomini, soldati, protozoi. Come dobbiamo chiamarli?". .
I gusti di Puppigallo (Comico - Fantascienza - Horror)


Tolto il gioco dei 44+44 divi da riconoscere in apparizioni talvolta fulminee, quello che resta è un trito francocicciesco di ambientazione bellica, ben girato e tutt'altro che povero di mezzi, ma abbastanza limitato per quanto riguarda il ritmo e il divertimento. Il duo è carico ma mal servito da un copione che pare a tratti improvvisato. Neppure il segmento con Vianello convince, anche a causa del doppiaggio tedesco di quest'ultimo, trovata eccessivamente tirata per le lunghe. Il celebre cammeo finale di Totò sa di insertaccio rattoppato.
I gusti di Deepred89 (Commedia - Drammatico - Thriller)


Parodia del ben più celebre Il giorno più lungo, nel consueto stile francocicciesco. Un processo (con Chiari come istrionico avvocato) fa da perno a ricordi di guerra. Stuolo di volti celebri (oltre a Franco e Ciccio protagonisti) per una commedia dalle sfumature evidentemente drammatiche, in quanto mescolanza di risate e orrori della trincea, dove "cantano" le mitragliatrici. Complessivamente un'opera dignitosa di molto aiutata dalla verve del comparto attoriale.
I gusti di Markus (Commedia - Erotico - Giallo)


Franco e Ciccio più misurati del solito e piuttosto efficaci, ma il divertimento sta anche nel riconoscere le decine di facce conosciute che spuntano ad ogni inquadratura. Soprattutto nella prima parte, a dire il vero, un po' appesantita dalle prolisse e vacue arringhe dell'avvocato Walter Chiari (la gag è sempre la stessa, protratta all'inverosimile). Le scene di massa nuocciono alla comicità del film, una grandeur che poco si confà allo spirito francocicciesco. A tratti molto buono, nel complesso deboluccio, caotico e troppo tonitruante.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Franco che non riesce in nessun modo a indovinare la parola "Ospedale"; Vianello tedesco col suo irritatissimo "chi sbaglia paga!".
I gusti di Zender (Comico - Fantascienza - Horror)


Gradevole parodia del Giorno più lungo, ambientata però durante la Prima delle guerre mondiali. Anche qui il cast è pieno di volti noti, solo che più che in parti sono tutti impegnati in brevi apparizioni. I mattatori sono Franco e Ciccio, le battute sono comunque tante e molti i momenti divertenti. Quasi impossibile trovare tutti gli attori.
I gusti di Rambo90 (Azione - Musicale - Western)


Simpatica parodia che vanta come punto di forza le numerosissime comparse, più o meno celebri, che lo rendono un prodotto unico e interessante nel suo genere. Al di là di questa singolare caratteristica il film riesce a convincere sotto tutti i punti di vista e a elevarsi sopra la media (trattandosi pur sempre di una parodia). Si lascia guardare con gusto. Bravissimi Franchi e Ingrassia.
I gusti di Minitina80 (Comico - Fantastico - Thriller)


I primi 45 minuti (tralasciamo la simpatica arringa di Chiari) annoiano molto: Franco e Ciccio sono circondati da tantissime star che non aiutano a migliorare la situazione. Quando incomincia il solito cambio di fronte da parte dei due il film acquista quel minimo di ritmo che ci permetta di ridere ai dialoghi in tedesco. La natura economica dell'operazione (per salvare la Titanus) fa capire lo scarso valore di una discutibile idea che voleva riunire tante star (47 più 47) in una volta producendo un indigeribile minestrone. Estremamente sgradevole.
I gusti di Panza (Commedia - Drammatico - Poliziesco)


Uno sgangherato ma insolito e curioso film “all stars” diretto da Sergio Corbucci. Dall'idea di riunire 88 attori famosi (dell’epoca) intorno alle avventure farsesche e ridicole di Franco e Ciccio (in ottima forma) nasce uno spettacolo non classificabile se non come una scommessa. Persa però: 88 pezzi da novanta del grande schermo non garantiscono la riuscita di un film se esso non ha, alla base, una sceneggiatura decente. Un film che gira a vuoto. Ripetitivo e ridondante Chiari, piacevole Virna Lisi, l'ultimo cammeo - noblesse oblige - è per Totò.
I gusti di Graf (Commedia - Poliziesco - Thriller)


