Scoprì la sua maschera nell'armadio del nonno
Un tight di taglio antico e un tubino nero gli suggerirono il travestimento che l'ha reso popolare - Quando il cinema s'impadronì di lui, l'attore dovette cedere ai produttori ed accettare soggetti banali e insulsi - Ora vuole riconciliarsi con il suo pubblico e la critica
Roma, martedì sera.
Totò è sempre sulla breccia. Passano gli anni, scoppiano rivoluzioni, si alternano le bellezze atomiche più in voga, ma lui è ancora là, di fronte alla macchina da presa. Abituati a conoscerlo attraverso gli indiavolati e paradossali personaggi cui ha dato vita sullo schermo, Totò riserva molte sorprese a chi ha il piacere di avvicinarlo.
Il popolare comico ora sta girando le ultime scene di "Le madame", con Marcello Mastroianni, Carla Gravina, Vittorio Gassman ed altri. In questo film egli è il capo di una spassosa e spericolata banda di ladruncoli che hanno sempre campato alla meglio, con i proventi di piccoli e dozzinali furtarelli. Ora però essi sperano di fare un grosso colpo, roba da titolo su almeno tre o quattro colonne di giornale. Essi, infatti, vogliono aprire la cassaforte di un monte di pegni, cui si può accedere con l'ormai classica tecnica del buco nel muro di un appartamento. Qui però abita una giovane e seducente cameriera, la quale si trova sola perché i padroni sono in villeggiatura. Nascono così le situazioni più impreviste e divertenti, mentre la vicenda, affidata in gran parte all'estro di Totò, assume un tono decisamente grottesco.
Contrariamente a quel che si può pensare, Totò se non recita è un uomo piuttosto triste, sia perché in genere i napoletani sotto una scorza di straripante umorismo celano una profonda melanconia, sia perché talune vicende della sua vita ne hanno acuito in tal senso il temperamento: «Sono nato a Napoli, nel rione Stella. Ho vissuto là per diversi anni, bazzicando tutto l'ambiente infantile dei "bassi", insinuandomi poi nei teatrini di varietà. In seguito, dopo il servizio militare, mi trasferii a Roma e mi ficcai in testa l'idea di fare l'attore. Dapprima furono anni molto duri, anni difficili, anni di incomprensione... ».
Il più popolare dei personaggi comici del teatro italiano di rivista, è stato scoperto in un vecchio armadio di un'antica famiglia napoletana che — come è noto — fa risalire le proprie origini all'imperatore Costantino. Totò ricorda che furono alcuni indumenti del nonno, un tight di taglio antico e tubino nero, stretto e stinto, che gli suggerirono quella figurazione comica cui arrise un immediato successo. Il nome, del personaggio diventò quindi il nome dell'attore.
Si dice che Totò sia motto ricco, nonostante il fisco. E' certo, comunque, che nel dopoguerra egli ha guadagnato decine e decine di milioni. Vi è stato un periodo nel quale i suoi film si vendevano, come suol dirsi, a scatola chiusa, anche se la critica esprimeva pareri tutt'altro che lusinghieri su corte sue interpretazioni. La verità — dice Totò — è che la troppo affrettata lavorazione ed il gusto talvolta discutibile di certi produttori, lo hanno costretto suo malgrado a «ripetersi» seguendo la stessa falsariga di personaggi, che inizialmente avevano ottenuto successo. Sembra che abbia fatto il possibile per evitare soggetti banali ed insulsi, ma più di una volta ha dovuto cedere alle esigenze commerciali dei produttori. E poi — egli aggiunge — c'erano di mezzo i contratti che doveva comunque rispettare. Ora però Totò ha deciso di riconciliarsi con il suo pubblico e con la critica. Prima di accettare l'interpretazione di un film, ci pensa su parecchie volte in base alla sceneggiatura che vuole rivedere e talvolta correggere.
Nei prossimi giorni egli sarà nuovamente impegnato per un altro film, «Gambe d'oro», con Elsa Merlini, Memmo Carotenuto, Rossella Como ed altri, per lei regia di Turi Vasilc, Qui Totò sarà alle prese con lei squadra di calcio di un piccolo centro, con la passione sportiva e campanilistica, scevra di interessi. I giocatori hanno soltanto l'ambizione di vincere guadagnando i punti della classifica. Quando però la fama della piccola squadra supera i confini del campionato minore, il miraggio di favolosi guadagni, di vantaggiosi ingaggi, finisce col disgregare l'affiatata compagnia. Tutti si abbandonano ad una pericolosa illusione. Ci vorrà una specie di miracolo per ridare ai giovani fiducia in se stessi e nel loro gioco di squadra.
Totò ricorda sorridendo che cominciò a calcare le tavole dei palcoscenici di varietà quando era un ragazzo. Lavorava gratis, ma quando si azzardò a chiedere pochi soldi al giorno per il tram, fu cacciato via dalla compagnia. Pochi anni dopo esordì felicemente con la «maschera» di Totò che doveva renderlo tanto popolare. Oggi egli vive in un sontuoso e principesco appartamento — eh, non per niente sono principe, egli dice — mei non gli riesce quasi mai di godersi in pace una vera vacanza, di fare qualche bella passeggiata a piedi, di sedersi in un caffè per godersi il panorama. Dice che i romani gli vogliono troppo bene. Se qualche volta egli si azzarda a scendere dalla sua macchina, sia al centro che in periferia, si verificano scene curiose di gente che gli si fa attorno, chiudendolo in un cerchio, e che ride in continuazione, anche se Totò non dice una parola e dall'alto dei molti secoli di storia della sua casata principesca, osserva, con stupore i suoi più fanatici ammiratori.
Per evitare questi arrembaggi, il popolare comico è stato perfino costretto a far mettere le tendine ai vetri della sua pachidermica «Cadillac». Così ha l'impressione di circolare con un'automobile blindata, come se fosse un detenuto o un gangster cui vogliono fare la pelle.
Gino Barni, «Stampa Sera», 23 aprile 1958
Gino Barni, «Stampa Sera», 23 aprile 1958 |