Elsa Merlini: «ho rinfoderato il mio cattivo carattere»

1964 07 11 Tempo Evi Marandi f0

Elsa Merlini ritornerà presto al teatro, in una commedia musicale: intanto, con una punta di malinconia, racconta in questa intervista i momenti più importanti della sua vita di attrice e confessa cosa farebbe se avesse “tanto denaro”

Roma, maggio

Sulla scalinata della Trinità dei Monti, in questi giorni, s’incontrano tutti gli amici. Ve li richiama la mostra delle azalee, venute da serre e giardini per riunirsi in Conclave in una gloria di tinte viola che salgono dolcemente verso la Chiesa. Attorno a ogni vaso, vicino a ognuno di questi piccoli Cardinali in questi giorni ritroviamo volti conosciuti, spesso molto cari. Ed ecco Elsa Merlini, seduta sulla scalinata accanto a un soldatone di Cani-catti, col quale parla animata-mente, arricciando il naso alla maniera delle "Ragazze Tunderlak”, tarmi cenno perché mi sieda con loro. Mi deve parlare, «Sto spiegando a questo valoroso guerriero, il quale non mi crede, che le attrici di teatro non contano niente e che non hanno abbastanza meriti per pretendere di avere in dono una di queste stupende azalee», dice indicandomi la distesa dei vasi con orgoglio, come se lei stessa li avesse disposti in mirabile successione. «Per averne una dovrei presentarmi a "Lascia o raddoppia?". Spiegaglielo tu». Con molta fatica la strappo al soldato siciliano che la stava ascoltando con l’espressione attonita delle reclute e subito Elsa entra nel vivo della questione che la interessa.

1956 Tempo Elsa Merlini f1A VENTICINQUE ANNI FA risale questa fotografia di Elsa Merlini, attrice già famosa. Aveva appena terminato di interpretare ”La segretaria privata”, il film che segnò l’importanza commerciale del sonoro e che superò ogni primato d’incasso.

1956 Tempo Elsa Merlini f2ELSA MERLINI con uno dei suoi piccoli pechinesi. L’abitazione dell’attrice a Roma è popolata da ogni specie di animali, gatti, pesci, canarini e persino una capretta. Ma il suo preferito è Stellino, un piccolo cane bastardo raccolto sopra un mucchio di immondizie e che è nato nello stesso stabile in cui un tempo viveva Gina Lollobrigida. L’attrice lo porta quasi sempre con sé.

«Tu devi sistemarmi una ventina di pesci rossi che sono in una vasca che so io, abbandonati da tutti. Non possono continuare a vivere così. Quando partirò io, moriranno di fame». Da anni innumerevoli Elsa raccoglie animali di specie diverse e li colloca in casa di amici sapientemente coerciti, ma venti pesci rossi richiedono un’attrezzatura speciale e io non posso fare niente per loro. Quando Elsa è costretta ad ammetterlo la nostra conversazione perde quel tanto di surreale nel quale si era addentrata e prende un tono più pacato. Si arriva, finalmente, a parlare di teatro. La Merlini, probabilmente, è nata recitando. Fuggita da Trieste, con la sua famiglia, durante la guerra 1915-’18, fu messa all'Istituto Materno a Firenze, tra le piccolissime, ma "lo strazio” della scuola e dei geloni che lasciavano tracce di sangue sui quaderni, durò pochi anni, poiché Elsa, aveva scoperto la Scuola di Recitazione "Luigi Rasi” operante accanto al suo collegio, vi fuggì come nell’unico asilo possibile alia sua vita di piccola profuga. A quindici anni recitava già nella Compagnia di Annibale Ninchi.

«Ero Scilla, nel Glauco» racconta. «Facevo la ninfa, pensa, tutta vestita di maglia d’argento. Che spettacolo! I costumi me li forniva Ninchi. I guai sono venuti dopo, quando nella compagnia di Maria Melato prima e poi in quella di Alfredo De Santis ho dovuto incominciare a comperarmi i primi vestiti. O mangiare o vestirsi, mia cara! Il motivo per cui, a volte, rifiuto qualche scrittura è molto semplice: mi è rimasto l’orrore di lavorare soltanto per la sarta. E spesso, credimi, capita proprio questo. A ogni modo, in quell’epoca che oggi mi sembra remota, avevo tanti pochi vestiti che tutto il mio guardaroba entrava nell’unica valigia che possedevo e che non sapevo mai come trasportare a mano attraverso i lunghi viali che congiungono sempre le città di provincia alla stazione. Quando trovai il sistema di legare con una cinghia da cane la mia valigia di fibra e di tirarmela dietro, saltellante sull’acciottolato di quei viali interminabili, mi dissero che ero matta. Ma io avevo risolto, un bel problema».