Si parte da un’idea: riunire quasi cento attori famosi e farli recitare gratis in brevi cameo per dare al pubblico un prodotto di richiamo, allo scopo di risollevare la Titanus. La trama, ovvio, è poca cosa: una serie di gag gira attorno alle vicende giudiziarie di Franchi e Ingrassia, quasi all’inizio della loro carriera cinematografica, ma niente affatto a disagio tra tanti attori navigati. Il divertimento principale consiste nel giocare ad indovinare i volti delle stelle utilizzate. Nota di merito per l'avvocato gigione di Walter Chiari.
I gusti di Pstarvaggi (Comico - Commedia)


Le incongruenze

  1. Tribunale militare. Nella sua arringa difensiva in favore di Ciccio e Franco,Walter Chiari dice (3'55'') : "...una specie di piccola consecutio TEMPORIS",invece di,come dev'essere,"temporum".
  2. Vi è una grande confusione a proposito delle truppe avverse agli italiane; esse sono indistintamente chiamate "tedeschi" o "austriaci" e per di più indossano le stellette dell'Esercito austro-ungarico e il casco chiodato tedesco. In particolar modo il generale Von Gassman (che alluderebbe a origini prussiane) indossa la tipica uniforme austriaca da generale.

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.

Il tribunale militare dove Franco e Ciccio sono processati, difesi dall'avvocato Walter Chiari che racconta in flashback ai giudici l'intera storia è a Palazzo Tittoni in Piazza Tittoni a Manziana (Roma)

Ecco Nino Taranto all'esterno di Palazzzo Tittoni che ci mostra un po' meglio l'edificio

Infine questi sono Franco e Ciccio appena più sotto di lui, sulle scale che fiancheggiano i giardini di Piazza Tittoni

Doppio utilizzo, per il Castello di Rota...

IL CAMPO TEDESCOIl campo italiano che diventa tedesco nella notte e dove si ritrovano al risveglio Franco e Ciccio scambiati per tedeschi è in realtà il Borgo di Castello di Rota (Roma), di cui QUI TROVATE LO SPECIALE. Qui si veda il confronto con un fotogramma dell'Arcano incantatore, che sappiamo essere stato girato lì

Qui la facciata di fronte dell'edificio con la finestrella A di cui sopra, confrontato con un fotogramma di "Mio padre monsignore" (1971) (si notino gli archi, in facciata)

Infine un palazzo che si vede anche ne "Il Sorpasso" (1962, fotogramma in basso), anche quello girato in parte qui

IL PAESE DELL'ORFANELLO FRANCO -In una scena iniziale che nulla c'entra con quelle fin qui riportate, Ciccio sale verso il paese dove andrà ad accudire un parente moribondo che gli lascerà in eredità "l'orfanello" Franco. Ebbene, il paese, visto dal basso, sulla cui strada Ciccio incontrerà un pecoraro (Tognazzi) è ancora una volta il Castello di Rota. Si riconoscono il caratteristico arco d'entrata e soprattutto, sulla destra, l'inconfondibile campanile della chiesetta, che vediamo (in controcampo) in un fotogramma preso da "I due figli di Ringo"

La stazione dove Francesco Coppola (Ciccio Ingrassia) e Franco Lo Grugno (Franco Franchi) provano a rimediare qualche cestino destinato ai soldati che partono per il fronte è la Stazione di Roma San Pietro (RM), che confrontiamo col film "Contestazione generale" (1970) - SOTTO - al quale rimandiamo per la dimostrazione. Grazie a Geppo per il fotogramma

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Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • Il giorno più corto di Sergio Corbucci - http://www.liberolibro.it
  • Goffredo Lombardo, «Tempo» anno XXV, n. 7, 16 febbraio 1963

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • ag. sa., «L'Unità», 16 febbraio 1963
  • «L'Avanti», 16 febbraio 1963
  • «Corriere della Sera», 15 febbraio 1963
  • a. s. (Alberico Sala), «Corriere dell'Informazione», 16 febbraio 1963
  • ma., «Il Piccolo di Trieste», 21 febbraio 1963
  • a. v., «Stampa Sera», 26-27 febbraio 1963
  • a. v., «Stampa Sera», 27-28 febbraio 1963

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