1956 Tempo Elsa Merlini f3SULLA SCALINATA di Trinità dei Monti a Roma, dove si era recata per vedere la mostra delle azalee, Elsa Merlini si è messa a chiacchierare affabilmente con un soldato siciliano.

Nella valigia, rimasta famosa tra i suoi compagni d’arte, Elsa riponeva con cura, avvolta in una gonna, una sveglia a cipolla alla quale era affezionatissima. «Da allora non ho mai più posseduto un cronometro che sapesse indicare l’ora con più precisione della mia "vecchia cipolla”. Purtroppo, però, a un certo punto ho dovuto disfarmene. Una "prima donna” deve possedere soltanto oggetti magnifici. Così, almeno, mi dicevano, ma siccome non volevo che andasse a vivere con qualche altro, la distrussi. Via via che la spezzavo sentivo di commettere un’azione crudele e quando credetti di averla finita e la gettai nel cestino, completamente schiacciata, da lontano la sentii ancora battere, come se avesse avuto il cuore. Questo è uno dei ricordi più penosi che mi porto dietro nella vita e in certe malinconiche giornate di meditazione i miei pensieri si muovono ancora al suono di quella sveglia che non voleva morire. Ci sono cose che fanno parte del nostro destino e che dovremmo tenere sempre con noi», dice con un’aria assorta che abbandona subito per ridere di qualche sua debolezza, c Sapessi, infatti, quanti bauli pieni di cianfrusaglie mi trascino dietro...».

I suoi ricordi di grande attrice incominciano dall’epoca in cui era "prima donna” nella Compagnia di Aristide Baghetti. Ma non ama parlare con altri dei successi strepitosi che si rinnovano a ogni sua interpretazione.

Questa grande artista, quest’attrice inarrivabile indugia soltanto sulle piccole cose legate alla sua prima giovinezza. Le pellicce di visone che ha posseduto non sono mai state, per lei, tanto belle quanto lo era il castorino "di seconda mano” che vendette per comperarsi un cane al quale, poi, non sapeva che cosa dare da mangiare. Ma viveva liberamente, mentre più tardi il successo limitò la sua libertà.

«Qualunque cosa tu faccia, ti dicono subito che posi, per un mententi danno della matta. Se raggiungi il successo devi vivere come vogliono gli altri e il pubblico decide anche delle tue inclinazioni. Per recitare gli autori che amavo ho sempre dovuto lottare».

Elsa, infatti, si è sempre battuta per difendere il. suo repertorio e il famoso "cattivo carattere” del quale si è tanto parlato è una leggenda nata dalla sua ferma volontà di salvare il salvabile del "suo” teatro, combattendo fino sulle ultime posizioni.

«Il cinematografo», dice «mi ha dato tante soddisfazioni, indubbiamente, ma mi deprime il pensiero di essere ricordata per "La segretaria privata”. Trovo che è una fama usurpata. Comunque bisogna ricorrere al cinema per guadagnare qualche lira. Ma quante poche artiste escono dallo schermo! Anna Magnani è una magnifica eccezione; ma non bisogna però dimenticare che ha studiato recitazione e che viene dal teatro. Era in compagnia con me, quando la ”Merlini-Cimara-Tofano” dava "Triangoli”, una specie di rivista recitata nella quale tutti avevano parti brevissime. Anna faceva la "contorsionista” e Cimara e io eravamo sempre dietro le quinte per guardare i suoi passaggi. Il suo ingegno e la sua bravura ci sbalordivano già e io, che ero la "prima donna” mi divertivo soltanto a parlare con lei e me la tenevo sempre vicina. Il nostro affetto è rimasto inalterato e io sono orgogliosa di essere stata una delle prime a predirle un grande destino di artista».

Il cinematografo portò Elsa a Berlino, che allora era un grande centro della cinematografia. Doveva girare un film con Renato Cialente che non conosceva ancora e che le fu presentato in uno "studio” tedesco. Cialente era giovanissimo, alto, biondo, bello e timido, tanto timido che non sapeva dire a Elsa, già celebre, la sua sconfinata ammirazione e quello che di tenero gli stava nascendo nel cuore per lei. Per farsi avanti si abbandonò al destino, il quale, a volte, prende gli aspetti più impensati. Successe così: nella vetrina di un negozio Elsa vide la più orribile giacca del mondo riposare, inconscia della sua mostruosità, all’ombra di un cappello da cacciatore delle Alpi la cui bruttezza era aggravata da un ciuffo di penne. «Sono stanchissima»; disse Elsa agli amici che l’accompagnavano, «ma se qualcuno, stasera, venisse a prendermi vestito con questi arnesi, uscirei lo stesso». Alle otto in punto Cialente si presentava al suo albergo paludato in quella strana maniera, imbarazzato, ma deciso a far mantenere la promessa a Elsa Merlini. Dopo aver girato il film berlinese "Paprica” la Merlini e Cialente decisero di continuare a lavorare insieme.

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La famiglia di Elsa Merlini a Trieste poco tempo prima che gli eventi della prima guerra mondiale la costringessero a rifugiarsi a Firenze. Elsa è in primo piano, vestita di bianco, Dietro di lei, tra il padre e la madre, è la sorella maggiore Miranda. A Firenze, Elsa Merlini fuggì dal collegio per iscriversi a una scuola di recitazione. Nella foto a destra: Elsa a diciassette anni, all’epoca in cui lavorava nella Compagnia di De Santis. Poi passò come prima attrice a quella di Rughetti.

«Renato dirigeva la compagnia, oltre che recitare e subito avemmo i successi più grandi della nostra vita. Tuttavia fu duro affiatarci. Avevamo tutti e due un temperamento artistico prepotente, ma il nostro amore per il teatro e la certezza che insieme avremmo potuto superare molti ostacoli ci tenne vicini molti anni. La nostra unione artistica fu distrutta dalla sua morte. L’ultima grande cosa che abbiamo recitato insieme è stata "La piccola città”».

L’eco del successo di Elsa Merlini nella celebre commedia di Thorton Wilder aveva attraversato l’oceano, sebbene fossimo in guerra con l’America. E nel 1944, subito dopo l’arrivo degli Alleati a Roma, Elsa si sentì chiamare al telefono da Wilder. Credette a uno scherzo. Aveva sempre pensato che uomini come Wilder garantissero la conservazione della specie contro la minaccia sempre crescente degli insetti e soltanto nei suoi sogni più insensati Elsa collocava una sua possibile amicizia con l’autore che preferiva al mondo.

«Poco dopo», dice, «scendevo nella hall dell’albergo per incontrare Thorton Wilder. Sebbene l'eroe dei miei sogni somigliasse a un professore, con i capelli a spazzola e gli occhiali, avvicinandomi a lui ero rossa e tremavo come all’incontro del primo amore. Wilder non aveva che mezz’ora di tempo da dedicarmi. Restammo insieme cinque ore, invece. Parlammo a lungo di "La piccola città”, del "Ponte di San Louis Rey" dei suoi sogni e dei miei e, infine, della possibilità di mettere in scena, in Italia, qualche altra commedia sua. Ma il teatro è andato come è andato e io non ho più voglia di battagliare. Ho rinfoderato il mio "cattivo carattere” e seguo la corrente. Inoltre la storia di questo famoso "cattivo carattere” ha finito per deprimermi. E’ di moda la Rivista? E facciamo la Rivista... Eppure, se avessi tanto denaro vorrei allestire spettacoli straordinari, affidandomi al mio nemico Remigio Paone, il quale è l’unico impresario del quale io mi fidi ciecamente».

Nessuna artista parla volentieri dei suoi progetti poiché, generalmente, le attrici sono più superstiziose degli aviatori. Elsa non evade dalla legge comune. ma la foga del discorso la svia e la trascina a parlare del suo futuro. Ha trovato due bellissime commedie americane, una delle quali musicale e le metterà in scena molto presto. Spera anche di fare una degna commemorazione di Dario Niccodemi. «Vorrei recitare "La maestrina” in costume, insieme ad attori che furono cari al Maestro e che debbono a lui la loro celebrità. Niccodemi ha dato tanto al teatro e nel mondo cosparso di spine nel quale viviamo noi attori di prosa è necessario che ci si sostenga tra noi, che si rimetta in luce il nome di quelli, di noi, che furono grandi. Ma io lotto sempre contro i mulini a vento...».

«Tempo», maggio 1956


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«Tempo», maggio 1956